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Digressione sulle mie difficoltà con la Meccanica dei quanti

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Evolution

unread,
Aug 30, 2002, 6:08:56 PM8/30/02
to
Riprendo il tema di una mail precedente circa il principio di
indeterminazione.

In uno schema quantistico semplicemente si richiede la sospensione
del giudizio, in quanto nulla può permetterci di misurare la velocità
nell'intermedio
e di ritrovare con certezza la posizione finale uguale a quella iniziale.
Inoltre in uno schema di particella libera, fatta la misura di posizione,
la successiva misura di posizione non può essere vincolata ad essere
la medesima di quella iniziale. Inoltre il grado di precisione scelto
nel compiere la prima misura determina il grado di incertezza della
misura successiva. Sbaglio?

Le ipotesi di De Broglie, unite con altre evidenze portarono Schroedinger
ad ipotizzare che la posizione potesse essere descritta da un'onda di
probabilità.
in cui le componenti di Fourier nel tempo e nello spazio sono legate in base
ad una
interpretazione del numero d'onda e della frequenza come multipli
dell'impulso
e dell'energia cinetica rispettivamente. (O meglio, questo è il mio percorso
per
capire l'equazione, non so se è la via seguita da Schroedinger).

Il principio di indeterminazione diventa allora una relazione matematica
sulle trasformate di Fourier.

Ora dopo un corso di analisi due questi argomenti diventantano semplici.
Mi chiedo se sia possibile trovare un modo di raccontare questi argomenti
semplice facendo a meno delle trasformate di Fourier. Scegliendo magari
altri esperimenti chiave. Oppure analogie ottiche. Oppure la propagazione
del moto ondoso. La risposta che mi sono dato è che senza passare per
la relatività è tutto più difficile e povero.

Per la mia esperienza di studente
"liceale" ho trovato estremamente arida la fisica ed i fenomeni raccontati.
La matematica utile a capirla un mondo lontano ed affascinante quanto
misterioso, come la fisica che doveva esservi celata. Solo la dinamica
elementare
mi affascinò, con le sue equazioni che, semplici su alcuni esempi, erano
alla base
di descrizioni alquanto complesse. La divulgazione di autori eccellenti
quali
Ugo Amaldi o la lettura di piccoli libelli sulla fisica nucleare,
di cui devo essere riconoscente ad un docente generoso (ma anche la
divulgazione
più chiassosa mi avevano convinto da tempo a studiare quegli argomenti) mi
avevano convinto del fatto che quegli argomenti non fossero astruse
speculazioni
potenzialmente esplosive, ma argomenti ricchi di risvolti positivi.

Oggi a distanza di tanti anni mi rimane una difficoltà "didattica" che trovo
sia l'ostacolo
principale alla comprensione della meccanica quantistica e ad un
avvicinamento alle
sue tematiche. Le spiegazioni di Amaldi mi affascinarono, ed il problema
della
dualità onda corpuscolo, lo vidi trattato con estrema bellezza grazie ad un
esperienza
di laboratorio ed a situazioni di impareggiabile varietà, tuttavia mi rimase
sempre la sensazione di non capire cosa facessero quelle particelle dopo
essere passati
per spettrometri o camere a bolle e come facessero a vivere tutte insieme a
formare
un tavolo e a diventare solida materia sotto le mie dita. Se nella loro vita
quotidiana
erano onde, come mai non mi evaporavano le sedie sotto il sedere, ecco. Mi
rimase
questo. Dopo aver letto Amaldi non mi venne più in mente che la luce o le
particelle
fossero punti materiali. Cominciai a vedere il mondo come un invisibile moto
ondoso
non privo di consistenza e di solidità, ma mi rimaneva il problema di capire
cosa, come
dentro una camera a bolle, continuamente localizzasse quella informe
marmellata.
Mi scuso per il modo un poco empirico, ma tutto questo ancora non l'ho ben
digerito.

In modo tale che le strisce di colore su un pavimento non avessero a
sbiadirsi.
Cioè cosa teneva quelle onde distinte e ciascuna al proprio posto. Il
problema maggiore
era quello della luce. Come poteva un miscuglio di onde piane comportarsi
come un gas?
Non riuscivo a visualizzare il passaggio. Mi mancava e mi manca ancora oggi
il
grado intermedio.

Mi sembrava che la materia continuamente dovesse sorvegliarsi
in una stretta rete di mutui condizionamenti, in modo che la sua natura
tanto proteiforme nei laboratori divennisse quella monotonia continua delle
mattonelle
di casa, della scuola, della vita quotidiana, oppure la solida pallina da
tennis che colpiva
la mia racchetta ed al tempo stesso conservasse quella natura proteiforme
che
componeva i miei pensieri, le mie sensazioni, la luce del mondo ed il suo
mistero o
il buoi dei sensi di colpa, delle angosce, delle paure. Come potevano la
probabilità
e l'incertezza svanire in una sovrapposizione relativamente certa?

Mano a mano vari elementi si sommarono nel mio curriculum universitario.
Il teorema del limite centrale, l'effetto del potenziale come elemento
confinante,
gli effetti non lineari e la teoria di Landau, ed ecco che scopro che ancora
tutte
queste domande avevano evidentemente agitato la coscienza di gente
non solo sensibile, ma anche capace di fare fisica di alto livello, e che le
risposte
erano tutto sommato provvisorie. E' vero che la legge di Fick si deduce per
un insieme
di particelle, partendo dalle equazioni della meccanica quantistica e senza
uscire
dall'interpretazione probabilistica, e garantisce che in un campo
cristallino la diffusione
è un fenomeno ancorchè possibile, tuttavia lentissimo, è vero che in effetti
la statistica
rende la probabilisticità dello schema quantistico un fatto marginale,
tuttavia in
tantissime presentazioni, il fatto di passare da uno schema di probabilità
ad una
interpretazione statistica, passa per il paradigma della misura. Mentre poi
nell'uso
pratico della meccanica quantistica questo passaggio si compie più
spesso per effetto della legge dei grandi numeri.

Dunque spontaneamente si riesce a parlare di un insieme di fotoni, come se
questi fossero particelle, senza incorrere in difficoltà eccessive, mentre
difficile rimane spiegare in pratica cosa sia un fotone. Essendo un
pacchetto
d'onda intrinsecamente composto da una molteplicità infinita di onde piane,
si ricorre
alla favola della debole sorgente luminosa che illumina uno schermo,
creando,
interposti due fori, le frange di interferenza, impressionando tuttavia un
grano
per volta, ed immaginando quindi fra la sorgente e lo schermo un supporto di
probabilità determinato dalla forma delle sorgente, lasciando un poco nel
vago
il lettore riguardo alla circostanza che questo fotone che va ad
impressionare
lo schermo ha poco o niente in comune con il fotone dello schema generale
della meccanica quantistica, che è invece un oggetto astratto, perfettamente
delocalizzato.

Allora per indeterminazione mi aspetterei che questi singoli fotoni che di
volta
in volta colpiscono lo schermo foto-sensibile rilascino poi un energia
variabile
in accordo con la distanza dallo schermo e secondo la precisione della
sorgente in modo da soddisfare le identità di Parseval. Tuttavia se io ora
volessi
svolgere questo esercizio mi dovrei chiedere quale forma ha la funzione
d'onda.
Ma ora basta. Il thread si è allungato troppo e questo problema trovo
sarebbe
istruttivo ma qui sta diventando troppo specifico rispetto al carattere di
digressione.
Quindi dedicherò un trhead specifico a questo soggetto. Per chi ha la
pazienza di
impostarlo.

"D'altra parte molte trattazioni pongono il principio di indeterminazione in
una
posizione di eccessiva centralità, almeno su un piano didattico. Non tolgo
che
su un piano di ricerca il principio di indeterminazione e sue varianti
possano
riservare sviluppi importanti"

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it

vittorio

unread,
Sep 1, 2002, 3:57:56 AM9/1/02
to
Ciao Evolution!,
faccio tanti tagli, ma non li indico tutti.

Evolution ha scritto:

> In uno schema quantistico semplicemente si richiede la sospensione

............lunghissimo taglio..........


> principio di indeterminazione diventa allora una relazione matematica
> sulle trasformate di Fourier.

..................altro lunghissimo taglio....................

da quello che scrivi mi pare di capire che stai studiando la meccanica
quantistica
con un impostazione di carattere storico.
Bello! e' quello che preferisco!!!, ma bisogna andare anche un po'
oltre.
Tutto quello che scrivi e' legato ai primi tentativi di costruzione
della meccanica quantistica
e ai primi tentativi di interpretazione. Non voglio dire con questo che
oggi non ci siano piu' problemi e che non se ne discuta piu', ma bisogna
tenere presente che sia la formalizzazione matematica che
l'interpretazione che viene data ora dalla maggior parte di quelli che
lavorano con la meccanica quantistica e' differente.
Innanzitutto la tua prima frase sulla "sospensione di giudizio"
nell'intermedio e' frutto di un precisa scelta filosofica in cui si
rilega il mondo della probabilita' ad una dimensione gnoseologica e non
ontologica. La maggior parte dei fisici penso che sia orientata a quella
ontologica.
Secondariamente, quello che scrivi sulle misure di posizione e sulle
trasformate di Fourier e' legato ai primi tentativi di comprensione
della meccanica quantistica, quando si pensava ancora ai pacchetti
d'onda.
E' un concetto superatino: oggi non si parla piu' di pacchetti d'onda e
di legami fra le le larghezze delle distribuzioni delle osservabili
posizione e momento in quei termini; nel nuovo schema il principio di
inderterminazione e' ancora un teorema, ma le trasformate di fourier non
sono proprio necessarie.
Per quanto riguarda il resto, poni essenzialmente il problema del limite
fra macroscopico e microscopico, che e' ancora oggi abbondantemente
discusso e non mi risulta che si sia arrivati ad una buona spiegazione.
Parli anche dei fotoni: beh, non sono sovrapposizioni di onde piane....o
meglio, detto cosi' e' ambiguo, dipende da come vuoi interpretare quelle
onde e si puo' arrivzre ad interpretazioni un po' errate.
Le questioni che poni sono importantissime questioni fondazionali e,
purtroppo, dovresti parlarne con qualcuno che ci lavori sopra, non con
me. Spero per questo che qualcun altro ti risponda.
Prima pero' di parlarne ti consiglierei di guardarti un po' la
formulazione moderna della meccanica quantistica.
Visto che mi sembri di tendenze piacevolmente filosofiche ti consiglio
un libro bellissimo di cui spero di ricordarmi correttamente il titolo:
Filosofia della Fisica
Boniolo e altri.
Ti consiglio proprio di leggerlo; tratta un po' tutte le questioni
fondazionali sia della relativita' che della meccanica quantistica, ma
non solo a parole: usa un bel po' di matematica. Se hai fatto analisi
due, secondo me con qualche integrazioncina che ti puoi fare da solo
all'occorrenza, non dovresti avere problemi.
Ciao e spero di esserti stato in qualche modo utile
vittorio

Evolution

unread,
Sep 1, 2002, 7:51:44 PM9/1/02
to
Il 01 Set 2002, 09:57, vittorio <vitt...@physics.it> ha scritto:
> Ciao Evolution!,
> faccio tanti tagli, ma non li indico tutti.

Ciao! Grazie per la bella risposta.
Risponderò brevemente sui punti che ho trovato più significativi.
Diciamo che sto cercando di trovare armonia fra
le tante cose che mi sono state insegnate all'università.


>
> Evolution ha scritto:
>
> > In uno schema quantistico semplicemente si richiede la sospensione
> ............lunghissimo taglio..........
> > principio di indeterminazione diventa allora una relazione matematica
> > sulle trasformate di Fourier.
> ..................altro lunghissimo taglio....................
>

> Innanzitutto la tua prima frase sulla "sospensione di giudizio"
> nell'intermedio e' frutto di un precisa scelta filosofica in cui si
> rilega il mondo della probabilita' ad una dimensione gnoseologica e non
> ontologica. La maggior parte dei fisici penso che sia orientata a quella
> ontologica.

Nella frase originale la sospensione del giudizio era riferita con esattezza
al valore
delle osservabili. Non allo stato. D'altra parte sempre, fino a prova
contraria,
la scelta ontologica "in senso fisico" è quella che conviene. Cioè conviene
assumere l'esistenza dell'ente teorico perchè si desidera sapere come stanno
le cose in effetti (anche se questo è un problema filosofico).
La funzione d'onda pone problemi ontologici seri con
riferimento ai sistemi composti, nel senso che non si possono separare le
funzioni d'onda delle parti componenti (almeno nel mio schema, che come dici
tu in seguito è forse un poco arretrato). Tuttavia nessun problema a parlare
di funzione
d'onda dell'intero sistema isolato. E se poi il sistema non è isolato ma
vogliamo parlare
della matrice densità possiamo farlo a partire da una base opportuna di
autostati.

> E' un concetto superatino: oggi non si parla piu' di pacchetti d'onda e
> di legami fra le le larghezze delle distribuzioni delle osservabili
> posizione e momento in quei termini; nel nuovo schema il principio di
> inderterminazione e' ancora un teorema, ma le trasformate di fourier non
> sono proprio necessarie.

Tuttavia abbondano in libri anche recenti e di fisica avanzata.
Ed anche se con molti aggiustamenti di ordine e di scelte
compaiono come ai tempi andati. In particolare, ad esempio, Weinberg
nel '95 parla ancora di pacchetto d'onda analizzato rispetto agli stati
asintotici liberi, quando vuole parlare di scattering.
D'altra parte qualcosa ho visto circa lo spostamento dal punto di
vista funzionale a quello operatoriale. Ma non sono riuscito, a suo tempo,
a seguire il corso specifico. E oltre il suono delle parole non ho una
grande
confidenza con queste cose. Mi viene da pensare a rappresentazioni
integrali in cui relazioni di commutazione
che evidenziano il ruolo intrinseco dell'indeterminazione facendone
quasi una questione geometrica legata alla simmetria. E' di questo che
parli?


> Parli anche dei fotoni: beh, non sono sovrapposizioni di onde piane....o
> meglio, detto cosi' e' ambiguo, dipende da come vuoi interpretare quelle
> onde e si puo' arrivzre ad interpretazioni un po' errate.

Consapevole di questo, suppongo che il modo giusto di parlare di fotoni sia
quello di ricorrere allo schema della matrice densità. Si può scegliere di
adottare le onde piane per scrivere la matrice densità del sistema.
E posare su solide basi l'argomento di Einstein sul gas di fotoni, ad
esempio.

Il problema per me + difficile è capire cosa intendono tanti divulgatori ed
alcuni
libri anche non divulgativi quando parlano di emissione di un singolo fotone
e
poi parlano della funzione d'onda in generale. Non mi è difficile capire che
per la
funzione d'onda di un elettrone
libero valgono le equazioni di Klein-Gordon e che queste fanno il paio con
le equazioni
di Maxwell nel vuoto e tutte le altre implicazioni e parallelismi da quello
fra il principio di Huyghens e gli integrali di cammino a quello
fra gli approcci variazionali continui e quantizzati.
Mi è più difficile capire, oltre il caso specifico delle situazioni
in cui uno si mette a studiare l'emissione da un singolo atomo e trova
condizioni
asintotiche che legano la frequenza all'energia del campo complessivo, come,
data una certa funzione d'onda, noi possiamo trovare in linea di principio
un'intero
spettro di frequenze e tuttavia parlare anche in questo caso di una
particella.
Ecco.

Su questo punto ho una certa confusione e penso sia una confusione di base.
Perchè con ogni probabilità non ha nessun significato parlare di questi enti
astrattamente dal modo in cui sono stati creati, scegliendosi le condizioni
iniziali
a piacimento. Oppure no? Scusa se approfitto della tua pazienza, spero
anch'io
che qualcuno colga almeno questa mia difficoltà e mi indichi una direzione
in cui
guardare.


> Filosofia della Fisica
> Boniolo e altri.

E' un bellissimo libro.
Grazie.

vittorio

unread,
Sep 2, 2002, 6:03:22 AM9/2/02
to
Ciao Evolution,
da quello che leggo, capisco solo ora che hai visto molte piu' cose di
quante me ne era sembrato all'inizio.

Evolution wrote:

> Diciamo che sto cercando di trovare armonia fra
> le tante cose che mi sono state insegnate all'università.

e' quello che cerco di fare anche io...ho un casino tale per la testa:-(

> Nella frase originale la sospensione del giudizio era riferita con esattezza
> al valore
> delle osservabili. Non allo stato. D'altra parte sempre, fino a prova

ok, lo avevo frainteso, ma pensavo ti riferissi brutalmente al pacchetto
d'onda.
Se fai la distinzione fra stati e osservabili, allora e' un ottimo punto
di partenza.
Non lo ritenevo sottointeso perche' a volte in meccanica classica non ci
si sta attenti, a meno che non ci si voglia occupare di questioni
filosofiche fondazionali e non avevo capito quanto hai approfondito i
tuoi studi.
Bene.

> contraria,
> la scelta ontologica "in senso fisico" è quella che conviene. Cioè conviene
> assumere l'esistenza dell'ente teorico perchè si desidera sapere come stanno
> le cose in effetti (anche se questo è un problema filosofico).

perfettamente d'accordo!

> La funzione d'onda pone problemi ontologici seri con
> riferimento ai sistemi composti, nel senso che non si possono separare le
> funzioni d'onda delle parti componenti (almeno nel mio schema, che come dici
> tu in seguito è forse un poco arretrato). Tuttavia nessun problema a parlare
> di funzione

........taglio..........

tutt'oggi ci sono questi problemi.

> Tuttavia abbondano in libri anche recenti e di fisica avanzata.
> Ed anche se con molti aggiustamenti di ordine e di scelte
> compaiono come ai tempi andati. In particolare, ad esempio, Weinberg
> nel '95 parla ancora di pacchetto d'onda analizzato rispetto agli stati
> asintotici liberi, quando vuole parlare di scattering.

di quali letture di Weinberg parli, appena ho tempo ci do un'occhiata.

.........taglio...........

> confidenza con queste cose. Mi viene da pensare a rappresentazioni
> integrali in cui relazioni di commutazione
> che evidenziano il ruolo intrinseco dell'indeterminazione facendone
> quasi una questione geometrica legata alla simmetria. E' di questo che
> parli?

no, non proprio.
Nella visione meno raffinata,
oggi gli stati sono elementi normalizzati a uno di uno spazio di Hilbert
(se ti piace, puoi proprio pensare ad uno spazio proiettivo complesso
infinito dimensionale) e le osservabili sono
alcuni fra gli operatori lineari autoaggiunti su questo spazio; i valori
di aspettazione di un'osservabile su uno stato si ottengono facendo
agire l'operatore sullo stato e facendo il prodotto scalare del
risultato con lo stato stesso.
Il teorema di indeterminazione e' solo una diretta conseguenza della
geometria degli spazi di Hilbert.

............taglio...................

francamente mi e' molto difficile rispondere alle altre domande che hai
posto per almeno due motivi:
1) non mi ritengo espertissimo in problemi fondazionali
2) penso che prima bisognerebbe creare un background comune.
Per quanto riguarda 2) ti riconsiglio il libro che ti avevo consigliato,
ma ti assicuro che non troverai tutte le risposte, o, quanto meno, se ne
troverai, non e' detto che ti soddisfino.
Io non sono soddisfatto.
Ciao, spero di essere stato in qualche modo utile e riinvito i
megaesperti del newsgroup a dire qualcosa.
vittorio

--
http://www.physics.it

vittorio

unread,
Sep 2, 2002, 7:55:36 AM9/2/02
to
Ciao,
aggiungo qualcosa, tanto per chiarezza(mica tanta, in verita').

vittorio ha scritto:

> oggi gli stati sono elementi normalizzati a uno di uno spazio di Hilbert
> (se ti piace, puoi proprio pensare ad uno spazio proiettivo complesso
> infinito dimensionale) e le osservabili sono
> alcuni fra gli operatori lineari autoaggiunti su questo spazio; i valori
> di aspettazione di un'osservabile su uno stato si ottengono facendo
> agire l'operatore sullo stato e facendo il prodotto scalare del
> risultato con lo stato stesso.
> Il teorema di indeterminazione e' solo una diretta conseguenza della
> geometria degli spazi di Hilbert.

a questo punto potresti giustamente chiedermi dove e' finita la matrice
densita' di cui parlavi. Beh, la definizione di stato che ho dato non e'
abbastanza generale per poter includere anche questo caso, ma ne esiste
una piu' generale in cui questi sono definiti in termini di particolari
funzionali sull'algebra delle osservabili.
Con questa definizione si puo' includere la trattazione delle matrici
densita' ed e' molto utile per altre generalizzazioni della teoria, di
cui pero' non e' il caso di parlare, visto che finirei solo in
tecnicismi.
Purtroppo e' un po' di tempo che piu' che di fisica penso a problemi
matematici legati alla fisica.
Dunque non ho lo spirito giusto per cercare di fornirtene una visione
intuitiva.
Ciao
vittorio

--
http://www.physics.it

luciano buggio

unread,
Sep 2, 2002, 8:53:34 AM9/2/02
to
Evolution wrote:
(cut)

> Il problema per me + difficile è capire cosa intendono tanti divulgatori ed
> alcuni
> libri anche non divulgativi quando parlano di emissione di un singolo fotone
> e
> poi parlano della funzione d'onda in generale. Non mi è difficile capire che
> per la
> funzione d'onda di un elettrone.....Mi è più difficile capire, oltre il caso
specifico delle situazioni
> in cui uno si mette a studiare l'emissione da un singolo atomo..., come,

> data una certa funzione d'onda, noi possiamo trovare in linea di principio
> un'intero
> spettro di frequenze e tuttavia parlare anche in questo caso di una
> particella.
> Ecco.

Ciao.
Intervengo solo su questo punto, che mi sembra fondamentale: lo faccio
perchè, come ho avuto modo di verificare in altri dibattiti analoghi, nel
considerare l'emissione "debole", da atomo eccitato ("un fotone"), non si
tien sempre conto di caratteristiche "fisiche", "spaziali" di ciò che
viene emesso, proprietà che sono state misurate.
E' stata individuata una "lunghezza di coerenza" (l'ordine è del metro) di
questo "oggetto".
E' una cosa sulla quale si sorvola.
Se ha senso parlare di una "lunghezza" spaziale, ne avrà anche parlare di
"ingombro laterale"?
Insomma qual'è la "realtà" da dare a questo oggetto, se è vero che ha
delle dimensioni?
Hai fatto bene a contestare a Vittorio il fatto che non si parli più di
"pacchetto". Non so se questo sia il nome più giusto, per questa cosa, ma
certamente il fatto di tendere (e qui Vittorio ha visto giusto) ad
abbandonare questa terminologia "troppo realistica" deve fare i conti con
l'esistenza di esperimenti che attribuiscono un *reale ingombro spaziale*
al fotone.
Che cosa ne pensi?

Luciano Buggio.

--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it

luciano buggio

unread,
Sep 2, 2002, 9:11:40 AM9/2/02
to
TheOpps wrote:

> Ho leggiucchiato un po' di cose... purtroppo non ho molto tempo per leggere
> tutto con attenzione.
> Pero' ho trovato:

> "L'ammissione da parte di Regge di una struttura del Leptone e del Quark è
> qui esplicita, contro il parere di Mazzuccato: quel che conta è però che per
> entrambi la Teoria è completa e corretta al suo livello di descrizione della
> realtà, e future scoperte si dovranno semplicemente innestare su di essa,
> senza modificarla.
> Tale è la potenza della fede nella "Scienza Normale", consolidatasi in
> paradigma; se ammette una incompletezza, si riferisce a scoperte non ancora
> possibili per via della tecnologia, le quali comunque non scalfiranno le
> attuali certezze, ma apriranno semplicemente ad altri mondi".
Ero entusiasta di questo brano, quando l'ho letto:
Finalmente qualcuno che la pensa come me!
Poi, con rammarico, ho scoperto che questa cosa l'ho scritta io, anni fa.
Devi aver preso un mio volantino ad un Convegno di Lavoro (a Padova?)
sulle Particelle Elementari, collegato a Ginevra..
Sarà per la prossima volta.
Ciao.

Evolution

unread,
Sep 2, 2002, 6:36:31 PM9/2/02
to

>
> e' quello che cerco di fare anche io...ho un casino tale per la testa:-(

E' spesso creativo, il casino :-)

>

>
> > Tuttavia abbondano in libri anche recenti e di fisica avanzata.
> > Ed anche se con molti aggiustamenti di ordine e di scelte
> > compaiono come ai tempi andati. In particolare, ad esempio, Weinberg
> > nel '95 parla ancora di pacchetto d'onda analizzato rispetto agli stati
> > asintotici liberi, quando vuole parlare di scattering.
>
> di quali letture di Weinberg parli, appena ho tempo ci do un'occhiata.
>

"The theory of quantum fields" I volume Cambridge press.

E' un libro bello, ma a volte lascia la sensazione che si tratti
di una rassegna di possibilità, e sul piano delle applicazioni lo
trovo un poco esoterico.


> no, non proprio.
> Nella visione meno raffinata,
> oggi gli stati sono elementi normalizzati a uno di uno spazio di Hilbert
> (se ti piace, puoi proprio pensare ad uno spazio proiettivo complesso
> infinito dimensionale)

Urk. Perchè deve essere proiettivo? Non basta vettoriale su C con prodotto
scalare
sesquilineare (si dice?). Cioè lineare a destra antilineare a sinistra.
L'antilinearità
è riferita al comportamento rispetto alla moltiplicazione dei vettori per un
numero
complesso che comportano l'uscita dal prodotto previa coniugazione.

Ho la sensazione che la cosa diventi più semplice avendo presente il
concetto di duale. Ho come la sensazione che il prodotto scalare fatto a
quella maniera debba corrispondere
ad un Isomorfismo in qualche modo naturale dallo spazio al duale. Non lo
racconto
ai miei amici matematici che se no mi deridono.

e le osservabili sono
> alcuni fra gli operatori lineari autoaggiunti su questo spazio; i valori
> di aspettazione di un'osservabile su uno stato si ottengono facendo
> agire l'operatore sullo stato e facendo il prodotto scalare del
> risultato con lo stato stesso.

Ovvero a la Dirac prendendo il valor medio dell'osservabile sullo stato.

> Il teorema di indeterminazione e' solo una diretta conseguenza della
> geometria degli spazi di Hilbert.
>

Ho qualche idea su come dimostrarlo? Devo ripensarci.

> Ciao, spero di essere stato in qualche modo utile e riinvito i
> megaesperti del newsgroup a dire qualcosa.
> vittorio

Grazie di tutto.
A presto

> http://www.physics.it

vittorio

unread,
Sep 3, 2002, 11:06:27 AM9/3/02
to
Ciao Evolution!,


Evolution wrote:
>
> >
> > e' quello che cerco di fare anche io...ho un casino tale per la testa:-(
>
> E' spesso creativo, il casino :-)
>

se non e' troppo... speriamo in bene:-)

> "The theory of quantum fields" I volume Cambridge press.
>
> E' un libro bello, ma a volte lascia la sensazione che si tratti
> di una rassegna di possibilità, e sul piano delle applicazioni lo
> trovo un poco esoterico.

Taglio un po' di cose, ma non sto a indicare tutto.
beh, mi lasci un po' sconcertato: potresti descrivermi il percorso
didattico che hai seguito
per comprendere la meccanica quantistica e la teoria dei campi?
parli dell'approccio alla Dirac, sai bene cosa e' uno spazio di Hilbert,
ma non sapevi che si lavora in termini di osservabili che sono operatori
autoaggiunti. Mah...
In particolare mi meraviglio che tu abbia potuto leggiucchiare il
Weinberg senza conoscere bene la meccanica quantistica.
Per questo ti chiedo che percorso didattico hai seguito. Non penso che
quello che ho seguito io sia l'unico possibile o il migliore.



> Urk. Perchè deve essere proiettivo? Non basta vettoriale su C con prodotto
> scalare
> sesquilineare (si dice?). Cioè lineare a destra antilineare a sinistra.
> L'antilinearità
> è riferita al comportamento rispetto alla moltiplicazione dei vettori per un
> numero
> complesso che comportano l'uscita dal prodotto previa coniugazione.

beh, si parte da li', ma poi gli stati devono essere normalizzati a uno,
e si nota che se si cambia la fase dello stato la fisica non cambia.
Puoi vederlo in due passaggi:
1) hai lo spazio di hilbert, ma ne consideri solo la palla unitaria
2) prendi la palla e identifichi stati che differiscono per una fase.
Se riguardi il Weinberg, nel primo capitolo, quando costruisce le
rappresentazioni del gruppo di Poincarre, cerca difatti rappresentazioni
definite "a meno di una fase". Queste si chiamano rappresentazioni
proiettive.
Ti incuriosisco: guarda cosa fa quando rappresenta le rotazioni in tre
dimensioni, per parlare dello spin...ti accorgerai (forse) che per avere
spin semidispari abbandona il gruppo delle rotazioni per passare ad un
gruppo piu' "vasto"...e per questo poi dovra' abbandonare anche il
gruppo di Poincarre' per un gruppo piu' vasto. Ma il "bastardone":-):-)
non lo dice mica(mi sembra).



> Ho la sensazione che la cosa diventi più semplice avendo presente il
> concetto di duale. Ho come la sensazione che il prodotto scalare fatto a
> quella maniera debba corrispondere
> ad un Isomorfismo in qualche modo naturale dallo spazio al duale. Non lo
> racconto
> ai miei amici matematici che se no mi deridono.

beh, e' proprio cosi': se sei in uno spazio di Hilbert allora puoi
identificarlo col suo duale tramite una mappa indotta dalla forma
sesquilineare.
Occhio ai tuoi amici matematici: se gli racconti che e' vero per ogni
spazio vettoriale potrebbero ridere e come!:-) e' vero in spazi di
Hilbert e comunque non per il duale algebrico, ma quello formato solo
dai funzionali lineari continui.
In dimensione finita non c'e' distinzione, ma in dimensione infinita
scoppiano un po' di casini e bisogna stare molto attenti alle
caratteristiche topologiche degli spazi che si trattano.



>
> Ho qualche idea su come dimostrarlo? Devo ripensarci.
>

la dimostrazione e' standard e la trovi su ogni teso di istituzioni di
fisica teorica.

Evolution

unread,
Sep 3, 2002, 6:26:42 PM9/3/02
to

> beh, mi lasci un po' sconcertato: potresti descrivermi il percorso
> didattico che hai seguito
> per comprendere la meccanica quantistica e la teoria dei campi?
> parli dell'approccio alla Dirac, sai bene cosa e' uno spazio di Hilbert,
> ma non sapevi che si lavora in termini di osservabili che sono operatori
> autoaggiunti. Mah...

Non ho detto di non sapere che si lavora in termini di osservabili
o di non sapere che sono operatori autoaggiunti. Ho detto che
non ho potuto seguire il corso specifico che trattava dell'algebra
degli operatori e della rifondazione in termini di algebre operatoriali
della MQ.

Ho seguito un corso di Istituzioni di Fisica Teorica,
e poi un corso di Fisica teorica vero e proprio.

> In particolare mi meraviglio che tu abbia potuto leggiucchiare il
> Weinberg senza conoscere bene la meccanica quantistica.

Mi meraviglio anch'io di questo avvenimento.

> Per questo ti chiedo che percorso didattico hai seguito. Non penso che
> quello che ho seguito io sia l'unico possibile o il migliore.

> > Urk. Perchè deve essere proiettivo? Non basta vettoriale su C con
prodotto
> > scalare
> > sesquilineare (si dice?). Cioè lineare a destra antilineare a sinistra.
> > L'antilinearità
> > è riferita al comportamento rispetto alla moltiplicazione dei vettori
per un
> > numero
> > complesso che comportano l'uscita dal prodotto previa coniugazione.
>
> beh, si parte da li', ma poi gli stati devono essere normalizzati a uno,
> e si nota che se si cambia la fase dello stato la fisica non cambia.
> Puoi vederlo in due passaggi:
> 1) hai lo spazio di hilbert, ma ne consideri solo la palla unitaria
> 2) prendi la palla e identifichi stati che differiscono per una fase.

E fin qui certo c'ero arrivato. Ma poi ho difficoltà a capire, non avendo
studiato algebra, o geometria due, che questo è uno spazio proiettivo.
Solo ora mi capacito di avere avuta sempre ben chiara l'idea di spazio
proiettivo senza sapere che proprio quell'idea portasse quel nome.
Come quando uno conosce una persona ma non sa che è "tal dei tali".

> Se riguardi il Weinberg, nel primo capitolo, quando costruisce le
> rappresentazioni del gruppo di Poincarre, cerca difatti rappresentazioni
> definite "a meno di una fase". Queste si chiamano rappresentazioni
> proiettive.

> Ti incuriosisco: guarda cosa fa quando rappresenta le rotazioni in tre
> dimensioni, per parlare dello spin...ti accorgerai (forse) che per avere
> spin semidispari abbandona il gruppo delle rotazioni per passare ad un
> gruppo piu' "vasto"...e per questo poi dovra' abbandonare anche il
> gruppo di Poincarre' per un gruppo piu' vasto. Ma il "bastardone":-):-)
> non lo dice mica(mi sembra).

Infatti mi sembra che nessuno lo dica esplicitamente. Si dice che è una
rappresentazione "esuberante" del gruppo delle rotazioni, perchè bisogna
fare due giri anzichè uno. Io stesso fino ad ora ero convinto che in effetti
fissata l'algebra di commutazione per i generatori e cercando tutte le
rappresentazioni, si trovassero anche quelle cose strane per lo spin
semintero
e mi ero sempre detto che questo dovesse avere in qualche modo a che
fare con la natura complessa delle rappresentazioni. Una sorta di
effetto secondario dell'automorfismo canonico dei complessi. Però questa
intuizione
non è affatto confermata, fino al momento in cui scrivo, da alcuna
benedizione testuale da parte di un corso e nemmeno dalla mia componente
razionale. E' una specie di germe cognitivo privo di qualità, e forse
falsou.

>
> > Ho la sensazione che la cosa diventi più semplice avendo presente il
> > concetto di duale. Ho come la sensazione che il prodotto scalare fatto a
> > quella maniera debba corrispondere
> > ad un Isomorfismo in qualche modo naturale dallo spazio al duale. Non lo
> > racconto
> > ai miei amici matematici che se no mi deridono.
>
> beh, e' proprio cosi': se sei in uno spazio di Hilbert allora puoi
> identificarlo col suo duale tramite una mappa indotta dalla forma
> sesquilineare.

Però quello che volevo dire io è: io so che V** e V sono in dimensione
finita
identificabili in modo naturale. Se in V scelgo una base e scelgo
l'isomorfismo
canonico da V a V* trovo che in qualche modo l'azione dell'immagine di V
mediante l'isomorfismo canonico sui vettori di V può essere interpretata
come
un prodotto scalare. Mi chiedevo se la generalizzazione a spazi complessi di
dimensione infinita, a patto che valga V<--->V**, non mi permettesse di
trovare la struttura sesquilineare. Forse si tratta di un farnetico.

> Occhio ai tuoi amici matematici: se gli racconti che e' vero per ogni
> spazio vettoriale potrebbero ridere e come!:-) e' vero in spazi di
> Hilbert e comunque non per il duale algebrico,

Questo mi sembra che risponda alla mia domanda in senso negativo.
Il duale algebrico è quello su cui contavo per questo gioco. Comunque il
"farnetico" rimane in piedi nel caso di dimensione finita. Ad ogni modo,
a prescindere dalle mie contorsioni mentali, quale sarà il motivo per cui
uno pensa ad un prodotto sesquilineare? Ricordo la risposta classica: per
avere una norma sullo spazio. D'accordo, ma perchè uno dovrebbe pensare
ad una norma per dare struttura allo spazio? Non c'è un percorso alternativo
in cui la norma sia giustificata a sua volta da certe virtù circa la
rappresentabilità
dei vettori? Scusate il tarlo.

ma quello formato solo
> dai funzionali lineari continui.
> In dimensione finita non c'e' distinzione, ma in dimensione infinita
> scoppiano un po' di casini e bisogna stare molto attenti alle
> caratteristiche topologiche degli spazi che si trattano.
>
> >
> > Ho qualche idea su come dimostrarlo? Devo ripensarci.
> >
>
> la dimostrazione e' standard e la trovi su ogni teso di istituzioni di
> fisica teorica.

Comunque la dimostrazione è basata sulle regole di commutazione fra gli
operatori
p e q, quindi in qualche modo mi sembra che avendo presente che la
formulazione
di Heisenberg in termini matriciali era ad un dipresso dal dire che misurare
nell'ordine
p e q è diverso dal misurare nell'ordine q e p e di conseguenza ....
Su questo sono un poco ignorante. Cioè chi ha avuto per primo l'idea del
parallelismo fra regole di commutazione e parentesi di Poisson?
Comunque supposto che questa idea non fosse già di Heisenberg, mi sembra che
il contenuto innovativo della rappresentazione mediante spazi di Hilbert non
contenga
ancora il teorema di indeterminazione. A meno di non interpretare l'impulso
come derivata
etc... e quindi dedurre le regole di commutazione, oppure di imporre fin da
principio
le regole di commutazione per "evidenza sperimentale" o per analogia al caso
classico.
E questa per me sarebbe la differenza fra indeterminazione
come teorema alla "Scroedinger"
ed indeterminazione come postulato "principio" rispettivamente alla
Heisenberg, Dirac. Sbaglio?


> Ciao
> vittorio
>
> --
> http://www.physics.it

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it

Evolution

unread,
Sep 4, 2002, 7:08:06 AM9/4/02
to

> Ciao.
> Intervengo solo su questo punto, che mi sembra fondamentale: lo faccio
> perchè, come ho avuto modo di verificare in altri dibattiti analoghi, nel
> considerare l'emissione "debole", da atomo eccitato ("un fotone"), non si
> tien sempre conto di caratteristiche "fisiche", "spaziali" di ciò che
> viene emesso, proprietà che sono state misurate.
> E' stata individuata una "lunghezza di coerenza" (l'ordine è del metro) di
> questo "oggetto".

Scusa il ritardo con cui ti rispondo, ma ero intento a ripercorrere le
connessioni
interne della teoria. Detto in questi termini trovo che sia un poco vago.
Cioè quale
sia questo oggetto, come si misura la coerenza, come è definita? Se hai una
lettura
che faccia riferimento ai laboratori dove la misura è stata effettuata, o
semplicemente
mi indicassi la tua fonte, in modo da avere un'idea del tuo panorama
mentale, potrei
esprimerti un'impressione al riguardo. Io ho sentito parlare di decoerenza
in un ambito
ben preciso in cui si fa riferimento all'ineliminabilità intrinseca, in
laboratorio, di
effetti ambientali. In tale contesto l'ambiente ha l'effetto di rendere il
fotone semiclassico,
forse il risultato a cui fai riferimento esprime il fatto che nelle migliori
condizioni di isolamento
il fotone rimane descritto da una funzione d'onda per lunghezze di circa un
metro.
So anche di esperimenti legati all'effetto Casimir, in cui una componente di
"rumore"
del vuoto è ineliminabile. Non so se facendo i conti risulti che questo
implica una decoerenza
in un arco spaziale dell'ordine di un metro.

> E' una cosa sulla quale si sorvola.
> Se ha senso parlare di una "lunghezza" spaziale, ne avrà anche parlare di
> "ingombro laterale"?

Ecco, dipende appunto da cosa intendono le persone che hanno fatto gli
esperimenti,
o le previsioni teoriche.

> Insomma qual'è la "realtà" da dare a questo oggetto, se è vero che ha
> delle dimensioni?
> Hai fatto bene a contestare a Vittorio il fatto che non si parli più di
> "pacchetto". Non so se questo sia il nome più giusto, per questa cosa, ma
> certamente il fatto di tendere (e qui Vittorio ha visto giusto) ad
> abbandonare questa terminologia "troppo realistica" deve fare i conti con
> l'esistenza di esperimenti che attribuiscono un *reale ingombro spaziale*
> al fotone.
> Che cosa ne pensi?

Penso che in linea di principio, nello schema ancora attuale della teoria
quantistica sia,
un problema sul quale appunto mi interrogo.

> Luciano Buggio.
>
>
> --
> questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
> http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it
>

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vittorio

unread,
Sep 5, 2002, 8:36:11 AM9/5/02
to
Ciao Evolution,
oggi sono stanco e spero di non delirare troppo.

Evolution wrote:

> Non ho detto di non sapere che si lavora in termini di osservabili
> o di non sapere che sono operatori autoaggiunti. Ho detto che

e' vero, non l'hai mai detto. l'avevo inteso io leggendo il primo post.
Poi, difatti, mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano e per questo
ti ho chiesto
che percorso hai fatto.

> Ho seguito un corso di Istituzioni di Fisica Teorica,
> e poi un corso di Fisica teorica vero e proprio.

allora ne sai piu' di me!!!

> > In particolare mi meraviglio che tu abbia potuto leggiucchiare il
> > Weinberg senza conoscere bene la meccanica quantistica.
>
> Mi meraviglio anch'io di questo avvenimento.

beh, non che io abbia capito tutto, anzi....

.............taglio...............

> fissata l'algebra di commutazione per i generatori e cercando tutte le
> rappresentazioni, si trovassero anche quelle cose strane per lo spin
> semintero

difatto, basta l'algebra dei generatori.
Poi pero' devi decidere se la consideri come algebra di generatori del
gruppo di partenza o
di quella del "gruppo piu' vasto". Beh, diamogli un nome: rivestimento
universale.
Nel caso del gruppo delle rotazioni e' SU(2), nel caso del gruppo di
Lorentz e' SL(2,C).
Il discorso sugli spin si puo' fare senza parlare di rappresentazioni di
quest'algebra.

..........taglio.......

> Non c'è un percorso alternativo
> in cui la norma sia giustificata a sua volta da certe virtù circa la
> rappresentabilità
> dei vettori? Scusate il tarlo.

direi di no, che sono questioni distinte. Ma a una domanda del tipo:
"esiste un percorso alternativo" e' una domanda alla quale non posso
rispondere se non rispondendo che non *conosco* un percorso alternativo.
Sulla storia della fisica mi trovi un po' ignorante e dunque non posso
rispondere.
Ciao
vittorio

P.S.
gli spazi in cui vale V <-> V**(ma prendendo il duale topologico) si
chiamno riflessivi. Se vuoi approfondire basta che cerchi su libri di
analisi funzionale.
Te ne consiglio in particolare uno, che e' molto diretto, senza troppe
pippe:
Analisi Funzionale - Teoria e applicazioni
di Haim Brezis
Se vuoi qualcosa di piu' approfonndito, ma piu' difficile:
Analisi Funzionale
di W.Rudin

luciano buggio

unread,
Sep 5, 2002, 8:52:00 AM9/5/02
to
Evolution wrote:

> > Ciao.
> > Intervengo solo su questo punto, che mi sembra fondamentale: lo faccio
> > perchè, come ho avuto modo di verificare in altri dibattiti analoghi, nel
> > considerare l'emissione "debole", da atomo eccitato ("un fotone"), non si
> > tien sempre conto di caratteristiche "fisiche", "spaziali" di ciò che
> > viene emesso, proprietà che sono state misurate.
> > E' stata individuata una "lunghezza di coerenza" (l'ordine è del metro) di
> > questo "oggetto".

(cut)


>. Detto in questi termini trovo che sia un poco vago.
> Cioè quale
> sia questo oggetto, come si misura la coerenza, come è definita? Se hai una
> lettura
> che faccia riferimento ai laboratori dove la misura è stata effettuata, o
> semplicemente

> mi indicassi la tua fonte (cut)
Ti ricopio un brano tratto da F.Selleri- Paradossi e Realtà, Saggio sui
fondamenti della Microficisa , pag.74-75,-Bari. Laterza 1987:
Selleri è ordinario di fisica teorica all'Università di Bari.
"(....) Che cos'è una singola emissione atomica? Questa è una domanda più
elementare e più fondamentale, rispondendo alla quale potremmo capire tante
cose sulla luce e sugli atomi stessi che la emettono. Pertanto chiediamoci:
è possibile avere delle sorgenti in cui un solo atomo emette luce? La
risposta positiva viene per esempio dai Fisici Dagenais e Mandel, che nei
loro esperimenti hanno uisato come sorgente luminosa un tubicino metallico
dal quale è stata tolta l'aria e nel quale viene fatto propagare un
fascetto
di atomi di bassa intensità. Una piccola parte del tubicino è stata
tagliata
via e sostituita da una parete di vetro perfettamente saldata alla restante
parte metallica. Naturalmente il vetro è trasparente alla luce
evenutualmente emessa da atomi propagantisi dentro il tubicino.: questa
"finestra" di vetro costituisce, appunto, la sorgente della luce da
studiare.
Le cose sono sistemate in modo tale che un solo atomo alla vota "si
affacci"
alla finestra. Molto raramente può accadere che più di un atomo sia
"visibile" attraverso il vetro, ma la rarità di un tale evento garantisce
appunto che nella stragrande maggioranza dei casi si stia studiando proprio
una _singola emissione atomica_ In media accade che un certo atomo visibile
attraverso il vetro sia già sparito ad un'estremità della finestra, prima
che l'atomo seguente compaia all'estremità opposta.
Un elemento importante della sorgente di Deganais e Mandel è il meccanismo
di eccitazione. Si tratta di un fascio di luce laser perpendicolare
all'asse
del tubicino che attraversa continuamente la finestra di vetro: se un atomo
si affaccia alla finestra e ne viene investito, molto rapidametne si eccita
acquistando energia dalla luce laser. Un atomo eccitato vive nel nuovo
stato
di ricchezza energetica per un tempo che sembra breve a noi esseri
macroscopici, ma che è lungo su scla atomica: un miliardesimo di secondo.
Una tipica velocità degli atomi in moto all'interno del tubicino è qualcosa
come 700 metri al secondo: perciò l'atomo percorre circa un millesimo di
millimetro prima di diseccitarsi emettendo luce.
Esso emette quindi ben prima di poter sparire ad una estremità della
finestra. (....)"
L'atomo emette per tutta la durata dello stato di eccitazione: facendo i
calcoli
vien fuori una lunghezza dell'ordine del metro
3*10^8 m/s * 10^-9 sec = trenta centimetri.
Uno potrebbe pensare che l'atomo non emetta per tutta la durata
dell'eccitazone, ma solo alla fine, diseccitandosi improvvisamente.
L'esperimento però conferma questo calcolo (e l'ipotesi dell'emissione
continauta nel tempo.
Continua Selleri qualche pagina più avanti:
"Yanossy e Naray, variando la lunghezza di uno dei due percorsi dei
singoli fotoni nel loro
interferometro verificarono (attraverso la sparizione dell'effetto di
interferenza) quello che avevano già previsto a tavolino, che cioè il loro
atomo di mercurio (la sorgente tipo Mandel) diseccitandosi in circa un
miliardesimo di secondo emetteva un oggetto della lunghezza di un metro
circa."
Con questo ti dovrebbe essere chiaro anche il perchè del termine
"coerenza", che non ha nulla a che fare con quanto tu dici della
"decoerenza".

Mi stupisco e non mi stupisco nello stesso tempo che tu non sappia queste
cose: il fatto è che, come ti dicevo, si sorvola, anzichè trarne delle
implicaizoni che sarebbero imbarazzanti per l'attuale interpretazioen
della QM. Ho tentato di parlarne, in particolare con Fabri, l'anno
scorso, ma è andata buca: vedi qui, per esempio, e dintorni:
http://groups.google.com/groups?q=fabri+pitagora+mandel+buggio&hl=it&lr=&ie=UTF-8&selm=m7ol7.1005%24kA5.27671%40news.infostrada.it&rnum=1
Queste cose mi sembrano importanti, se non altro perchè fissano un limite
assoluto all'indeterminazione della posizione del fotone, limite che
dipende dalla durata dell'emissione.
Dato un atto di emissione, siamo certi che la particella non può essere
localizzata al di fuori dellla lughezza di quei trenta centimetri, o
quanto sono: se faccio andare gli atomi di mercurio più piano,
attraverseranno il fascetto laser in più tempo, e la lunghezza sarà
maggiore, e quindi, così pare, l'indeterminazione, mai però sfumata ad
infinito.
Ciao
Luciano Buggio
http://www.scuoladifisica.it

vittorio

unread,
Sep 7, 2002, 12:23:30 PM9/7/02
to
Riciao Evolution,
mi correggo.

vittorio wrote:

........taglio........

> difatto, basta l'algebra dei generatori.


..........taglio........


> Il discorso sugli spin si puo' fare senza parlare di rappresentazioni di
> quest'algebra.

beh, detto cosě č quasi falso: comunque si sceglie la dimensione della
rappresentazione e a questa si associa uno spin...
ciao
vittorio

Evolution

unread,
Sep 7, 2002, 4:35:54 PM9/7/02
to
Il 05 Set 2002, 14:36, vittorio <vitt...@physics.it> ha scritto:
> Ciao Evolution,
> oggi sono stanco e spero di non delirare troppo.
>
> Evolution wrote:
> .............taglio...............
>
> > fissata l'algebra di commutazione per i generatori e cercando tutte le
> > rappresentazioni, si trovassero anche quelle cose strane per lo spin
> > semintero
>
> difatto, basta l'algebra dei generatori.
> Poi pero' devi decidere se la consideri come algebra di generatori del
> gruppo di partenza o
> di quella del "gruppo piu' vasto". Beh, diamogli un nome: rivestimento
> universale.
> Nel caso del gruppo delle rotazioni e' SU(2), nel caso del gruppo di
> Lorentz e' SL(2,C).
> Il discorso sugli spin si puo' fare senza parlare di rappresentazioni di
> quest'algebra.
>
> ..........taglio.......

Cercherò di riflettere sotto i lumi di qualche buon libro sull'argomento.
Consigli?

>
> > Non c'è un percorso alternativo
> > in cui la norma sia giustificata a sua volta da certe virtù circa la
> > rappresentabilità
> > dei vettori? Scusate il tarlo.

> direi di no, che sono questioni distinte. Ma a una domanda del tipo:
> "esiste un percorso alternativo" e' una domanda alla quale non posso
> rispondere se non rispondendo che non *conosco* un percorso alternativo.

Provo a chiarire il mio problema nell'apprendimento.
Di fatto si capisce abbastanza facilmente questo: assegnato
v in V (spazio vettoriale sui complessi) v*(v)=1 se il vettore v è di base.
Se vogliamo rendere la rappresentazione degli stati indipendente dalla fase
e se h è una fase allora (hv)*(hv)=h(hv)*(v)=1 se e solo (hv)*(v)=h*v*(v)
dunque la rappresentazione che risulta naturale è quella antilineare. Questo
di fatto
è il nocciolo della rappresentazione di Dirac. Da qui discende, in
dimensione finita,
un prodotto sesquilineare.
Per avere una norma basterebbe un prodotto scalare di cui consideriamo il
modulo.
Ma questo procedimento non renderebbe agevole la scrittura del vettore a
come
| e_i >< e_i | a >. Ed altre semplificazioni. Dunque nodale risulta la
presentazione
del duale ed il suo utilizzo possibile nella rappresentazione dei vettori,
prima del
prodotto e della norma. Di fatto però si segue un approccio differente in
ogni corso
di Metodi matematici.

> Sulla storia della fisica mi trovi un po' ignorante e dunque non posso
> rispondere.

Qualcuno ha risposto indirettamente rimandando a leggere un articolo che ho
trovato
grazioso, intanto Fabri ha dato una risposta ad un altra mail sul medesimo
soggetto
ed a giorni comparirà una mia risposta in cui faccio una figuraccia
inventandomi un
diagramma che non esiste. Seguiranno correzioni.

>
> P.S.
> gli spazi in cui vale V <-> V**(ma prendendo il duale topologico) si
> chiamno riflessivi. Se vuoi approfondire basta che cerchi su libri di
> analisi funzionale.

Ero a conoscenza di questo, ma non ho studiato in dettaglio l'argomento.
Avevo portato da leggere degli appunti di analisi funzionale, con
approfondimenti
sugli spazi di Banach, duali, Hilbert e Sobolev, ma ho seguito altre
letture, un poco
più filosofiche.


> Analisi Funzionale - Teoria e applicazioni
> di Haim Brezis
> Se vuoi qualcosa di piu' approfonndito, ma piu' difficile:
> Analisi Funzionale
> di W.Rudin

Grazie.

Elio Fabri

unread,
Sep 8, 2002, 2:04:22 PM9/8/02
to
evolution ha scritto:
> ...
> Infatti mi sembra che nessuno lo dica esplicitamente. Si dice che e' una
> rappresentazione "esuberante" del gruppo delle rotazioni, perche' bisogna
> fare due giri anziche' uno. Io stesso fino ad ora ero convinto che in effetti

> fissata l'algebra di commutazione per i generatori e cercando tutte le
> rappresentazioni, si trovassero anche quelle cose strane per lo spin semintero
> e mi ero sempre detto che questo dovesse avere in qualche modo a che
> fare con la natura complessa delle rappresentazioni. Una sorta di
> effetto secondario dell'automorfismo canonico dei complessi. Pero' questa
> intuizione non e' affatto confermata, fino al momento in cui scrivo, da alcuna

> benedizione testuale da parte di un corso e nemmeno dalla mia componente
> razionale. E' una specie di germe cognitivo privo di qualita', e forse falsou.
Infatti la ragione non e' quella.
E' che SO(3) e' un gruppo non semplicemente connesso.
SO(3) e SU(2) sono _localmente_ isomorfi, ma non globalmente isomorfi.:
SU(2) e' semplicemente connesso, ed e' il _ricoprimento universale_ di
SO(3).
Potresti guardare
ftp://osiris.df.unipi.it/pub/sagredo/gruppi
e in particolare il cap. 11, che e' proprio dedicato a questo argomento.
-------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica "E. Fermi"
Universita' di Pisa
-------------------

Evolution

unread,
Sep 8, 2002, 5:33:12 PM9/8/02
to

> Potresti guardare
> ftp://osiris.df.unipi.it/pub/sagredo/gruppi
> e in particolare il cap. 11, che e' proprio dedicato a questo argomento.

Grazie darň un occhiata.
Appena possibile.
Scommetto che si tratta di un ottimo lavoro.

Elio Fabri

unread,
Sep 9, 2002, 3:19:54 PM9/9/02
to
Luciano Buggio ha scritto:
> Ti ricopio un brano tratto da F.Selleri- Paradossi e Realta', Saggio sui

> fondamenti della Microficisa , pag.74-75,-Bari. Laterza 1987:
> ...
Benissimo: Selleri descrive un esperimento col quale si dimostra che la
radiazione emessa da *un singolo atomo*, quindi un singolo fotone, ha
una lunghezza di coerenza finita (30 cm nell'esempio).

> Mi stupisco e non mi stupisco nello stesso tempo che tu non sappia queste

> cose: il fatto ÿ che, come ti dicevo, si sorvola, anzichÿ trarne delle


> implicaizoni che sarebbero imbarazzanti per l'attuale interpretazioen
> della QM.

Ma chi sorvola? E' un fatto ben noto a qualunque fisico degno di questo
nome, e nessuno ci vede conseguenze "imbarazzanti" per la m.q.

> ...
> se faccio andare gli atomi di mercurio piu' piano,
> attraverseranno il fascetto laser in piu' tempo, e la lunghezza sara'
> maggiore, e quindi, cosi' pare, l'indeterminazione, mai pero' sfumata ad
> infinito.
Questo lo dici tu, ma e' sbagliato.
La lunghezza di coerenza e' una proprieta' della transizione fra i due
livelli interessati, e non cambia (a meno che tu non disturbi l'atomo in
qualche modo).

luciano buggio

unread,
Sep 9, 2002, 4:18:21 PM9/9/02
to
Elio Fabri wrote:

(cut)


> > Mi stupisco e non mi stupisco nello stesso tempo che tu non sappia queste
> > cose: il fatto ÿ che, come ti dicevo, si sorvola, anzichÿ trarne delle
> > implicaizoni che sarebbero imbarazzanti per l'attuale interpretazioen
> > della QM.
> Ma chi sorvola? E' un fatto ben noto a qualunque fisico degno di questo
> nome, e nessuno ci vede conseguenze "imbarazzanti" per la m.q.

A proposito di sorvolare, mi interesserebbe molto una tua presa di
posizione su quanto segue al brano che tu qui hai quotato, e su cui hai
sorvolato. Chiedo scusa al moderatore, lo so bene che uno risponde a
quello che gli pare: io ci provo solo:-)
Lo faccio perchè credo che anche a Fabri dovrebbe apparire molto attinente
al problema posto dal Principio di Indeterminazione.
Il seguito è (taglio il rif. personale):
--------------------------


Queste cose mi sembrano importanti, se non altro perchè fissano un limite
assoluto all'indeterminazione della posizione del fotone, limite che
dipende dalla durata dell'emissione.
Dato un atto di emissione, siamo certi che la particella non può essere

localizzata al di fuori della lunghezza di quei trenta centimetri, o
quanti sono.
--------------------------

Data la lunghezza di coerenza (a tutti i fisici degni di questo nome nota
ed assodata, come tu dici) dove fallisce questo mio ragionamento, che non
mi pare di aver mai sentito fare in giro?
Ciao.

vittorio

unread,
Sep 10, 2002, 3:06:46 AM9/10/02
to
Ciao Evolution!,

Evolution ha scritto:

> Cercherò di riflettere sotto i lumi di qualche buon libro sull'argomento.
> Consigli?

beh, spero che tu abbia letto il reply al mio reply in cui dicevo che
non è del tutto esatto quello che ho scritto.
Per quanto riguarda un libro, premettendo che non sono affatto esperto
in questioni di rappresentazioni dei gruppi, ti consiglio un bel
libricino, semirigoroso ma onesto, di Wu-Ki Tung dal titolo
Group Theory in Physics.
Parte dalla teoria delle trappresentazioni per gruppi finiti, cerca di
generalizzarre a quelli non finiti(e qui non è rigoroso, ma quello che
fa mi sembra sensato), poi parte con le rappresentazioni dei gruppi
delle rotazioni, del gruppo euclideo, del gruppo di Lorentz e altro.
Non so quanto sia famoso questo libriùo e dunque non posso assicurarti
che sarà di facile reperibilità.
Qui a Trento c'è alla biblioteca della facolta' di Scienze. Puoi
richiederlo col prestito interbibliotecario.
Per onestà devo comunque dire che non l'ho letto tutto, ma solo
spulciato all'occorrenza.

>
> Provo a chiarire il mio problema nell'apprendimento.
> Di fatto si capisce abbastanza facilmente questo: assegnato
> v in V (spazio vettoriale sui complessi) v*(v)=1 se il vettore v è di base.
> Se vogliamo rendere la rappresentazione degli stati indipendente dalla fase
> e se h è una fase allora (hv)*(hv)=h(hv)*(v)=1 se e solo (hv)*(v)=h*v*(v)
> dunque la rappresentazione che risulta naturale è quella antilineare. Questo
> di fatto
> è il nocciolo della rappresentazione di Dirac. Da qui discende, in
> dimensione finita,
> un prodotto sesquilineare.

ok sono d'accordo sulla rappresentazione antilineare per gli elementi
del duale, pero' il resto non mi piace troppo, se ho capito bene: per
definire questo prodotto scalare devi comunque scegliere una base e
definirlo in questa. Ma le basi le posso scegliere in tante maniere; ce
ne è una privilegiata? penso di no.
Comunque è un'idea iniziale buona.
Ritengo che sia per questo che ai corsi di metodi non si segue questo
approccio.
Ciao
vittorio

Elio Fabri

unread,
Sep 12, 2002, 2:54:52 PM9/12/02
to
Luciano Buggio ha scritto:
> ...
> Queste cose mi sembrano importanti, se non altro perche' fissano un limite

> assoluto all'indeterminazione della posizione del fotone, limite che
> dipende dalla durata dell'emissione.
> Dato un atto di emissione, siamo certi che la particella non puo' essere

> localizzata al di fuori della lunghezza di quei trenta centimetri, o
> quanti sono.
In realta' la cosa e' un po' piu' complicata, perche' quando si dice
lunghezza di coerenza 30 cm, ossia tempo di coerenza 1 nanosecondo, non
si deve pensare che sia un intervallo di spazio o di tempo esattamente
definito.
La probabilita' di emissione ha un decadimento esponenziale, con vita
media 1 nanosecondo, ma ilfotone puo' anche essere emsso dopo due
nanosecondi o piu', anche se con prob. progressivamente decrescente.
Lo stesso quindi vale per la probabilita' di localizzazione.

luciano buggio

unread,
Sep 13, 2002, 11:59:11 AM9/13/02
to
Elio Fabri wrote:

> Luciano Buggio ha scritto:
> > ...
> > Queste cose mi sembrano importanti, se non altro perche' fissano un limite
> > assoluto all'indeterminazione della posizione del fotone, limite che
> > dipende dalla durata dell'emissione.
> > Dato un atto di emissione, siamo certi che la particella non puo' essere
> > localizzata al di fuori della lunghezza di quei trenta centimetri, o
> > quanti sono.
> In realta' la cosa e' un po' piu' complicata, perche' quando si dice
> lunghezza di coerenza 30 cm, ossia tempo di coerenza 1 nanosecondo, non
> si deve pensare che sia un intervallo di spazio o di tempo esattamente
> definito.
> La probabilita' di emissione ha un decadimento esponenziale, con vita
> media 1 nanosecondo, ma ilfotone puo' anche essere emsso dopo due
> nanosecondi o piu', anche se con prob. progressivamente decrescente.
> Lo stesso quindi vale per la probabilita' di localizzazione.

Eh! no, qui mi pare che si bari. L'incertezza della posizione riguarda il
luogo, il "punto" occupato dal fotone (idealmente puntiforme, quello che
va ad urtare un elettrone e produce l'effetto fotoelettrico) dentro quella
regione di spazio di cui è stata fissata *matematicamente e
sperimentalmente* la lunghezza; allora si dice che fotone (la
particella)ha una probabilità intrinseca di essere in testa, in coda o al
centro. Quella regione è descritta dalla funzione d'onda, sulla quale non
ci piove, e tu ora sposti l'incertezza alla unzione d'onda stessa, che
varia caso per caso. Così, sembrano scatole cinesi: il fotone è disperso
dentro quei trenta centimentri e quei trenta centimetri sono dispersi a
loro volta, dentro che cosa? E' la prima volta che sento aprlare di due
livelli di indeterminazione spaziale, uno dentro l'altro.
Ci sono inoltre molte incongruenze e cose che che non quadrano, il cui
rilievo può chiarire meglio quanto ho appena detto..
Io ho sempre saputo che la transizione tra livelli energetici che
determina l'emissione di un fotone consiste in un atto di eccitazione la
cui sequenza si può così rappresentare:
1) - L'atomno si eccita, e lo stato di eccitazione dura un miliardesimo di
secondo.
2) - L'atomo di diseccita, emettendo un fotone.
A parte che non ho mai visto, contestualmente, un riferimento alla
lunnghezza di coerenza, o semplicemente all edimensioni di ciò che viene
emesso, non si capirebbe da dove quest alunghezza (i trenta centimentri)
può saltar fuori: infatti non avrebbe senso calcolare su quel nanosecondo
la lunghezza di alcunchè, dal momento che l'emissione avviene "a tempo
scaduto".
Perchè l'oggetto emesso è lungo trenta centimentri, allora, secondo un
calcolo che consiste nel moltiplicare la velocità della luce per la durata
un nanosecondo, come se l'emissione avvenisse durante lo stato di
eccitaizione, e non quando l'eccitazione cessa, come dice la teoria?
Inoltre:
Se è vero, come tu dici, che un nanosecondo è una media (come quella del
decadimento radioattivo), la lunghezza di coerenza, caso per caso, varia
proporzionalmente? Ed allora che lunghezza di coerenza è? Non si
speigherebbe più perchè nell'interferometro di Janossi si è verificato che
variando la lungherzza di un braccio di una fissa quantità corrispondente
alla lunghezza di coeerenza spariva ogni effetto interferenziale (con
emissione monoatomica).
Per ultimo (ma ce ne sarebbero altre, di questioni):
Nel laser, con amplificazione dell'effetto, la durata dell'eccitaizione è
mille volte maggiore (unmilionesimo di secondo)
Ti risulta che si debba parlare di una lunghezza di coerenza di 300 metri?
Ogni atomo eccitato nel rubino o nel gas emette un oggeto lungo trecento
metri?
La mi impressione è, ripeto, che su questa faccenda della lunghezza di
coerenza si sorvoli, perchè è abbastanza imbarazzante, viste le
implicaizoni che ne discendono.
Tu, per esempio, ne hai mai parlato nelle tue lezioni? Mi pare che nei
testi istituzionali non ci sia. L'unica mia fonte è il citato Selleri.
Tu dove l'hai trovata?

Elio Fabri

unread,
Sep 14, 2002, 2:28:15 PM9/14/02
to
Luciano Buggio ha scritto:

>> La probabilita' di emissione ha un decadimento esponenziale, con vita
>> media 1 nanosecondo, ma ilfotone puo' anche essere emsso dopo due
>> nanosecondi o piu', anche se con prob. progressivamente decrescente.
>> Lo stesso quindi vale per la probabilita' di localizzazione.
> Eh! no, qui mi pare che si bari.
Per prima cosa, mettiamo in chiaro una cosa. Non ti permettere di
esprimerti cosi'.
Io dico come stanno le cose, come *qualunque fisico degno di questo
nome* sa che le cose stanno. Se a te non torna, il torto e' tuo: sei tu
che devi imparare un po' (o meglio moltissima) fisica.
Se ora continuo a rispondere, non e' certo per te, ma perche' assumo che
possa tornare utile ad altri.

> L'incertezza della posizione riguarda il
> luogo, il "punto" occupato dal fotone (idealmente puntiforme, quello che
> va ad urtare un elettrone e produce l'effetto fotoelettrico) dentro quella

> regione di spazio di cui e' stata fissata *matematicamente e


> sperimentalmente* la lunghezza; allora si dice che fotone (la

> particella)ha una probabilita' intrinseca di essere in testa, in coda o al
> centro. Quella regione e' descritta dalla funzione d'onda, sulla quale non


> ci piove, e tu ora sposti l'incertezza alla unzione d'onda stessa, che
> varia caso per caso.

Non ho detto niente del genere. A parte il "fotone puntiforme" che non
esiste, la situazione e' quella che ho detto. Non c'e' un intervallo
preciso del quale puoi dire "il fotone sta certamente qui dentro". Di
regola la distribuzione di probabilita' si estende a distanze grandi a
piacere.

> Cosi', sembrano scatole cinesi: il fotone e' disperso


> dentro quei trenta centimentri e quei trenta centimetri sono dispersi a
> loro volta, dentro che cosa? E' la prima volta che sento aprlare di due
> livelli di indeterminazione spaziale, uno dentro l'altro.

Forse faresti meglio a rileggere con piu' attensione...

> ...


> Io ho sempre saputo che la transizione tra livelli energetici che
> determina l'emissione di un fotone consiste in un atto di eccitazione la

> cui sequenza si puo' cosi' rappresentare:


> 1) - L'atomno si eccita, e lo stato di eccitazione dura un miliardesimo di
> secondo.
> 2) - L'atomo di diseccita, emettendo un fotone.

Lo stato di eccitazione dura *in media* un nanosecondo (o quello che e',
a seconda dell'atomo e della transizione)

> A parte che non ho mai visto, contestualmente, un riferimento alla

> lunnghezza di coerenza, o semplicemente all edimensioni di cio' che viene


> emesso, non si capirebbe da dove quest alunghezza (i trenta centimentri)

> puo' saltar fuori: infatti non avrebbe senso calcolare su quel nanosecondo
> la lunghezza di alcunche', dal momento che l'emissione avviene "a tempo
> scaduto".
Questo lo credi tu, ma credi male...

> Perche' l'oggetto emesso e' lungo trenta centimentri, allora, secondo un
> calcolo che consiste nel moltiplicare la velocita' della luce per la durata


> un nanosecondo, come se l'emissione avvenisse durante lo stato di
> eccitaizione, e non quando l'eccitazione cessa, come dice la teoria?

Infatti: e' proprio "lungo 30 cm". Questo dice la teoria, non quello che
hai capito tu.

> Se e' vero, come tu dici, che un nanosecondo e' una media (come quella del


> decadimento radioattivo), la lunghezza di coerenza, caso per caso, varia

> proporzionalmente? Ed allora che lunghezza di coerenza e'?
Uff... Lalunghezza dicoerenze e' una media, esattamente come il tempo di
coerenza; esattamente come in un decadimento radioattivo.

> Non si
> speigherebbe piu' perche' nell'interferometro di Janossi si e' verificato che
> variando la lungherzza di un braccio di una fissa quantita' corrispondente


> alla lunghezza di coeerenza spariva ogni effetto interferenziale (con
> emissione monoatomica).

Hai letto il lavoro originale, o solo il resoconto (sicuramente
semplificato) di Selleri?
Incidentalmente, guarda che queste cose le sa anche Selleri: se non ti
fidi di me, puoi anche chiederglielo...

> Per ultimo (ma ce ne sarebbero altre, di questioni):

> Nel laser, con amplificazione dell'effetto, la durata dell'eccitaizione e'


> mille volte maggiore (unmilionesimo di secondo)
> Ti risulta che si debba parlare di una lunghezza di coerenza di 300 metri?
> Ogni atomo eccitato nel rubino o nel gas emette un oggeto lungo trecento
> metri?

Precisamente.

> La mi impressione e', ripeto, che su questa faccenda della lunghezza di
> coerenza si sorvoli, perche' e' abbastanza imbarazzante, viste le
> implicaizoni che ne discendono.
Ma chi sorvola, ma che imbarazzante! Sono cose note da tempo
immemorabile, almeno dagli esperimenti di Michelson nell'800.

> Tu, per esempio, ne hai mai parlato nelle tue lezioni?

Questo non lo so dire, perche' sono decenni che non insegno materie
attinenti.
Ma ripeto, sono conseguenze evidenti delle idee base della m.q., percio'
non c'e' niente di esoterico e non e' necessario farci tanto rumore
attorno.

> Mi pare che nei testi istituzionali non ci sia. L'unica mia fonte e' il citato Selleri.
Vorrei sapere quali sono i testi che conosci...

> Tu dove l'hai trovata?

Sotto un cavolo.
(E' meglio prenderla a ridere...)

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