Per qualche giorno, in attesa che il mio ufficio fosse sgomberato, mi
dedicai ad organizzare le mie poche cose nell'appartamento che avevo preso
in affitto, e a gironzolare senza meta per quella citta' sconosciuta. A
pranzo mangiavo in un ristorantino vicino al Tribunale. Per cena mi cucinavo
qualcosa io stesso: al ristorante, la sera, lo stesso menu' del mezzogiorno
costava di piu'. Dopo cena, un po' di televisione. Qualche volta una
telefonata
agli amici lontani; presto non avremmo piu' saputo cosa raccontarci.
Il mio ufficio, finalmente. Quindici metri quadrati scarsi, zeppi di
una tristezza indicibile, che pareva letteralmente trasudare dai muri
giallastri. Il pavimento dal colore indefinito, la scrivania col ripiano di
formica che non si abbinava con l'armadio, la luce al neon che ronzava
forte. E una finestrella, posizionata assurdamente in alto e da una parte,
come se fosse capitata li' per sbaglio. Eppure non resistetti alla
tentazione di guardare fuori, verso l'alberello assediato dal cemento, al
centro del cortile interno del palazzo; dovetti montare su di una sedia per
guardare fuori dalla mia finestrella sghemba. Questo era il mio ufficio.
Un'impiegata della cancelleria, dopo qualche giorno, penso' di mitigarne lo
squallore riciclandomi un'aspidistra giunta quasi alla fine del proprio
servizio. Mosso a compassione, la spostai in alto, sull'armadio,
vicino alla finestrella.
Quella notte - era agosto e l'afa opprimeva la citta' - ebbi un sonno
agitato. Sognai. Mi trovavo in ufficio, seduto alla mia scrivania. La
stranezza era tutta nella parete alla mia destra: la finestrella era
sparita, o
forse si era dilatata fino a divenire l'intera parete, ora trasparente come
cristallo, dal pavimento al soffitto. Ma non fu un bel sogno. Speravo,
assurdamente, che nessuno si accorgesse di quella incredibile novita'.
Fingevo di immergermi nella lettura dei fascicoli, ma in realta' sbirciavo
fuori per controllare che nessuno mi stesse guardando. Sapevo, come in sogno
si sanno le cose, che prima o poi il Presidente in persona mi avrebbe fatto
chiamare, e chiesto conto di quella parete di cristallo. Che fine ha fatto
la sua finestrella, dottor Comstock? Che fine ha fatto? mi avrebbe
incalzato, inesorabile. Mi svegliai di soprassalto.
La mattina dopo, lo squallore di quel cubicolo torno' a sopraffarmi. Spostai
la sedia, ci montai sopra, e rimasi per un bel pezzo a guardare fuori dalla
mia finestrella. Avrei voluto avere un piccone per farla piu' grande, ed
ancora, sempre di piu', come nel sogno ... e se il Presidente mi avesse
interrogato sul mio operato, avrei ribattuto, con orgoglio:
- non sono forse un Giudice? Il mio compito č quello di creare delle
finestre dove prima vi erano dei muri.
L'aspidistra mi sorrise.
gordon
> L'aspidistra mi sorrise.
Ti sorrido anch'io...
C.
> L'aspidistra mi sorrise.
>
>
> gordon
nuccio, che sarebbe il diminutivo di gordonuccio, in genere quello che
scrivi non lo capisco ma questo l'ho capito e già è qualche cosa.
Piaciuto... così, così.
ciao duccia (che sarebbe il diminutivo di friduccia)
--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
sembra che tu conosca veramente l'ambiente ;)
Ciau
>L'aspidistra mi sorrise.
E fiori'?
:)
> [...]
> Per qualche giorno, in attesa che il mio ufficio fosse sgomberato, mi
> dedicai ad organizzare le mie poche cose nell'appartamento che avevo preso
> in affitto, e a gironzolare senza meta per quella citta' sconosciuta. A
> pranzo mangiavo in un ristorantino vicino al Tribunale. Per cena mi
cucinavo
> qualcosa io stesso: al ristorante, la sera, lo stesso menu' del
mezzogiorno
> costava di piu'. Dopo cena, un po' di televisione. Qualche volta una
> telefonata
> agli amici lontani; presto non avremmo piu' saputo cosa raccontarci.
> [...]
"E so d'un albero nato, non si sa come, in un angusto sudicio cortile presso
una brutta via affollata di vecchie case. Quel povero albero s'era levato
dritto dritto sul magro stelo cinereo, con evidente sforzo, con evidente
pena, quasi angosciato nel desiderio di vedere il sole e l'aria libera dalla
paura di non avere in sé tanto rigoglio da arrivare oltre i tetti delle case
che lo circondavano. E finalmente c'era arrivato!"
L.Pirandello
> in genere quello che scrivi non lo capisco ma questo
> l'ho capito e già è qualche cosa.
o io sto diventando piu' nazionalpopolare, oppure sta nascendo qualcosa,
duccia cara ...
nuccio tuo
> >L'aspidistra mi sorrise.
>
> E fiori'?
> :)
le aspidistre non sorridono: sopravvivono, tirano avanti con poco,
resistono. Ma non sorridono mai. Solo i loro omologhi umani possono pensare
che lo facciano
gordon ;-)
> sembra che tu conosca veramente l'ambiente ;)
proprio cosi' :-)
gordon
> "E so d'un albero nato, non si sa come, in un angusto sudicio cortile
presso
> una brutta via affollata di vecchie case. Quel povero albero s'era levato
> dritto dritto sul magro stelo cinereo, con evidente sforzo, con evidente
> pena, quasi angosciato nel desiderio di vedere il sole e l'aria libera
dalla
> paura di non avere in sé tanto rigoglio da arrivare oltre i tetti delle
case
> che lo circondavano. E finalmente c'era arrivato!"
>
> L.Pirandello
straordinario
leggere queste cose, da una parte umilia ogni mia speranza di scriverne di
simili, dall'altra mi rincuora perche' vedo che creare cose belle e' pur
possibile, a qualcuno
gordon
Quasi tutto č al posto giusto (vi ho trovato solo un presidente in esubero)
e procedendo nella lettura mi aspettavo da un momento all'altro una
'zannata'.
Col sogno č arrivato un morso...che č successo?
Fretta di chiudere?
Comunque sei in evidente ripresa ;)
imo
ciao
> Col sogno è arrivato un morso...che è successo?
> Fretta di chiudere?
guarda l'ora del post ... i Ragazzi stavano scendendo in campo contro la
giuventus ;-)
gordon
> - non sono forse un Giudice? Il mio compito è quello di creare delle
> finestre dove prima vi erano dei muri.
Ho sempre creduto che fosse un compito di chi scrive :-)