Mostra di antichi strumenti chirurgici, Ospedale S.Maria del Popolo degli Incurabili, ogni sabato mattina su prenotazione.

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Apr 14, 2010, 5:07:43 PM4/14/10
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Mostra di antichi strumenti chirurgici
Presso l'Ospedale S.Maria del Popolo degli Incurabili
di Antonio Tortora


A qualcuno potrà apparire eccentrica l’idea di organizzare una mostra
dedicata agli antichi strumenti chirurgici e alle antiche arti
sanitarie; a qualcun’altro potrà apparire addirittura cinica la
raccolta, lo studio, l’analisi, la descrizione e l’esposizione di
strumenti che, al solo vederli, provocano un impatto emozionale non
trascurabile.

Ebbene di recente, forbici per estrarre oggetti estranei dal corpo del
paziente, pinze anti-emorragiche per arrestare eventuali flussi di
sangue tramite occlusione di vene e arterie, uncini da usare nel corso
delle resezioni di parti in stato di tensione, forcelle a due denti da
utilizzare come leve o divaricatori, sonde o specilli ad ago lungo per
interventi a scopo esplorativo o di puntura, bisturi per incidere e
cauteri per bruciare, aghi per sutura e seghe per amputazioni sono
stati esposti presso l’Ospedale di S.Maria del Popolo degli
Incurabili, nel cuore della Napoli antica.

L’iniziativa, denominata “Altri Tempi in vetrina. Agli Incurabili il
museo delle antiche arti sanitarie”, è stata fortemente voluta dal
prof. Gennaro Rispoli primario chirurgo di Chirurgia generale
dell’Ospedale Ascalesi e di Chirurgia generale e d’urgenza
dell’Ospedale San Giovanni Bosco, artefice di oltre 25mila interventi
chirurgici, autore di oltre 150 pubblicazioni scientifiche e
appassionato collezionista di antichi strumenti chirurgici. Per
visitare di sabato mattina il piccolo, ma interessante Museo, è
necessario contattare l’associazione culturale per l’arte e la storia
della medicina “Il Faro di Ippocrate” (mail in...@lfarodippocrate.it
oppure tel.081/556.68.05, cell. 340/59.68.719) di cui l’insigne
chirurgo è presidente.

D’intesa con Maria Grazia Falciatore Commissario straordinario Asl
Napoli1 Centro, Nicoletta Ricciardelli della Soprintendenza Beni
architettonici di Napoli e Liliana Marra dell’Assessorato alla Sanità
della Regione Campania, in collaborazione con i funzionari
dell’Ospedale degli Incurabili e una nutrita squadra di studiosi e
ricercatori, il sogno nel cassetto del prof. Rispoli è stato
realizzato e “un museo che conserva le memorie della scuola medica che
fiorì in Napoli e che fu il faro scientifico per la sanità del Sud del
nostro paese” è finalmente presente sul territorio cittadino e
fruibile ad un pubblico specializzato e generico.

D’altra parte, inaugurando la mostra, Gennaro Rispoli ha spiegato,
convincendo tutti i presenti, che “si tratta di un tentativo di
ricostruire la storia sanitaria del Sud da un inedito punto di vista
ovvero attraverso la storia delle malattie”; il che oltre a costituire
un punto di vista originale è anche storicamente doveroso dal momento
che per tutti i settecento anni in cui Napoli fu capitale, sia in
epoca vicereale che borbonica, la sanità fu accentrata in stabilimenti
ospedalieri che per grandezza e funzionalità uguagliavano le analoghe
istituzioni presenti negli altri paesi europei. Erano oltre 150 gli
ospedali, gli orfanotrofi e le istituzioni benefiche innervate nel
tessuto cittadino e molti di questi, fra cui Vecchio Pellegrini,
Incurabili, Annunziata, Ascalesi, San Gennaro, Gesù e Maria. ancora
oggi funzionano e rappresentano l’ossatura principale del complesso
reticolo assistenziale della Napoli contemporanea. Tuttavia, a ben
guardare nella toponomastica partenopea, ci sono tracce forse non
troppo evidenti ma certe di nomi e costumi popolari che si ispirano
agli altri Ospedali ovvero a quelli che sono scomparsi a causa di
un’edilizia senza regole e di una logica di espansione urbanistica a
dir poco “creativa”; ci riferiamo agli Ospedali: della Cesarea, della
Pace, Sant’Andrea, San Nicola al molo, San Giacomo, di Santa Maria
della Fede.

A questo proposito, nel corso della giornata inaugurale del Museo e di
una full immersion “nell’arte di guarire e ….guarire con l’arte” il
vulcanico chirurgo ha organizzato un tour, con quattro fermate
previste e durato un paio di ore, in cui ha voluto illustrare l’arte
contenuta nei siti sanitari più antichi svelando un percorso che fa
riflettere su come illustri architetti e artigiani seppero coniugare
bellezza e funzionalità assistenziale. Infatti non va dimenticato che
molte corsie attrezzate per i malati, di una Napoli che era
considerata fra le capitali più popolose al mondo, sorgevano nelle
immediate vicinanze di Chiese monumentali e ricche di preziosi tesori
artistici. In buona sostanza l’iniziativa ha consentito la lettura di
una storia meno conosciuta della città ma non per questo meno vera;
qui le agitazioni provocate dalla malattia e dal dolore trovano
conforto nei riti devozionali celebrati nelle Chiese, nella fede e nel
silenzio quasi palpabili delle cappelle, dei chiostri ombreggiati, dei
giardini e degli orti capillarmente diffusi.

Tornando al concreto dell’esposizione museale, e ancora inebriati
dalla vista di portoni e colonnati, scalinate e saloni, cortili ampi e
pozzi scolpiti in pietra, ascoltiamo Gennaro Rispoli affermare il
primato, uno fra gli innumerevoli primati ormai riscoperti e
appartenenti di diritto alla nostra città, “della Scuola Medica
Napoletana fiorita proprio fra le antiche mura degli Incurabili e di
tutti gli altri antichi ospedali partendo dalla lezione ippocratica e
dallo sperimentalismo razionale coniugando umiltà, moderazione, rigore
ed intuito”. Poi ci immergiamo, con lo sguardo e con la mente nelle
sale dell’importante complesso, Ospedale, Chiesa e Farmacia degli
“Incurabili”, fondato all’inizio del ‘500 dalla nobildonna catalana
Maria Lorenza Lonc (Longo), dopo essere stata guarita miracolosamente
da una grave forma di artrite reumatoide.

L’Ospedale era altamente specializzato e garantiva ricovero e
assistenza a pazienti affetti da patologie ritenute appunto incurabili
quali apoplessie, epilessie, paralisi, pleuriti, asma, sputi di
sangue, itterizia, dolor nefritico, ernie, spezzature di ossa e rogna
e curava tre specie di matti: maniaci, malinconici e taciti; per cui
l’attività consistente nel salvare vite umane era febbrile e i medici
che si sono avvicendati in queste corsie sono stati numerosi. Era sede
di una scuola medica altamente qualificata e riconosciuta in tutta
Europa.
Dalla visione della Mostra si evince che i chirurghi appartenevano
alla stessa corporazione dei barbieri e che gli antichi utensili
medicali somigliano decisamente a rudimentali strumenti di tortura
richiamando alla mente i famigerati tribunali dell’Inquisizione.

Tuttavia l’empirismo che ha caratterizzato la storia della medicina
fino a circa 150 anni fa ha favorito l’utilizzo massivo di pochi
rimedi ampiamente riconosciuti dalla scienza dell’epoca: purganti,
clisteri e salassi, “tutti finalizzati a cacciare i cattivi umori dal
corpo dell’ammalato con l’impiego di siringhe di stagno e lancette da
scarnificazione” - dice il prof. Rispoli. Il vero e proprio medico
ovvero il doctor phisicus, era dunque distinto dal chirurgo-cerusico,
dal chirurgo-norcino e dal barbiere e si riservava il compito di
formulare diagnosi in latino, citando Ippocrate e Galeno, dopo aver
esaminato le urine e aver ascoltato il polso del paziente; in altre
parole pur supervisionando gli interventi chirurgici non si sporcava
le mani né col sangue né con attrezzi, bisturi e lancette.

Fra le attrezzature in mostra: una sedia operatoria della metà
dell’800, un risuscitatore del ‘700, cassette di farmaci portatili,
seghe per amputazione, l’apparecchio del chirurgo scozzese Lister,
l’apparecchio dell’ungherese Ignaz Philipp Semmelweis; ed ancora
bollitori e una pentola di Papin, un Becco di Corvo risalente alla
peste del ‘500, una cassetta militare del 1835, un prezioso coltello
polifunzionale con manico in corno di bufalo d’acqua del XVII° sec. ed
infine siringhe e antiche stampe riproducenti apparati circolatori e
cellule nervose. Tutto visibile nell’arco di un percorso che porta in
una sala ornata da una scalinata e un colonnato straordinari risalenti
al 1522 dove sono esposti una antichissima macchina anatomica che
subito richiama alla mente quelle conservate nella Cappella Sansevero
e un’opera significativa di Lello Esposito raffigurante Pulcinella e
l’uovo simbolico della leggenda virgiliana. Ma ancora altre originali
curiosità si celano lungo il percorso e testimoniano la passione e la
competenza di un Gennaro Rispoli che mai si è arreso di fronte alle
difficoltà incontrate nella realizzazione di un progetto che appariva
impossibile.

Ma tornando a epoche più recenti, non va dimenticato che proprio in
questi ambienti dell’Ospedale degli Incurabili praticarono un’ampia
sperimentazione medico-scientifica il celebre anatomista e primo
maestro di chirurgia Domenico Cotugno, l’allora primario e medico dei
poveri Giuseppe Moscati, il neurologo Leonardo Bianchi, il patologo e
primario Antonio Cardarelli, il fondatore del giornale “Riforma
Medica” Gaetano Rummo e il clinico Domenico Capozzi e la mostra vuole
essere anche un omaggio a tutti questi scienziati, solo alcuni fra i
più importanti, che hanno dato lustro alla medicina e alla città di
Napoli.
Non è agevole completare il percorso artistico all’interno degli
Incurabili poichè la Chiesa di Santa Maria del Popolo con il suo
splendido e unico campanile, la Cappella Montalto e la Farmacia
Storica non sono aperte al pubblico in quanto gravemente danneggiate
dal terremoto dell’80; tuttavia per quest’ultimo ambiente si comincia
parlare di un restauro imminente.

In effetti la Farmacia Storica, definita dagli storici e dai critici
d’arte ”la più bella Farmacia del mondo”, rappresenta un prezioso
scrigno di arte risalente agli anni ’30 e ’50 del settecento e
sostituisce l’antica spezieria cinquecentesca con un lascito del
reggente dell’Ospedale Antonio Maggiocca. Dalla scala a doppia rampa
di Domenico Antonio Vaccaro si accede alla sala laboratorio e alla
sala di rappresentanza caratterizzate da armadietti e scansie in
radica di noce a sei piani e da un lunghissimo banco da farmacista
realizzati da Agostino Fucito e contenenti circa 480 vasi policromi
realizzati da Donato Massa, raffiguranti scene bibliche e destinati a
contenere i medicinali. Giuseppe e Gennaro Massa realizzarono il
pavimento in cotto e maiolica negli stessi colori dei vasi e
dell’opera di Pietro Bardellino raffigurante una scena dell’Iliade:
Macaone cura Menelao ferito. Nell’Antica Farmacia è tutto un trionfo
di colori, stucchi, dipinti e ceramiche, pinnacoli e fronde d’acacia
che lascia esterrefatti soprattutto per la complessità estrema degli
ornamenti e per la pioggia di simboli provenienti da un’epoca mai del
tutto dimenticata e in attesa di essere riscoperta.

Per la mostra dedicata alle antiche arti sanitarie non poteva essere
scelto un ambiente più congeniale degli Incurabili, prezioso spunto
per meditare sulla nostra storia, su quanto è stato negligentemente
perso e su quanto ancora può essere recuperato; tutto ciò nel cuore
palpitante della città adagiato in un silenzio irreale.

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May 10, 2010, 4:02:33 AM5/10/10
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