Il 15/08/2016 23:27, Shpalman ha scritto:
> Il giorno lunedì 15 agosto 2016 15:26:04 UTC+2, Tommaso Russo,
> Trieste ha scritto:
>> ...Lo "spazio degli eventi simultanei" e' proprio l'insieme degli
>> eventi che hanno coordinata t=k nel sistema di coordinate CHE
>> STIAMO CONSIDERANDO e con LA SINCRONIZZAZIONE CHE ABBIAMO DECISO
>> debba definire la "simultaneita'".
>
> ..Mi risulta ancora poco comprensibile capire come sia possibile che
> ciò che è convenzionale (simultaneità relativistica) possa diventare
> qualcosa che non è mai stato considerato tale (simultaneità
> classica) variando dei parametri con continuità (la distanza).
> (Prevengo subito un'obiezione che non riterrei fondata: non si può
> sostenere che anche la simultaneità classica è convenzionale, la
> simultaneità o comunque la coordinazione è fondamentale per
> l'esistenza di organismi o apparecchi meccanici/elettronici complessi
> e l'esistenza di questi organismi/apparecchi non dipende
> dall'accettare o no una convenzione).
Dipende dal fatto che la tollerenza nella sincronizzazione e'
sufficientemente elevata.
>>> Non è dunque fuorviante la parola "simultanei"?
>>
>> Puo' risultare fuorviante (e l'ho vista usare a sproposito in
>> alcuni lavori) perche' NON HA SIGNIFICATO FISICO.
>
> Ce l'ha nel caso di fenomeni sufficientemente vicini. Faccio fatica a
> immaginare che il significato fisico "sfumi via" all'aumentare della
> distanza.
Eppure e' esattamente cio' che (storicamente) e' successo.
Per stabilire una simultaneita' assoluta c'e' bisogno di un segnale che
si propaghi a velocita' infinita, e per migliaia d'anni l'abbiamo avuto:
era la luce.
Siamo sistemi biologici, e abbiamo dimensioni caratteristiche
(dell'ordine dei grandezza del metro) e tempi caratteristici di
percezione e reazione (dell'ordine di grandezza di 1/10 di secondo,
l'arco riflesso anche piu'). La durata minima degli eventi di nostro
interesse e' "un batter d'occhio" (100 ms, appunto). Date le nostre
dimensioni e la nostra acutezza visiva, il nostro spazio di interesse
operativo quotidiano e' di pochi chilometri: non e' un caso se, con
visibilita' inferiore a 1 km, si lamenta la "nebbia", mentre con
visibilita' fino a 5-10 km si parla solo di "foschia". Le segnalazioni
ottiche note fin dall'antichita' coprivano, da stazione a stazione, non
piu' di 15 km (telegrafo ottico di Chappe). E' vero, per misurare il
meridiano di Parigi Cassini nel 1700 stabili' reti geodetiche su basi
anche di 200 km, ma quello che misurava erano angoli fra punti cospicui
che non si muovevano e dove non succedeva nulla.
A queste distanze, gli eventi di nostro interesse avevano una durata
anche superiore ai 100 ms: la comparsa di truppe su un crinale, lo
sventolare di una bandiera, l'accensione di una torcia da segnalazione,
lo spostamento di una trave nel telegrafo ottico - a cui andava data una
risposta visibile nel giro di secondi o anche di minuti, non certo
frazioni di secondo.
Alla distanza di 15 km una moderna procedura di sincronizzazione "a la
Einstein" otterrebbe risposta nel giro di 0,1 ms, e richiederebbe di
settare l'orologio locale a un'ora precedente di 0,05 ms l'ora ricevuta
dall'orologio master interrogato. La "procedura di sincronizzazione" che
afferma "une evento vicino e' simultaneo ad un evento lontano SE LI VEDO
contemporaneamente", ossia "due orologi sono sincronizzati se a ogni
istante LI VEDO segnare la stessa ora" (*), differisce dalla
sincronizzazione standard per 0,05 ms, il che, con durate degli eventi
rilevanti superiori al secondo, non ha alcuna conseguenza pratica.
Nell'ambito di un laboratorio, anche grandino, la differenza sarebbe
inferiore a 0,05 *micro*secondi.
A tutti gli effetti pratici, per migliaia di anni abbiamo operato
considerando la velocita' della luce infinita, senza commettere errori
che avessere qualche conseguenza.
Per porsi il problema che "due orologi sono sincronizzati se a ogni
istante LI VEDO segnare la stessa ora" potrebbe non essere sempre
corretto per osservatori diversi, bisognava che cominciassimo ad essere
interessati da eventi di durata caratteristica molto inferiore ai 100 ms
- il che avvenne, principalmente, con lo sviluppo dell'elettronica - e a
distanze di comunicazione molto superiori ai 15 km - il che avvenne con
la posa dei primi cavi transoceanici, la radio, e poi divenne noto al
grande pubblico con lo sbarco sulla Luna, le comunicazioni via satellite
e i film come Odissea 2001, che anticiparono i viaggi interplanetari.
Il significato medievale della simultaneita' ci e' proprio "sfumato via".
Ora, prova a pensare di essere collegato con skype con un tuo amico
astronauta in viaggio verso Giove. Lo saluti "ciao, come stai?" e
aspettando la risposta ti bevi un caffe'. La risposta ("bene, grazie, e
tu?") arriva quando inghiotti l'ultimo sorso. Ora, CHE DIFFERENZA TI FA
pensare che lui ha detto "bene, grazie" mentre stavi mescolandovi lo
zucchero, mentre soffiavi per raffreddarlo, o mentre sorbivi il
penultimo sorso? QUALE SIGNIFICATO FISICO avrebbe per te
quest'informazione? Quello che puoi affermare e' che l'ha detto *mentre*
ti stavi godendo il tuo caffe', DOPO che tu l'avevi chiesto e PRIMA che
tu l'udissi. Dalla differenza di tempo SUL TUO SCHERMO fra la tua
domanda e la sua risposta puoi calcolare quant'e' distante. E questo e'
quanto rilevante.
- o -
Puo' sorprendere che tutto lo sviluppo dell'Elettrodinamica - che ha
portato alla fine a ipotizzare onde elettromagnetiche di velocita' c -
abbia potuto svilupparsi sulla base dell'idea "due orologi sono
sincronizzati se a ogni istante LI VEDO segnare la stessa ora", ma e'
andata proprio cosi'. Ed e' per questo che l'idea di "simultaneita'
assoluta" e' tanto difficile da eradicare.
Il punto e' che le equazioni di Maxwell sono state dedotte (meglio:
"indotte") da esperimenti, o statici/stazionari, dove il problema non si
poneva, o (quelle in cui entra @/@t) quasi-statici, dove le dimensioni
caratteristiche erano di qualche metro - e l'arbitrio (**) sulla
simultaneita' 10^-8 s - ma i tempi caratteristici superiori a 10^-2s.
E' il tema che ha affrontato Pangloss nella sua "Relativita' galileiana"
(
<
http://pangloss.ilbello.com/Fisica/Relativita/EM_relativita_galileiana.pdf>
). Faro' altre osservazioni in merito rispondendo a lui nel thread
"Teoria dei generatori omopolari".
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(*)
BTW, "due orologi sono sincronizzati se a ogni istante LI VEDO segnare
la stessa ora" corrisponde a una sincronizzazione nonstandard dove,
anziche' settare il nostro orologio a (t_ric-t_trans)/2, lo si setta a
t_ric; o, corrispondentemente, nella formula
t_sync=t_ric-(t_ric-t_trans)*q,
si setta q a zero anziche' a 1/2.
O, ancora, nella
t=u+p(x,y,z)
di Fabri ( <
http://www.sagredo.eu/varie/sincro-caus.pdf> ), si pone
p(x,y,z)=-c*sqrt((x-x0)^2,(y-y0)^2,(z-z0)^2), con (x0,y0,z0) posizione
dell'orologio interrogante.
(**)
E' interessante notare che, anche se Fabri scrive (e giustamente,
pensando a un cambio di coordinate)
"t=u+p(x,y,z) dove p e' funzione arbitraria delle coordinate spaziali",
i convenzionalisti pongono un limite a questa arbitrarieta': richiedono
infatti che alla fine si ottenga, come scritto sopra
t_sync=t_ric-(t_ric-t_trans)*q,
ma con la restrizione 0<q<1.
Senza questa restrizione, durante la procedura di sincronizzazione
l'orologio slave potrebbe mandare la sua richiesta "che ora fai?",
poniamo, alle 12:00, ricevere la risposta alle 12:10, leggere nella
risposta "sono le 12:30" e concludere, consultando le tavole della
p(x,y,z), di essere sincronizzato con il master. Ma allora sarebbe
evidente che la velocita' one-way della luce non potrebbe essere
calcolata con la Dx/Dt, che, in questo caso, per la velocita' di ritorno
darebbe un valore negativo, che non potrebbe essere visto altrimenti che
come un effetto "fuso orario" (arrivare prima di partire).
In generale, chiunque e' d'accordo che la risposta e' stata emessa dal
master DOPO l'invio della domanda e PRIMA della sua ricezione da parte
dello slave, per cui, per conservare alla sincronizzazione il suo
significato intuitivo di "simultaneita' degli eventi in cui i due
orologi segnano la stessa ora" nel senso che abbiamo ereditato dai
nostri precedenti millenni, bisogna assicurarsi che sia t_e<t_m<t_r.
------------------------------------
In altro post (dd 16/08/2016 23:54) avevi scritto:
> Meditandoci sopra... Il cono di luce rappresentato su scale classiche
> (metri/secondi ad esempio) avrà una forma talmente schiacciata verso
> l'asse dello spazio che il suo complementare (|x|>|c*t|) apparirà
> indistinguibile da una retta orizzontale coincidente con l'asse dello
> spazio. Il cosiddetto "spazio degli eventi simultanei" a t=0
> individuato con la convenzione di Einstein è proprio quella retta
> orizzontale, che si trova all'interno del complementare del cono,
> indistingubile dal cono. Tutte le sincronizzazioni alternative a
> quella di Einstein danno luogo a spazi di eventi simultanei che
> devono sempre verificare la condizione di trovarsi anche loro dentro
> il complementare del cono di luce, ... Pertanto non si riesce a
> cogliere alcuna differenza tra nessuna delle diverse scelte
> convenzionali circa la definizione di simultaneità fino al momento in
> cui le dimensioni spaziali (o temporali) sono tali che lo spessore
> del cono diventa rilevabile. In quel caso diventa però poco sensato
> chiedersi quali eventi sono "effettivamente" simultanei perchè la
> nostra nozione originaria di simultaneità - quella che determina
> risultati nei nessi causali - è molto più imparentata con il
> "trovarsi all'esterno del cono" e che non con il fatto di trovarsi in
> specifiche zone di questo "esterno".
Hai ripercorso in sostanza il ragionamento che ho fatto qui all'inizio,
dando pero' per scontato che per tutte sincronizzazioni convenzionali
debba essere t_e<t_m<t_r, pena la perdita di senso fisico del valore di t_m.
> ...Sembrerebbe che la relatività della simultaneità "alla Einstein"
> sia solo la conseguenza di una definizione:
La simultaneita', si': la relativita' della simultaneita' no, risulta da
qualsiasi definizione alternativa di "simultaneita'".
> potremmo definire qualcosa di analogo in ambito classico utilizzando
> proiettili e questa "simultaneità" continuerebbe ad essere un
> concetto relativo al sistema di riferimento (per definizione).
Lo riporta S.Agostino nelle Confessioni,
<
http://www.monasterovirtuale.it/download/patristica/s.-agostino-le-confessioni/view-2.html>
capitolo 6.8, Confutazione dell’astrologia. Non proiettili, ma messaggeri.
> Sbaglio? Non sembra essere qualcosa che dipenda dall'invarianza
> della velocità della luce e se lo è non ci viene fornito nessun
> argomento per collegare a questa invarianza la scelta di quella
> definizione. A conferma di quanto dico nell'articolo di de Abreu e
> Guerra (
http://web.ist.utl.pt/ist13264/publicat/TP1-v3.pdf ) viene
> presentata una interpretazione alternativa del formalismo della RR
> in cui non c'è relatività della simultaneità.
Si, ma ragionando su un riferimento privilegiato, anche se ignoto.
>
>>> E se già a monte va ridimensionato questo concetto base viene il
>>> sospetto che anche molti concetti derivati siano da
>>> ridimensionare e reinterpretare svuotandoli di questi significati
>>> attribuiti in modo indebito per l'uso "abusivo" dei vocaboli.
>>
>> Ce ne sono parecchi: tanto per dirne uno, il campo elettrico in
>> prossimita' di sorgenti magnetiche in moto, che nel riferimento in
>> cui le sorgenti sono a riposo non c'e'.
[piu' tardi]
>> Mi sa che prima di estrarre tutte le informazioni contenute in
>> questo tuo paragrafo dovrò fare svariate riletture e ricerche...
Nel thread "Contraddizione tra elettromagnetismo e meccanica classica",
post dd 14/04/2016 09:47, hai scritto:
> la forza risultante in entrambi i sistemi di riferimento (e quindi
> la dinamica) è la stessa, quello che cambia è la "natura" del campo
> che la genera: elettrico o magnetico. Non sembra una così grave
> incoerenza se si vuole adottare il punto di vista che campo
> elettrico e magnetico siano due manifestazioni della stessa entità
> chiamata "campo elettro-magnetico".
Mi sembra che avessi ben presente che sbaglia chi considera E e B
"realta' oggettive", mentre sono manifestazioni di un'unica realta'
sottostante.
>> Ma, dato che qui stiamo trattando solo di relazioni geometriche
>> fra eventi, ti citerei l'idea che un evento A che precede
>> temporalmente un altro B preceda temporalmente anche una terzo C
>> simultaneo a B, e possa essere quindi causa di C anche se A e C
>> sono separati da un intervallo ti tipo spazio (ovviamente, tramite
>> l'invio di un agente tachionico:
Questo e' uno degli errori che viene commesso da chi confonde una
freccia causale con la differenza fra i tempi di due eventi separati
spazialmente. Avremo occasione di riparlarne: qui, come ti ha fatto
notare Bruno Cocciaro, hai gia' messo fin troppa carne al fuoco.
>> tachioni che, se esistessero, permetterebbero di definire un tempo
>> (quasi) assoluto, come il tempo (quasi) assoluto della relativita'
>> galileiana. Ma anche quel "quasi" lo sto trattando in un'altra
>> risposta...),,
L'ho trattato sopra, all'inizio di questo post. Nel caso dei tachioni,
il "quasi" deriva dal fatto che le velocita' dei tachioni sono
illimitate ma non infinite.