l'inarrestabile ascesa di malcolm gladwell

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rixta

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Mar 20, 2009, 10:52:56 AM3/20/09
to Nuovi media Roma 3
Talento e fortuna ecco la formula per avere successo
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/12/10/talento-fortuna-ecco-la-formula-per-avere.html

Repubblica — 10 dicembre 2008 pagina 40 sezione: CRONACA

Prima ci ha spiegato che le mode hanno i loro cani da tartufo, i trend
setter, che le annusano nel Bronx, a Rio o Tokyo per imporle nel resto
del mondo (The Tipping Point). Poi che, spesso, la decisione migliore
è quella presa con la pancia in un minuto che con la testa in
settimane di elucubrazioni (Blink). Ora ci rivela che il talento, per
il successo, è condizione necessaria ma non sufficiente e quel che
conta davvero è essere nel posto giusto al momento giusto. I libri di
Malcolm Gladwell hanno un pregio indiscusso: si riassumono in cinque
secondi. E fanno parlare di sé per anni. "Outliers. The story of
success", appena uscito negli Stati Uniti e verosimilmente avviato a
un luminoso destino di bestseller anche nel resto del pianeta, non fa
eccezione. D' altronde l' autore, giornalista del New Yorker, non è
più un nome ma un aggettivo. Diconsi "gladwelliani" quei libri che,
con gran dispendio di pezze d' appoggio scientifiche, rendono
rispettabili - e avvincenti - materie prosaiche prima esclusivo
appannaggio degli specialisti. E così il Nostro ha negli anni
transmutato la ricerca di una nuova salsa in scatola in una saga della
chimica contemporanea. Oppure raccontato di quello psicologo dell'
università di Washington che, osservando le espressioni facciali di
una coppia per 15 minuti è in grado di prevedere se saranno ancora
insieme dopo 15 anni. E infine rivela, per tornare all' attualità,
perché Bill Gates, i Beatles e altri fenomeni sono diventati quel che
sono diventati. In ogni libro Gladwell mette in circolo dei "meme",
virus culturali, concetti-tormentoni che prima non avevano diritto di
cittadinanza che in oscure camarille. Uno dei punti fissi di
"Outliers" (termine statistico per descrivere i dati aberranti) è la
«regola delle 10 mila ore». Ovvero la quantità di applicazione che
serve per diventare un esperto, dallo sport alla scienza, a livello
internazionale. L' idea, come al solito, non è produzione propria: in
questo caso del neurologo Daniel Levitin. «Sono un parassita»,
confessa al New York, «un intermediario tra il mondo accademico e il
pubblico». Usa questa chiave interpretativa per smontare la biografia
del fondatore di Microsoft. Sostiene che l' «accumulazione originaria»
del suo sapere informatico è avvenuta al liceo, uno dei pochissimi
all' epoca con accesso ai computer. Anche dei Beatles propone un nuovo
mito fondativo. Agli esordi i quattro di Liverpool suonarono molto nei
club di Amburgo. Fu nelle estenuanti notti tedesche che, sperimentando
molti generi diversi, i Four diventarono Fab quanto a creatività. Un
canone analogo svelerebbe il perché i ragazzini cinesi sono bravissimi
in matematica e fisica. Gladwell suggerisce che la maggiore
perseveranza derivi dall' eredità culturale del lavoro nelle risaie.
Chi ha sopportato quello non si spaventa di certo di fronte alle
equazioni. Il lettore più impaziente, che non ha coltivato la calma
confuciana dei mondini d' estremo oriente, starà schiumando. E le
altre centinaia di migliaia di nerd che trascorrono incollati al pc
ogni secondo della loro vita vigile? E i milioni di strimpellatori nel
mondo che improvvisano no-stop e non hanno nemmeno i soldi per le
sigarette? C' è qualcosa che non torna. Gladwell non si scompone. Non
è facile prendere in castagna l' uomo da 4,5 milioni di copie, 4
milioni di dollari come penultimo anticipo e cachet da 25 mila dollari
in su per i discorsi. Gates avrebbe avuto un' altra fortuna: quella di
essere nato nel ' 55, annata particolarmente feconda per aspirare al
titolo di padre dell' informatica moderna, dal momento che vi
appartengono anche Steve Jobs (Apple) e Bill Joy (Sun). Michiko
Kakutani del New York Times ha rotto unilateralmente la pax
gladwelliana, quel tacito accordo tra recensori di non parlar male del
fortunato collega. Di Outliers scrive: «È scritto in maniera brillante
ma è anche superficiale, mal ragionato e profondamente non
convincente». Lui non se ne cura. Quando una delle sue suggestive
associazioni d' idee risulta sbagliata si scusa. «I miei sono spunti
di conversazione» ha detto. Immancabimente con happy ending. La colpa
della crisi finanziaria? «Non credo che qualcuno sia stato venale o
corrotto: è un sistema che non funzionato come avrebbe dovuto» ha
dichiarato. La bile non è la sua cifra. È o non è, come scrisse anni
fa un estatico recensore di Time, «una divinità hindu degli aneddoti»?
Il dio delle piccole cose, che tutto capisce, tutto vende e tutto
perdona.
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