> si parla di un terzo principio della termodinamica.
Su questo invece qualcosa ti posso dire.
In forma che ritengo sufficiente per i tuoi scopi, esso dice che
l'entropia tende a zero quando la temperatura assoluta tende a zero.
In cambio di questa modesta spiegazione, ti chiedo un favore: evita di
scrivere "questo genera una serie di problematiche" quando basterebbe
dire "questo genera una serie di problemi" :)
Quanto al "problema" generale che dici, non so come aiutarti. Pero' mi
viene da fare una considerazione: fisica tecnica a che anno e'? terzo?
quarto? Comunque a un punto dove uno studente dovrebbe essere capace
di orientarsi anche tra testi diversi...
------------------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
------------------------------
"Exergie" e "anergie" sono termini apparsi sui libri (tecnici) di
termodinamica tedeschi negli anni '60. Il migliore che io conosca e':
H.D.Baehr - Thermodynamik - Springer Verlag (1966)
Tale testo, assolutamente rigoroso nell'approccio tradizionale, fa ampio
uso _anche_ di tale linguaggio alternativo, particolarmente idoneo a
discutere il valore tecnico delle varie fonti energetiche in relazione
alle loro possibilita' di trasformazione permesse dal II principio.
Mi limito a dire che gli ingredienti base di tale formulazione sono:
- le tipologie delle varie fonti di energia;
- i possibili processi TD (macchine);
- l'ambiente (caratterizzato da grandezze intensive stazionarie).
Viene chiamata "exergia" quella parte di energia di una fonte che,
nell'ambiente assegnato, e' trasformabile in qualsiasi altra forma di
energia a norma del II principio.
--
Elio Proietti
Valgioie (TO)
> Viene chiamata "exergia" quella parte di energia di una fonte che,
> nell'ambiente assegnato, e' trasformabile in qualsiasi altra forma di
> energia a norma del II principio.
Ovvero e' un sinonimo di "energia libera"?
--
Enrico Smargiassi
http://www-dft.ts.infn.it/~esmargia
l'energia elettrica che è per il 99% exergia e l'1% di Anergia, ossia il
99% lo utilizzi e l'1% viene dissipato in calore dalla resistenza dei
cavi etc. etc., quindi lo perdi e non puoi in nessun modo
sfruttarlo/recuperarlo.
In sintesi: l'exergia è la parte di energia che puoi sfruttare di una fonte.
Energia meccanica -> 100% exergia (la puoi trasformare al 100% in
energia da sfruttare)
Energia elettrica -> 99% exergia, 1% anergia
dicesi Anergia, la percentuale/parte di energia che non puoi sfruttare
da una fonte, in un processo di conversione Lavoro->Energia o viceversa.
Ciao
Artemis
> l'energia elettrica che è per il 99% exergia e l'1% di Anergia, ossia il
> 99% lo utilizzi e l'1% viene dissipato in calore dalla resistenza dei
> cavi etc. etc., quindi lo perdi e non puoi in nessun modo
> sfruttarlo/recuperarlo.
> Energia elettrica -> 99% exergia, 1% anergia
Hum. Detto cosi', mi sembra improprio attribuirle ex/anergia ad un tipo
di energia: semmai sara' una caratteristica dell'energia+sistema
specifico con cui tale energia viene convertito in un'altra forma. Cosi'
se ho una certa quantita' di energia elettrica accumulata in una pila, e
la collego ad un motore elettrico nuovo mediante fili di pochi cm di
lunghezza, otterro' una conversione in energia meccanica pari a forse il
99%; se la collego ad un motore vecchi con cuscinetti arrugginiti e
mediante fili di parecchi km, ne convertiro' magari il 50%.
L' exergia e' una funzione che misura per ogni quantita' di energia
disponibile
l'entita' del lavoro meccanico (e sottolineo lavoro meccanico) che da questa
puo'
essere idealmente ottenuto (ovvero la quantita' massima ottenibile).
E' un termine che fu proposto da Z. Rant nel 1956 per sostituire i nomi con
cui
questa grandezza era in precedenza denominata, ad esempio: energia
utilizzabile,
oppure availability o technical working capacity e molti altri
P.V.
L' exergia e' una funzione che misura per ogni quantita' di energia
disponibile l'entita' del lavoro meccanico (e sottolineo lavoro meccanico)
che da questa puo'essere idealmente ottenuto (ovvero la quantita' massima
ottenibile).
E' un termine che fu proposto da Z. Rant nel 1956 per sostituire i nomi con
cui questa grandezza era in precedenza denominata, ad esempio: energia
utilizzabile,oppure availability o technical working capacity e molti altri
P.V.
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it
Come idea generale ci siamo, ma per dirla molto semplicemente e senza
entrare nei dettagli
l'exergia e' una funzione che per ogni quantita' di energia disponibile
misura l'entita' del
lavoro meccanico (e sottolineo meccanico) che da questa puo' essere
idealmente ottenuto ovvero
il massimo lavoro meccanico ottenibile
P.V.
L'exergia e' una funzione che misura per ogni quantita' di energia
disponibile
l'entita' del lavoro meccanico (e sottolineo lavoro meccanico) che da questa
puo' essere idealmente ottenuto
(in parole povere la quantita' massima di lavoro meccanico ottenibile da una
quantita' di energia)
P.V.
Beh, per un sistema chiuso in equilibrio termico con l'esterno
(leggasi bombola di gas compresso a temperatura ambiente), l'exergia
corrisponde al (massimo) lavoro da esso ottenibile con un'espansione
(reversibile) che finisca nello "stato morto" di equilibrio TD con
l'ambiente, cioe' corrisponde proprio alla differenza fra l'energia
libera iniziale e quella finale.
In generale pero' l'exergia e' una grandezza che viene introdotta per
riformulare il II principio in modo tale da evidenziare direttamente i
limiti che esso impone a trasformazioni energetiche di qualsiasi tipo.
Mi spiego con un esempio non banale, di evidente interesse tecnico.
Consideriamo un sistema aperto attraversato da un fluido in moto.
Tutte le grandezze sono intese specifiche ed il regime sia stazionario.
In ogni punto l'energia e' la somma di entalpia, energia cinetica ed
energia potenziale. Queste grandezze siano note alla sezione di
ingresso; alla sezione d'uscita sono determinate dall'ambiente.
Qual'e' il massimo lavoro teoricamente estraibile da tale sistema (con
turbine ecc.)?
Il punto cruciale e' che per il II principio non tutta la differenza
tra l'energia in ingresso e quella in uscita (allo stato morto) e'
trasformabile in lavoro. Solo la frazione dell'energia iniziale detta
exergia e' utile a tale scopo.
Naturalmente tale discorso ha senso poiche' l'exergia delle varie forme
di energia e' calcolabile. Seppure di interesse prevalentemente tecnico,
tale approccio e' squisitamente termodinamico, poiche' consente di
valutare la "capacita' di lavoro" massima teorica del flusso disponibile
in ingresso, prescindendo dalla natura dei particolari processi che
avvengono all'interno del sistema.
L'unico che si e' avvicinato (ma dico avvicinato, non di piu') a una
risposta e' Pangloss. Ma anche con le sue indicazioi io questa exergia
non saprei proprio come calcolarla.
A parte il fatto che mi riesce oscura la frase
> In ogni punto l'energia e' la somma di entalpia, energia cinetica ed
> energia potenziale.
Boh...
Il concetto di exergia mi e' poco familiare, ma visto che se ne parla
bisogna adottare un linguaggio meno fisico e piu' ingegneristico.
Constato che i libri tecnici chiamano "energia (= exergia + anergia)"
*tutti* i termini che appaiono nel bilancio analitico del I principio:
- lavoro L (che attraversa la frontiera);
- calore Q (energia termica che attraversa la frontiera);
- energia interna U (funzione di stato del sistema);
- energia elettrica (lavoro elettrico che attraversa la frontiera);
- energia cinetica (per sistemi in moto rispetto all'ambiente);
- energia potenziale (di posizione del sistema riferita all'ambiente);
- ecc.
Come fisico posso anche detestare tale linguaggio, ma devo prendere
atto che tutte queste grandezze sono fra loro _confrontabili_: non posso
vietare ai tecnici di affibiare il "cognome" energia sia a funzioni di
stato che a grandezze dipendenti dalla trasformazione e/o dall'ambiente,
solo perche' lo "status" del casato diviene un po' bastardo! ;-)
Calore ed energia interna sono trasformabili in lavoro (o in altre
forme di energia) in modo limitato dal II principio; si esprime cio'
dicendo che per esse "energia = exergia + anergia".
Lavoro, en.cinetica, en.potenziale, en.elettrica non sono soggette a
restrizioni _teoriche_ di trasformazione: sono "exergia" pura.
> L'unico che si e' avvicinato (ma dico avvicinato, non di piu') a una
> risposta e' Pangloss. Ma anche con le sue indicazioi io questa exergia
> non saprei proprio come calcolarla.
Il gia' citato Baehr dedica decine di pagine alla discussione delle
limitazioni imposte dal II principio alle trasformazioni energetiche,
cioe' all'exergia; e' difficile riassumere tutto in poche righe... :((
> A parte il fatto che mi riesce oscura la frase
>> In ogni punto l'energia e' la somma di entalpia, energia cinetica ed
>> energia potenziale.
Stavo considerando un sistema TD (attraversato da un fluido in moto
stazionario), avente per frontiera un tubo di flusso con una sezione di
ingresso ed una sezione di uscita. Per un sistema "aperto" siffatto si
dimostra che il I principio assume la forma:
calore - lavoro = Delta(entalpia + en.cinetica + en.potenziale)
ove tutte le grandezze sono intese specifiche (ossia rapportate alla
massa che attraversa una qualsiasi sezione) ed il Delta si riferisce alle
sezioni di uscita e di ingresso. In particolare l'addendo pv (che nel
termine entalpico e' aggiunto all'energia interna) e' imputabile alla
variazione di volume che la massa fluida subisce tra tali sezioni.
Cio' premesso, rimarrebbe da discutere l'applicazione del II principio
a tale sistema, cioe' appunto il calcolo dell'exergia.
> Lavoro, en.cinetica, en.potenziale, en.elettrica non sono soggette a
> restrizioni _teoriche_ di trasformazione: sono "exergia" pura.
Scusa, ma in un altro messaggio "artemis" diceva che nemmeno l'energia
elettrica e' exergia pura. Ha sbagliato?
Ha pasticciato un po'. Si puo' formulare il II principio asserendo che:
- nei processi reversibili l'exergia si conserva;
- nei processi irreversibili l'exergia si trasforma (almeno parzialmente)
in anergia.
Non vi sono restrizioni _teoriche_ alla conversione di energia elettrica
in lavoro e viceversa, quindi l'energia elettrica e' exergia.
Ovviamente in realta' a rigore le trasformazioni reversibili non esistono,
ma sono solo casi limite di trasformazioni reali: in pratica quindi non
si osserva mai una perfetta conservazione dell'exergia, ma questo e' un
altro discorso.
PS: Entrambi apprezziamo il Callen.
Nel $4-5 "The maximum work theorem", la "reversible heat source" (intesa
come "thermal reservoir" ossia come termostato) insieme con la "reversible
work source" costituiscono quello che io ho chiamato "ambiente".
Il testo spiega chiaramente come applicare il II principio per calcolare
il "maximum work", cioe' in pratica spiega come calcolare l'exergia.
Se porti un sasso da terra sul precipizio trasformi la tua energia in
energia potenziale del sasso... ma sicuro che non ne spendi di più per
portarlo sul precipizio? I tuoi muscoli dovranno pur lavorare un pò in
più :)
> Scusa, ma in un altro messaggio "artemis" diceva che nemmeno l'energia
> elettrica e' exergia pura. Ha sbagliato?
Al momento non esiste un modo per convertire l'energia elettrica in
un'altra qualsiasi forma, senza perdere qualcosa. Se ci pensi bene,
anche l'energia meccanica tuttavia non è exergia al 100%. Ogni
automobile la sfrutta più o meno a seconda della qualità del motore, c'è
quella che con 1 lt a 100 Km/h fa 20 Km e quella con 1 lt che ti fa 7 Km
alla stessa velocità. Eppure la benzina sempre quella è...
Ciao
Artemis
> Al momento non esiste un modo per convertire l'energia elettrica in
> un'altra qualsiasi forma, senza perdere qualcosa.
Si', ma il discorso e' in linea di principio. Ed in linea di principio
l'energia elettrica puo' essere convertita in altri tipi di lavoro con
efficienza che tende a 1.
>> Al momento non esiste un modo per convertire l'energia elettrica in
>> un'altra qualsiasi forma, senza perdere qualcosa.
> Ed in linea di principio l'energia elettrica puo' essere convertita
> in altri tipi di lavoro con efficienza che tende a 1.
Appunto, che "tende" a 1, quindi già in linea di principio, il 100% di
exergia non lo ottieni (e infatti avevo già specificato in passato che
ottieni nella migliore delle ipotesi il 99% di exergia e l'1% di
anergia). Immaginiamoci nella realtà.
Artemis
> Appunto, che "tende" a 1, quindi già in linea di principio, il 100% di
> exergia non lo ottieni
No, se tende ad 1 vuol dire che nel caso ideale - che e', appunto,
pensabile come limite dei casi reali - il rendimento e' proprio 1.
Su quello che dici, non posso essere d'accordo. Non si tratta di
linguaggio fisico o ingegneristico, ma di concetti ben definiti oppure
no.
> Constato che i libri tecnici chiamano "energia (= exergia +
> anergia)" *tutti* i termini che appaiono nel bilancio analitico del
> I principio:
> - lavoro L (che attraversa la frontiera);
> - calore Q (energia termica che attraversa la frontiera);
> - energia interna U (funzione di stato del sistema);
> - energia elettrica (lavoro elettrico che attraversa la frontiera);
> - energia cinetica (per sistemi in moto rispetto all'ambiente);
> - energia potenziale (di posizione del sistema riferita all'ambiente);
> - ecc.
> Come fisico posso anche detestare tale linguaggio, ma devo prendere
> atto che tutte queste grandezze sono fra loro _confrontabili_:
Ripeto che non e' qui il problema: e' che non si capisce poi come se
ne fa uso...
Nessuno ha fatto un esempio di come calcolare questa benedetta exergia,
sebbene l'avessi espliciatmante chiesto.
> Calore ed energia interna sono trasformabili in lavoro (o in altre
> forme di energia) in modo limitato dal II principio; si esprime cio'
> dicendo che per esse "energia = exergia + anergia".
Alt! questo non e' vero.
L'energia interna puo' essere integralmente trasformata in lavoro.
E' quello che succede in qualunque trasf. adiabatica.
> Stavo considerando un sistema TD (attraversato da un fluido in moto
> stazionario), avente per frontiera un tubo di flusso con una sezione
> di ingresso ed una sezione di uscita. Per un sistema "aperto" siffatto
> si dimostra che il I principio assume la forma:
>
> calore - lavoro = Delta(entalpia + en.cinetica + en.potenziale)
>
> ove tutte le grandezze sono intese specifiche (ossia rapportate alla
> massa che attraversa una qualsiasi sezione) ed il Delta si riferisce
> alle sezioni di uscita e di ingresso. In particolare l'addendo pv (che
> nel termine entalpico e' aggiunto all'energia interna) e' imputabile
> alla variazione di volume che la massa fluida subisce tra tali
> sezioni.
A quanto pare, ci sono problemi gia' nel I principio...
Il termine PV di cui parli si mette nell'entalpia per tener conto del
*lavoro* fatto quando la trasf. e' a pressione costante, in modo che
che valga Q = Delta H.
Evidentemente nell'espressione che hai scritta sora a primo membro
quel lavoro non c'e' (si deve trattare di altro lavoro...) altrimenti
sarebbe contato due volte.
Comunque ci rinuncio...
> Ho tardato molto a rispondere, nella speranza che successivi
> interventi chiarissero la questione.
> Risultato: zero.
> Su quello che dici, non posso essere d'accordo. Non si tratta di
> linguaggio fisico o ingegneristico, ma di concetti ben definiti oppure
> no.
>> .....
> Ripeto che non e' qui il problema: e' che non si capisce poi come se
> ne fa uso...
> Nessuno ha fatto un esempio di come calcolare questa benedetta exergia,
> sebbene l'avessi espliciatmante chiesto.
Ohibo', la tua e' una vera e propria all[ex]ergia! ;))
Un esempio banale di calcolo l'ho fatto rispondendo a Smargiassi (bombola
di gas compresso a temperatura ambiente).
L'esempio non banale del sistema aperto (fluido in moto) non puo' essere
discusso se prima non concordiamo sul modo di applicare ad esso il
1mo principio. Purtroppo ho sottomano solo riferimenti bibliografici
tedeschi, ma la formulazione del 1mo principio per sistemi "aperti"
(cioe' la cui frontiera e' attraversata da un flusso di materia) sara'
pure reperibile su qualche testo di TD non crucco...
Tale esempio dovrebbe almeno illustrare l'uso del linguaggio tecnico.
Una centrale termica fornisca un flusso di vapore avente una portata e
grandezze specifiche note. Il calcolo dell'exergia specifica del fluido
alla sezione d'ingresso dell'impianto di utilizzazione permette di
stabilire quale potenza elettrica massima (teorica) e' ottenibile
da tale impianto in base al II principio della TD.
Ho anche fatto riferimento al Cap.4 del Callen per l'affine "teorema
del massimo lavoro" e per i relativi _metodi di calcolo_.
>> Calore ed energia interna sono trasformabili in lavoro (o in altre
>> forme di energia) in modo limitato dal II principio; si esprime cio'
>> dicendo che per esse "energia = exergia + anergia".
> Alt! questo non e' vero.
> L'energia interna puo' essere integralmente trasformata in lavoro.
> E' quello che succede in qualunque trasf. adiabatica.
Qui c'e' un equivoco, dimentichi il fattore "ambiente".
L'energia interna e' una funzione dello stato (iniziale) del sistema,
l'ambiente determina lo stato finale del sistema. Il II principio fissa
un minimo per lo scambio di calore tra sistema primario ed ambiente, la
trasformazione non puo' dunque essere adiabatica.
Cito esplicitamente dal Callen 4.5 "the maximum work theorem", che e'
una diretta conseguenza del II principio:
"For all processes leading from the specified initial state to the
specified final state of the primary system, the delivery of work is
maximum (and the delivery of heat is minimum) for a reversible process.
Furthermore the delivery of work (and of heat) is identical for every
reversible process."
Il massimo lavoro suddetto e' l'exergia dell'energia interna dello
stato iniziale. Il teorema mostra rigorosamente che l'exergia e' una
grandezza definita in modo univoco (e calcolabile).
Tema difficile. Occorre dire che dal poco che ho
inteso l'exergia e' associata con la modalita' idealizzata
di produzione del lavoro in una precisa macchina termica.
Per esempio una macchina basata sul trasferimento di
calore fra due sorgenti a temperature assegnate non
ammette mai rendimento unitario, pure se si ammette
che passi per infiniti stati di equilibrio. Il rendimento e'
limitato dal secondo principio, mediante la nota espressione
per il rendimendo ideale: 1- (T<)/(T>).
Anzitutto occorre specificare come e' accumulata
in concreto questa energia elettrica. E' in un
condensatore? E' in un campo magnetico associato
alla corrente di un superconduttore? E' in un onda
elettromagnetica dentro una guida d'onda?
Per esempio se si tratta di un condensatore allora
un modo di estrarre lavoro meccanico da questo
condensatore puo' essere alimentare un motore
elettrico. Come funziona questo motore elettrico?
Per esempio e' una dinamo inversa. Cosa e' allora
il rendimento ideale di questo motore? Temo sia
difficile rispondere a questa domanda, tuttavia
possiamo certamente affermare che esiste una
limitazione alla produzione di energia. Questa limitazione
e' dovuta alla circostanza che pur se riuscissi ad
estrarre tutta l'energia meccanica trasferita a ciascuno
degli elettroni in movimento,
Facciamo un esempio piu' idealizzato e semplice:
abbiamo un condensatore piano su cui appoggiamo una
punta che emette una quantita' di elettroni in misura
del campo elettrico e facciamo l'ipotesi ideale di
riuscire ad estrarre tutta l'energia meccanica ceduta
dal campo elettrico a ciascuno di questi elettroni.
Pero' emerge un problema: qual'e' il campo elettrico
che agisce sulle cariche? Se assumiamo sia quello
del condensatore in assenza di cariche interne, ovvero
fingiamo che la carica trasportata non abbia influenza
sul campo, troviamo che in tal caso il rendimento sarebbe unitario.
Ma questo solo nella misura in cui sia lecito dimenticare l'energia
dissipata nel riarrangiamento delle carica e la macchina considerata
sia idealmente in grado di estrarre tutta l'energia meccanica
dall'elettrone.
Ovvero nella misura in cui e' lecito dimenticare che l'elettrone, in
condizioni
di moto, pure se lento da' luogo ad una serie di cariche immagine che vanno
a correggere il potenziale di interazione. Il riarrangiamento delle
cariche comporta sempre, inevitabilmente, che una parte dell'energia
elettrica del campo venga dissipata e non possa essere utilizzata
per alimentare una macchina. Quanto meno l'energia di estrazione.
Per quanto riguarda una batteria la situazione e' ancora piu' complessa.
Quale e' in tal caso l'energia elettrochimica che genera corrente e di
questa quanta puo' generare lavoro meccanico? Non sono argomenti
semplici. Non mi sembra che si possano nemmeno liquidare con un
generico: non e' ben definita. Quello che andrebbe definito e' cosa si
intende per condizioni ideali, io direi che si dovrebbe intendere di
minima produzione di entropia compatibile con il funzionamento di
una certa macchina. Tuttavia l'entropia di un sistema elettromagnetico e'
lungi
dall'essere una nozione elementare. C'e' un campo elettromagnetico,
ci sono le sue sorgenti elementari... Mi fermo per un attimo a pensare.
Auguri di Buona Pasqua.
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
> No, se tende ad 1 vuol dire che nel caso ideale - che e', appunto,
> pensabile come limite dei casi reali - il rendimento e' proprio 1.
Ah intendevi proprio dal punto di vista matematico il "tende" :)
Comunque non è stato un errore quello che ho scritto, io mi riferivo
ovviamente alla realtà, i modelli ideali non li considero, se non
specificando prima la sua natura.
Artemis
> Anzitutto occorre specificare come e' accumulata
> in concreto questa energia elettrica.
Avevo precisato che, nel linguaggio usato, per "energia elettrica" si
intende il lavoro elettrico che attraversa la frontiera del sistema.
Il sistema-macchina (motore o generatore) e' schematizzabile come un
box chiuso (il cui funzionamento interno non ci interessa) collegato
all'esterno con un albero motore (potenza meccanica p1=momento*omega)
e con due terminali di linea (potenza elettrica istantanea p2=v*i).
Non ci interessa discutere quale rapporto p1/p2 l'attuale tecnologia
consenta di ottenere.
Il punto fondamentale e' che nessun principio fisico permette di fissare
un rendimento limite teorico minore di 1, ossia di fissare un determinato
epsilon>0 tale che, qualunque sia la macchina, debba comunque essere
abs(p1/p2 -1)>epsilon.
> Per quanto riguarda una batteria la situazione e' ancora piu' complessa.
> Quale e' in tal caso l'energia elettrochimica che genera corrente e di
> questa quanta puo' generare lavoro meccanico? Non sono argomenti
> semplici. Non mi sembra che si possano nemmeno liquidare con un
> generico: non e' ben definita.
IMHO invece se si imposta il discorso in questo modo avrebbe ragione
Fabri a sostenere che l'exergia e' una grandezza mal definita.
Ma in queste condizioni anche l'entropia e' una grandezza mal definita:
ti sfido a definire la differenza di entropia tra due stati di carica
di una batteria (reale).
In tutta generalita', ritengo che si debba limitare l'uso delle grandezze
TD alle situazione nelle quali sia definito, almeno in linea di principio,
un metodo operativo di misura o una precisa teoria di calcolo, altrimenti
la termodinamica diventa metafisica.
In un vecchio post del 2000 scrivevo:
"Invece molte discussioni di gran moda sul secondo principio travalicano
vistosamente qualsiasi ragionevole canone di scientificita'.
La morte termica dell'universo e' un dogma, l'aumento di entropia
insita in ogni fenomeno macroscopico (a rigore sempre irreversibile) e'
una verita' rivelata. Non e' scienza, e' religione. I fondamentalisti
di questo credo sono certi che anche schiacciando una zanzara si
accresca l'entropia del sublime tao e giudicano un mentecatto chiunque
osi mettere in dubbio che affermazioni del genere siano realmente
significative."
Buona Pasqua!
Il lavoro elettrico che attraversa la frontiera del sistema, mi
lascia in difficoltà. Io proverei ad argomentare così:
le reciproche azioni fra il campo elettrico e le sorgenti
elettromagnetiche sono esprimibili in termini di lavoro
delle forze associate con i campi elettrici sulle sorgenti, in
elettrodinamica classica, ma anche in quantistica si possono
definire delle densità di corrente che permettono di costruire
operatori che possono essere riinterpretati, a livello macroscopico,
mediante operazioni di media integrale rispetto
agli stati di vuoto, come lavoro medio.
Al campo è allora lecito associare una densità di energia
e di impulso che obbedisce un'equazione di continuità.
Ovvero: classicamente il campo elettromagnetico è un campo
conservativo. Quantisticamente lo schema è ancora conservativo,
ma la questione è più delicata da sostanziare, per via della delicata
posizione dello stato di vuoto del sistema. Diversamente un campo
elettromagnetico in intensa interazione con la materia è un soggetto
possibile per una teoria cinetica e statistica e per delle considerazioni
termodinamiche. Così anche il flusso di energia elettrica diventa un
soggetto di valutazioni statistiche concrete. E' quello il caso delle
teorie fenomenologiche dei processi di conduzione.
> Il sistema-macchina (motore o generatore) e' schematizzabile come un
> box chiuso (il cui funzionamento interno non ci interessa) collegato
> all'esterno con un albero motore (potenza meccanica p1=momento*omega)
> e con due terminali di linea (potenza elettrica istantanea p2=v*i).
> Non ci interessa discutere quale rapporto p1/p2 l'attuale tecnologia
> consenta di ottenere.
A nome di chi stai parlando, quando dici che non ci interessa quale
rapporto sia possibile ottenere? E' chiaro che la questione del
rendimento ideale va intesa con riferimento ad uno schema il più
possibile astratto e generale, ma questo schema deve prevedere
che una corrente costante in un conduttore implica una dissipazione
per unità di tempo, ad esempio. Se l'astrazione non dà agio di parlare
di situazioni operative importanti non è una buona astrazione. Il
giorno in cui un signore riuscisse a costruire una macchinina elettrica
con un controllo degli elettroni che funge da diavoletto di Maxwell una
schematizzazione che astrae da questa eventualità diventerebbe una
schematizzazione incompleta. Ma su questa eventualità c'è da dire
qualcosa e torno sul tema più avanti.
> Il punto fondamentale e' che nessun principio fisico permette di fissare
> un rendimento limite teorico minore di 1, ossia di fissare un determinato
> epsilon>0 tale che, qualunque sia la macchina, debba comunque essere
> abs(p1/p2 -1)>epsilon.
Però ripeto l'esempio della macchina termica fra due sorgenti a
temperature T1 e T2. E' il secondo principio che implica il limite
teorico del rendimento. Il secondo principio è appunto un principio,
in sparuti ed astrusi contesti si è tentato di farne un teorema, ma
la questione, dal tempo di Szilard, non ha ancora trovato una sistemazione
compiutamente ed universalmente condivisa. Szilard ha dimostrato, sotto
certe premesse ipotetiche, che alcune classi di demoni di Maxwell non
sono possibili. Ma su questo non ho tanto titolo a parlare quanto gente
che si è occupata con attenzione della critica alle premesse ipotetiche
di Szilard, gente di mente molto fine, e di molta buona lena. Spero che
qualcuno in ascolto abbia agio di commentare qualcosa di più. Leggere
Monod al riguardo può essere stimolante ma non acquieta certo le curiosità
di un fisico. A prescindere dalla consigliabilità della lettura di Monod,
che è
entusiasmante e mette in contatto con una dimensione del mondo della
ricerca assolutamente viva e fertile sotto ogni aspetto.
> > Per quanto riguarda una batteria la situazione e' ancora piu' complessa.
> > Quale e' in tal caso l'energia elettrochimica che genera corrente e di
> > questa quanta puo' generare lavoro meccanico? Non sono argomenti
> > semplici. Non mi sembra che si possano nemmeno liquidare con un
> > generico: non e' ben definita.
>
> IMHO invece se si imposta il discorso in questo modo avrebbe ragione
> Fabri a sostenere che l'exergia e' una grandezza mal definita.
> Ma in queste condizioni anche l'entropia e' una grandezza mal definita:
> ti sfido a definire la differenza di entropia tra due stati di carica
> di una batteria (reale).
E' una bella sfida, ma è tutt'altro che una questione mal posta o
dalla risposta impossibile, è solo una questione complessa e
Fabri ne conosce i dettagli, perchè ho visto che ha affrontato in
passato il tema del bilancio termodinamico per alcune soluzioni
elettrochimiche. Si può dire qualcosa di più. Se si ammettono
meccanismi di conduzione gaussiana con gli annessi schemi di
calcolo gran canonico, o canonico, e localmente estensivi, il sistema
può essere pensato come una somma di elementi in "quasi" equilibrio,
la conduzione è un meccanismo cinetico, allo schema statistico
gaussiano ha controparte macroscopica la teoria della risposta
lineare (anche se la corrispondenza non è invertibile).
Allora tali sistemi possono "facilmente"
essere trattati in modo coerente dal punto di vista termodinamico
e statistico, e la cinetica porta a predizioni quantitative sul tasso di
produzione di
entropia in rapporto alla corrente erogata. Il processi chimici di ossido
riduzione a loro volta, se sono schematizzabili con statistiche gaussiane,
almeno al primo ordine di correlazione, sono compatibili con uno schema
estensivo
e l'energia prodotta per via chimica, insieme con le variazioni di entropia
associate ai processi di ossido riduzione, può essere compendiata
quantitativamente.
> In tutta generalita', ritengo che si debba limitare l'uso delle grandezze
> TD alle situazione nelle quali sia definito, almeno in linea di principio,
> un metodo operativo di misura o una precisa teoria di calcolo, altrimenti
> la termodinamica diventa metafisica.
Ohhh. Una frase che condivido certamente. Io direi __ed___
una precisa teoria. La verità è che spesso ed anche volentieri i sistemi
concreti non ne voglion sapere di essere compressi in schemi di
approssimazione gaussiana e di risposta lineare, a volte poi uno schema
tanto dettagliato è difficile da utilizzare e richiede procedure di
simulazione.
Ciononostante a volte non è sufficiente. Le funzioni di correlazione possono
essere misurate e risultare più complesse, i meccanismi concreti di
conduzione
vanno talvolta oltre lo schema di Fick. E questo vale sia per la conduzione
del calore
che per la conduzione elettrica. Anche le cinetiche chimiche sono a volte
caratterizzate da evoluzioni ben più complesse della teoria della risposta
lineare.
La verità è che per alcuni fenomeni la teoria operativa è in fieri. Quando
in passato la gente trovava queste deviazioni cercava di metterci una pezza
limitandosi a studiare gli intervalli di linearità rispetto ad una
configurazione
in cui la macchina funziona. Con il tempo l'ingegno si affina e
l'applicazione
concreta allo studio di situazioni non lineari, con funzioni di memoria meno
"tagliate con l'accetta" diventa una questione di rilevante spessore, che
pian
pianino, anche gli ingegneri imparano ad affrontare e risolvere in modo più
astratto, nel frattempo che i fisici, i matematici, i chimici imparano a
studiarli
nei dettagli e nelle particolarità che la pratica ingegneristica pone da
tempo.
E non credo di dire nulla di nuovo per gli ingegneri.
> In un vecchio post del 2000 scrivevo:
> "Invece molte discussioni di gran moda sul secondo principio travalicano
> vistosamente qualsiasi ragionevole canone di scientificita'.
> La morte termica dell'universo e' un dogma, l'aumento di entropia
> insita in ogni fenomeno macroscopico (a rigore sempre irreversibile) e'
> una verita' rivelata. Non e' scienza, e' religione. I fondamentalisti
> di questo credo sono certi che anche schiacciando una zanzara si
> accresca l'entropia del sublime tao e giudicano un mentecatto chiunque
> osi mettere in dubbio che affermazioni del genere siano realmente
> significative."
>
> Buona Pasqua!
>
> --
> Elio Proietti
> Valgioie (TO)
Rinnovo gli auguri per una buona Pasqua.