Geppo il Folle
unread,May 18, 2012, 7:52:55 AM5/18/12You do not have permission to delete messages in this group
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to
L’austerità non è una necessità,
ma una scelta politica
avvolta nell’ideologia
dell’ordine e del comando.
È stata imposta dall’irresistibile Merkozy,
vitello di latta davanti a cui si sono
prostrati i primi ministri spagnoli José
Luis Zapatero e Mariano Rajoy. Liquidato
Ozy, Merk si aferra a non so
bene cosa e si permette di concedere al
presidente eletto della Francia la possibilità
di mettere “un accento” sull’intoccabile
trattato di austerità. La Commissione
europea dice che non cambia
niente. La Bce rimane imperterrita sulla
sua linea. Il premier britannico David
Cameron riaferma la bontà di un
trattato che non ha irmato. Rajoy ne
approitta per prendere tempo con Bruxelles
e far quadrare il bilancio, dichiarandosi
a favore di tutto senza impegnarsi
su nulla.
Politici, esperti e mezzi d’informazione
ce la stanno mettendo tutta per
calmare le paure riguardo all’eurozona
(che lo vadano a raccontare alle borse
mondiali), sostenendo che la Germania
e la Francia dovranno capirsi per
mantenere il sistema ed evitare rotture
traumatiche. Si anticipa il vertice europeo
per inventare la crescita austera.
Che tutto cambi perché tutto resti
com’è. Ma c’è un dettaglio che è stato
tralasciato in questo schema di realpolitik:
i cittadini europei. Mentre i politici
sfruttano il malcontento popolare
per demolirsi a vicenda, i francesi portano
un socialista alla presidenza per la
prima volta in 24 anni, con il sostegno
indispensabile della sinistra, mentre Le
Pen liquida Sarkozy per puntare a un governo
di estrema destra. Gli olandesi si
preparano a nuove elezioni perché gli xenofobi
vogliono più potere. Merkel ha solo
il 38 per cento del sostegno elettorale,
mentre pirati e verdi scalzano le coalizioni
di centrodestra nei parlamenti regionali. I
conservatori perdono le comunali nel Regno
(dis)Unito (per la questione della Scozia).
Le comunali in Italia fanno sprofondare
le masnade berlusconiane e leghiste,
mentre il Partito democratico sale, le formazioni
antimaia conquistano Palermo,
e il movimento Cinque stelle di Beppe
Grillo quintuplica i voti e guida, tra le altre
cose, Parma e Genova. Antipolitica, dice
Monti, onesto e apolitico tecnocrate che
confonde la politica marcia della Casta
con la nuova politica dei cittadini. I cittadini
emettono il loro verdetto, spesso contraddittorio,
una volta che hanno vissuto
gli efetti dell’austerità.
In Spagna, poco dopo le elezioni, il governo
ha cominciato a perdere popolarità
e se il Partito socialista è solo in lieve rimonta
è perché la gente ricorda che ha la
colpa di aver dato veste costituzionale
all’austerità dettata da Merkel. È chiaro
che, con modalità diverse in ogni paese, i
cittadini hanno preso la parola, a volte appoggiando
la sinistra, altre volte l’estrema
destra, in alcuni casi rivendicando nuovi
modelli di politica ed esprimendosi sempre
di più attraverso internet, per le strade
e nelle piazze, perché il corsetto della democrazia
a certe condizioni non è più
sopportabile.
In pochi giorni è cambiato il clima
politico in Europa e l’inevitabile austerità
è diventata una parolaccia da diluire
in un intruglio pro-crescita che nessuno
capisce: perché senza investimenti
non c’è crescita e, perché ci siano investimenti,
ci dev’essere una domanda
che li preceda e che può essere creata
solo dalla spesa pubblica. Si ripropone
la questione di chi serve a chi: l’euro
all’Europa o l’Europa all’euro? Ed è
probabile che la risposta a questa domanda
stia sorgendo nell’anello debole
dell’ormai fragile Unione: la Grecia.
In Grecia il 66 per cento dei cittadini
ha detto no alle politiche di austerità
accettate dal governo messo sotto ricatto
da Merkel. Conosciamo i dati. I
socialisti del Pasok si sono disonorati
accettando qualsiasi cosa pur di rimanere
al potere. I conservatori sono colati
a picco, ma l’iniqua legge elettorale li
ha fatti risalire a galla garantendogli diversi
seggi, seppur non abbastanza per
rimanere al potere, neanche in combutta
con i socialisti. Il partito favorito
ora è Syriza. Il leader carismatico, Alexis
Tsipras, è il volto di una coalizione
unita nel respingere l’austerità, anche
se non l’euro, ma a certe condizioni. I
comunisti doc rimangono dov’erano:
nel mausoleo di Lenin. Ma con più voti
di quei neonazisti di cui tutti parlano.
Complotto dei mezzi d’informazione?
È solo perché è più scabroso parlare di
criminali invece che di un movimento
alla ricerca di una nuova politica? O fa
comodo mettere in un unico calderone
tutti quelli che si oppongono all’austerità
necessaria e a una democrazia controllata
dall’alto? Se la Grecia dovesse
uscire (essere cacciata) dall’euro, i
mercati faranno il resto. O Merkel accetta
di non imporre l’austerità ai cittadini
europei o l’euro inirà. Fortunatamente
le rimangono solo pochi mesi di
vita politica. Ma può morire uccidendo.
L’austerità nella mente dei cittadini è
inita. Il resto è questione di tempo. E
di soferenza inutile. u fr
Manuel Castells è un sociologo spagnolo
che insegna all’University of Southern
California.
Manuel Castells, La Vanguardia, Spagna
Manuel Castells è un sociologo spagnolo
che insegna all’University of Southern
California.