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Corte d'Appello: PDL (provincia di Roma) senz'altro bocciato! [articolo su repubblica.it]

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L

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Mar 12, 2010, 5:31:08 PM3/12/10
to
http://www.repubblica.it/politica/2010/03/12/news/no_alla_lista_del_pdl-2631432/

Sono ormai al lumicino le possibilità che i candidati del partito del
premier
possano gareggiare per le regionali del Lazio nella provincia della
capitale

"No" anche dalla Corte d'Appello
respinta la lista Pdl a Roma

Le motivazioni sono le stesse del primo grado. Resta solo il Consiglio
di Stato

ROMA - Quinto "no" per lista Pdl (provincia di Roma) nelle elezioni
regionali del Lazio. Anche la Corte d'Appello non ha ammesso l'elenco di
nomi ripresentati lunedì scorso dal partito del premier alla luce del
famoso "decreto interpretativo" approvato dal governo. La decisione di
questa sera rappresentava il secondo grado di giudizio dopo quella
dell'altro giorno ad opera dell'ufficio elettorale del tribunale.

Resta aperto il ricorso al Consiglio di Stato (che decide domani) contro
la prima sentenza del Tar Lazio che aveva negato la sospensiva delle
prime due decisioni (Tribunale e Corte d'appello) relative alla prima
presentazione. Quella, cioé, del 27 febbraio, il famoso "sabato del
pasticcio" con i presentatori che arrivarono prima delle 12 ma che poi
uscirono (a mangiare un panino o a cambiare gli elenchi?) e non
rientrarono in tempo suscitando le rimostranze delle altre liste e il
"no" del tribunale. Questa prima presentazione, dunque, ha già ricevuto
tre "no" (Tribunale, Corte d'appello e Tar). Al Pdl resterebbe il quarto
livello quello, appunto, del Consiglio di Stato.

Ma, si diceva, l'appello di questa sera si riferiva alla seconda
presentazione nata dal "decreto interpretativo" e tentata lunedì sera.
Si tratta del secondo "no" su questa strada. Il responsabile elettorale
del Pdl, Ignazio Abrignani, ha spiegato che la motivazione "è la stessa
resa martedì sera dall'ufficio elettorale circoscrizionale. La lista,
cioè, non è stata ammessa per mancanza della prescritta documentazione".
In sostanza, i rappresentanti del Pdl avevano sì una cartellina rossa,
ma nulla è stato portato per dimostrare che, effettivamente, la
cartellina contenesse liste, firme e quant'altro necessario,


Le motivazioni. "In definitiva non risulta assolutamente provato che il
delegato incaricato di presentare la lista provinciale del Pdl fosse in
possesso, alle ore 12 del 27 febbraio, della 'prescritta documentazione'
indispensabile per la valida presentazione della lista". Terminano così
le motivazioni che accompagnano la decisione dell'ufficio centrale
elettorale presso la corte d'appello di Roma.

Nel testo si legge anche: "Conclusivamente, e la questione è assorbente,
il mero possesso della cartellina non può provare sul piano logico, nè
in via presuntiva, la presenza all'interno di essa della necessaria
documentazione". Il riferimento alla cartellina è perchè i
rappresentanti del Pdl, a sostegno della richiesta di ammissione della
lista, dichiarano che al momento della scadenza dei termini erano in
possesso, nell'ufficio elettorale, di una cartellina contenente tutta la
documentazione necessaria.

Ancora, si legge nelle motivazioni a riguardo all'applicazione del
decreto interpretativo: "Il fatto che il decreto legge abbia consentito
l'ingresso di qualunque mezzo di prova idoneo non autorizza
l'utilizzabilità di qualsiasi elemento ai fini della decisione, ma solo
di quelli assistiti da una capacità dimostrativa del fatto e quindi
corrispondenti, quanto meno, ad indizi caratterizzati da 'gravita',
precisione e concordanzà". Inoltre, scrive la corte d'appello, "la
circostanza che le informazioni offerte alla valutazione di questo
ufficio sono state rese da soggetti la cui attendibilità risulta minata
dai rapporti intercorrenti tra i medesimi e di chi dovrebbe trarne
beneficio è significativa del fatto che tali informazioni hanno una
idoneità attenuata se non addirittura nulla".

(12 marzo 2010)

longion

unread,
Mar 12, 2010, 5:35:05 PM3/12/10
to
On Mar 12, 2:31 pm, L <parmenide_2...@yahoo.it> wrote:

> http://www.repubblica.it/politica/2010/03/12/news/no_alla_lista_del_p...

Un colpo basso alla democrazia, non so come fa questa gente a non
vergognarsi.

GiuseppeDini

unread,
Mar 12, 2010, 5:41:23 PM3/12/10
to
Nel suo scritto precedente, longion ha sostenuto :

>> http://www.repubblica.it/politica/2010/03/12/news/no_alla_lista_del_p...
>
> Un colpo basso alla democrazia, non so come fa questa gente a non
> vergognarsi.

Un mio conoscente non ha pagato il canone della tv entro febbraio e ha
dovuto pagare una sovrattassa.
Vergogna: un attacco alla democrazia di questo paese.

--

Giuseppe


Tommaso Russo, Trieste

unread,
Mar 12, 2010, 5:48:45 PM3/12/10
to
(Xpost rimossi)
L ha scritto:

> Inoltre, scrive la corte d'appello, "la
> circostanza che le informazioni offerte alla valutazione di questo
> ufficio sono state rese da soggetti la cui attendibilità risulta minata
> dai rapporti intercorrenti tra i medesimi e di chi dovrebbe trarne
> beneficio è significativa del fatto che tali informazioni hanno una
> idoneità attenuata se non addirittura nulla".

Ecco, queste cose dette papali papali mi danno fiducia nei giudici di
Berlino.

--
TRu-TS
Conoscenza non e' ricordare le cose,
ma ricordare in che libro cercarle.
Beniamino Placido

longion

unread,
Mar 12, 2010, 6:01:09 PM3/12/10
to

Ti senti furbo a fare questi paragoni del cazzo, vero?

GiuseppeDini

unread,
Mar 12, 2010, 6:04:42 PM3/12/10
to
Scriveva longion sabato, 13/03/2010:

>> Un mio conoscente non ha pagato il canone della tv entro febbraio e ha
>> dovuto pagare una sovrattassa.
>> Vergogna: un attacco alla democrazia di questo paese.
>
> Ti senti furbo a fare questi paragoni del cazzo, vero?

E tu non si senti idiota a fare compagnia a personaggi come vittorio.

--

Giuseppe


longion

unread,
Mar 12, 2010, 6:17:20 PM3/12/10
to

Si' si' hai ragione tu, ora vai a cuccia.

Roberto Rosoni

unread,
Mar 13, 2010, 1:53:49 AM3/13/10
to
Probabilmente perché proprio non aveva niente di meglio da fare, Tommaso
Russo, Trieste, il Fri, 12 Mar 2010 23:48:45 +0100, ha scritto in
it.media.tv a proposito di "Re: Corte d'Appello: PDL (provincia di Roma)
senz'altro bocciato! [articolo su repubblica.it]":

> Ecco, queste cose dette papali papali mi danno fiducia nei giudici di
> Berlino.

Scusa, è almeno la seconda volta che fai 'sta cit., ma non la capisco.

--
Roberto Rosoni

Loreto Van de Velde

unread,
Mar 13, 2010, 8:08:42 AM3/13/10
to
Il 13/03/2010 07:53, Roberto Rosoni ha scritto:
>
>> Ecco, queste cose dette papali papali mi danno fiducia nei giudici di
>> Berlino.
>
> Scusa, è almeno la seconda volta che fai 'sta cit., ma non la capisco.

Per come la ricordo io.
Un mugnaio ebbe una discussione con il kaiser di prussia. A chi gli
faceva notare contro chi si stava mettendo rivolse questa frase.
Fantascienza qui da noi.

--
olé

FabMind

unread,
Mar 13, 2010, 8:24:01 AM3/13/10
to
Il 13/03/2010 0.01, longion ha scritto:

> Ti senti furbo a fare questi paragoni del cazzo, vero?

Per comunicare con immani coglioni tocca fare esempi semplici semplici.

--
FabMind

Tommaso Russo, Trieste

unread,
Mar 13, 2010, 9:03:26 AM3/13/10
to
Roberto Rosoni ha scritto:

>> Ecco, queste cose dette papali papali mi danno fiducia nei giudici di
>> Berlino.
>
> Scusa, è almeno la seconda volta che fai 'sta cit., ma non la capisco.

E' difficilissimo trovarla su google, se gugli "giudice berlino" trovi
un sacco di runore: citazioni senza fonte, racconti errati, citazioni di
citazione (es, quella di Brecht). Hai magior fortuna guglando "giudice
berlino potsdam", ma porca miseria, il link piu' giusto, quello che
racconta la vera storia, restituisce un miserabile 404-notte fonda.

Fortuna che Google ce l'ha ancora in cash. Ecco la storia completa ad
imperitura memoria di google gruppi:

---------------------------------------------------------------------

Romano Ricciotti

Estratto da: La vera storia del mugnaio di Saint Souci e la
responsabilità civile dei magistrati - aprile 2005

...
Con il passar del tempo, la responsabilità professionale [dei Giudici]
si trasformò in responsabilità disciplinare. Questo accadde con i
principati e con la sostituzione dei giudici liberi professionisti con i
giudici-funzionari. Costoro - secondo Giuliani e Picardi (221)-
incominciarono a godere di una "sostanziale irresponsabilità". Ad avviso
di questi Autori, la giustificazione si rinviene "nella tutela della
indipendenza della funzione giudiziaria: ma in realtà è sottintesa la
sfiducia verso ogni forma di controllo e sindacato esterno (delle parti
come della pubblica opinione) in quanto soltanto il controllo gerarchico
appare valido contro l'abuso del giudice".

Il mugnaio di Saint-Souci
-------------------------
Rievocando vicende che sono divenute leggende è possibile approssimarsi
al cuore della questione. Molti conoscono la vicenda del mugnaio di
Saint Souci, il quale difese il proprio mulino e finì per ottenere
giustizia. Ma non dai giudici, bensì dal Re.
La storia merita di essere narrata, con l'aiuto di Emilio Broglio autore
di un'opera in due volumi, Il Regno di Federico di Prussia, detto il
Grande, stampata in Roma nel 1880:

"Volume secondo, capitolo VI. La causa del mugnaio Arnold:

""Un pensiero costante di Federico, come già si è detto fu la bona
amministrazione della giustizia, e n'era venuto, fino dal 1747, il Codex
Fridericianus. Ma passati trent'anni, morto l'illustre Cocceio,
sopraggiunte le gravi cure della guerra, gli abusi, per opera della
gente di toga, ripullularono. E Federico daccapo a volerli rimondare,
non senza dimolta fatica, perché la sullodata gente di toga, salve le
rare eccezioni, è sempre e da per tutto nemica ostinata delle riforme;
vive di precedenti, di tradizioni, di regole formali, e non se ne sa, o
non se ne vuole distaccare; gli abusi poi, sono per l'appunto opera sua,
e se ne giova. Ma Federico, che era riescito a tener fronte all'Europa,
figuriamoci se voleva lasciarsi dettar la legge da que' signori; il 4
gennaio 1776, presiedette egli stesso, a dispetto della gotta, a un
solenne dibattimento tra il Cancelliere di Slesia, von Carmer, apostolo
della riforma, e il Gran Cancelliere von Fùrst, accanito oppositore. Il
Re diede ragione al primo,? incaricandolo di compilare il novo Codice;
la prima parte, Prozess-Ordnung, ossia Regolamento di Procedura, fu
promulgata il 26 aprile 1784, ultimo dono del gran Re al suo paese, il
resto non fu compiuto che dieci anni più tardi, e sotto il nome di
Codice Prussiano è ancora in vigore. Il celebre Savigny, tedesco fin che
ce n'entra, lo vanta superiore al Codice Napoleone (...) Questo Re,
schiavo del dovere, prendeva molto sul serio anche l'alto suo ufficio di
Giudice Supremo, e come si vede non aveva bisogno di sproni; ma se
n'avesse avuto bisogno, appunto in questi anni accadde un fatto famoso,
il processo del mugnaio Arnold, dove il Re, da ultimo, si credette in
obbligo d'intervenire con sommo rigore, destando sentimenti e giudizi
discrepanti in Europa; di viva ammirazione nei più, di severa condanna
in pochi.

“Ci sono de' Giudici a Berlino, aveva risposto trent'anni prima, a chi
lo minacciava d'espropriazione, il mugnaio di Potsdam, che non volle mai
vendere il suo mulino a vento [anzi ad acqua, come si poi vedrà -n.d.r]
sul poggio di Sans-Souci; e Federico Re lo rispettò, lui e il suo
mulino, senza bisogno di giudici; oggi invece il mugnaio Arnold ebbe,
contro i giudici di Berlino, bisogno del Re.

"Il mulino del Gambero - Krebsmúhle - era d'un conte di Schmettau,
maggiore nell'esercito, ma non della famiglia inclita in guerra;
affittato da parecchie generazioni agli Arnold, mugnai. Nel '70, un
barone von Gersdorf volle farsi, più in su del mulino, una peschiera, e
deviò parte dell'acqua; il mugnaio, impedito così dal macinare per una
gran parte dell'anno, non ebbe più modo di pagare il fitto regolarmente;
il conte di Schmettau, dopo aver pazientato parecchio, da ultimo lo citò
dinanzi al giudice feudale, Schlecker, che lo condannò a pagare; e
perché pagare non poteva, quando non macinava, finì col fargli vendere
all'asta nel '78 il mulino.

"Comprato da un esattore, Kuppisch, fu poi rivenduto da costui allo
stesso barone von Gersdorf, ch'ebbe così l'aria d'aver meditata e
compita la spogliazione. Portata la causa in appello, dinanzi alla
Regierung di Cústrin, la sentenza venne trovata giusta, e quindi confermata.

"Il 1° maggio del '79, Arnold, o più esattamente sua moglie Rosina, una
donna non più giovane, intendiamoci, presenta una petizione al Re,
chiedendo la nomina d'una Commissione Militare, che esamini la cosa;
domanda certo molto strana per noi, avvezzi oramai alla divisione de'
poteri, alle più o meno savie finzioni costituzionali, e a vedere la
giustizia amministrata sempre in nome del Re, da giudici nominati dal
Re, senza che il Re ne sappia mai nulla; non punto strana allora, con un
Re, fontana vera, non finta, d'ogni potere, e quindi anche della giustizia.

"Con che, badiamo, non intendo già dire che quello fosse un sistema
migliore; tutt'altro! Dico soltanto che era così; e aggiungo anzi
subito, che richiedeva un Federico II per funzionare ragionevolmente
mentre poi un Federico II non è lì che cova.

"Il 4 maggio un Ordine del Re manda l'istanza Arnold al Ministero della
Giustizia, perché esamini e riferisca; quello esamina e riferisce, che
tutto é perfettamente in regola. Più tardi, nello stesso anno, il Gran
Cancelliere von Fúrst, durante il suo viaggio d'ispezione da quelle
parti, riceve un altro ricorso dall'implacabile Rosina; non so quanto lo
esamini, certo è che lo respinge.

"Allora gli Arnold tentarono una strada nova; il marito aveva un
fratello soldato; suo colonnello era il Principe Leopoldo di Brunswick,
nipote del Re, adorato dal popolo, perché bono, affabile, umano; tanto
umano, che sei anni più tardi, nell'85, s'affogò miseramente nell'Oder,
mentre si sforzava, in una barchetta, di soccorrere de' poveri inondati.

"Il soldato, un bravo soldato, bisogna dire, gli si raccomanda. Il
Principe ne parla al Gran Cancelliere; ma Fúrst risponde picche anche a
lui. In agosto, la madre del Principe, sorella del Re, fa una lunga
visita al fratello a Potsdam; costì Leopoldo coglie un momento
favorevole e narra la lunga storia al Re, presentando una nova domanda
Arnold, per una Commissione Mista, militare e civile; il giorno dopo, 22
agosto, un ordine di Gabinetto alla Corte - Regierung - di Cústrin,
gl'intima di nominar subito un Consigliere, affinché per opera sua,
d'accordo col Colonnello Heucking, di guarnigione da quelle parti, sia
fatta giustizia. La Corte elegge Neumann, che si mette a studiare col
Colonnello, ma senza frutto; perché quello riferisce alla sua Corte che
non c'è nulla da fare, e la Corte presenta, il 27 settembre, rapporto
analogo a Sua Maestà; il Colonnello invece s'è convinto, che Arnold
aveva ragione, in equità, di non pagare il fitto d'un mulino che non
macina, e fa il suo rapporto in questo senso.

"Il Re lo trova chiaro e preciso - deutliches und ganz umstàndliches - e
lo manda al tribunale Supremo di Berlino - Kammergericht - sempre perchè
sia fatta giustizia. Invece non lo persuade punto il rapporto della
Corte di Cústrin, glielo rimanda insieme alla manifestazione del suo
vivo malcontento - áusserstes Misfallen - e ordina un novo esame.

"Que' signori della Corte eleggono un'altra Commissione, e questa volta
ci mettono anche un idraulico, di nome Schade; la Commissione fa il suo
rapporto il 28 ottobre, sempre concludendo che tutto era andato benone,
benchè lo Schade non fosse di questo parere; soltanto, per dimostrare
quanta fosse la loro diligenza, scoprono un piccolo errore: che Arnold
aveva lasciato del grano nel mulino, pel valore di cencinquanta o
censessanta lire: che questo era suo, e non si poteva comprendere nella
vendita del mulino e ora gli si doveva restituire: ma per tutto il
resto, non c'era che dire.

"La Rosina, colla sua indomabile tenacità femminile, torna all'assalto
in novembre con una nova petizione a Sua Maestà; e Sua Maestà,
senz'ancora perdere la pazienza, che fu un bel fatto, la rimanda a
Cústrin; gli si risponde che la sentenza è inalterabile, salvo l'
intervento di un giudizio superiore.

"Il Re, con Ordine 98 novembre, incarica dunque il Kammergericht di
Berlino, di pronunziare il suo giudizio definitivo, e presto! mandando
un espresso a Cústrin a prendere l'inserto. Il Gran Cancelliere Fúrst,
ricevuto l'ordine, lo trasmette al Presidente del Kammergericht, un von
Rebeur; il quale, appena arrivate le carte, il 7 dicembre, nomina subito
relatore il Consigliere Rannsleben, perchè riferisca quam primum;
costui, con un lavoro indefesso diurno e notturno, è in grado di
riferire il giorno seguente: La sentenza é giusta e va confermata. Detto
fatto, la si conferma in nome dei Re.

"Federico riceve la notizia formale il 10, in preda a un fiero attacco
di gotta; ordina al Fúrst di venire domani al Castello coi tre
Consiglieri che hanno redatto - minutirt - la sentenza. Il Rannsleben,
relatore, in una sua Autobiografia inedita, racconta la scena, e questo
brano, per fortuna, venne stampato.

"Sentiva in aria un grosso temporale, tanto ch' ebbe la precauzione di
non dir nulla alla moglie della sua chiamata al Castello. Entrati i tre
Consiglieri preceduti dal Fúrst, trovarono il Re seduto, che voltava le
spalle al foco del caminetto, coi piedi tormentati stesi sopra sgabelli,
una mano nascosta in un manicotto, e l'altra che teneva la sentenza; lì
presso, a un tavolino, il segretario-stenografo Stellter, che stese un
processo verbale, pubblicato poi il 14 dicembre per ordine di S. M.

"Il Re interrogò i Consiglieri, senza darsi per inteso della presenza
del Gran Cancelliere: ‘Un povero villano, può egli pagare il fitto, se
gli portate via il carro, l'aratro, e tutti gli strumenti di lavoro? -
No, Maestà’. – ‘E' giusto portar via il mulino a un povero mugnaio che
non può pagare il fitto, perché gli s'è levata l'acqua e quindi non può
macinare? - No, Maestà’. – ‘Un nobile vuol farsi una peschiera e devìa
l'acqua dal mulino; il mugnaio Arnold è ridotto a non poter macinare che
quindici giorni in primavera e quindici in autunno; come può egli pagare
lo stesso fitto di prima? Eppure la Corte di Cústrin gli fa vendere il
suo mulino, perché un altro nobile intaschi l'intero fitto, e il
Tribunale di Berlino...’

"Il Kammergericht, Maestà, suggerisce qui, o corregge, il Gran
Cancelliere, il Kammergericht... Il Re dice al segretario: Il
Kammergericht; poi, volgendosi al Fúrst, gl'intima di andarsene,
aggiungendo d' avergli già nominato il successore; e quello scompare
senza dir verbo.

" 'E' una sentenza ingiusta, continua il re accendendosi vie più; è
contraria alle mie intenzioni di padre del popolo; e voi l'avete
pronunziata in mio nome. In mio nome! Quando mai ho io oppresso il
povero in favore del ricco? Quando mai ho fatto prevalere la vana forma
legale all'intrinseca moralità della cosa? E voi siete de' giudici? E
voi dispensate la giustizia in nome di Dio e del Re?...’ E più che il
dolor potendo l'ira, batteva la sentenza colla mano gottosa, e ripeteva:
<< Il mio nome crudelmente abusato! - meinen Namen cruel missbraucht -

'Ma io darò un esempio memorabile - ein nachidrúckliches Exempel; -
l'ultimo contadino, che dico? un mendicante. è anch'egli un essere umano
come il Re, tutti eguali dinanzi alla legge e alla giustizia; un
tribunale ingiusto è più pernicioso d'una banda di ladri; contro questi
potete difendervi, non così contro quello. Uscite. signori!'

"E li fece mettere in una carrozza e portare in prigione; ordinò lo
stesso trattamento pei loro colleghi di Cústrin; incaricò il suo
ministro della giustizia, von Zedlitz, di nominare una Commissione, che
li condannasse almeno a un anno di fortezza e al risarcimento del danno
verso gli Arnold. Il ministro uomo rettissimo, dichiara ne' termini più
rispettosi, che la sua coscienza non gli permette di pronunziare la
sentenza imposta da Sua Maestà; allora il Re la pronunzia lui, il 1
gennaio 1780: il consigliere Scheibler, della corte di Cústrin, che ha
votato solo contro i suoi colleghi, torni al suo posto: il Rannsleben
del Kammergericht, che ha studiato la questione con grande imparzialità,
prosciolto: tutti - gli altri, destituiti, cassirt - condannati a un
anno d'arresto in resto in fortezza, a Spandau, e al rifacimento del
danno, liquidato poi e pagato all'Arnold in 1358 talleri, 11 groschen e
1 pfennig - poco più di 5000 lire: - Il mugnaio Arnold rimesso nel suo
mulino - in integrum restituirt.

" 'Quanto a lei, signor ministro, rispetto i suoi scrupoli di coscienza,
e rimango come prima il suo affezionatissimo Re, Federico'. Infatti
conservò il suo posto.

"La cosa fece, naturalmente, gran chiasso in Europa: Caterina II, amica
de' filosofi, mandò al suo Senato, come salutare esempio, copia dei
processo verbale 11 dicembre 1779, fatto pubblicare il 14 dal re: in
Francia lo si vendeva da tutt'i librai, sotto il titolo: Balance de
Frédéric; e i giornali non parlavano d'altro.

"A Berlino invece l'alta società, nobile e forense, condannava Federico;
trasse in folla alla casa del Gran Cancelliere destituito, in segno di
condoglianza, ingombrandone la via colla fila delle carrozze, che si
vedevano dalle finestre del Palazzo reale, senza che Federico, ben
inteso, se ne facesse nè in quà nè in là.

"Si notò il fatto, che ogni giorno gran numero di villani, fino a un
centinaio, stavano sulla piazza dei Castello, sotto le finestre del Re,
con petizioni in mano, chiedendo giustizia come Arnold; e ne' tribunali,
le parti soccombenti gridavano, che si sarebbero appellate al Re; ecco,
dicevano, le naturali e pessime conseguenze del suo dispotico intervento
e dell' umiliata magistratura. Questo sentimento di disapprovazione durò
fino alla morte di Federico; il barone von Gersdorf, chiese e ottenne
dal successore un novo giudizio; fu deciso: che il barone aveva diritto
all'acqua per la sua Peschiera, e che Arnold doveva restituire ai
giudici il mal ottenuto compenso, e al barone, o il mulino, o il prezzo
d'asta; le quali somme, per altro, furono invece sborsate dal Re
Federico Guglielmo II, atto convenientissimo di regia munificenza. E
s'intende che il vecchio Fúrst, e l'altre vittime, furono richiamati ai
loro posti e agli onori perduti, nella certezza, da parte del nuovo re,
di cattivarsi cosi una certa popolarità; voglio dire popolarità
nobilesca e forense; mentre quella ambìta da Federico era molto più
vasta, e più, alta, e più indipendente"".
Fin qui Emilio Broglio.

***

Laddove si apprende che il grande Re era giusto fino alla collera; che i
suoi giudici erano formalisti e indipendenti fino all'eroismo; che il
mugnaio e la moglie non temevano i potenti e i prepotenti, confidando
nel loro Re; che la giustizia del principe è una bella cosa ma ha i suoi
costi a carico delle istituzioni; che l'ordinamento giudiziario di
Federico il Grande prevedeva l'indipendenza dei giudici prima del
giudizio, ma anche la loro responsabilità, e quale, dopo il giudizio.
...

Roberto Rosoni

unread,
Mar 13, 2010, 10:58:03 AM3/13/10
to
Probabilmente perché proprio non aveva niente di meglio da fare, Tommaso
Russo, Trieste, il Sat, 13 Mar 2010 15:03:26 +0100, ha scritto in
it.media.tv a proposito di "Ci sara' pure un giudice a Berlino!":

> Fortuna che Google ce l'ha ancora in cash. Ecco la storia completa ad
> imperitura memoria di google gruppi:

Grazie mille. Bella storia. A dire il vero il finale mi fa pensare alla
chiusa tipica di Guareschi: "il che, è bello e istruttivo".

--
Roberto Rosoni

Tommaso Russo, Trieste

unread,
Mar 13, 2010, 6:57:40 PM3/13/10
to
Roberto Rosoni ha scritto:

> Grazie mille. Bella storia. A dire il vero il finale mi fa pensare alla
> chiusa tipica di Guareschi: "il che, è bello e istruttivo".


No, non e' tanto banale.

Mi spiace, forse ho cuttato un po' troppo l'introduzione e il seguito,
in cui Romano Ricciotti spiega perche' tira fuori ed esamina tanto
analiticamente questa storia. Qui c'e' il link alla cache di Google che
contiene l'articolo completo, salvalo prima che sparisca:
http://209.85.135.132/search?q=cache:CY1f-DzujqgJ:www.identitaeuropea.org/archivio/terzapagina/ricciotti_verastoria.html

In realta' si tratta dell'esposizione di una tappa del modo in cui il
Diritto ha risposto nel tempo alla domanda: "chi giudica i giudici?"
Domanda che, come puoi immaginare, non ha una risposta tanto semplice
come l'analoga "chi rade i barbieri?", su cui pure Bertrand Russel ha
saputo filosofare con tanta profondita'.

Il mugnaio di Potsdam esclama "Ci saranno dei giudici a Berlino!"
perche' il torto a Potsdam gli e' stato apportato proprio da giudici -
primo e secondo grado - e lui, certo del suo diritto, cerca un'istanza
superiore. Che conferma l'ingiustizia, ma suscita nel Re il sospetto di
averlo fatto per solidarieta' di casta - per cui il Re ribalta il
verdetto. Ma il Re era allora, per diritto divino, fonte d'ogni potere.

Nella Democrazia basata sulla divisione dei poteri, chi giudica i
giudici? La risposta che ci siamo faticosamente data e': il suo giudice
naturale. Cui ognuno puo' appellarsi se ha fondati sospetti di sentenza
stilata in favore di un corruttore da un giudice corrotto.

E' dimostrabile (sulla schema dei teoremi "quasi sempre veri" di Erdos)
che il sistema funziona "quasi sempre": quando la frazione di giudici
corrotti nella Magistratura sia molto piccola, e' inevitabile che una
catena di corruzioni si scontri alla fine con un magistrato che indaga
onestamente. In una gerla funzionante, le mele marce non infettano le
altre ma ne vengono depurate.

E' per questo che il nostro amato Presidente vuole distruggere il
depuratore. Per diventare anche lui, come Federico, "un Re, fontana

vera, non finta, d'ogni potere, e quindi anche della giustizia".

Solo che Lui non dira' mai: "E' una sentenza ingiusta; è contraria alle

mie intenzioni di padre del popolo; e voi l'avete pronunziata in mio
nome. In mio nome! Quando mai ho io oppresso il povero in favore del
ricco? Quando mai ho fatto prevalere la vana forma legale all'intrinseca
moralità della cosa?"

Incarichera' Ghedini di valutare il profitto che potra' trarne.

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