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Wu Ming 4 su "I figli di Hurin"

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Fritz

da leggere,
28 nov 2007, 03:30:1928/11/07
a
Riporto da "Giap":
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap16_VIIIa.htm#2b
WU MING 4 SU "I FIGLI DI HURIN" DI J.R.R. TOLKIEN. Il numero del
mensile XL in edicola tra pochi giorni conterrà un articolo di WM4
(titolo dell'autore: "La riconquista della Terra di Mezzo") che prende
le mosse dall'uscita dell'ultimo "inedito" tolkieniano, I figli di
Hurin, e si interroga su come possa proseguire quella "costruzione di
mondo" fuori dall'ufficialità, aggirando il "diritto dinastico" dei
maschi di casa Tolkien, sfruttando fessure lasciate aperte dal Vecchio
nella sua cosmogonia. WM4 recensirà I figli di Hurin per il prossimo
Nandropausa, e anticipiamo che Mr. Tolkien c'entra qualcosa anche col
suo romanzo solista (Einaudi, primavera 2008).

ciao ciao
Fritz aka Giacomo
--
Al momento di marciare molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
e' la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
e' lui stesso il nemico.

Soronel l'Araldo

da leggere,
28 nov 2007, 13:01:2428/11/07
a
Fritz ha scritto:

> Riporto da "Giap":

Grazie per la segnalazione, altrimenti ben difficilmente mi sarei mai
comprato XL (mi piaceva l'inserto Musica! di Repubblica, ma odio questo XL
che mi sembra extra large per essersi gonfiato a dismisura di fighettume).

--
Soronel l'Araldo - http://www.soronel.it/ - http://forum.soronel.it/
It wouldn't have worked out anyway.
So now it's just another lonely day.
Further along we just may.
But for now it's just another lonely day.

Oromë

da leggere,
30 nov 2007, 02:47:5830/11/07
a

Mi incuriosisce soprattutto il prossimo romanzo di Wu Ming 4 e,
naturalmente, cosa centri Tolkien. Se non sbaglio WM4 è lo stesso che
fece quel bel post sul sito di Manituania. A questo link, e comunque,
l'indice del numero di XL di cui parli:
http://antoniogenna.wordpress.com/2007/11/30/edicola-xl-dicembre-2007/

Ciao,
Orome

Fritz

da leggere,
30 nov 2007, 04:33:4830/11/07
a
On 30 Nov, 08:47, "Oromë" <nicola.iaro...@gmail.com> wrote:

> Mi incuriosisce soprattutto il prossimo romanzo di Wu Ming 4 e,

> naturalmente, cosa c'entri Tolkien. Se non sbaglio WM4 è lo stesso che
> fece quel bel post sul sito di Manituana. (...)

Dopo la sana pars destruens operata da Del Corso e Pecere nell'"Anello
che non tiene", Tolkien ha bisogno di qualcuno che si occupi della
pars costruens. Una pars costruens finzionale ed esistenziale, pero'.
Voglio dire: da un punto di vista critico, soprattutto in ambito
anglosassone, l'autore e' trattato come si deve, usando gli
appropriati strumenti di analisi. Pero'... c'e' un pero'. Una
caratteristica dell'opera di Tolkien e' la suscettibilita'
all'espansione, allo sviluppo - gli orizzonti evocati ecc., le forme
indefinite sullo sfondo che fanno scattare il desiderio di scrivere/
scoprire altri racconti ecc. Insomma: proprio quello che voleva
tolkien, in fondo (il riferimento alle altre mani che dovrebbero
applicarsi all'opera da lui iniziata per svilupparla ecc.). Questo
desiderio, pero', di andare a scoprire/creare all'interno dell'opera
presuppone un coinvolgimento emotivo e, prima ancora,
un'identificazione relativa ai valori presenti nell'opera. E il
coinvolgimento determina una seconda conseguenza in rapporto all'opera
stessa: la tendenza ad assumerla in qualche modo come parte integrante
della propria esistenza, come lente/strumento attraverso la/il quale
leggere la realta', rinominarla, interagire con essa ecc.
Questo, pero', porta alla luce un punto critico: l'individuazione dei
valori e quindi del modo corretto (nel senso di piu' proficuo per
l'opera e per la maturazione del lettore) di stabilire un rapporto con
l'opera.
In tanti casi c'e' stato uno sviluppo nel senso della fanfiction:
andare a infilarsi negli spazi lasciati liberi e riempirli di altre
storie piu' o meno ben scritte. Qui ci si situa a un livello piuttosto
infantile di fruizione: abitare nell'opera amata, infilarsi un
costume, attaccarsi degli orecchi a punta ecc. - prolungare la
permanenza di una sensazione piacevole: non staccarsi dal biberon,
potremmo dire.
In altri casi ci sono state delle variazioni, anche radicali, dei
tentativi di piegare la struttura dell'opera: penso a cose curiose
come il Silmarillion nero delle due russe, o l'Ainulindale dal punto
di vista di Melkor scritta da M. Aquino o le variazioni omosessuali su
vari personaggi della Compagnia ecc. Pero', qua la situazione e' un
po' ibrida: da un lato pare di assistere al frutto di un giochetto
combinatorio e provocatorio da fan scafato, dall'altro si ha il
sospetto che alla base di tutto ci sia una tensione non risolta fra
l'amore per l'opera e una lettura forzata che tiene troppo conto di
dati personali e attuali e non si preoccupa della contestualizzazione
socio-culturale dell'opera stessa. E in fondo e' proprio il non voler
recidere il legame con l'opera che crea certe tensioni: di nuovo, non
si vuole lasciare indietro l'orso di pezza al quale si e' tanto
affezionati (il mio, tanto per dire, lo tengo ancora sul letto e ha la
mia eta').
In altri casi ancora, si sono notati un piu' articolato - ma non per
questo corretto - lavoro di individuazione dei valori dell'opera e un
piu' consapevole processo di adesione ad essi. Penso proprio al caso
italiano, dove evocando fino allo sfinimento mito, epos, ethos,
tradizione ecc. si sono poste le basi per una fruizione coerente e
funzionale (rispetto a certi scopi) dell'opera di tolkien. E'
l'aberrante lettura tradizionalista (ben confutata dal libretto citato
in apertura). Una lettura che pero' ha prodotto dei lettori molto
"motivati" e pronti a interagire finzionalmente ed esistenzialmente
con l'opera tanto amata. Perche'? Semplice: perche' da un lato amano
l'opera per i valori che credono di trovarvi e perche' dall'altro lato
sono dotati di una strumentazione ideologica molto sviluppata. Un caso
a parte e' la lettura cristiana (parlo sempre dell'Italia): le
precondizioni ci sono tutte anche qua (adesione + strumentazione
ideologica [anche piu' perfezionata che nel caso precedente]), ma non
mi pare che ci sia molto da un punto di vista di "attivazione"
dell'opera (ho presente soltanto l'uso che ne e' stato fatto in ambito
scoutistico e forse qualcosa colto qua e la' nel senso dello scontro
di civilita' cristianesimo/islam).
Altro caso è stato quello delle letture sovversive ed ecologiste degli
anni Sessanta: anche li' c'e' stata l'individuazione di certi valori
nell'opera e l'uso dell'opera stessa per leggere la realta' (frodo
lives, another brick of mordor ecc.).
In tutti questi casi, sono i valori intesi in senso stretto (criteri
di azione, alla base dell'opera e seguiti dai personaggi) che sono
sottolineati: che si tratti della fedelta' alla tradizione o all'idea
regale, di rispetto dell'ambiente e della diversita', di cura e
carita', siamo sempre in presenza di modelli comportamentali di cui si
coglie nell'opera una perfetta (o esemplare) espressione. L'opera
diventa quindi manifesto, propaganda, nel migliore dei casi; simbolo/
logo identitario nel peggiore; autoerotismo ideologico (che poi e'
escapismo) quando va proprio male. Questo sia da un punto di vista di
elaborazione narrativa (quando c'e') sia da quello del "vivere"
l'opera.

Ora, in tutti questi casi a me pare che vada perso il proprium
dell'opera tolkieniana, che e' soprattutto "metodo", rapporto
problematico e maturo con i testi, senso e consapevolezza di una
narrazione proliferante le cui forme seguono i molteplici punti di
vista sulla realta' e si depositano poi nei testi elaborati dai vari
gruppi, tramandandosi e mutando di riscrittura in riscrittura, di
rinarrazione in rinarrazione, e diventando il deposito (anch'esso in
perpetuo mutamento) dell'identita' e della visione del mondo di ogni
collettivita'. Una polifonia in cui le voci si affiancano, si
sovrappongono, si mescolano e giungono a esiti inaspettati (l'immagine
iniziale della musica degli ainur puo' essere una buona chiave di
lettura di questo processo narrativo). Dietro a tutto, la competenza
di uno studioso dei testi, che sa che ognuno di essi e' la
cristallizzazione dei valori e dei pregiudizi di chi lo ha scritto
ecc. E la la forza della narrazione, che preme in ogni direzione.
Ecco, io credo che ancora siamo in attesa di qualcuno che investa
l'opera tolkieniana con le stesse forze che le hanno dato la luce. E
che sappia tradirla restandole proprio per questo fedele - senza
infondervi o individuarvi dei valori, ma applicandole gli stessi
metodi che l'hanno generata e riproducendone quindi le forme.
Tutto questo per dire che secondo me l'esperienza wu ming e' per tanti
versi vicina a questo approccio - oltre ad aver sviluppato al proprio
interno e nelle proprie vicinanze una vasta e matura riflessione sulla
narrazione.

ciao ciao
Fritz aka Giacomo
--

who by high ordeal, who by common trial,
who in your merry merry month of may,
who by very slow decay,
and who shall I say is calling?

Finrod

da leggere,
30 nov 2007, 04:38:5530/11/07
a
Fritz wrote:

> Dopo la sana pars destruens operata da Del Corso e Pecere nell'"Anello
> che non tiene", Tolkien ha bisogno di qualcuno che si occupi della

> pars costruens. Una pars costruens finzionale ed esistenziale, pero'(cut)

arrivato a questo punto ho dato un'occhiata a quanto hai scritto, mi
sono spaventato e ho smesso di leggere :-D

S

Fritz

da leggere,
30 nov 2007, 07:54:0430/11/07
a
On 30 Nov, 10:38, Finrod <finrod_s...@libero.it> wrote:

> arrivato a questo punto ho dato un'occhiata a quanto hai scritto, mi
> sono spaventato e ho smesso di leggere :-D

Ma se non ho neppure messo un link a carmilla! ;-)

Finrod

da leggere,
30 nov 2007, 07:55:4130/11/07
a
Fritz wrote:

> Ma se non ho neppure messo un link a carmilla! ;-)

questa volta mi sono spaventato "solo" per la lunghezza :-)

S

Soronel l'Araldo

da leggere,
30 nov 2007, 13:26:3530/11/07
a
Fritz ha scritto:

> Riporto da "Giap":

Ho letto l'articolo, ma se devo dire la verità mi aspettavo qualcosa di
più...

Se veramente cercate qualcosa guardate nelle vostre mani, è lì che si trova
la vera definizione di magia.

Soronel l'Araldo

da leggere,
30 nov 2007, 13:26:3930/11/07
a
Fritz ha scritto:

> Dopo la sana pars destruens operata da Del Corso e Pecere nell'"Anello
> che non tiene", Tolkien ha bisogno di qualcuno che si occupi della
> pars costruens. Una pars costruens finzionale ed esistenziale, pero'.
> Voglio dire: da un punto di vista critico, soprattutto in ambito
> anglosassone, l'autore e' trattato come si deve, usando gli
> appropriati strumenti di analisi. Pero'... c'e' un pero'. Una
> caratteristica dell'opera di Tolkien e' la suscettibilita'
> all'espansione, allo sviluppo - gli orizzonti evocati ecc., le forme
> indefinite sullo sfondo che fanno scattare il desiderio di scrivere/
> scoprire altri racconti ecc. Insomma: proprio quello che voleva
> tolkien, in fondo (il riferimento alle altre mani che dovrebbero
> applicarsi all'opera da lui iniziata per svilupparla ecc.).

Al di là delle considerazioni che tu stesso fai nel seguito, mi preme
sottolineare come il primo e principale ostacolo alla realizzazione di
questo "sogno tolkieniano" siano il copyright e i marchi registrati dai
vari Tolkien Estate, New Line Cinema e compagnia bella. E ricorderei anche
che Tolkien stesso, malgrado le sue belle dichiarazioni di intenti che tu
riporti, era ben contento dell'esistenza dei diritti d'autore, e sfoderava
una certa grinta per difenderli (vedi le numerose lettere in cui commenta
negativamente vari usi che nel tempo sono stati fatti dei nomi da lui
inventati: no ai traghetti, no alle mucche, ecc).

> Questo
> desiderio, pero', di andare a scoprire/creare all'interno dell'opera
> presuppone un coinvolgimento emotivo e, prima ancora,
> un'identificazione relativa ai valori presenti nell'opera. E il
> coinvolgimento determina una seconda conseguenza in rapporto all'opera
> stessa: la tendenza ad assumerla in qualche modo come parte integrante
> della propria esistenza, come lente/strumento attraverso la/il quale
> leggere la realta', rinominarla, interagire con essa ecc.

Questo però non è scontato: è ipotizzabile anche chi abbia voglia di
inserirsi nella tela tolkieniana solamente un po', senza farsi
completaemnte assorbire.

> Questo, pero', porta alla luce un punto critico: l'individuazione dei
> valori e quindi del modo corretto (nel senso di piu' proficuo per
> l'opera e per la maturazione del lettore) di stabilire un rapporto con
> l'opera.

Hoi come l'impressione che su questo argomento tu abbia già scritto auclhe
volta n passato... O mi sbaglio? ^__^

> In tanti casi c'e' stato uno sviluppo nel senso della fanfiction:
> andare a infilarsi negli spazi lasciati liberi e riempirli di altre
> storie piu' o meno ben scritte. Qui ci si situa a un livello piuttosto
> infantile di fruizione: abitare nell'opera amata, infilarsi un
> costume, attaccarsi degli orecchi a punta ecc. - prolungare la
> permanenza di una sensazione piacevole: non staccarsi dal biberon,
> potremmo dire.

OK, anche e soprattutto in senso figurato.

> In altri casi ci sono state delle variazioni, anche radicali, dei
> tentativi di piegare la struttura dell'opera: penso a cose curiose
> come il Silmarillion nero delle due russe, o l'Ainulindale dal punto
> di vista di Melkor scritta da M. Aquino o le variazioni omosessuali su
> vari personaggi della Compagnia ecc.

Secondo me questi casi rientrano (ancor più della fanfiction "normale") nel
caso del biberon di cui sopra, analgo all'orsacchiotto di pezza di cui
sotto.

> In altri casi ancora, si sono notati un piu' articolato - ma non per
> questo corretto - lavoro di individuazione dei valori dell'opera e un
> piu' consapevole processo di adesione ad essi. Penso proprio al caso
> italiano, dove evocando fino allo sfinimento mito, epos, ethos,
> tradizione ecc. si sono poste le basi per una fruizione coerente e
> funzionale (rispetto a certi scopi) dell'opera di tolkien.

Ma in cosa queste trasposizioni, riletture, fioriture, rinarrazioni e così
via, differiscono rispetto alle multilogie in undicianta volumi pubblicate
piuttosto nel mercato anglosassone, se non nel fatto che queste rimangono
allo stadio di raccontini underground, mentre quelle se non altro hanno
assunto il rango di letteratura di genere, e consentono ai loro autori di
vivere più che bene con il frutto del lavoro dei loro scrittori ad appalto?

In fondo, la critica più ficcante e puntuale alle multilogie "tolkienesche"
è che di Tolkien hanno colto unicamente l'aspetto stilistico, o meglio
esteriore, senza comprendere (o scegliendo di ignorare) i contenuti, e le
scelte realmente stilistiche del Signore degli Anelli. Allo stesso modo, i
racconti che riprendono una serie di contenuti profondissimi che si
suppongono contenuti nel Signore degli Anelli senza però riuscire in minima
parte a ricreare la rete di stili che nel SdA li sostiene, restano secondo
me niente altro che imitazini mal riuscite, spesso con l'aggravante di
essere ben poco leggibili.

> E'
> l'aberrante lettura tradizionalista (ben confutata dal libretto citato
> in apertura). Una lettura che pero' ha prodotto dei lettori molto
> "motivati" e pronti a interagire finzionalmente ed esistenzialmente
> con l'opera tanto amata. Perche'? Semplice: perche' da un lato amano
> l'opera per i valori che credono di trovarvi e perche' dall'altro lato
> sono dotati di una strumentazione ideologica molto sviluppata. Un caso
> a parte e' la lettura cristiana (parlo sempre dell'Italia): le
> precondizioni ci sono tutte anche qua (adesione + strumentazione
> ideologica [anche piu' perfezionata che nel caso precedente]), ma non
> mi pare che ci sia molto da un punto di vista di "attivazione"
> dell'opera (ho presente soltanto l'uso che ne e' stato fatto in ambito
> scoutistico e forse qualcosa colto qua e la' nel senso dello scontro
> di civilita' cristianesimo/islam).

Forse il motivo di questa "mancanza" di una lettura cristiana è nel fatto
che il cristianesimo in Italia non è un argomento di cui parlare o
discutere, ma semplicemente un fatto con cui convivere. Questo lo dico
senza alcun intento polemico, e a mio parere vale indipendentemente dal
fatto che uno creda o no: per chi non crede, il cristianesimo è
semplicemente un fastidio, per chi crede è semplicemente l'aria che
respira. Parlarne, in entrambi i casi, ha poco senso.

> Altro caso è stato quello delle letture sovversive ed ecologiste degli
> anni Sessanta: anche li' c'e' stata l'individuazione di certi valori
> nell'opera e l'uso dell'opera stessa per leggere la realta' (frodo
> lives, another brick of mordor ecc.).
> In tutti questi casi, sono i valori intesi in senso stretto (criteri
> di azione, alla base dell'opera e seguiti dai personaggi) che sono
> sottolineati: che si tratti della fedelta' alla tradizione o all'idea
> regale, di rispetto dell'ambiente e della diversita', di cura e
> carita', siamo sempre in presenza di modelli comportamentali di cui si
> coglie nell'opera una perfetta (o esemplare) espressione.

E qui diventa possibile stilare una classifica di *quanto* perfetta sia nei
vari casi l'espressione dei vari modelli comportamentali. I male
intenzionati e gli sciocchi vedranno questa classifica come una verifica
del livello di attendibilità delle varie letture ("il mio modello
comportamentale è più perfettamente espresso nel Signore degli Anelli del
tuo, gne gne gne!"), dimenticado o scegliendo però di non considerare che
la perfezioni non ammette gradazioni: o è assoluta (e l'unico modello
comportamentale che possa avere espressione *assolutamente perfetta* nel
Signore degli Anelli sarebbe applicabile solo a uomini non più alti di un
metro e venti, e dotati di piedi pelosi), oppure non è, e quindi è in
realtà imperfezione. Ecco quindi che la classifica dovrebbe trasfigurarsi
nella classifica di quanto *imperfetta* sia l'espressione del modello
comportamentale, naturalmente perdendo di punto in bianco gran parte, se
non anche tutto, il proprio appeal.

> Ora, in tutti questi casi a me pare che vada perso il proprium
> dell'opera tolkieniana, che e' soprattutto "metodo", rapporto
> problematico e maturo con i testi, senso e consapevolezza di una
> narrazione proliferante le cui forme seguono i molteplici punti di
> vista sulla realta' e si depositano poi nei testi elaborati dai vari
> gruppi, tramandandosi e mutando di riscrittura in riscrittura, di
> rinarrazione in rinarrazione, e diventando il deposito (anch'esso in
> perpetuo mutamento) dell'identita' e della visione del mondo di ogni
> collettivita'.

(pausa per il fiato)

Ogni collettività? Non starai esagerando?

> Una polifonia in cui le voci si affiancano, si
> sovrappongono, si mescolano e giungono a esiti inaspettati (l'immagine
> iniziale della musica degli ainur puo' essere una buona chiave di
> lettura di questo processo narrativo). Dietro a tutto, la competenza
> di uno studioso dei testi, che sa che ognuno di essi e' la
> cristallizzazione dei valori e dei pregiudizi di chi lo ha scritto
> ecc.

Secondo me uno studioso dei testi non basta, serve anche qualcuno che sia
in grado di giocare con le parole, di usarle e sfruttarle per peigarle ai
propri fini. Insomma, marxianamente parlando non basta l'analisi, ma
sarebbe necessaria anche un'opera di sintesi (altrimenti, Shippey ha già
detto quasi tutto ciò che valga la pena dire).

> E la la forza della narrazione, che preme in ogni direzione.

È quello che ho detto io (ma tu l'hai detto in parole più comprensibili).

> Ecco, io credo che ancora siamo in attesa di qualcuno che investa
> l'opera tolkieniana con le stesse forze che le hanno dato la luce. E
> che sappia tradirla restandole proprio per questo fedele - senza
> infondervi o individuarvi dei valori, ma applicandole gli stessi
> metodi che l'hanno generata e riproducendone quindi le forme.

Ho avuto un breve flash in cui mi sono convinto che in questa frse tu
stessi parlando di Peter Jackson.

> Tutto questo per dire che secondo me l'esperienza wu ming e' per tanti
> versi vicina a questo approccio - oltre ad aver sviluppato al proprio
> interno e nelle proprie vicinanze una vasta e matura riflessione sulla
> narrazione.

Be', nel caso concreto mi sembra presto per dirlo: aspettiamo e vedremo.

Ovviamente, Tolkien aveva un'anima, i politici italiani no, per cui
chiedersi se il professore di Oxford fosse "di destra o di sinistra" è solo
un insulto all'autore inglese.

Finrod

da leggere,
30 nov 2007, 14:19:3930/11/07
a
Soronel l'Araldo wrote:

> altrimenti, Shippey ha già detto quasi tutto ciò che valga la pena dire

bravo Zorronel, con quel "quasi" e ancora di più coll' "altrimenti" mi
hai bruciato direi parola per parola la mia obiezione standard per
controbattere la Morrigan quando vuole comprare l'ennesimo tomo su
Tolkien :-P

S

Oromë

da leggere,
1 dic 2007, 03:39:2401/12/07
a
On 30 Nov, 10:33, Fritz <pienodipaureimmotiv...@gmail.com> wrote:
> In tanti casi c'e' stato uno sviluppo nel senso della fanfiction:
> andare a infilarsi negli spazi lasciati liberi e riempirli di altre
> storie piu' o meno ben scritte. Qui ci si situa a un livello piuttosto
> infantile di fruizione: abitare nell'opera amata, infilarsi un
> costume, attaccarsi degli orecchi a punta ecc. - prolungare la
> permanenza di una sensazione piacevole: non staccarsi dal biberon,
> potremmo dire.

Bella definizione di fanfiction. D'altra parte è probabile che tutti i
lettori di Tolkien, a livelli diversi, debbano qualcosa a questo
"livello piuttosto infantile di fruizione", non credi? Solo una minima
parte arriva a immedesimarsi a tal punto da tentare di immergersi,
anche solo giocosamente, nell'opera/mondo.

> Ecco, io credo che ancora siamo in attesa di qualcuno che investa
> l'opera tolkieniana con le stesse forze che le hanno dato la luce. E
> che sappia tradirla restandole proprio per questo fedele - senza
> infondervi o individuarvi dei valori, ma applicandole gli stessi
> metodi che l'hanno generata e riproducendone quindi le forme.
> Tutto questo per dire che secondo me l'esperienza wu ming e' per tanti
> versi vicina a questo approccio - oltre ad aver sviluppato al proprio
> interno e nelle proprie vicinanze una vasta e matura riflessione sulla
> narrazione.

Francamente, la vedo dura. Ti riferisci alla letteratura in generale,
o a quella italiana in particolare? Grossolanamente si potrebbe
rispondere che decine e decine di scrittori di genere (fantasy) hanno
in ogni modo tentato, consciamente o meno, di percorrere questa
strada. Miseramente fallendo, il più delle volte.

Ciao,
Orome

Fritz

da leggere,
1 dic 2007, 03:40:5701/12/07
a
On 30 Nov, 19:26, "Soronel l'Araldo" <klompit...@katambuto.invalid>
wrote:

> (...) il primo e principale ostacolo alla realizzazione di
> questo "sogno tolkieniano" siano il copyright e i marchi registrati (...)
> (...) Tolkien stesso (...)

Tutto vero. Fanno il deserto e lo chiamano tutela delle opere
dell'ingegno.
Quanto a tolkien... chi se ne frega di quel che pensava!

> Questo però non è scontato: è ipotizzabile anche chi abbia voglia di
> inserirsi nella tela tolkieniana solamente un po', senza farsi
> completaemnte assorbire.

Ma per carita'. Chiaro che si'. Per quanto mi riguarda siamo di fronte
soltanto a letteratura, un oggetto di godimento estetico, di
riflessione, di studio. Pero'...
Dico solo che in altre epoche ci sono stati fenomeni sociali legati a
certe opere. Penso all'epidemia di suicidi che segui' la pubblicazione
del Werther, al processo per immoralita' in cui fu coinvolto Flaubert
per Madame Bovary ecc. - fenomeni che abbattevano la rassicurante
recinzione stesa attorno alle opere d'arte e che si sviluppavano ora
in un senso ora nell'altro (dall'opera alla societa' o da questa a
quella), recuperando l'opera d'arte al piu' ampio contesto umano -
allo stesso modo mi pare che qualcosa di simile, anche se tuttora
confuso in forme non chiare e contraddittorie, si possa riscontrare
anche in connessione con l'opera di tolkien. Ah, per la cronaca non
sto paragonando tolkien a goethe e flaubert: questi sono giganti,
quello un buon autore - banale specificarlo, ovvio.

> > In altri casi ci sono state delle variazioni, anche radicali, dei
> > tentativi di piegare la struttura dell'opera: penso a cose curiose
> > come il Silmarillion nero delle due russe, o l'Ainulindale dal punto
> > di vista di Melkor scritta da M. Aquino o le variazioni omosessuali su
> > vari personaggi della Compagnia ecc.
>
> Secondo me questi casi rientrano (ancor più della fanfiction "normale") nel
> caso del biberon di cui sopra, analgo all'orsacchiotto di pezza di cui
> sotto.

Non so... Rivelano cmq un tentativo di andare al di la' dell'opera,
restando pero' legati ai tratti del volto consueti. Ok, sono le gonne
della madre da cui non ci si vuole staccare, ma almeno c'e' un
tentativo di tracciare un percorso alternativo... un barlume di
autocoscienza... ^__^

> In fondo, la critica più ficcante e puntuale alle multilogie "tolkienesche"
> è che di Tolkien hanno colto unicamente l'aspetto stilistico, o meglio
> esteriore, senza comprendere (o scegliendo di ignorare) i contenuti, e le
> scelte realmente stilistiche del Signore degli Anelli.

Siamo d'accordo - lo puntualizzo - se per essenza dell'opera di
tolkien *non* intendiamo i valori (che so io: cura vs appropriazione,
tradizione regale, federalismo [giuro: qualcuno l'ha scritto...] o
cose del genere) *ma* il metodo, l'approccio alla narrazione, la
competenza testuale, il gioco con i punti di vista (e di conseguenza
con i linguaggi, conseguenze o causa di quei punti di vista).

> Forse il motivo di questa "mancanza" di una lettura cristiana è nel fatto
> che il cristianesimo in Italia non è un argomento di cui parlare o
> discutere, ma semplicemente un fatto con cui convivere. Questo lo dico
> senza alcun intento polemico, e a mio parere vale indipendentemente dal
> fatto che uno creda o no: per chi non crede, il cristianesimo è
> semplicemente un fastidio, per chi crede è semplicemente l'aria che
> respira. Parlarne, in entrambi i casi, ha poco senso.

Vero: qua si vive un cristianesimo depotenziato...
In questi ultimi tempi, pero', si e' (ri)affermata una visione molto
primitiva e identitaria del cristianesimo (croce come bandiera). Le
manovre dei cristianisti (http://it.wikipedia.org/wiki/Cristianismo)
attorno all'opera di tolkien (la riproposizione di una lettura
cristiana) si sono pero' fermate alla riflessione...
Boh... vedremo...

> (...) Ecco quindi che la classifica dovrebbe trasfigurarsi


> nella classifica di quanto *imperfetta* sia l'espressione del modello
> comportamentale, naturalmente perdendo di punto in bianco gran parte, se
> non anche tutto, il proprio appeal.

Distinguo e sottigliezze non si collocano molto bene in slogan e
motti.
Ce lo vedi uno stemma col cartiglio che contiene una frase che inizia
con un bel purche', o un cartellone pubblicitario che esordisce con un
prudente qualora? Perche' di questo stiamo parlando... ^___^

> > (...) il proprium dell'opera tolkieniana (...)
> > (...) testi elaborati dai vari gruppi (...) il deposito (...)


> > dell'identita' e della visione del mondo di ogni collettivita'.

> Ogni collettività? Non starai esagerando?

Be', tendenzialmente si'. Non nel senso che tendenzialmente sto
esagerando, ma nel senso che nel Signore degli anelli si gioca molto
con l'idea che x sa di y solo certe cose (al limite nulla) e che ne ha
quindi una certa idea, connotata in un senso o nell'altro (i rohirrim
degli hobbit, i rohirrim o gli ent o i gondoriani della "strega" del
bosco d'oro, gli hobbit di mordor, gli abitanti di brea dei raminghi,
gli ent degli hobbit ecc.). E cio' che non viene esplicitato nel
discorso, e' cmq decisamente trasparente: cio' che i gondoriano
pensano dei popoli loro tradizionali nemici, il modo in cui questi
vengono messi in scena, il modo in cui vengono messi in scena gli
orchi. L'autore si muove tra diversi livelli di esplicitazione e dice
cose diverse a livelli diversi.
Tendenzialmente di ogni collettivita'... si', lo confermo.
Piu' passa il tempo, piu' penso che isda potrebbe essere utilmente
letto come testo di educazione alla multiculturalita' e prima ancora
come saggio sui diversi modi di rappresentare l'altro. (Nei prossimi
giorni vedo se mi riesce postare una riflessione che ho fatto sulla
rappresentazione dei popoli alleati di sauron e su quella degli orchi,
viste nella loro interconnessione e problematizzazione reciproca.)

> Secondo me uno studioso dei testi non basta, serve anche qualcuno che sia

> in grado di giocare con le parole, di usarle e sfruttarle per piegarle ai
> propri fini. (...)

Visioni del mondo strutturate da un linguaggio e depositate in testi.

> > Ecco, io credo che ancora siamo in attesa di qualcuno che investa
> > l'opera tolkieniana con le stesse forze che le hanno dato la luce. E
> > che sappia tradirla restandole proprio per questo fedele

> Ho avuto un breve flash in cui mi sono convinto che in questa frase tu


> stessi parlando di Peter Jackson.

^___^ Lui e' riuscito ad essere, contemporaneamente, banale e
infedele. All'orsetto di peluche ha attaccato un paio di baffi
finti...

ciao ciao
Fritz aka Giacomo
--

L'illuminismo e' l'uscita dell'uomo dallo stato di minorita' di cui
egli stesso e' colpevole. (...)
A questo rischiaramento (...) non occorre altro che la liberta'; (...)
quella (...) di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i
campi.
Ma sento gridare da ogni lato: non ragionate! L'ufficiale dice: non
ragionate, fate esercitazioni militari! L'intendente di finanza: non
ragionate, pagate! L'ecclesiastico: non ragionate, credete!
http://bfp.sp.unipi.it/classici/illu.html

Gwindor

da leggere,
1 dic 2007, 08:10:2201/12/07
a
Fritz wrote:

> federalismo [giuro: qualcuno l'ha scritto...]

Beh, la condizione istituzionale della Contea post ascesa di Aragorn al
trono č indubbiamente quella di un federalismo spinto quasi
all'indipendenza :-)

L'ampolla del Brandivino?

Bye

Gwindor

--

"'Actors,' said Granny, witheringly. 'As if the world weren't full of
enough history without inventing more.'"
Terry Pratchett

Togli REMOVEME dall'indirizzo per rispondere

Fritz

da leggere,
1 dic 2007, 12:40:3701/12/07
a
On 1 Dic, 14:10, Gwindor <gpcanzREMOV...@tiscali.it> wrote:

> Beh, la condizione istituzionale della Contea post ascesa di Aragorn al

> trono è indubbiamente quella di un federalismo spinto quasi
> all'indipendenza :-)

Direi che e' il classico caso di riserva indiana, con appena qualche
apparenza di sovranita' in piu' rispetto allo scandaloso bantustan in
cui sono stati relegati gli uomini selvaggi.
Concedo, al massimo, un protettorato.
:-)

Cla

da leggere,
2 dic 2007, 09:51:2502/12/07
a
"Fritz" <pienodipaur...@gmail.com> ha scritto nel messaggio
news:c19eac42-0ff6-41bd...@t47g2000hsc.googlegroups.com...

On 30 Nov, 08:47, "Oromë" <nicola.iaro...@gmail.com> wrote:

Ciao Fritz, sempre un piacere leggerti.

>Dopo la sana pars destruens operata da Del Corso e Pecere nell'"Anello
>che non tiene", Tolkien ha bisogno di qualcuno che si occupi della
>pars costruens. Una pars costruens finzionale ed esistenziale

Cosa intendi con "finzionale ed esistenziale"?

>Questo, pero', porta alla luce un punto critico: l'individuazione dei
>valori e quindi del modo corretto (nel senso di piu' proficuo per
>l'opera e per la maturazione del lettore) di stabilire un rapporto con
>l'opera.

Dunque ammetti che nell'opera ci sono "intrinseci" valori, ma qualifichi
come scorrette alcune individuazioni degli stessi?
Oppure ammetti che ci sono valori e non te ne importa nulla di identifcarli?

> E
>che sappia tradirla restandole proprio per questo fedele - senza
>infondervi o individuarvi dei valori, ma applicandole gli stessi
>metodi che l'hanno generata e riproducendone quindi le forme.

Quindi vorresti uno studio che mostrasse il "metodo" che usa JRRT per
scrivere, che mostri come le fonti da cui parte, i valori in cui crede e le
esperienze che ha vissuto lo hanno portato a generare la sua opera? In una
parola, non ti interessa il "che cosa" ma il "come"?


Fritz

da leggere,
2 dic 2007, 10:40:5402/12/07
a
On 2 Dic, 15:51, "Cla" <C...@despammed.com> wrote:

> > (Fritz) Una pars costruens finzionale ed esistenziale


>
> Cosa intendi con "finzionale ed esistenziale"?

Il lettore sente che l'opera ha in qualche modo importanza per la sua
vita, l'ha in qualche modo modificata, è andata a costituire, dopo la
lettura, un filtro attraverso il quale la realta' (o una parte di
essa) viene da lui interpretata (aspetto "esistenziale"). Lo scrittore
(scrittore che e' stato lettore dell'opera, ovvio) sente di dover
contribuire all'espansione dell'opera (aspetto "finzionale"). Pars
costruens nel senso che queste due pulsioni (a "usare" l'opera nella
propria vita e a "sviluppare" l'opera) dovrebbero avere delle
conseguenze. Conseguenze che pero' dovrebbero andare al di la'
dell'andare in giro vestiti in maschera (aspetto esistenziale") o
dello scrivere raccontini che colmano i buchi lasciati da tolkien o
dello scriverne altri che si rifanno al set di valori di volta in
volta individuato nell'opera (due lati dell'aspetto "finzionale").

> Dunque ammetti che nell'opera ci sono "intrinseci" valori, ma qualifichi
> come scorrette alcune individuazioni degli stessi?
> Oppure ammetti che ci sono valori e non te ne importa nulla di identifcarli?

Nell'opera (cosi' come in qualunque altro prodotto culturale) i valori
(e cioe' qualcosa che e' connotato come buono, cui si oppone
qualcos'altro connotato come cattivo ecc. con tutte le tensioni, gli
sviluppi e gli spostamenti del caso) ci sono, e analizzarli e' un buon
modo per analizzare come l'opera e' fatta e come funziona.
Certe analisi sono scorrette o parziali (nel senso che danno ragione
solo di certi aspetti dell'opera e non di altri, solo di cio' che
appare piu' semplice e coerente e non di certe complessita',
sottigliezze o ambiguita').
Ai fini del discorso che sto facendo qua prescindo da questi aspetti
(valori e loro individuazione) e ne sottolineo uno diverso: il metodo
seguito dall'autore (che pero' si riflette nell'essenza dell'opera,
imho).

> Quindi vorresti uno studio che mostrasse il "metodo" che usa JRRT per
> scrivere, che mostri come le fonti da cui parte, i valori in cui crede e le
> esperienze che ha vissuto lo hanno portato a generare la sua opera? In una
> parola, non ti interessa il "che cosa" ma il "come"?

Mi interessa cercare di capire come il metodo di tolkien si e'
"depositato" nell'opera, dandole una certa forma e non un'altra (in
"Interrupted Music" di Flieger si possono leggere diverse cosette
interessanti al riguardo: "Whose myth is it? Whose perspective,
understanding, and worldview is the story carrying? Myth is culture-
centered, and the concerns of the culture will inevitably shape and
drive the myth", scrive l'autrice). Mi interesserebbe (ancora di piu')
leggere narrazioni scritte usando quel metodo - narrazioni che
sarebbero le vere continuazioni di quell'opera.
(Se non si fosse capito, non ho le idee chiare al riguardo: sto
ragionando qui e ora. Del resto, questo e' un gruppo di discussioni,
non un gruppo di conclusioni... ^___^)

Soronel l'Araldo

da leggere,
3 dic 2007, 12:23:4603/12/07
a
Fritz ha scritto:

> Mi interesserebbe (ancora di piu')
> leggere narrazioni scritte usando quel metodo - narrazioni che
> sarebbero le vere continuazioni di quell'opera.

Il problema, secondo me, potrebbe essere riconoscere quelle narrazioni - se
esistessero. Č facile confrontare due libri e dire che hanno la stessa
ambientazione, o almeno lo stesso tipo di ambientazione. Č abbastanza
facile confrontare due libri e dire che appartengono allo stesso genere
(anche se, come dimostrano lunghissime discussioni su it.arti.fantasy,
definire cosa sia un genere puň essere quasi impossibile). Confrontare due
libri e stabilire che sano stati scritti usando lo stesso metodo, nel senso
che hai indicato, puň essere quasi impossibile, a meno che non sia l'autore
stesso di uno dei due a dire di esserrsi ispirato all'autore dell'altro nel
metodo. Purtroppo, questo č complicato dal grandissimo successo del SdA,
per cui sono molti gli autori che dichiarano di essersi ispirati a Tolkien,
anche quando palesemente non lo hanno fatto (almeno non per quanto riguarda
il "metodo").

> (Se non si fosse capito, non ho le idee chiare al riguardo: sto
> ragionando qui e ora. Del resto, questo e' un gruppo di discussioni,
> non un gruppo di conclusioni... ^___^)

Č pčer questo che adoro il newsgroup...

Questo č il quartiere residenziale, ogni lotto č a un tiro di pietra dalla
stazione. Non appena avranno tirato abbastanza pietre, costruiremo la
stazione.

Soronel l'Araldo

da leggere,
3 dic 2007, 12:23:4803/12/07
a
Fritz ha scritto:

> Dico solo che in altre epoche ci sono stati fenomeni sociali legati a
> certe opere.

<snip>

Cosa vorresti, un'epidemia di giovani che si lanciano in un vulcano o che
si tagliano l'anulare?

> Non so... Rivelano cmq un tentativo di andare al di la' dell'opera,
> restando pero' legati ai tratti del volto consueti. Ok, sono le gonne
> della madre da cui non ci si vuole staccare, ma almeno c'e' un
> tentativo di tracciare un percorso alternativo... un barlume di
> autocoscienza... ^__^

Secondo me concedi loro troppa importanza: a me pare che abbiano solamente
cercato di sfruttare un'ambientazione, o comunque alcune suggestioni tratte
dall'opera tolkieniana, per parlare di tutt'altro e fare operazioni
completamente diverse. Non c'è, in quegli scritti, alcun legame con la
"specificità" tolkieniana, né a livello di contenuti né a livello di stile,
e neanche a livello di "valori", metodo, approccio, ecc... Insomma, a me
paiono testi "tolkieniani per caso".



> Siamo d'accordo - lo puntualizzo - se per essenza dell'opera di
> tolkien *non* intendiamo i valori (che so io: cura vs appropriazione,
> tradizione regale, federalismo [giuro: qualcuno l'ha scritto...] o
> cose del genere) *ma* il metodo, l'approccio alla narrazione, la
> competenza testuale, il gioco con i punti di vista (e di conseguenza
> con i linguaggi, conseguenze o causa di quei punti di vista).

È ovvvio che intendevo questo (ma forse è ovvio solo per me che l'ho
scritto, e non per chi mi ha letto, e allora lo ribadisco: intendevo
questo).

> Vero: qua si vive un cristianesimo depotenziato...
> In questi ultimi tempi, pero', si e' (ri)affermata una visione molto
> primitiva e identitaria del cristianesimo (croce come bandiera). Le
> manovre dei cristianisti (http://it.wikipedia.org/wiki/Cristianismo)
> attorno all'opera di tolkien (la riproposizione di una lettura
> cristiana) si sono pero' fermate alla riflessione...
> Boh... vedremo...

I "cristianisti" secondo me sono troppo chiusi in difesa (anche quando
vanno all'attacco) per poter produrre qualcosa di nuovo o di valido.
Comunque, come dici tu, vedremo...



> Distinguo e sottigliezze non si collocano molto bene in slogan e
> motti.
> Ce lo vedi uno stemma col cartiglio che contiene una frase che inizia
> con un bel purche',

Sono quasi certo che esista. Farò ricerche...

> Piu' passa il tempo, piu' penso che isda potrebbe essere utilmente
> letto come testo di educazione alla multiculturalita' e prima ancora
> come saggio sui diversi modi di rappresentare l'altro. (Nei prossimi
> giorni vedo se mi riesce postare una riflessione che ho fatto sulla
> rappresentazione dei popoli alleati di sauron e su quella degli orchi,
> viste nella loro interconnessione e problematizzazione reciproca.)

Attendo trepidante (e un po' timoroso)

ANSIA: la prima volta che non riesci a farlo la seconda volta.
PANICO: la seconda volta che non riesci a farlo la prima volta.

Tarabas Hunnaur

da leggere,
4 dic 2007, 13:22:5004/12/07
a
Finrod ha scritto:

> bravo Zorronel, con quel "quasi" e ancora di più coll' "altrimenti" mi
> hai bruciato direi parola per parola la mia obiezione standard per
> controbattere la Morrigan quando vuole comprare l'ennesimo tomo su
> Tolkien :-P

Be',secondo quanto sto leggendo mi pare che anche la Flieger abbia da
dire parecchio. :-)
Mae aur!
--
Tarabas Hunnar

Tarabas Hunnaur

da leggere,
4 dic 2007, 13:23:5404/12/07
a
Oromë ha scritto:

> Bella definizione di fanfiction. D'altra parte è probabile che tutti i
> lettori di Tolkien, a livelli diversi, debbano qualcosa a questo
> "livello piuttosto infantile di fruizione", non credi? Solo una minima
> parte arriva a immedesimarsi a tal punto da tentare di immergersi,
> anche solo giocosamente, nell'opera/mondo.

Minima parte? Hai mai partecipato ad una manifestazione tolkieniana? :-D

Tarabas Hunnaur

da leggere,
4 dic 2007, 13:29:0904/12/07
a
Soronel l'Araldo ha scritto:

> Il problema, secondo me, potrebbe essere riconoscere quelle narrazioni - se
> esistessero.

Non vorrei finire nell'errore di Tolkien e presupporre che il lettore
medio inglese "percepisca" che "cellar door" suona meglio di "beatiful",
ma imho un modo per riconoscere queste eventuali narrazioni sarebbe... a
pelle. Nel senso che un lettore appassionato di Tolkien probabilmente
riconoscerebbe subito che un'opera smuove le stesse corde interiori che
il Prof è stato in grado di fare.
Ma forse sto andando un po' troppo sull'elitarismo...

Soronel l'Araldo

da leggere,
4 dic 2007, 13:32:3304/12/07
a
Tarabas Hunnaur ha scritto:

> Non vorrei finire nell'errore di Tolkien e presupporre che il lettore
> medio inglese "percepisca" che "cellar door" suona meglio di "beatiful",
> ma imho un modo per riconoscere queste eventuali narrazioni sarebbe... a
> pelle. Nel senso che un lettore appassionato di Tolkien probabilmente
> riconoscerebbe subito che un'opera smuove le stesse corde interiori che
> il Prof è stato in grado di fare.

Già, ma a me pare che la descrizione di Fritz non riguardi affatto libri
che "smuovono le stesse corde interiori", piuttosto libri che utilizzino
gli stessi meccanismi.

Ho fatto uno scherzo alle FF.SS.: ho comprato un biglietto andata e ritorno
Roma-Firenze e poi non sono tornato.

Finrod

da leggere,
4 dic 2007, 14:43:2004/12/07
a
Tarabas Hunnaur wrote:

> Be',secondo quanto sto leggendo mi pare che anche la Flieger abbia da
> dire parecchio. :-)

su quel fronte abbiamo già dato ;-)

S

Cla

da leggere,
4 dic 2007, 15:05:2604/12/07
a

"Fritz" <pienodipaur...@gmail.com> ha scritto nel messaggio
news:61b74fa2-e475-4529...@w56g2000hsf.googlegroups.com...

On 2 Dic, 15:51, "Cla" <C...@despammed.com> wrote:


>> Quindi vorresti uno studio che mostrasse il "metodo" che usa JRRT per
>> scrivere, che mostri come le fonti da cui parte, i valori in cui crede e
>> le
>> esperienze che ha vissuto lo hanno portato a generare la sua opera? In
>> una
>> parola, non ti interessa il "che cosa" ma il "come"?

>Mi interessa cercare di capire come il metodo di tolkien si e'
>"depositato" nell'opera, dandole una certa forma e non un'altra

Come sospettavo ;-). La tua è una domanda sul "come", tipica prospettiva
moderna sposta il focus dell'analisi dal "che cosa" al metodo.
Intendiamoci: nulla di male in questo. Mi sono tuttavia semre chiesto se sia
davvero questo il "metodo" migliore per "capire" un'opera.
Io personalmente ritengo che la cultura e la vita non dovrebbero restare
separate.
La cultura (che include la letteratura) deve avere qualche riflesso sulla
vita individuale del lettore: se no, cosa leggiamo a fare? Per far sfoggio
di erudizione nei salotti? Preciso: so bene che tu non sei tra questi, né
penso minimamente a te (ti conosco e so bene che non sei affatto elitario né
salottiero).
Cio' precisato, se si condivide questo (la cultura deve incidere sulla
nostra vita), allora il tuo interesse sul metodo è una barriera
insomontabile: dal metodo non si arriverà mail alla vita, all'esistenza.
Per usare una terminologia tolkieniana. Un'opera dovrebbe permettere al
lettore:
- la "riscoperta" di cose che prima non aveva notato
- l'applicabilità del testo alla sua vita.
Per questo, imho, un'analisi sul metodo di JRRT non e' così importante
quanto una ricerca sulla "struttura" (che brutto termine) dell'opera.
Prendiamo ad esempio la Flieger: SL ci mostra una chiave di lettura (le
schegge di luce) che gettano "luce" non solo sull'opera, ma sul mito in
generale, e anche sul nostro mondo. Leggendo JRRT attraverso SL il lettore
riuscirà ad apprezzare come non mai l'importanza delle parole e delle cose
da queste significate.


Fritz

da leggere,
4 dic 2007, 16:16:1604/12/07
a
On 4 Dic, 21:05, "Cla" <C...@despammed.com> wrote:

> Come sospettavo ;-). La tua è una domanda sul "come", tipica prospettiva

> moderna che sposta il focus dell'analisi dal "che cosa" al metodo.

No, direi di no: nel senso che non e' questo il punto. Capire il
metodo, dal mio punto di vista, serve solo per capire l'opera, dato
che l'opera e' stata segnata dal metodo usato per assemblarla.
Quel che dico io e' che 1. Tolkien aveva certe competenze (conoscenza
dei testi e di come questi si trasformano nel corso della loro
tradizione, passaggio di bocca in bocca, di pagina in pagina), 2.
queste competenze hanno influenzato la sua sensibilita', 3. e hanno
influenzato il modo in cui ha dato forma alla sua opera, 4. l'opera e'
caratterizzata da un certo rapporto con la verita', o per meglio dire
con la sua rappresentazione, con la sua narrazione - meglio: con le
sue narrazioni: la narrazione e' un insieme di narrazioni, di versioni
dei fatti piu' o meno collimanti, un insieme di punti di vista che
cercano e trovano espressione (espressioni diverse, ovvio).
Ora... (continua dopo la parentesi e la citazione dal tuo messaggio)

(Se poi vuoi fare filosofia ^___^, ti diro' che di solito non mi
interessa, di una cosa, ne' il *come* ne' il *che cosa*, bensi' il
*che effetti ha*. Una cosa e' l'insieme dei suoi effetti, per quanto
mi riguarda. Se non ne ha, non esiste - o e' come se non esistesse, il
che e' lo stesso.)

> (...) Io personalmente ritengo che la cultura e la vita non dovrebbero restare


> separate. La cultura (che include la letteratura) deve avere qualche riflesso sulla
> vita individuale del lettore: se no, cosa leggiamo a fare?

Ma neanche io, figuriamoci! Di solito qua dentro vengo accusato di non
saper delimitare il campo estetico e di considerare le opere d'arte
come prodotti socioculturali al pari di tanti altri, parole dette nel
gran casino che e' il nostro mondo, effetti di altre parole e causa di
altre ancora, strettamente intrecciate con ideologia, politica,
economia, lotte sociali, tragedie individuali ecc.

... riprendendo quanto rimasto in sospeso sopra: imho un'opera
strutturata come detto (sovrapposizione di tante narrazioni e punti di
vista diversi) esercita un certo tipo di fascino sul lettore: il
fascino che deriva dal trovarsi calati dentro un mondo polifonico come
il nostro, ma in cui la polifonia e'... diversa e affascinante. Qui mi
fermo, perche' su questo punto (diversita') non ho ancora riflettuto.
Forse, banalmente, c'entra qualcosa quel che diceva Borges sul suo
mondo inventato di Tlon: "Come non sottomettersi a Tlon, alla vasta e
minuziosa evidenza di un pianeta ordinato? Non serve rispondere che
anche la realtà e' ordinata. Puo' darsi che lo sia, ma secondo leggi
divine - traduco: non umane - che non finiamo mai di scoprire. Tlon
sara' un labirinto, pero' e' un labirinto ordito dagli uomini,
destinato a essere decifrato dall'uomo". Ma forse no.
Il punto, pero', e' che imho essere affascinati dai valori di isda
(quali che essi siano - per meglio dire: quali che siano quelli che
abbiamo individuato) significa perdere un'occasione per fare
esperienza della reale essenza dell'opera, che e' il suo pluralismo di
punti di vista, di voci e di narrazioni. Questa esperienza, se si
produce, ha un forte effetto sul lettore, stimola cioe' emozioni e
riflessioni. Quindi, entro certi limiti, cambia la vita. Educando alla
diversita', per vie spesso molto sottili.

> Per far sfoggio
> di erudizione nei salotti? Preciso: so bene che tu non sei tra questi, né
> penso minimamente a te (ti conosco e so bene che non sei affatto elitario né
> salottiero).

Salottiero no (anche se mi piacerebbe esserlo), elitario sempre di
piu' ogni giorno che passa. Solo che non ritengo di fare parte
dell'elite che desiderei vedere al potere. ^____^;;;;

ciao ciao
Fritz aka giacomo

Fritz

da leggere,
4 dic 2007, 16:18:5704/12/07
a
On 4 Dic, 19:32, "Soronel l'Araldo" <klompit...@katambuto.invalid>
wrote:

> Già, ma a me pare che la descrizione di Fritz non riguardi affatto libri


> che "smuovono le stesse corde interiori", piuttosto libri che utilizzino
> gli stessi meccanismi.

Prendere pezzi del nostro mondo, limarli parecchio, usarli per
costruire un altro mondo dove poi mettersi a raccogliere altri pezzi
per capire in che rapporto stanno tra loro (questi ultimi fra loro,
non questi con quelli, eh).

Laurelin

da leggere,
5 dic 2007, 03:44:5305/12/07
a

"Fritz" <pienodipaur...@gmail.com> ha scritto

> Quel che dico io e' che 1. Tolkien aveva certe competenze (conoscenza
dei testi e di come questi si trasformano nel corso della loro
> tradizione, passaggio di bocca in bocca, di pagina in pagina), 2.
> queste competenze hanno influenzato la sua sensibilita', 3. e hanno
> influenzato il modo in cui ha dato forma alla sua opera, 4. l'opera e'
> caratterizzata da un certo rapporto con la verita', o per meglio dire
> con la sua rappresentazione, con la sua narrazione - meglio: con le
> sue narrazioni: la narrazione e' un insieme di narrazioni, di versioni
> dei fatti piu' o meno collimanti, un insieme di punti di vista che
> cercano e trovano espressione (espressioni diverse, ovvio).

Da questo punto di vista, allora, varrebbe la pena di leggere e analizzare
le opere di Valerio Massimo Manfredi, che utilizza esattamente questo metodo
(anche se le sue competenze sono nel campo dell'archeologia e non della
lingua, e quindi del racconto e del mito).

Peccato che siano proprio i contenuti a fare la differenza tra le sue opere
e quelle di Tolkien... i contenuti (ossia la storia alla base, i personaggi
e i "valori", ossia lettralmente "le cose che valgono") e quella che Cla
chiama "struttura", ossia il modo in cui la narrazione viene costruita.
Oltre all'aspetto stilistico, ovviamente: l'uso delle parole, della lingua,
allo scopo di ottenere determinati effetti o di rappresentare determinati
significati.

Tutto questo per dire che un'opera non può essere valutata "a compartimenti
stagni", e che un autore che utilizzi lo stesso "metodo" di Tolkien potrebbe
non ottenere per questo un risultato letterariamente (o esistenzialmente, se
un'opera letteraria deve ottenere qualche riflesso nell'esistenza del suo
lettore) valido, se gli mancano gli altri aspetti.


Laurelin


andrea palazzi

da leggere,
5 dic 2007, 04:28:5705/12/07
a

"Laurelin" <claudia.m...@tiscalDOLACENA.it> ha scritto

esattamente. seno', cosa anche piu' improbabile di una traduzione perfetta,
esisterebbero opere replicabili, o protraibili all'infinito, il che poteva
forse essere un po' piu' facile quando il testo era res nullius, ma solo
perche' era meno forte la presenza dell'autore iniziale e in mancanza di
edizioni di riferimento varie versioni potevano equivalersi e dare luogo a
differenti evoluzioni non contradditorie. prima ancora del diritto d'autore,
gia' una semplice tecnologia, la stampa, da' un colpo non indifferente alle
tradizioni popolari. adesso poi sul meschino seguace si abbatterebbero oltre
alle recensioni anche gli ispettori della finanza.

a quello che dice fritz aggiungerei una cosa: "queste competenze hanno
influenzato la sua sensibilita'" ma anche la sensibilita' le competenze. non
e' un calembour. la maggior parte dei filologi non scrive, o quantomeno non
pubblica lotr e tantomeno il silmarillion, e nell'analisi di beowulf o del
fiore o delle cantigas e' mossa da un interesse (in senso vitale, non
comechessia economico) meno personale di quello che arrovellava jrrt. non
sto ovviamente dicendo che falsasse la filologia ai suoi scopi, ma certo lo
colpivano piu' alcuni aspetti di altri, come accade a chiunque in qualunque
attivita'.

ciao, a.

Fritz

da leggere,
5 dic 2007, 04:52:3105/12/07
a
On 5 Dic, 09:44, "Laurelin" <claudia.manfred...@tiscalDOLACENA.it>
wrote:

> Da questo punto di vista, allora, varrebbe la pena di leggere e analizzare
> le opere di Valerio Massimo Manfredi, che utilizza esattamente questo metodo
> (anche se le sue competenze sono nel campo dell'archeologia e non della
> lingua, e quindi del racconto e del mito).

A me risulta che certe conoscenze siano nel caso in questione usate
soltanto per creare scenari in cui ambientare normalissime storie
avventurose, senza particolari riflessioni e problematizzazioni. Mi
baso pero' su pareri (sempre molto negativi) che ho letto circa
l'autore in questione, che non conosco affatto.

> (...) quella che Cla chiama "struttura" (...)

E a cui mi riferisco anche io, dato che ho detto varie volte che
l'essenza dell'opera di tolkien sta nell'essere stata costruita in un
certo modo, in ossequio a una sensibilita' e secondo un punto di vista
che l'hanno *segnata in profondita'*. Quando parlo di opera polifonica
ecc. parlo di qualcosa che riguarda il "che cosa", come direbbe Cla.
Solo che questo "che cosa" e' strettamente legato da un lato (a monte)
al "come" e dall'altro lato (a valle) al "che effetti ha".

Fritz

da leggere,
5 dic 2007, 05:28:1805/12/07
a
On 5 Dic, 10:28, "andrea palazzi" <andrea.pala...@gmail.com> wrote:

> (...) opere replicabili, o protraibili all'infinito, il che poteva


> forse essere un po' piu' facile quando il testo era res nullius, ma solo
> perche' era meno forte la presenza dell'autore iniziale e in mancanza di
> edizioni di riferimento varie versioni potevano equivalersi e dare luogo a
> differenti evoluzioni non contradditorie. prima ancora del diritto d'autore,
> gia' una semplice tecnologia, la stampa, da' un colpo non indifferente alle
> tradizioni popolari. adesso poi sul meschino seguace si abbatterebbero oltre
> alle recensioni anche gli ispettori della finanza.

Si', pero' questi ultimi (gli ispettori, il diritto d'autore...) sono
elementi esterni all'opera. Non credo che li si possa in alcun modo
paragonare a un qualcosa di costitutivo dell'atto del narrare. E
neanche del narrare in pubblico o alla massa, oggi. (Se salta il libro
cartaceo con i suoi costi e il suo valore di feticcio, saltano anche
le limitazioni, le spese di elaborazione potendo essere sopportate da
laboratori collettivi, quelle di promozione e di diffusione
scomparendo. Il tutto all'insegna di una narrazione diversa,
soprattutto nei suoi *moventi*.)
Per quanto riguarda la presenza dell'autore, ci sono state esperienze
di un suo alleggerimento (anche recenti: si parlava di wu ming, no? e
ci sono stati altri esempi di autori collettivi), per porre l'accento
sull'opera e cercare di recuperare una creativita' diffusa,
disseminata, collettiva, anonima. Diamo tempo al tempo.
Quanto alla fissita' del testo, l'opera di tolkien si autoscardina,
all'interno con le sue versioni dei medesimi fatti, all'esterno con le
versioni multiple e i perpetui rifacimenti delle medesime storie. Il
principio di pluralita' e' scritto nell'opera stessa.
(Quanto al diritto d'autore, basterebbe che non fosse rispettato
apertamente per un adeguato periodo di tempo da un sufficiente numero
di milioni di persone, con adeguate prese di posizione pubbliche. Il
diritto e' solo una cristallizzazione di rapporti di forza. Basta
cambiarli.)

> a quello che dice fritz aggiungerei una cosa: "queste competenze hanno

> influenzato la sua sensibilita'" ma anche la sensibilita' le competenze. (...)

Questo sicuramente. Anche se shippey sostiene, se non ricordo male,
che la filologia sia naturalmente proiettata verso la narrazione. Cosa
che non so se sia veramente vera, avendo sentito solo la sua
campana... ^___^

Laurelin

da leggere,
5 dic 2007, 06:58:0505/12/07
a

"Fritz" <pienodipaur...@gmail.com> ha scritto

>> Da questo punto di vista, allora, varrebbe la pena di leggere e
>> analizzare
>> le opere di Valerio Massimo Manfredi, che utilizza esattamente questo
>> metodo
>> (anche se le sue competenze sono nel campo dell'archeologia e non della
>> lingua, e quindi del racconto e del mito).
>
> A me risulta che certe conoscenze siano nel caso in questione usate
> soltanto per creare scenari in cui ambientare normalissime storie
> avventurose, senza particolari riflessioni e problematizzazioni. Mi
> baso pero' su pareri (sempre molto negativi) che ho letto circa
> l'autore in questione, che non conosco affatto.
>

Posso confermare le impressioni (mi scuso con eventuali fan dello scrittore
in questione)... ;-)

> E a cui mi riferisco anche io, dato che ho detto varie volte che
> l'essenza dell'opera di tolkien sta nell'essere stata costruita in un
> certo modo, in ossequio a una sensibilita' e secondo un punto di vista
> che l'hanno *segnata in profondita'*.

In effetti credo che solo una conoscenza/competenza "interiorizzata", ossia
che a sua volta ha già in qualche modo "toccato" l'autore stesso fino a far
parte della sua visione del mondo (del tutto o in parte), possa essere
realmente tradotta in un'opera letteraria di un qualche valore. Tanto per
tornare all'esempio di Manfredi: la sua competenza gli basta quel tanto
necessario per creare uno sfondo più o meno credibile per una storia
*ambientata* nel passato, ma queste storie (così come molte altre storie di
abientazione "antica" ultimamente uscite) mancano, diciamo così, del "sapore
e profumo dell'antichità", nonostante l'ambientazione sono (nello stile
narrativo, nei dialoghi e nel tratteggio dei personaggi) a tutti gli effetti
delle storie moderne, contemporanee. E questo perché, appunto, Manfredi è un
*archeologo*: le civiltà che lui studia sono lontane, morte e sepolte, anche
nello spirito e nei valori, e il narratore appare in qualche modo "fuori"
dal mondo che racconta. O almeno lui non si sente parte delle civiltà e
culture che studia (o almeno questa è la sensazione che dà nelle sue opere).

Diverso sarebbe se uno come Manfredi non si limitasse a usare le sue
conoscenze come uno sfondo, ma volesse ricreare qualcosa di simile, chessò,
all'Eneide. A mio parere, solo qualcuno che abbia, per così dire,
"respirato" valori e stili espressivi di quell'epoca, che li abbia almeno in
parte interiorizzati e filtrati attraverso la propria sensibilità (moderna)
potrebbe creare qualcosa di simile, e tuttavia diverso e altrettanto valido
(d'altra parte Virgilio stesso ha fatto la stessa cosa). Qualcosa, quindi,
che allarga il cerchio delle conoscenze/competenze per andare a toccare più
da vicino la sfera dei valori esistenziali (e d'altra parte le "riflessioni
e problematizzazioni" di cui parli sono tali proprio perché fanno questo).

Naturalmente la "weltanschaung" non può bastare: occorre che questa si
intrecci con le competenze culturali (e, trattandosi di una narrazione,
principalmente linguistiche; di più, trattandosi di una narrazione
"ispirata" all'antichità, principalmente filologiche). Probabilmente i
tentativi di riproporre in altre opere i "valori" o l'"atmosfera" delle
opere tolkieniane (così come buona parte della narrativa fantasy
contemporanea, anche quella non dichiaratamente ispirata a Tolkien) hanno
avuto esiti modesti proprio perché mancavano di queste competenze di base. E
tuttavia non credo, come Shippey, che la filologia sia "naturalmente"
portata alla narrazione: può essre portata alla "storicizzazione", ossia la
spiegazione i termini di successione temporale e causale di determinati
eventi (in questo caso i cambiamenti nella lingua). La filologia (o
l'archeologia) forniscono degli strumenti "di base" necessari, ma per
"narrare storie" (e non "spiegare la storia") occorre anche altro.

Mi chiedo se, attualmente, ci sia qualche scrittore con queste
caratteristiche... :-/ Avevo letto un'intervista a Vikram Chandra che
ricordava molto il discorso che stiamo facendo, ma non ho mai letto niente
di suo...


Laurelin


andrea palazzi

da leggere,
5 dic 2007, 10:59:2305/12/07
a
Fritz ha scritto:

> Si', pero' questi ultimi (gli ispettori, il diritto d'autore...) sono
> elementi esterni all'opera. Non credo che li si possa in alcun modo
> paragonare a un qualcosa di costitutivo dell'atto del narrare.

in linea di massima sarei d'accordo. ma proprio in questo gruppo userei
qualche cautele. e' appena uscito un (altro) libro realizzato da un avente
diritto... sullo stesso silmarillion, ben piu' fondamentale per quello che
ti preme in questo thread, vorrei tanto sapere con certezza cosa e come e'
davvero del padre...

> Se salta il libro cartaceo

..i lamenti di soronel saranno acuti e prolungati, povero :)

> Per quanto riguarda la presenza dell'autore, ci sono state esperienze
> di un suo alleggerimento (anche recenti: si parlava di wu ming, no? e
> ci sono stati altri esempi di autori collettivi), per porre l'accento
> sull'opera e cercare di recuperare una creativita' diffusa,
> disseminata, collettiva, anonima. Diamo tempo al tempo.

d'accordissimo, anche se iscriverei il tutto piu' fra le speranze, o al
piu' fra le tendenze, che fra le probabilita'.

> Quanto alla fissita' del testo, l'opera di tolkien si autoscardina,
> all'interno con le sue versioni dei medesimi fatti, all'esterno con le
> versioni multiple e i perpetui rifacimenti delle medesime storie. Il
> principio di pluralita' e' scritto nell'opera stessa.

gia'. ringrazio il cielo di non essere stato suo editore vivo lui :)

> (Quanto al diritto d'autore, basterebbe che non fosse rispettato
> apertamente per un adeguato periodo di tempo da un sufficiente numero
> di milioni di persone, con adeguate prese di posizione pubbliche. Il
> diritto e' solo una cristallizzazione di rapporti di forza. Basta
> cambiarli.)

veramente al momento non parrebbe... sarkozy ha appena fatto il contrario
di quello che alcuni milioni di persone chiedono nei fatti scaricando, non
solo in francia, in tutt'europa. sperem innanz...

> Questo sicuramente. Anche se shippey sostiene, se non ricordo male,
> che la filologia sia naturalmente proiettata verso la narrazione. Cosa
> che non so se sia veramente vera, avendo sentito solo la sua
> campana... ^___^

i filologi mi hanno sempre incuriosito. contini ha pubblicato alcune
poesie, mi sembra ristampate da einaudi gia' vari anni nei bianchi.
tristan et iseut in francese moderno di bedier. i grimm, naturalmente. ma
tutta questa proiezione narrativa francamente fatico un po' a coglierla.
cioe', ne vedo benissimo una, ma piu' al servizio dell'edizione che
autosufficiente.

ciao, a.

--


questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it


Tarabas Hunnaur

da leggere,
6 dic 2007, 14:16:4306/12/07
a
Soronel l'Araldo ha scritto:
> Già, ma a me pare che la descrizione di Fritz non riguardi affatto libri
> che "smuovono le stesse corde interiori", piuttosto libri che utilizzino
> gli stessi meccanismi.

Vero. Quindi Fritz pensi che lo stesso procedimento di Tolkien applicato
in modo diverso potrebbe produrre sentimenti diversi nei lettori?

Cla

da leggere,
6 dic 2007, 15:23:5806/12/07
a
"Fritz" <pienodipaur...@gmail.com> ha scritto nel messaggio
news:f57e60b2-f513-4a9a...@j20g2000hsi.googlegroups.com...

On 4 Dic, 21:05, "Cla" <C...@despammed.com> wrote:

>(Se poi vuoi fare filosofia ^___^,

Non e' che "voglio": e' che non riesco a non farne ;-)

> ti diro' che di solito non mi
>interessa, di una cosa, ne' il *come* ne' il *che cosa*, bensi' il
>*che effetti ha*. Una cosa e' l'insieme dei suoi effetti, per quanto
>mi riguarda. Se non ne ha, non esiste - o e' come se non esistesse, il
>che e' lo stesso.)

Ma imho un'opera produce effetti diversi in lettori diversi, e quindi fare
un'analisi di questi effetti e' forse impossibile.
E' invece possibile indagare in maniera *abbastanza* oggettiva le fonti di
un'opera, la sua "struttura" e i valori in essa inglobati.

>> (...) Io personalmente ritengo che la cultura e la vita non dovrebbero
>> restare
>> separate. La cultura (che include la letteratura) deve avere qualche
>> riflesso sulla
>> vita individuale del lettore: se no, cosa leggiamo a fare?

>Ma neanche io, figuriamoci!

Lo so bene.

>.. riprendendo quanto rimasto in sospeso sopra: imho un'opera
>strutturata come detto (sovrapposizione di tante narrazioni e punti di
>vista diversi) esercita un certo tipo di fascino sul lettore: il
>fascino che deriva dal trovarsi calati dentro un mondo polifonico come
>il nostro, ma in cui la polifonia e'... diversa e affascinante.

Lo condivido, ma tuttavia questo fascino che l'opera ha esercitato su di te,
potrebbe non averlo esercitato su altri.
Questo non vuol dire che tu non possa scrivere un libro su questo fascino
"per te", ma resterebbe pur sempre una riflessione individuale, sicuramente
bellissima, ma non "universale", per così dire. Comunque sappi che se
scriverai questo libro, lo comprero' sicuramente ;-).
Se invece prendiamo volumi classici su Tolkien, occorre dire che questi
mettono in luce aspetti che illuminano e danno all'opera uno spessore che il
lettore "medio" o "occasionale" ben difficilmente riuscirebbe a capire.
Pensiamo solo al significato che acquistano le frasi in elfico non tradotte
nel LOTR dopo che si è letto ROTOME. E questo significato non e' piu'
faccenda di gradimento del lettore: uno puo' pure continuare a non
considerale, ma "di fatto" il loro signficato c'e' ed e' profondissimo.

>Salottiero no (anche se mi piacerebbe esserlo), elitario sempre di
>piu' ogni giorno che passa. Solo che non ritengo di fare parte
>dell'elite che desiderei vedere al potere. ^____^;;;;

LOL.


Fritz

da leggere,
9 dic 2007, 09:55:3309/12/07
a
On 6 Dic, 21:23, "Cla" <C...@despammed.com> wrote:

> Ma imho un'opera produce effetti diversi in lettori diversi, e quindi fare
> un'analisi di questi effetti e' forse impossibile.
> E' invece possibile indagare in maniera *abbastanza* oggettiva le fonti di
> un'opera, la sua "struttura" e i valori in essa inglobati.

Ma dato che l'originalita' non esiste e siamo tutti, in quanto
lettori, racchiudibili in categorie, anche gli effetti dell'opera
potranno essere descritti sulla base di queste categorie.
(Del resto, non mi pare insensato ragionare su come hanno letto isda:
a. gli inglesi nel 1954-1955, con una guerra alle spalle vissuta in
prima persona, con qualche ricordo dello Hobbit ancora in testa, con
l'inglese come lingua madre ecc.;
b. gli italiani nel 1970, con un certo clima culturale, una certa
prefazione, una certa copertina, una certa casa editrice, certe
recensioni ecc. e soprattutto una diversa lingua madre e quindi la
necessaria interposizione di una traduzione ecc..
Non mi pare esagerato dire che, alla fine, sono state lette due opere
*diverse*.)
Cio' detto e' anche ovvio, per quanto riguarda gli effetti di
un'opera, che ci sono effetti per provocare i quali l'opera e' stata
pensata e scritta; altri effetti la cui produzione non e' stata
minimamente presa in considerazione (dall'autore) e che sono frutto di
imprevedibili percorsi personali. Ed e' vero che nel momento in cui
l'autore scrive quel che scrive c'e' un lettore ideale che ha in mente
(una persona che condivide con lui un certo background culturale
ecc.). E questo ci riporta in una qualche misura alla descrizione di
un "che cosa".

> Lo condivido, ma tuttavia questo fascino che l'opera ha esercitato su di te,
> potrebbe non averlo esercitato su altri.

Vedi il discorso fatto sopra: si puo' cercare di raggiungere una
qualche oggettivita' ("che cosa") anche analizzando gli effetti. E si
possono bollare certe letture (che danno ragione solo di certi aspetti
dell'opera e non di tutti gli altri, che partono da presupposti che
non sono e non avrebbero potuto essere presi in considerazione
dall'autore o in generale dai lettori suoi contemporanei ecc.) come
aberranti, insensate. E tuttavia queste letture ci sono state e fanno
parte della descrizione di quell'opera, imho.
(Btw, credo che il problema riguardi una diversita' di fondo della
nostra visione del mondo: per me sono proprio le cose - quelle,
fisiche, attorno a noi e i concetti ecc. - che possono essere
descritte soltanto per mezzo dell'enumerazione dei loro effetti; per
te, immagino, possono invece essere descritte per quel che sono
indipendemente dalla loro interazione con gli esseri umani.)

ciao ciao
Fritz aka giacomo
--

... vorrei fare qualcosa
ma il pensiero riposa...

Fritz

da leggere,
9 dic 2007, 10:05:4409/12/07
a
On 6 Dic, 20:16, Tarabas Hunnaur <hunn...@libero.it> wrote:

> Vero. Quindi Fritz pensi che lo stesso procedimento di Tolkien applicato
> in modo diverso potrebbe produrre sentimenti diversi nei lettori?

Premesso che l'espressione "corde interiori" mi fa pensare a uno che
ha appena mangiato degli spaghetti (nello specifico, "alla chitarra")
^___^, credo che opere composte in un certo modo (vedi il messaggio
sopra: "Prendere pezzi del nostro mondo, limarli parecchio ecc.")
possano produrre nel lettore un'esperienza simile: un'esperienza della
complessita', per l'appunto.

Tarabas Hunnaur

da leggere,
9 dic 2007, 11:00:5409/12/07
a
Fritz ha scritto:

> Premesso che l'espressione "corde interiori" mi fa pensare a uno che
> ha appena mangiato degli spaghetti (nello specifico, "alla chitarra")
> ^___^, credo che opere composte in un certo modo (vedi il messaggio
> sopra: "Prendere pezzi del nostro mondo, limarli parecchio ecc.")
> possano produrre nel lettore un'esperienza simile: un'esperienza della
> complessita', per l'appunto.

Chi può dirlo: per me ora la lettura dell'opera di Tolkien rimane
un'esperienza unica. :-)

Cla

da leggere,
12 dic 2007, 03:06:0012/12/07
a
"Fritz" <pienodipaur...@gmail.com> ha scritto nel messaggio
news:7293d055-6472-4d8b...@e1g2000hsh.googlegroups.com...

> Ma dato che l'originalita' non esiste e siamo tutti, in quanto
> lettori, racchiudibili in categorie, anche gli effetti dell'opera
> potranno essere descritti sulla base di queste categorie.
> (Del resto, non mi pare insensato ragionare su come hanno letto isda:
> a. gli inglesi nel 1954-1955, con una guerra alle spalle vissuta in
> prima persona, con qualche ricordo dello Hobbit ancora in testa, con
> l'inglese come lingua madre ecc.;
> b. gli italiani nel 1970, con un certo clima culturale, una certa
> prefazione, una certa copertina, una certa casa editrice, certe
> recensioni ecc. e soprattutto una diversa lingua madre e quindi la
> necessaria interposizione di una traduzione ecc..
> Non mi pare esagerato dire che, alla fine, sono state lette due opere
> *diverse*.)

Scusa Fritz, ma per catalogare i lettori come fai? Occcorre fare un'analisi
sociologica e statistica, o qualcosa del genere.
E in ogni caso, io non direi che sono state lette due opere diverse, ma la
stessa opera che nel tempo ha prodotto diversi effetti.

> Cio' detto e' anche ovvio, per quanto riguarda gli effetti di
> un'opera, che ci sono effetti per provocare i quali l'opera e' stata
> pensata e scritta; altri effetti la cui produzione non e' stata
> minimamente presa in considerazione (dall'autore) e che sono frutto di
> imprevedibili percorsi personali.

Come distinguerli pero'? Imho diventa mooolto difficile. Come fai a dire che
i campi hobbit sono un effetto diverso dalle scritte "Frodo esiste"
comparese negli USA negli anni '60, o dalle sfilate in costume ala varie
manifestazioni tolkieniane?

> Ed e' vero che nel momento in cui
> l'autore scrive quel che scrive c'e' un lettore ideale che ha in mente
> (una persona che condivide con lui un certo background culturale
> ecc.). E questo ci riporta in una qualche misura alla descrizione di
> un "che cosa".
>
>> Lo condivido, ma tuttavia questo fascino che l'opera ha esercitato su di
>> te,
>> potrebbe non averlo esercitato su altri.
>
> Vedi il discorso fatto sopra: si puo' cercare di raggiungere una
> qualche oggettivita' ("che cosa") anche analizzando gli effetti. E si
> possono bollare certe letture (che danno ragione solo di certi aspetti
> dell'opera e non di tutti gli altri, che partono da presupposti che
> non sono e non avrebbero potuto essere presi in considerazione
> dall'autore o in generale dai lettori suoi contemporanei ecc.) come
> aberranti, insensate. E tuttavia queste letture ci sono state e fanno
> parte della descrizione di quell'opera, imho.

Appunto, ma come fai a dirle "abberranti". Imho se ti metti a cercare e
classificare gli effetti, entri in un persorso estremamente insidioso e in
ogni caso poco "scientifico" per così dire.

> (Btw, credo che il problema riguardi una diversita' di fondo della
> nostra visione del mondo: per me sono proprio le cose - quelle,
> fisiche, attorno a noi e i concetti ecc. - che possono essere
> descritte soltanto per mezzo dell'enumerazione dei loro effetti; per
> te, immagino, possono invece essere descritte per quel che sono
> indipendemente dalla loro interazione con gli esseri umani.)

Non direi: e' impossibile descrivere qualcosa indipendentemente dal modo in
cui il descrivente la descrive.
Tuttavia diversi descriventi descrivono in modo diverso la medesima opera.
Chi ha una formazione filologica (Shippey) vedrà aspetti che non vedrà chi
ha una impostazione più filosofica (Flieger) e viceversa. Tuttavia ambedue
posso mettere in luce aspetti diversi e essenziali dell'identico LOTR.
Quelli su cui faccio invece fatica a seguirti e' invece il tuo voler vedere
gli effetti dell'opera su soggetto, anziche' l'opera stessa seppur da
differenti punti di vista.


Oromë

da leggere,
13 dic 2007, 02:54:0813/12/07
a
On 28 Nov, 09:30, Fritz <pienodipaureimmotiv...@gmail.com> wrote:
> Riporto da "Giap":http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap16_VIIIa.htm#2b
> WU MING 4 SU "I FIGLI DI HURIN" DI J.R.R. TOLKIEN. Il numero del
> mensile XL in edicola tra pochi giorni conterrà un articolo di WM4
> (titolo dell'autore: "La riconquista della Terra di Mezzo") che prende
> le mosse dall'uscita dell'ultimo "inedito" tolkieniano, I figli di
> Hurin, e si interroga su come possa proseguire quella "costruzione di
> mondo" fuori dall'ufficialità, aggirando il "diritto dinastico" dei
> maschi di casa Tolkien, sfruttando fessure lasciate aperte dal Vecchio
> nella sua cosmogonia. WM4 recensirà I figli di Hurin per il prossimo
> Nandropausa, e anticipiamo che Mr. Tolkien c'entra qualcosa anche col
> suo romanzo solista (Einaudi, primavera 2008).

Segnalo che è uscito il numero di Nandropausa che contiene la
recensione de I Figli di Hurin curata da WM4 e pubblicata in forma
ridotta su XL . Il testo completo lo potete leggere qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa13.htm#5

Ciao,
Orome

Fritz

da leggere,
13 dic 2007, 03:33:5613/12/07
a
On 13 Dic, 08:54, "Oromë" <nicola.iaro...@gmail.com> wrote:

> Segnalo che è uscito il numero di Nandropausa che contiene la

> recensione de I Figli di Hurin curata da WM4 (...)
> http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa13.htm#5

Essenziale, carina e molto sentita.
Un mattone collocato nel punto giusto, imho.
"... Fino a *collettivizzare* la narrazione e pretendere che non
finisca. Per amore della nostra immaginazione e, ovviamente, della
Terra di Mezzo."

Fritz

da leggere,
16 dic 2007, 03:16:5616/12/07
a
On 12 Dic, 09:06, "Cla" <C...@despammed.com> wrote:

> Scusa Fritz, ma per catalogare i lettori come fai? Occcorre fare un'analisi
> sociologica e statistica, o qualcosa del genere.

Sociologica, si'. Si tratta per l'appunto di capire qual e' stato il
ruolo di un'opera nella societa', quale l'impronta che ha lasciato -
nella societa', non nella letteratura, anche se poi gli effetti
tornano a essere "narrativi", stante la spinta alla produzione di
fiction.

> E in ogni caso, io non direi che sono state lette due opere diverse, ma la
> stessa opera che nel tempo ha prodotto diversi effetti.

Intendevo dire che e' *come se* fossero state lette due opere diverse,
tanto diverse sono le due letture.
Anche se poi, se per opera intendiamo quella che si costruisce nella
mente del lettore e non l'insieme delle parole stampate, allora
davvero si tratta di due opere diverse... ^__^

> (...) Come fai a dire che


> i campi hobbit sono un effetto diverso dalle scritte "Frodo esiste"
> comparese negli USA negli anni '60, o dalle sfilate in costume ala varie
> manifestazioni tolkieniane?

Sono tutti effetti dell'opera, e come tali sono imho tutti ugualmente
interessanti da studiare.
Poi, nel momento in cui i lettori propongono le loro letture/
interpretazioni dell'opera, con la pretesa di cogliere tramite esse la
sua essenza (escludendo le altre - vedi quanto scrive quirino principe
nella premessa ai Figli di hurin: "tolkien e' x e non e' y, z ecc."),
allora si passa su un altro piano, quella della ragionevolezza/
giustificabilita' delle interpretazioni, che e' stato abbondantemente
studiato. Ti consiglio "Lector in fabula" e "I limiti
dell'intepretazione" di eco (carino e' anche "L'idea deforme", a cura
di pozzato, sulle intepretazioni esoteriche e cmq bislacche di dante).

> Appunto, ma come fai a dirle "abberranti". Imho se ti metti a cercare e
> classificare gli effetti, entri in un persorso estremamente insidioso e in
> ogni caso poco "scientifico" per così dire.

Diciamo allora: studiare gli effetti come dati di fatto (se uno sfila
in costume, non afferma nulla in merito all'opera) e classificare le
intepretazioni come proposizioni che hanno una pretesa di verita'. Per
quest'ultimo compito sono stati proposti criteri di giudizio (vedi
sopra).

> Non direi: e' impossibile descrivere qualcosa indipendentemente dal modo in
> cui il descrivente la descrive.

> (...) Quelli su cui faccio invece fatica a seguirti e' invece il tuo voler vedere


> gli effetti dell'opera su soggetto, anziche' l'opera stessa seppur da
> differenti punti di vista.

E' che mi risce difficile pensare che esista qualcosa oltre i semplici
punti di vista, con il loro corredo di prospettive, deformazioni,
illusioni ottiche, allucinazioni ecc. ^___^ Si', in effetti, e'
probabile che ci sia anche un paesaggio... Pero' mi pare poco
interessante: mi incuriosiscono di piu' i quadri dipinti dai
paesaggisti, le cartoline, le normative di tutela del paesaggio, le
devastazioni paesaggistiche, i punti panoramici ecc. ^_____^;;;;;

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