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framarchesa

unread,
Feb 16, 2006, 2:23:49 PM2/16/06
to
Questa lettera aperta al presidente della Repubblica l'abbiamo pubblicata
sul sito digilander.libero.it/autodifesa. E' stata visibile solamente per
pochi giorni nei motori di ricerca dopo che eravamo riusciti a farla entrare
tramite un link da un sito straniero. Il senso è che questo sito sia
oscurato in qualche maniera. Come si possono ottenere maggiori informazioni
in merito?
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana
Richiesta di aiuto ed intervento

Siamo una famiglia veneta, e, teniamo a precisare, cristiana. Il
Sacro Cuore di Gesù ci ha portato a tagliare con il paese d'origine, perché
ben radicato in giri di occultismo, spiritismo e messe nere[1]. La nostra
fu una scelta ben valutata e motivata, iniziò a maturare dieci anni prima,
all'inizio dell'università, quando vi è stato un progressivo distacco
dalla realtà locale del paese. Dal di fuori abbiamo visto con altri occhi
quello che accadeva e che non era del tutto normale. Tentammo in un primo
momento di far aprire gli occhi anche alle nostre famiglie: questo però non
fece altro che peggiorare la situazione, e fummo così costretti a tagliare
radicalmente pure con loro, con un certo dolore. La nostra scelta non fu
accettata, anche perchè noi eravamo testimoni, nostro malgrado di molti
fatti e avvenimenti.
Spostammo la nostra azienda ed abitazione in altra provincia tenendo
segreto il luogo. Purtroppo all'azienda risalirono poco tempo dopo, e
all'incirca dopo un anno trovarono pure l'indirizzo dell'abitazione privata.
Fummo costretti a cambiare residenza nuovamente, questa volta facendo
attenzione ai minimi particolari sulla privacy.
Il nostro passato in qualche maniera ci rincorreva e ci impediva di
svolgere una vita completamente normale. Ad esempio, evitavamo a tal
proposito di fare conoscenza con i nostri vicini (i quali evidentemente si
saranno chiesti perchè non avevamo mai visite di parenti). I nostri parenti
si presentarono anche alla sede dell'attività creando dei danni.
Inspiegabilmente molti lavori cominciarono ad andare storti, uno dietro
l'altro tanto da non riuscire più a continuare l'attività che avevamo da
più di 10 anni, e nemmeno a trovare un lavoro qualsiasi[2].
Il turbine vorticoso iniziò in Maggio 2004 quando ci recammo dai
carabinieri per segnalare delle minacce ricevute da un nostro
cliente/fornitore. Non facciamo querela, ma nell'occasione acceniamo al
maresciallo la nostra situazione personale ed il desiderio di privacy.
Lasciamo al maresciallo anche il nostro nuovo indirizzo, in modo che possa
contattarci velocemente in caso di necessità (particolare importante non
lasciamo il numero civico di casa).
Durante l'estate del 2004 la situazione non si placò, e cercammo così
una soluzione anche nel lavoro a titolo personale. A Tal proposito ci fu
un'azienda di Bologna che insistette con molto vigore perchè uno di noi
diventasse un responsabile CED. Le trattative erano pressochè concluse, con
esito favorevole, quando l'azienda non si fece più sentire e non riuscimmo
più nemmeno a parlare con le persone interessate. Non fu nemmeno un caso
isolato[2b].
Dopo una serie infinita di vicissitudini, non sapendo più cosa fare,
e per nostra tutela, ci siamo decisi di scrivere un documento, con alcune
nostre testimonianze, e di recarci presso un comando stazione dei
carabinieri, ovviamente di un altro paese[3]. Era il 5 Ottobre 2004.
Riuscimmo a parlare con due carabinieri per circa un'ora. I due
carabinieri riportarono soluzioni molto contrastanti tra di loro: uno ci
disse di fuggire in Germania e l'altro ci disse che vi erano descritte
alcune situazioni da mettere i brividi. Ci convinse di inviare il documento
che avevamo preparato in Procura e ci spiegò come fare.
Per la difficile situazione economica ci rimandarono ai servizi
sociali del comune di residenza. Prima di uscire, uno dei due carabinieri
decise di tenersi il documento che avevamo scritto e ce lo fece firmare su
tutte le pagine, facendosi una fotocopia dei nostri documenti d'identità[4].
Per motivi che risulteranno chiari solamente con l'evolversi della
faccenda, abbiamo deciso di evitare il comune di residenza[5], e di tentare
per altre strade.In questa difficile situazione abbiamo evitato di fare
qualsiasi spesa superflua, concentrando tutte le risorse per l'acquisto del
pane e dei generi alimentari per vivere. Così anche l'invio della
raccomandata in procura l'abbiamo posticipata : l'invio è avvenuto solo
quando una suora laica ci ha donato 50 Euro.

In quel periodo tentavamo di uscire da quella situazione in tutti i
modi impegnandoci in tutti i campi possibili. Speravamo di poter intascare
qualche euro dalla scoperta e ricerca che avevamo fatto sugli Estensi. Le
nostre scoperte infatti portavano gloria al comune di XXXX e speravamo in un
interessamento dello stesso comune per il nostro lavoro, ed una conseguente
entrata di denaro: la regione Veneto aveva pure dei fondi destinati al
recupero dell'identità veneta. Vi erano quindi tutti gli argomenti per ben
sperare. Dunque in più occasioni abbiamo informato il sindaco, il
vicesindaco, il segretario e alcuni cittadini delle nostre scoperte. Fu una
grossa delusione, perché il comune non se ne interessò minimamente, anzi un
parroco ci sconsigliò di proseguire[6].

Ad inizio di novembre spediamo due raccomandate, una alla Procura
della Repubblica di Roma ed un'altra al Presidente della Repubblica; il
contenuto comprendeva un documento quasi identico a quello lasciato ai
carabinieri il 5 ottobre '04 ed una richiesta di aiuto urgente.

In particolare l'invio al Presidente della Repubblica era sentito come
l'invio al padre della nazione, una richiesta di intervento per la nostra
difficile situazione. Speravamo in particolare che lo Stato, assente negli
anni della nostra infanzia, potesse intervenire almeno ora, per garantirci
una rinascita lontano dagli obbrobri visti e subiti. La lettera inviata alla
Procura, sotto forma di esposto, mirava ad informare lo Stato di una
situazione ben radicata nei luoghi in oggetto, onde evitare che le stesse
cose si ripetessero su altri cittadini e minori.
Dopo la spedizione delle lettere speravamo in un intervento di
qualcuno, indipendentemente dallo svolgersi delle indagini.
Da notare che ci siamo rivolti persino al consultorio familiare
diocesano, per chiedere un lavoro e consigli legali (l'avvocato lo davano
come servizio gratuito): ci hanno proposto una terapia di coppia, ma quando
si ha fame di cibo, lavoro e giustizia la psicologia di coppia è
l'ultimissimo interesse. L'avvocato non l'abbiamo neanche visto. Abbiamo
lasciato perdere anche i consultori[7].

In realtà, dopo l'invio degli esposti a novembre la situazione
peggiorò: in dicembre 2004 abbiamo subito una violazione di domicilio
presso la sede della nostra attività e non è stato più possibile entrarvi.
Vi è stato un evidente trafugamento di oggetti personali, probabilmente con
lo scopo di trovare il nostro luogo di abitazione[8]. Contemporaneamente
sono incominciate varie situazioni inverosimili, come l'impossibilità di
avere un bancomat personale, che veniva ripetutamente perso in capo alla
banca[9]. Teniamo duro, sperando che arrivi presto un contributo che ci era
dovuto. A novembre '04 ci viene comunicato che i nostri soldi sarebbero
arrivati per dicembre o al massimo a inizio di gennaio '05. Ma come vedremo
più avanti questo contributo ha avuto diverse contrarietà, tanto da essere
spostato prima a febbraio, poi a marzo, poi ad aprile e maggio[10].
Intanto la violazione di domicilio nella sede dell'attività ci
impediva di continuarla, sebbene negli ultimi mesi ci recavamo solo di sera,
per sviare le persone che ci avevano minacciato. Nel frattempo speravamo
nell'intervento di qualcuno, per l'esposto depositato in ottobre '04 e
novembre '04. Viste le lettere e esposti già inviati decidemmo di
continuare su quella strada, chiedendo un intervento anche per verificare
cosa era successo nella sede della società: non vi potevamo più accedere
perché la serratura era stata cambiata[11]!

A fine dicembre inviamo un altro corposo documento con nuovi fatti e
testimonianze continuando nella strada già iniziata, ovvero una raccomandata
al Presidente della Repubblica, e una raccomandata alla Procura di Roma. Nei
documenti rinnoviamo la richiesta di intervento, indipendente dalle
indagini.
A fine 2004 ci troviamo con la sede dell'attività impraticabile, con l'impossibilità
di fare le operazioni contabili, amministrative, commerciali e produttive..
In questa maniera si prospettava solamente un disastro inevitabile per la
società.

Ad inizio gennaio 05 riusciamo ad avere un fido dalla banca, offrendo
come garanzia il contributo che ci doveva arrivare. Con il fido riusciamo a
pagare alcune bollette insolute (acqua, luce..).
Verso fine gennaio rispediamo la raccomandata al Presidente perché non
ci ritorna l'avviso di ricevimento.
Il 20 di febbraio chiediamo nuovamente aiuto, specificando nuove
testimonianze. Includiamo una denuncia per violazione di domicilio.
Da Gennaio '05 a Marzo '05 aspettando, l'intervento dell'autorità,
cerchiamo aiuto da altre parti e cerchiamo di trovare lavoro a titolo
personale. All'inizio di Marzo ci rechiamo a Roma per vedere cosa era
successo ai nostri documenti.
A Roma, in procura, scopriamo che le raccomandate inviate non
risultavano registrate: sembravano smarrite. Risultava solo un documento,
che probabilmente era stato spedito direttamente dai carabinieri ancora in
ottobre[12].
I documenti successivi al primo erano molto importanti, perché
riportavano anche la denuncia per violazione di domicilio ed altri fatti
gravi.Al Quirinale non ci è stato possibile verificare quali documenti
fossero arrivati: ci dissero solamente che erano stati inviati al Ministero
degli Interni e di lì inoltrati al Prefetto di competenza[12b] .
Preoccupati per la mancanza della maggior parte di documenti inviati,
appena tornati a casa, li rispedimmo in blocco.
Nel frattempo il contributo, sul quale avevamo avuto il prestito, non
arrivava: la nostra pratica era stata persa più volte. Chiedemmo aiuto,
elencando il nostro stato di necessità all'ente erogatore; non ottenendo
alcun risultato, chiedemmo aiuto anche ai carabinieri, senza ricevere anche
qui nessun interesse. Addirittura un dipendente dell'ente, si era rifiutato
di eseguire un ordine del suo superiore, nonché responsabile dell'ente
stesso, che ci dava la priorità sul pagamento[12c].

All'inizio di Marzo '05 non possiamo più utilizzare l'auto perchè
scade l'assicurazione e vi sono rate insolute del leasing. Il paese non è
servito da mezzi pubblici, occorre un'oretta circa a piedi per raggiungere
un mezzo pubblico. Abbiamo difficoltà a fare qualsiasi spostamento, non
abbiamo nemmeno una bicicletta e nemmeno la possibilità di comprarne una. La
situazione diventa ancora più tragica perchè i soldi sono ormai pochi.
Sempre in marzo un "conoscente" di persone che ci avevano minacciato riesce
ad avere (probabilmente in maniera non lecita) il nostro indirizzo di casa:
si presenta sotto le finestre, raccontando varie bugie per indurci ad aprire
e parlare; non ottenendo il risultato sperato, passa alle minacce di nuovo.
In questi mesi ci ammalavamo spesso, e non ci si pensava ad aprire anche per
questioni di salute. Questa persona era passata di casa in casa urlando ai
quattro venti il nostro cognome e chiedendo se abitavamo lì: evidentemente
il personaggio conosceva la via ma non il numero civico. Dopo circa 15
minuti il tizio è ritornato con sicurezza alla porta del luogo ove
abitavamo[12d].

Verso fine marzo, mentre per l'ennesima volta ci slitta il contributo
pecuniario, e, a pochi giorni dall'incursione sotto casa, ci capita un
incidente.
Intervengono i carabinieri locali[13]. Spieghiamo loro che l'incidente
è dovuto al troppo stress accumulato ed ad un effetto scatenante
indipendente, un effetto anomalo, ne approfittiamo per chiedere un aiuto
relativamente a tutta la nostra situazione, elencando e mostrando i
documenti inviati, che non hanno avuto risposta.
Per loro è impossibile che i documenti siano stati persi in Procura,
così ci trattano da "matti" prendendo alla leggera le nostre dichiarazioni.
Inoltre omettono nel verbale elementi da noi giudicati importanti, ed
ignorano le nostre richieste di inviarci un medico (il nostro telefono non
funziona ed uno di noi ha dei profondi tagli sulle dita, ancora oggi sono
rimaste tracce visibili). Si presentano il giorno successivo per farci
firmare un verbale scritto al computer di senso completamente diverso
(probabilmente scritto in base a loro interpretazioni), che naturalmente non
reputiamo corretto e non firmiamo.
Scoprimmo in seguito, a detta dell'assistente sociale e dello stesso
avvocato, che la pattuglia nell'occasione dell'incidente non aveva attivato
la procedura prevista dal regolamento[14].
Vista l'oppressione nell'aria, decidemmo di andarcene di casa con la
morte nel cuore per alcuni giorni, per avere una mente più lucida sul da
farsi. I carabinieri erano molto arabbiati perchè non volevamo firmare il
loro nuovo verbale, e perchè "non sta bene fare nomi e cognomi sugli
esposti".
Avevamo le difese immunitarie molto basse, non avevamo nemmeno più
eseguito controlli medici per mancanza stessa di soldi, riuscivamo a fare a
mala pena pochi gradini.
Abbiamo preso il primo treno per una certa località, ed alla sera
abbiamo dormito dentro un capitello in campagna..
Il giorno dopo era Pasqua: finalmente, dopo vari giorni è arrivato il
sospirato contributo che aspettavamo, ma le cose ormai avevano preso una
brutta piega.

Dopo Pasqua ritorniamo e, non avendo il bancomat, per i problemi già
descritti, ci siamo recati direttamente in banca. Notammo che l'incidente
era stato riportato nei giornali della provincia, ma ci accorgemmo che la
notizia riportata era sbagliata in vari punti e non riportava minimamente la
notizia dei nostri documenti spariti in Procura e la richiesta di giustizia.
Una volta a casa, fummo invitati da una pattuglia a presentarci in
caserma urgentemente: ormai erano passate due settimane dall'incidente.
In caserma ci fu notificata la querela di alcuni vicini per danni
avuti nell'incidente delle auto. Ma scoprimmo davanti al maresciallo che una
di queste persone ci aveva pure querelato per minacce. Non riuscivamo a
spiegarci la cosa, non avendo mai minacciato nessuno. L'unica cosa
plausibile era che avendo gridato di non poterne più, perchè la giustizia
non si faceva sentire ed ero minacciato: il vicino ha capito male ed
interpretato come una minaccia nei suoi confronti[14b].
Ci fu assegnato un avvocato d'ufficio, il maresciallo ci spiegò che
siccome la minaccia coinvolgeva un discorso penale, avevamo appunto diritto
ad un avvocato d'ufficio..[15]
Tentammo di spiegare al maresciallo la nostra versione dei fatti, ma
non fummo ascoltati, perchè ormai ci avevano etichettati come matti.[16]
(vedere nota generale[N2]).
Non ci fu concesso di rilasciare alcuna nostra dichiarazione o
verbalizzare nel dettaglio la nostra versione dei fatti. Chiedemmo aiuto
anche per i documenti inviati in Procura, che erano stati smarriti. Il
maresciallo ci disse che la cosa non lo riguardava. Così decidemmo di
rilasciare una denuncia scritta per lo smarrimento di tali documenti, ma non
ci fu permesso.

Per questo motivo, successivamente decidemmo di fare denuncia
direttamente noi alla procura di Milano, spedendo in allegato tutti i
documenti che avevamo inviato a Roma e che erano spariti. Ma nemmeno da
Milano abbiamo mai avuto risposta[17]
Avevamo chiesto di poter parlare con qualcuno, per poter depositare
altre testimonianze delicate, ma non ci ha risposto nessuno.

Presentiamo il nostro caso e la nostra richiesta d'aiuto anche presso
l'organismo con sede a Strasburgo, dedito alla difesa dei diritti umani, per
sollecitare un intervento: non abbiamo ricevuto alcuna notizia, e non
sappiamo se siano intervenuti qui in Italia.

In aprile '05 andiamo nuovamente a Roma, e non vi è traccia delle
nostre raccomandate, che avevamo rispedito dopo i primi di marzo 2005:
l'addetto ci dice che in genere ci impiegano due settimane per registrare i
documenti sul computer, perciò dovrebbero essere presenti. Lo stesso
dipendente non sa cosa risponderci.
Così, avendo due copie identiche di documentazione, decidiamo di
depositarle personalmente, presso l'ufficio "primi atti", almeno da avere
una data di registrazione, un numero di riferimento e una copia identica a
quella rilasciata. Era il 19 aprile 2005. (Era lo stesso giorno
dell'elezione del nuovo Papa). Ma nemmeno per questi documenti siamo stati
contattati fino a questo momento[18].

Il 26 di Aprile '05 i carabinieri ci sollecitano di parlare con
l'assistente sociale del comune. Lo incontriamo nello stesso giorno presso
casa nostra. Il colloquio dura circa due ore. Scopriamo per fatalità che la
pattuglia dei carabinieri in servizio la sera dell'incidente ci aveva preso
proprio per matti, tanto da convincere pure il maresciallo, che aveva
allertato subito l'ASL e il comune di residenza, senza nemmeno averci visto
di persona (il primo incontro con il maresciallo è avvenuto solamente in
data successiva, a due settimane dal fatto). Ovvero il maresciallo ci aveva
già fatto la diagnosi a distanza senza vederci e senza naturalmente averne
la competenza, ed era una diagnosi gravissima.
Per noi c'era solo una spiegazione al fatto: negli esposti avevamo
nominato qualche personalità importante, ritenuta intoccabile o di buona
famiglia. Farci passare per matti poteva essere il modo di "invalidare"
questi documenti.
Ad aggravare la situazione è che nell'incidente delle auto avevamo
colpito, senza saperlo, un parente stretto di un assessore comunale, almeno
così ci era stato detto. L'assistente sociale fu informato, per quanto
possibile, delle nostre vicende. Mostrammo pure i due pacchi di esposti con
il timbro della Procura di Roma. Su invito dell'assistente sociale, spedimmo
delle raccomandate ai giornali locali per indicare la nostra versione dei
fatti, ma i giornali ignorarono la nostra lettera. Presso uno di questi
quotidiani ci siamo recati di persona: non hanno voluto pubblicare nulla,
sostendendo che chi aveva causato tanto allarmismo doveva riparare,
pubblicando un articolo, e che il fenomeno elettromagnetico, causa
scatenante dell'incidente, era cosa risaputa là dove abitiamo.
Insomma, spettava al comune riportare la pace, a detta del
giornalista.
L'avvocato d'ufficio, ci consigliò di cambiare paese, perché c'erano
molte persone che ci detestavano in paese. Non abbiamo capito da quali fonti
abbia appreso questa notizia. Gli spiegammo pure i comportamenti strani
delle forze dell'ordine: ci consigliò di denunciare tutto al comando
provinciale ed a Roma, e poi "di cambiare aria". L'avvocato, essendo
nominato d'ufficio solo per le querele dell'incidente, si può interessare
solamente del caso dell'incidente.
Ci fu utile comunque per il discorso dell'ASL.
L'ASL fu sollecitata dal maresciallo ancora al momento dell'incidente.
Il maresciallo ci aveva fatto la diagnosi da pazzi ed aveva allertato l'ASL.
Si doveva così terminare la procedura iniziata dal maresciallo con una
visita psichiatrica. Non servì a nulla parlare con l'assistente sociale,
probabilmente questo era sotto l'influenza del maresciallo che desiderava
chiudere la faccenda quanto prima. In Maggio '05 ad uno di noi arrivò una
busta con all'interno la comunicazione di una visita psichiatrica già
fissata con giorno ed ora. Preoccupati ci recammo dall'avvocato il quale ci
disse che tale visita non era regolare e non era a norma di legge. Espresse
l'opinione che era facile pensare all'esito di una visita del genere. Ci
disse di chiedere delucidazioni in merito, di chiedere chi avesse fornito i
nostri dati, e fosse lo scopo di tale visita. Se pensavano che uno di noi
era matto dovevano chiamare il medico alla sera stessa dell'incidente con le
auto. Questo non l'avevano fatto, ma avevano invece allertato lo stesso
l'ASL. Anche l'avvocato espresse l'opinione che era un modo per mettere a
tacere i nostri esposti, facendoci dichiarare matti. Appurammo, in seguito
anche da una dottoressa dell'ufficio URP della Provincia che tale visita non
era a norma di legge.
In pratica il comune non si interessò del nostro caso e della nostra
salute, non si preoccuparono minimamente, se non quello di mettere a tacere
tutta la vicenda.

Decidiamo più avanti di andare dal prefetto della nostra provincia..
In prefettura non c'e' traccia dei nostri documenti inviati da Roma: a Roma
ci avevano detto che per competenza erano passati al ministero degli
Interni, e specificatamente alla prefettura di competenza territoriale, cioè
in Veneto. Avendo una copia in borsa, appena appresa la notizia li spediamo
noi direttamente al prefetto.
Ma nemmeno dal prefetto abbiamo ricevuto risposta, a noi nota[19].

Riuscimmo a parlare anche con un senatore, in una manifestazione.
Questo senatore, avendo pure ricoperto il ruolo di sindaco, promise che
avrebbe telefonato al sindaco del nostro paese, in modo che potessimo
ottenere un aiuto, un sussidio ... e poi tutto si sarebbe chiarito e
sistemato, incluso l'incidente stesso. Ci disse che un sindaco può risolvere
molti problemi, ha molto più potere di quanto noi immaginavamo. Non sappiamo
se questa telefonata sia avvenuta, in ogni caso non abbiamo ricevuto alcuna
comunicazione dal sindaco, al quale avevamo scritto ancora in maggio '05,
sia per posta normale che elettronica.
Ma dal sindaco non abbiamo mai avuto risposta, nemmeno per altre
lettere inviate in seguito.
Purtroppo le notizie sbagliate apparse nei giornali, il mancato
intervento del comune per chiarire la situazione ha dato il via a una serie
di chiacchiere e vere diffamazioni sulla nostra persona. Per fare chiarezza
abbiamo consegnato delle lettere ai nostri vicini per spiegare la
situazione. Lì era diventato invivibile. Le persone si erano messe in testa
che eravamo dei delinquenti. Naturalmente crediamo che molte di queste
diffamazioni arrivano da persone ben precise che han deciso di renderci la
vita impossibile: probabilmente gli stessi nostri parenti erano arrivati a
conoscere nuovamente il luogo di abitazione, e non erano certamente rimasti
con le mani in mano[20].

In pratica la vita in paese è divenuta opprimente per mancanza di
verità e di delucidazioni di chi ne aveva il compito; in giugno '05 partiamo
da casa. Nell'attendere l'intervento di una qualche autorità, alle nostre
varie richieste, cerchiamo un nuovo posto dove vivere e rifarci una vita. Lo
stesso avvocato, ci aveva consigliato di andarcene.

Passiamo l'estate a vivere in tenda, cerchiamo un posto fuori dal
Veneto per nostra tutela. Ma la nostra storia è difficile ed è evidente che
necessità l'intervento dell'autorità e della giustizia. Così non ci
arrendiamo, scriviamo altri documenti alla Procura della Repubblica.
Chiediamo anche delle indagini alla Procura Militare, per il comportamento
anomalo dei carabinieri. Scriviamo varie raccomandate e Fax chiedendo sempre
un intervento urgente indipendente alle indagini. Scriviamo a vari comuni
italiani la nostra storia, interessiamo persone ed associazioni.
In Settembre '05 scriviamo una prima versione di questa lettera
pubblica e la pubblichiamo in internet. Inviamo la nostra storia ad alcuni
giornali nazionali.
Ci accorgiamo che le nostre pagine non compaiono nei motori di ricerca
internet. Così le poniamo su altri server italiani. Notiamo che nemmeno qui
escono nei motori di ricerca, mentre altre pagine simili escono normalmente.
Ci viene il dubbio della censura[21]. Il dubbio diventa una certezza quando
scopriamo altri elementi. Ci viene il dubbio che molte nostre email con
richieste di aiuto siano state fatte sparire. A questo punto è lecito
pensare di tutto, soprattutto dopo tutti i documenti persi e/o sottratti
presso la Procura della Repubblica.
A Ottobre '05 però finiamo i nostri soldi, senza aver trovato un
lavoro e senza che nessuno sia intervenuto. Chiediamo un aiuto urgente al
comune di residenza, ma questo non si farà sentire. Fino al 23 dicembre '05
viviamo in una piccola tenda igloo. Siamo fermi presso una famiglia.
Sopravviviamo grazie a delle bottiglie di plastica che riempiamo di
acqua calda due o tre volte durante la notte, e che ci teniamo all'interno
del sacco a pelo. Abbiamo riempito dei sacchi di nylon con delle foglie
secche e li utilizziamo come tappettini per isolarci dal terreno. Alle volte
è impressionante sentire l'esterno del sacco a pelo ghiacciato. Durante la
giornata passiamo a setaccio tutti i paesetti intorno per cercare un aiuto.
Parliamo con alcuni sindaci, assistenti sociali, parroci.
La nostra situazione non è risolta perchè i comuni non possono
aiutarci perchè non siamo residenti. Il nostro comune non ci aiuta. In
quelle condizioni riusciamo solamente a sopravvivere. Il nostro metabolismo
rallenta, riusciamo a vivere mangiando molta pastasciutta o riso. Il pane è
una rarità. Facciamo dai 10 ai 20km al giorno perchè non abbiamo i soldi per
i bus. Siamo comunque puliti perchè abbiamo la doccia calda e la possibilità
di fare il bucato. Mangiamo all'aperto, anche la sera. Riceviamo delle
"sportine" di cibo a seconda dell'occasione. Alcune volte patiamo la fame.
Riusciamo ad avere in qualche occasione un aiuto in denaro che usiamo con
molta cautela per comprare qualcosa di più consistente da mangiare, per
comprare le bombolette di gas del fornelletto da campeggio e per collegarci
ad internet.
In queste condizioni il 9 di Novembre '05 ci arriva per posta
elettronica un fax, dalla Procura della Repubblica di Roma, in risposta
all'unico esposto da loro ricevuto, il quale corrisponde alla settima
raccomandata inviata. Il P.M attesta che che i precedenti esposti non sono
pervenuti.
Rimaniamo sconvolti dal testo del fax, tanto che lo rileggiamo alcune
volte per capirne il significato. Nonostante la cattiva notizia, notiamo che
nel documento ricevuto vi è indicato il numero diretto del fax del PM. E'
la prima volta che qualcuno ci scrive! Pochi giorni prima avevamo ricevuto
alcuni soldi da un prete e cogliamo l'occasione per spedire alcuni fax al
PM, una lettera e una lettera raccomandata invitandolo, a tenerla d'occhio
perchè non sparisca. Pensiamo che l'autorità interverrà di lì a poco: in
fondo sono stati loro a perdere i nostri documenti, e dunque ora dovrebbero
prendere in seria considerazione il nostro caso urgentemente. Di tutti i
fax, e lettere che indirizziamo direttamente al PM non riceviamo però
nessuna risposta. Non sappiamo nemmeno se sono arrivate. Noi aspettavamo
almeno la risposta che tali documentazioni erano arrivate. Noi non
conosciamo la procedura, ma è stata la Procura a perdere la nostra
documentazione e dunque doveva almeno darsi una mossa. Passano i giorni e
non vi è risposta e continuiamo a vivere in tenda. Facciamo anche
l'esperienza della neve e del ghiaccio.

Durante le vacanze di Natale '05, una persona ci ha offerto una
stanza, e la possibilità di trovare un pasto caldo presso una famiglia,
almeno per le Festività.

Un sindaco di queste zone ha cercato risposte presso il nostro comune:
ci siamo sentiti dire che dovevamo tornare in Veneto, le famiglie d'origine
ci stavano cercando...in fondo una piccola lite in famiglia si può
superare...e non ci avrebbe dato lavoro, neanche per lavare il pavimento,
perché dovevamo tornare.....
Spiegato al sindaco i gravi motivi del distacco dalle famiglie d'origine,
questi si preoccupò, e non ne volle più sapere.
Il giorno di Natale siamo stati ospiti a pranzo di una comunità di
recupero per i tossicodipendenti: siamo stati trattati molto bene, abbiamo
trovato non solo cibo ma molto calore umano. È stata anche un'occasione per
scambiare esperienze di vita.
Qualche giorno dopo, entrando in un piccolo market del paese, siamo
stati sbattuti fuori dalla proprietaria[22]: dopo una lunga discussione con
il figlio di questa, ci è stato detto che "non eravamo graditi". Certo, con
noi non hanno fatto mai grandi affari (le uova o un po' di latte), ma ci
hanno sempre trattato con fin troppo ossequio, anche solo se ci vedevano
camminare per il paese.
Non solo, ci hanno pure spedito dietro i carabinieri, che però non ci
hanno perquisito: abbiamo scoperto che qui vi è un carabiniere della nostra
zona di residenza, e non sappiamo come interpretare l'evento.
Forse è bastato andare a pranzo nella comunità di recupero per essere
etichettati come delinquenti.

Impossibile rifarci una vita da un'altra parte.
Ripetiamo che lo Stato deve intervenire per stabilire i nostri
diritti, affinché la garanzia di serietà emerga nelle nostre opere e nelle
richieste di giustizia. Lo Stato sta lasciando le persone in balia a poteri
pericolosi, che scardinano il diritto della gente di ogni ragionevole
scelta, creando una popolazione che deve ubbidire, vivere e ragionare in una
certa ottica. Abbiamo fatto tutto il possibile per venire fuori da questa
situazione turbinosa.

Vi facciamo un altro esempio. In un altro paese chiediamo aiuto a
dalle suore, fornendo i nostri dati, la residenza, i curricula ... e
spiegando quanto contenuto in questa lettera, oltre a mostrare anche gli
stessi esposti ed il fax del P.M. Tuttavia, le solerti suore prendono
informazioni su di noi (vedi nostre zone di residenza e/o persone in
contatto con esse) ed il risultato è pessimo.
Le suore invitano un signore, operante nel sociale, ed avezzo "a
trattare con i veri delinquenti" a detta loro, affinchè trovi una soluzione
consona. Non accorgendosi della nostra presenza, nella sala attigua, esse ci
presentano come dei delinquenti, che sicuramente stanno cospirando qualche
macchinazione, riportano frasi che circolano nel nostro comune di residenza,
e dicono che sarebbe il caso di mettere delle microspie nelle nostre
vicinanze, per capire cosa stiamo complottando.
A questo punto non sappiamo se ridere o piangere: ci limitiamo ad
uscire dalla stanza, per intavolare due ore di discussione, sperando di
arrivare a chiarimenti. Alla casa madre inviamo anche alcune mail, quale
testimonianza scritta della nostra vicenda.
Senza indagare sulle capacità logiche delle suore, è impossibile che
certi ragionamenti se li siano inventati di sana pianta.
Come abbiamo sentito noi queste informazioni, le ha sentite pure
qualche altra persona, che le ha ben seminate nel circondario, con il
risultato che c'è gente che ci guarda schifata o non ci vende nulla, neanche
una scheda telefonica da tre euri. Chi invece è meno legato alle fazioni di
chiesa, ci tratta normalmente.
Insomma, c'è chi non ci aiuta quando capisce che diciamo la verità,
come quel sindaco sopra menzionato, c'è chi non ci vuol credere, e chi si
allinea automaticamente dalle informazioni che provengono dalle persone
delle nostre zone di residenza.

[1] Il discorso è molto complesso e articolato. Ci limitiamo per ora ad
indicare alcuni elementi.

[2] Per capire più a fondo la situazione leggere la seconda parte di
questo documento "la nostra azienda"

[2b]Casi del genere si ripeterono più volte. E' interessante notare le
dichiarazioni fatte dall'assistente sociale riportate nella nota generale
[N1]

[3]Riteniamo che, doversi per legge riferire ai carabinieri del paese
di residenza, per ogni tipo di questione, sia un errore. Si corre il rischio
di andare a parlare con l'amico del cugino di tizio .........

[4]Non ci è stata rilasciata nessuna ricevuta in proposito e non
conosciamo nemmeno i nomi delle persone con cui abbiamo parlato. Quando
siamo tornati in quella stazione il 05 Maggio 05 per cercare di parlare
ancora con le stesse persone, non ci è stato possibile.

[5]Sui motivi leggere il documento "il comune non ci aiuta"

[6]Le varie vicende sono collegate. Si fa qui solo menzione.

[7]All'epoca non sapevamo dell'esistenza del gratuito patrocinio.


[8]Eravamo già stati minacciati in proposito

[9]Si trattava di un nuovo c/c che non centrava nulla con quello
della società. Più avanti fummo costretti ad aprire un c/c in un'altra
regione

[10] La nostra pratica fu persa. Qualcuno si rifiutò pure di eseguire
degli ordini dei superiori.


[11] Fu chiaro solamente molto tempo dopo che nessuno intervenne
perchè i nostri documenti erano stati persi e/o sottratti in Procura.

[12]Questo discorso è complesso vedere in proposito il link

[12b]Quando in maggio '05 ci recammo all'ufficio URP della
Prefettura/Provincia tali documenti non risultavano da nessuna parte.
Probabilmente avevano subito la stessa sorte degli altri: sottratti e/o
smarriti

[12c] Ormai per noi era diventato consuetudine trovarsi in situazioni
del genere. A dimostrazione di ciò sono rimasti tutti i fax e le
documentazioni inerenti


[12d] In paese non conosceva nessuno il nostro cognome, eccetto il
parroco e un'altra persona.

[13]Fatalmente uno dei due carabinieri è originario del nostro paese
di nascita. Ci disse che non è bene fare nomi sugli esposti. Conosce i
nostri parenti.


[14] Chiediamo un'apertura d'indagine alla Procura militare
per fare chiarezza sulla vicenda.

[14b]

[15] Per mesi fummo convinti erroneamente delle possibilità relative
al gratuito patrocinio. Parlando con il maresciallo avevamo inteso che
solamente per i discorsi penali si poteva avere diritto al gratuito
patrocinio dell'avvocato: Inizialmente pensavamo che essere stati denunciati
per minacce in un certo senso era positivo perchè finalmente avremmo potuto
avere un avvocato. In realtà poi la cosa fu una delusione perchè l'avvocato
s'interessò solamente del caso specifico e non dell'intera vicenda.
Addirittura non riuscimmo a capire perchè l'avvocato non ci disse di fare
controquerela. Ci invitò invece a denunciare i carabinieri, ma noi non
volevamo avere altri problemi. Infatti non abbiamo potuto presentare
denuncie o querele nè relativamente all'incidente nè per lo smarrimento
degli esposti.

. [16] Durante l'estate del 2005 ci fu un incidente grave con la morte
di una ragazza minorenne. Anche in quel caso il maresciallo tentò di
dimostrare che l'incidente era dettato da motivi psicologici, ipotizzando un
suicidio. Seguimmo la vicenda dai giornali. Abbiamo notizia di altri casi
che seguirono sempre lo stesso iter, cioè un'interpretazione psicologica del
caso, più che un tentativo di reale ricostruzione dei fatti.


[17] Le nostre informazioni risalgono a fine Ottobre '05. Non
sappiamo se successivamente presso la nostra residenza siano arrivati
documenti in proposito. Tramite fax, email o telefono non è comunque
arrivata nessuna comunicazione. E' da notare che accanto alla denuncia vi
era la richiesta di un intervento urgente perchè a seguito di tutte le
vicissitudini elencate nei documenti smarriti eravamo rimasti senza più
nulla. Alla Procura di Milano inviammo pure una copia dei fascicoli che
erano stati smarriti a Roma.


[18] Depositammo i due fascicoli presso l'ufficio primi atti, subito
dopo la constatazione che i documenti precedentemente inviati erano stati
ri-smarriti e/o ri-sottratti. Ci presentammo velocemente allo sportello, sul
finire dell'orario. Notammo però che i nostri fascicoli erano stati posti da
una parte, invece altri documenti erano stati portati in un'altra stanza. In
quell'istante abbiamo temuto che anche quei documenti sarebbero stati
smarriti e/o sottratti, e da quanto confermato dal PM ciò è veramente
avvenuto. Sembrava inoltre che le persone che ricevevano i documenti ne
conoscessero il contenuto: non volevano accettarli perchè non riguardavano
fatti accaduti a Roma. Noi rispondemmo: "come fa a saperlo?"

[19].Non sappiamo che fine abbiano fatto questi ultimi documenti. Non
è da escludere che siano spariti nuovamente. Un'altra ipotesi potrebbe
essere che la prefettura si sia basata sulle ipotesi fatte dal maresciallo
senza verificare i fatti.

[20].E' da ricordare che uno dei carabinieri intervenuto la sera
dell'incidente era del nostro paese di nascita e conosceva i nostri parenti.

[21] Il dubbio diventa una certezza facendo delle analisi approfondite
sul caso. Avete mai sentito parlare di BlackList? Sono legali?

[22]Scopriamo che la proprietaria è di origine veneta e che ha molte
proprietà nel paesetto

La nostra azienda/attività


N.B: i nomi delle persone utilizzati nel documento sono inventati per
consentirne l'anonimato.

La nostra Software House, dalla metà degli anni '90, ha iniziato il
progetto di un Sistema Software per l'Industria. Dal 1997 vi è stato un
intenso lavoro in sinergia con un'industria che denominiamo Alfa S.r.l. Dal
1998 cercavamo un marchingegno elettronico da affiancare al nostro software,
e la Alfa S.r.l. ci presentò una ditta della "massima fiducia" che
denominiamo Stalker Elettronica S.r.l.
L'Alfa S.r.l. comprava le licenze del nostro sistema software man
mano che venivano prodotte, mentre noi rimanevamo i proprietari esclusivi
del software, dei sorgenti e di tutti i diritti relativi al progetto. In
questa forma di sinergia potevamo costruire un sistema solido, testato e
aderente alla realtà industriale; d'altro canto l'Alfa S.r.l. era seguita in
maniera del tutto particolare e riusciva ad avere delle procedure molto
specifiche. Questo tipo di rapporto consentiva, ad una società piccola come
la nostra, di affrontare le pesanti spese di un corposo progetto Software.
Le competenze vi erano, mancavano solamente i finanziamenti, che in questa
maniera tuttavia pervenivano senza precluderci la proprietà completa del
progetto [1] . Avevamo compiuto uno studio serio in proposito e un'analisi
di marketing, il tutto incluso nel business plan della nostra azienda.
Dal '98 si erano intensificate le relazioni con l'Alfa S.r.l. tanto
che si erano prospettate le basi di vari accordi futuri e la possibilità di
creare una struttura comune, per commercializzare il prodotto finito.

Torniamo alla presentazione della Stalker S.r.l. prima del 2000, da
parte dell'Alfa: ad aprile del 2000 ci arriva il primo preventivo dalla
Stalker. Il preventivo viene accettato all'inizio di giugno 2000 e si da il
via libera. Il primo prototipo, secondo gli accordi doveva essere consegnato
in settembre del 2000. La cosa era fattibile perché la parte hardware
esisteva già, si trattava solamente di costruirne il software specifico.
La Stalker S.r.l. in settembre invece di consegnarci il prototipo ci
rimanda la consegna prima in ottobre, poi in novembre, poi in dicembre. Noi
nel frattempo avevamo degli ottimi potenziali clienti, ma dobbiamo far
slittare la vendita di conseguenza. Il lavoro del terminale inizia
effettivamente alla Stalker all'inizio del gennaio del 2001. Il primo
prototipo funzionante ci verrà consegnato in luglio 2001 a 11 mesi dalla
data prevista. Il lavoro è parziale e viene eseguito un po' di
perfezionamento e sistemati alcuni bugs. Ad ottobre 2001 però il dipendente
della Stalker che seguiva il progetto si licenzia, per andare a lavorare in
un'altra azienda ed il nostro terminale resta incompleto. Continuiamo a
chiedere il completamento del software e la sistemazione dei bugs, ma ciò
non avverrà mai.
La situazione ci crea grossi danni economici.
Nel 2002 riusciamo comunque a vendere alcuni marchingegni unitamente
al nostro Software, seppur con funzionalità ridotte. Ma dopo un anno tutti i
marchingegni elettronici uno dopo l'altro si bruciano. E' una pessima
pubblicità.
Nel frattempo l'Alfa S.r.l. ritorna indietro sui suoi passi: un cambio
generazione ai vertici della società farà cambiare gli accordi o almeno così
ci viene detto. Così i costi del progetto del terminale, che dovevano essere
sostenuti dall'Alfa S.r.l., vengono invece a pesare in gran parte su di noi.
Fu così che nel 2002 decidiamo di accettare una commessa di lavoro
dalla Stalker S.r.l, proprio per coprire con altre entrate le perdite dovute
al malfunzionamento del terminale e la relativa mancata vendita. La Stalker,
che era nostro fornitore, diventa dunque anche nostro cliente. La commessa
propostaci dalla Stalker è molto interessante: riguarda un software per una
multinazionale con possibili sbocchi nel mercato estero. Naturalmente la
Stalker non è una software house, e riesce ad ottenere la commessa
probabilmente attraverso qualche conoscenza.
Fu durante questo lavoro che la Stalker cominciò a comportarsi in
maniera poco professionale, offensiva e oseremo dire "patologica". Comunque
riusciamo a finire il lavoro e consegnarlo, ma non avrà l'iter previsto per
motivi a noi indipendenti e legati alla multinazionale e probabilmente alla
Stalker. Addirittura il corso di addestramento all'uso del software, che non
era incluso nel contratto, viene fornito da noi gratis, contro ogni accordo
iniziale. Diciamo che in qualche maniera siamo stati costretti a farlo per
avere quanto ci spettava.

Nel 2003 la Stalker ci forza di fare un software per la sua gestione
interna: ci propone sempre grande collaborazione e pubblicità oltre che a
presentarci direttamente dei clienti, per avere il nostro lavoro ad prezzo
molto basso. Ormai crediamo poco alla Stalker, ma non abbiamo altra
possibilità: inoltre speriamo almeno di poter capire cosa succede a quello
che ci vendono.
Il "boss" della Stalker ci dice in maniera folkloristica che se non
gli facciamo il programma, se ci trova in giro ci prende sotto in macchina.
Inizialmente pensiamo che queste dichiarazioni siano solamente delle
espressioni colorite, dette in tono scherzoso, ma poi dopo essere entrati in
fabbrica da loro ci accorgiamo che non c'e' da scherzare.
Non riusciamo più a svincolarci da questa brutta situazione. A
settembre '03 consegniamo una prima versione, ma la Stalker non riesce a
seguire l'introduzione del software in azienda, perché appena trasferita su
un nuovo capannone. Inoltre l'ingegnere che se ne occupa non conosce l'azienda,
è giovane ed assunto con un contratto di formazione.
La Stalker in pochi anni aveva avuto un incremento pauroso della
propria attività, ma a ciò non era seguita un'organizzazione interna
efficace. Così all'interno della Stalker vi era il Kaos, occorreva
codificare tutti gli articoli, fare delle analisi, organizzare il reparto
produttivo, gli acquisti, il magazzino, le vendite, le pianificazione, i
progetti. Il boss era molto lunatico, cambiava idea continuamente, non
offriva collaborazione ed era molto scontroso al limite delle minacce:
questo succedeva pure con i suoi fratelli comproprietari. Vi erano degli
scontri tra i fratelli amministratori della Stalker e noi ci siamo trovati
proprio in mezzo. A completare il quadro vi era un ingegnere, nostro
referente, assunto con contratto di formazione, con una preparazione
scolastica. Tale ingegnere non conosceva proprio l'azienda in cui lavorava:
faceva da "tappabuchi" ai molti lavori necessari, dalla preparazione del
sito internet dell'azienda, alle stampe per i clienti, alla fiera. (Stalker
puntava molto sul risparmio, ben oltre ogni ragionevole limite, ad esempio
chi aveva "costruito" il nostro marchingegno si era licenziato perché
prendeva una paga misera).
La Stalker comincia ad avere mille pretese, non previste dal
contratto.
Scoprimmo sempre in quel periodo che un socio della Stalker aveva dei
legami di parentela con un socio dell'Alfa S.r.l.
Scoprimmo inoltre sempre in quel periodo due fatti importanti: L'Alfa
S.r.l. andava a dire in giro che la nostra società era loro. Pure la Stalker
S.r.l. faceva intendere di avere la proprietà del nostro Sistema Software.
Questo lo scoprimmo semplicemente tramite le azioni di marketing e contatto
diretto con i clienti o altre aziende, in vista di collaborazioni.
La Stalker cominciò a bombardarci di telefonate, fax ed email. Ci
telefonava pretendendo il nostro intervento presso la loro sede senza
compenso e quando decidevano loro.
Così noi dovevamo andare alla Stalker su comando e sentirci
continuamente cambiare le specifiche o i progetti, con il ricatto/promessa
dei marchingegno che ci doveva definitivamente sistemare.
Si era creato un clima insostenibile e venimmo trattati da schiavi.
Abbiamo cominciato a chiedere che tutte le comunicazioni avvenissero
per iscritto, perché le telefonate erano assillanti, ma anche per avere
documentazione scritta a prova di quanto detto.
Vi erano delle vere e proprie intimidazioni, non vi era più alcun
ragionamento logico, né per quanto riguarda i contratti né per quanto
riguarda la discussione di una specifica tecnica. Cominciarono a paventarci
cause legali.
Tentammo fino in ultima di risolvere la questione pacificamente:
avevamo invitato la Stalker presso i nostri uffici per discutere della
questione, poiché negli ultimi tempi temevamo per la nostra incolumità il
recarci presso la loro sede. Inoltre chiedevamo un reale segno di serietà
della Stalker nel venirci incontro: notare che noi eravamo stati presso la
sede della Stalker innumerevoli volte, mentre la Stalker non venne mai
presso i nostri uffici.
Nel 2004 le cose peggiorarono e vi furono delle altre minacce. In
maggio 04 andammo così a segnalare la cosa dai carabinieri. In settembre
2004 ricevemmo delle minacce anche da altre persone presso il nostro ufficio
e in ottobre 2004 siamo andati dai carabinieri.
In dicembre 2004 teniamo duro, e sviluppiamo l'ultima parte del
Software per l'Alfa S.r.l., anche se ormai era già avvenuta la violazione di
domicilio con cambi di serratura presso la sede della nostra società.
Da uno dei soci dell'Alfa ci sentiamo dire che se falliamo loro
compreranno i sorgenti a basso prezzo, all'asta, e uno di noi potrebbe
andare a fare l'operaio da loro, e se c'e' bisogno di modificare il
programma potrebbe farlo durante il tempo libero.
Dopo che si riprendono il software per una miseria, pensano anche di
protestare presso la Stalker, perché quel marchingegno che hanno prodotto
"fa proprio schifo, e l'Alfa è una ditta seria, e non si vuole tenere cose
che non funzionano".
Sembra che il fallimento della nostra società sia stato già deciso e
progettato, come pure l'acquisto del software e le relative spartizioni.

Alla fine comprendiamo che è tutto un gran raggiro: i padroni dell'Alfa
S.r.l. avevano delle parentele con i padroni della Stalker S.r.l.. L'Alfa
S.r.l. aveva sparso la voce che la nostra società era loro e la Stalker
faceva intendere che aveva la proprietà del nostro sistema Software
Queste dicerie, insieme al mancato completamento del terminale da
parte della Stalker, ha posto la nostra società in ginocchio. Inutile è
stato il nostro tentativo di uscire dalla situazione: ci hanno ridotto
volutamente in miseria, anche per impedire che ci possiamo difendere.
Ad un certo punto la Stalker ha voluto darci il colpo finale facendoci
una causa legale con dei motivi senza fondamento, tanto sapeva bene la
nostra situazione economica e da noi non poteva avere proprio nulla. L'Alfa
S.r.l. aspettava il fallimento per comprarsi il software all'asta
fallimentare.
L'Alfa ha l'intero sistema aziendale sotto il nostro software: dall'inserimento
dell'ordine alla stampa dei certificati di conformità al controllo
avanzamento produzione. Doveva avere qualche asso nella manica per sentirsi
così sicura di avere e di averci sotto controllo, nonostante il male
causatoci.
Infatti è come se l'Alfa si aspettasse di averci come operai, e come
programmatori a tempo perso, certa che non avessimo altre possibilità o
potessimo intraprendere altre vie, inclusa una seria azione legale.
Ben sapevano che eravamo ridotti in miseria, senza da mangiare e senza
possibilità di difenderci. Sia l'Alfa S.r.l. sia la Stalker erano informate
della nostra situazione e sembravano infierire ancora di più su di noi, come
chi si avventa su un indifeso (un socio dell'Alfa S.r.l. ci prestò comunque
di tasca sua 150 Euro per mangiare).

Avevamo concentrato tutti i nostri sforzi nell'ultimo periodo del 2004
per vendere o tutta la società o l'intero progetto ad un'altra software
house. In questa maniera ci saremmo liberati di tutti i problemi. A tal
proposito eravamo in contatto con diverse aziende, anche estere.
Quest'ultimo obiettivo è stato vanificato dal fatto che siamo stati
chiusi fuori dagli uffici della società, a causa della violazione di
domicilio con cambio di serratura, in concomitanza alle minacce ricevute in
quel luogo. Le autorità che noi abbiamo interpellato non sono mai
intervenute perché i nostri documenti (esposti e/o denuncie) sono stati
smarriti e/o sottratti in Procura della Repubblica. Non ci è più stato
possibile svolgere le operazioni previste per legge,ne tanto meno fare la
contabilità.
Abbiamo proposto di acquistare l'intero progetto anche a due nostri
clienti, a tale proposito li abbiamo informati precisamente della
situazione. Uno di questi, La Gamma S.r.l. invece ha approfittato delle
informazioni che gli abbiamo fornito per usarle contro di noi, probabilmente
per mettersi nella mischia di quelli che volevano prendersi il Sistema
Software. Queste persone si sono presentate pure sotto casa in Marzo 2005.
Per trovarci hanno bussato ad ogni porta della via del paese, urlando a
gran voce il nostro cognome. Come la Gamma S.r.l. sia riuscita ad avere l'indirizzo
personale non si sa, crediamo non lecitamente
Meno male che avevamo detto alla Gamma S.rl. che avevamo paura della
Stalker e che vivevamo nel paese quasi nascosti, e che là non ci conosceva
nessuno ed era meglio così..

Per dieci anni abbiamo lavorato ad un prodotto che dovevamo vendere,
rimandando i proventi alla commercializzazione vera e propria. Le vendite
sono slittate a causa principalmente della Stalker S.r.l. e poi siamo stati
messi in ginocchio, probabilmente attraverso un piano ben architettato, e ci
è stato rubato tutto il lavoro. Lo Stato è rimasto a guardare, anzi noi
crediamo che lo Stato sia molto labile da queste parti, ed è per questo che
certe persone possono permettersi di fare il bello e cattivo tempo.

Queste società si sono avventate contro di noi come su un animale
ferito, senza pietà. Non hanno desistito nemmeno davanti alle nostre
sofferenze umane. Eravamo rimasti senza auto, chiusi fuori dalla società,
senza lavoro, senza soldi, minacciati e con le nostre richieste di aiuto
perse in Procura della Repubblica e loro lo sapevano. Si sono comportate
come animali selvaggi che fiutano l'odore del sangue, senza nemmeno guardare
effettivamente nemmeno ai loro interessi.
La caduta della nostra Software House voleva dire anche la caduta del
sistema software da loro in uso: almeno per noi era difficile vederne la
continuazione da parte azienda senza il nostro appoggio, almeno iniziale.
La Gamma S.r.l., L'Alfa S.r.l. e la Stalker aveva avuto un'offerta per
comprare il nostro Sistema Software con relativo progetto ad un prezzo molto
basso, e poterlo dunque rivendere, ma nessuno ha accettato.
La mancata accettazione voleva dire comunque per loro un danno più
grosso, ma tanto erano sicure di avere il software all'asta e poterselo
spartire, per non avere il minimo dubbio di procedere come hanno fatto.

Quando facevamo i lavori presso queste aziende, i proprietari, avevano
tutti nel loro computer personale le fotografie dei propri figli come sfondo
del monitor. Ci chiedevamo perché tanto odio e perché tanta costanza nel
volere distruggere delle persone e la nostra famiglia. Noi avevamo sempre
lavorato duro e fatto tutti i lavori a regola d'arte. Essi volevano
solamente rubare quello che era stato fatto, perché si deve rubare, perché è
così la mentalità di molte persone. Tanto lo sanno bene che lo Stato non c'e',
che lo Stato non protegge e ne approfittano.

La cosa non è finita lì, perché quando vi fu la violazione di
domicilio presso i locali della nostra società, ancora in dicembre 2004 vi
fu pure il cambio della serratura, così non potemmo più entrare. Non potemmo
più fare nemmeno la contabilità e nessuna attività commerciale e produttiva.
Addirittura non potemmo più consegnare il modem Adsl alla Telecom. Non
avevamo nemmeno i contratti, l'atto costitutivo, le fatture e i DDT. Tutto
era rimasto apparentemente intatto al di là delle vetrate, eccetto lo
scatolone con le nostre cose personali: trafugato, probabilmente per
trovarne chissà quale contenuto o presumibilmente per trovare il luogo della
nostra residenza personale. Dentro i locali furono chiuse pure tutte le
documentazioni che ci servivano per difenderci nelle cause legali fatte
dalla Stalker. Inutile dire che l'autorità non intervenne mai per riaprire
quella porta e per aiutarci, perché i nostri documenti erano stati persi e/o
sottratti in Procura della Repubblica (Click per dettaglio). Ma non una
volta, non due e non tre, diciamo in maniera ripetuta e continuata.
Probabilmente poi vi si è messo di mezzo pure lo sfratto. Ad oggi non
sappiamo nemmeno cosa sia successo là in quell'ufficio e alla nostra
società, perché da un certo punto abbiamo cominciato a vivere dentro una
tenda con i beni della provvidenza, aspettando un aiuto e continuando a
chiedere e a inviare richieste e documentazioni sul caso alla Procura della
Repubblica, al Presidente della Repubblica e ad altri enti e organismi. In
alcuni giorni abbiamo patito la fame e il freddo.
Naturalmente poi vi è la beffa perché uno di noi è amministratore ed è
stato accusato di varie cose, ad esempio la Telecom. Vi era un'auto in
leasing che non è stato possibile consegnarla, ferma da tempo, anche se
abbiamo avvertito del fatto la società di leasing. Le banche che non si sono
più viste restituire i fidi di cassa. Le diffamazioni....
Insomma in Italia c'e' proprio qualcosa che non va, sembra proprio che
abbiamo toccato qualche potere forte che sta distruggendoci la vita,
bloccando tutte le nostre pratiche, il nostro diritto alla difesa, alla
vita, i diritti come cittadini e lo sta facendo tranquillamente trattando
tutte le istituzioni dello Stato come nullità.
Così il problema non è in Calabria o in Sicilia o in Veneto. Il
problema è nazionale: pensare che noi avevamo scritto a Roma perché
pensavamo che da noi in Veneto avrebbero insabbiato tutto.

Note generali:
_________________________________________________________________________________
[N1]Durante un colloquio telefonico del 01 dic 2005 l'assistente sociale
del comune di residenza ci fa notare che ci era stato offerto un lavoro, ma
non l'avevamo accettato: dice che è ben informata. Ebbene, in novembre ha
chiamato una società per reclutare personale per fare corsi per il computer.
La cosa grave è questa: dopo un anno in cui non siamo riusciti a trovare
uno straccio di lavoro, ci arriva una proposta di cui il comune è a
conoscenza? E fino ad ora che non ci è arrivato nulla? C'è qualcuno con la
paletta, come il vigile urbano, che dirige le opportunità di lavoro?
Purtroppo quell'unico lavoro non era attuabile: non vi erano i soldi per
spostarsi nella sede dell'appuntamento, il corso esigeva apertura di partita
iva, cosa non possibile. Stranamente era la prima telefonata ricevuta in
relazione ai curriculum inseriti in internet ancora un anno prima, la sola
ed unica telefonata! Non è questione per lamentarsi, non abbiamo mai creduto
tanto in questi sistemi, avevamo comunque cercato lavoro anche in questa
maniera. Ci sembrava comunque strana quella telefonata, dopo tanto tempo di
silenzio.
Solo ora forse riusciamo a dare una spiegazione. Per la cronaca, il lavoro
consisteva nel tenere dei corsi di Office a 60Euro+Iva al giorno. La cosa
era fattibile, anche se il lavoro era poco remunerativo, tenendo conto che
essendo un lavoro con partita iva poi occorreva avere un commercialista,
tenere la contabilità e quant'altro inerente.
Comunque sia, la cosa è di per se è inquietante, perchè, se il comune è
riuscito a far muovere una società di Milano, attraverso lavoro.org non è
ragionevole pensare che possa anche aver bloccato qualsiasi proposta di
lavoro? La cosa è inquetante!
[N2] Secondo una rielaborazione successiva degli eventi accaduti in quei
giorni abbiamo ipotizzato che il maresciallo era in possesso della nostra
prima testimonianza rilasciata ai carabinieri in data 05 ottobre 2004.
Quella testimonianza era scottante, tanto da doverla invalidare in qualche
maniera. La nostra tesi è confermata indirettamente anche dalla sparizione
dei documenti in Procura della Repubblica, per la quale abbiamo una
dichiarazione scritta del PM che attesta appunto la sottrazione e/o
smarrimento secondo l'art 616 del codice penale. Per noi si tratta
evidentemente di sottrazione di documenti perchè statisticamente è
impossibile che vi sia un'incidenza del fenomeno così elevata dovuta a
eventi casuali (si tratta di una questione scientifica, non psicologica).
Appena accaduto l'incidente si è prospettata l'opportunità di etichettare le
persone come matti con l'obiettivo di rendere le precedenti testimonianze
nulle e invalidare così gli esposti e mettere tutto a tacere. A Tal
proposito il maresciallo, pur di non sua competenza, fece una diagnosi
psichiatrica su di noi, senza nemmeno vederci in faccia. La cosa gli è
sfuggita di mano perchè noi abbiamo cambiato aria i giorni seguenti e siamo
tornati solamente dopo parecchi giorni. Solamente in occasione delle
notifiche delle querele . Se fossimo rimasti in zona non sarebbe mai emerso
questo particolare. Noi stessi abbiamo visto la dichiarazione che aveva
fatto, sulle carte dell'assistente sociale (fu un caso, una brezza leggera
spostò alcuni fogli che teneva in mano l'assistente sociale). E' sospetto
inoltre il fatto che nei giornali non si è minimamente parlato dei documenti
persi, della questione della giustizia, della dinamica reale dell'incidente.
E' sospetto inoltre il comportamento dei carabinieri che volevano inserire
tutti e due nel verbale facendo passare la vicenda per un problema
familiare. Per noi questo comportamento aveva pure lo scopo di etichettare
entrambi come matti, in modo da annullare completamente le nostre
testimonianze, infatti gli esposti e/o denuncie erano stati sottoscritti e
firmati da entrambi. Noi abbiamo chiesto un'apertura di indagine alla
Procura Militare per fare chiarezza sulla situazione. Purtroppo nel luogo
ove ci siamo spostati per rifarci una vita, in un'altra regione in un
piccolo paesetto ci siamo ritrovati un carabiniere delle nostre parti. E'
anche questo un caso? E' da notare che alcuni carabinieri di quella
stazione sono stati condannati dalla Procura Militare per non aver eseguito
il regolamento e la notizia era apparsa sul giornale. Noi nutriamo rispetto
per i carabinieri. In particolare ci ha impressionato la figura del Generale
dalla Chiesa ed in particolare alcune considerazioni tratte dal suo diario
personale, è per questo che esigiamo lo stesso rispetto.
[1]
Purtroppo in Italia chi ha competenza e capacità deve andare all'estero per
riuscire a fare qualcosa di concreto. In Italia non si riescono a trovare i
finanziamenti per i progetti pur validi. Alla fine i finanziamenti e pure le
idee confluiscono in qualche maniera solamente alle grandi aziende, le quali
riescono ad influenzare la classe politica o gli enti che dovrebbero
erogarli oppure riescono a mangiarsi le piccole aziende. Ad esempio vi è il
caso "Google", la cui fortuna è dovuta in gran parte ad un'idea italiana.
Secondo noi il problema è che l'Italia ha una mentalità troppo "mafiosa" nel
senso esteso del termine (esempio, gente incompetente assunta per motivi "di
ossequio").

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