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Kafka - Lettere a Milena

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Ol'ga

unread,
Jun 26, 2002, 3:27:44 AM6/26/02
to
"E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il
fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso."
14.IX.1920

___

Queste lettere tracciano la parabola del rapporto (un paio d'anni) tra
Milena e Kafka. Si videro poche volte, in realtà; ma scrissero molto intorno
a quei pochi incontri sospirati e temuti. La corrispondenza parte dopo un
breve incontro a Praga e la manifestazione da parte di M del desiderio di
tradurre le opere di K.

Nell'arco ascendente della parabola K parla a M di sé: infanzia, famiglia,
religione, lavoro, salute ("Sono malato di mente, la malattia polmonare è
soltanto uno straripare della malattia mentale").

Con grande tenerezza esprime a M i propri sentimenti, la esorta a
scrivergli, ad averlo caro; le rivela la gioia limpida che gli donano le sue
parole (K segue anche il lavoro giornalistico e di traduzione di M: "sono il
tuo miglior lettore").

Dopo averne tanto parlato (è il caso - non è proprio il caso - è
assolutamente indispensabile - non lo sopporterei - ti deluderei...)
passarono insieme quattro giorni a Vienna; giorni che torneranno di continuo
nelle lettere: ricordo prezioso.

L'inizio della discesa comincia più o meno dopo il secondo incontro (terzo,
in assoluto), a Gmünd: un incontro più breve, troppo breve e perciò freddo,
anche se tanto desiderato per dissipare gli equivoci indotti dalla
corrispondenza, che porta in sé la difficoltà di comprensione dovuta al
differimento, all'accavallarsi delle lettere, all'umore nel quale si scrive
o legge.

Inoltre, appare ormai chiaro che una vita insieme non sarà mai possibile
prima di tutto perché M è sposata e una scelta tra il marito e K le pare
impossibile, e pare impossibile a K stesso:
"se tu volessi venire da me, se dunque volessi abbandonare tutto il mondo
per scendere da me...non dovresti scendere, bensì sorpassare in modo
sovrumano te stessa, in alto, oltre te stessa, talmente che dovresti forse
dilaniarti, precipitare, scomparire (certo anche io con te). E tutto ciò per
arrivare in un punto che non ha niente di allettante...";
in secondo luogo, perché l'angoscia finora sopita riprende il sopravvento:
le lettere anziché sollievo recano inquietudine, a prescindere dal loro
contenuto. K matura l'idea di essere fonte di dolore per M.

La comunicazione diventa dunque dolorosa e tuttavia resiste ancora:
"o tu sei mia e tutto va bene, o invece ti perdo e allora non c'è
niente...niente di niente" "e certo è qualcosa di blasfemo costruire in
questo modo così su una creatura umana".

Dopo circa due mesi di lettere più rarefatte e strazianti, la corrispondenza
si interrompe:
"ciò che tu sei per me, Milena, per me al di là di tutto il mondo in cui
viviamo, non è detto nei quotidiani brandelli di carta che ti ho scritto"
"decisiva è la mia incapacità di arrivare al di là delle lettere...e
decisiva è la voce irresistibilmente forte, come dire la voce tua che mi
esorta a stare zitto".

Uso ancora le parole di K per descrivere quella condizione della quale
lui stesso dice di poter parlare solo per approssimazione:

"E' all'incirca come quando uno, prima di ogni passeggiata, dovesse non solo
lavarsi, pettinarsi ecc - già questo costa fatica - ma siccome prima di ogni
passeggiata gli mancano sempre tutte le cose necessarie, dovesse anche
cucirsi il vestito, farsi le scarpe, fabbricarsi il cappello, tagliare il
bastone e così via".

E adesso vado a metter via il libro, che ci ho pianto su abbastanza.


Olga

[in appendice ci sono alcune lettere di Milena a Max Brod; lettere che
raccontano la disperazione di non aver saputo spezzare in due il pane
dell'angoscia di K:
"ero troppo debole per poter fare e compiere ciò che, lo sapevo, unicamente
lo avrebbe soccorso. Questa è la mia colpa...Se fossi riuscita ad andare con
lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so solo oggi. Allora
ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina
istintiva."]


Luca Tassinari

unread,
Jun 26, 2002, 5:27:16 AM6/26/02
to
"Ol'ga"

> [...]


> Uso ancora le parole di K per descrivere quella condizione della quale
> lui stesso dice di poter parlare solo per approssimazione:
>
> "E' all'incirca come quando uno, prima di ogni passeggiata, dovesse non
solo
> lavarsi, pettinarsi ecc - già questo costa fatica - ma siccome prima di
ogni
> passeggiata gli mancano sempre tutte le cose necessarie, dovesse anche
> cucirsi il vestito, farsi le scarpe, fabbricarsi il cappello, tagliare il
> bastone e così via".

Magnifico post, per due motivi.

Mentre leggevo avevo come la sensazione che
non fossi tu a parlare di quella corrispondenza,
ma Milena. Una specie di transfert, non saprei
dire... qualcosa di cui potrei "parlare solo per
approssimazione".

L'altro motivo è l'accento sulla fatica di Kafka,
la sua sensazione di non essere attrezzato per
stare al mondo, l'angoscia di non saper andare
"al di là".

Ecco, quando cerco di leggere Kafka mi sento
esattamente così: affaticato, disarmato, inquieto.
E' come un muro da scalare. Ci provo a più
riprese, ci rinuncio, lo mollo per anni e poi ci
riprovo, per vedere se il tempo mi ha fornito
l'attrezzatura giusta per poter andare "al di là".
Macché! Io invecchio, divento più lento, più
pesante, le mie chance di riuscire a oltrepassare
il muro calano inesorabilmente.

Grazie, che mi parli di Kafka. Vai pure avanti.
Io mi siedo in un angolo e ascolto.

Ciao

Luca

Simone Silvestri

unread,
Jun 26, 2002, 5:45:50 AM6/26/02
to
Ol'ga wrote:

> "E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il
> fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso."
> 14.IX.1920

La citazione più famosa e stordente di questa corrispondenza.
In un passo dei diari Kafka si vede tagliato a fette da una lama che
lavora veloce. Le fette di K. volano via.
Alla fine del Processo i due esecutori della condanna, tondi e cotennosi e
con la faccia di luna piena (che hanno il cilindro in testa e sembrano
attori), infilano il coltello nel cuore di Josef K. e lo girano ben bene.
Kafka e lame. Kafka e coltelli.

> Queste lettere tracciano la parabola del rapporto (un paio d'anni) tra
> Milena e Kafka. Si videro poche volte, in realtà; ma scrissero molto intorno
> a quei pochi incontri sospirati e temuti. La corrispondenza parte dopo un
> breve incontro a Praga e la manifestazione da parte di M del desiderio di
> tradurre le opere di K.

Kafka e Milena si incontravano all’interno di quel cenacolo
d’intellettuali praghesi che si riuniva nei caffè cittadini, il Caffè
Arco, il Caffè Edison. Una bella descrizione di quella cerchia la trovi
nel bellissimo racconto di Johannes Urzidil: “Testamento spirituale di un
giovane” (dedicato al giovane poeta Karl Brand) contenuto nella raccolta
“Trittico praghese”. Libro straordinario il trittico, detto di corsa.

Là in quel gruppo c’era un fugace Franz Werfel, c’era Karel Weissenstein,
c’era il marito di Milena (che si chiamava Pollak) e c’era colui che
sarebbe stato il detentore e pubblicatore dell’epistolario, Willy Haas.

Milena tradusse il racconto di Kafka che s’intitola “Il fuochista” per la
rivista Kmen, che in ceco vuol dire tronco, mi pare.

> Nell'arco ascendente della parabola K parla a M di sé: infanzia, famiglia,
> religione, lavoro, salute ("Sono malato di mente, la malattia polmonare è
> soltanto uno straripare della malattia mentale").

Per non dire del sollievo che Kafka provò alla prima emottisi, nel 1917,
quando scrisse che il cervello si parlò coi polmoni e disse: “qua non si
può andare avanti”

> Dopo averne tanto parlato (è il caso - non è proprio il caso - è
> assolutamente indispensabile - non lo sopporterei - ti deluderei...)
> passarono insieme quattro giorni a Vienna; giorni che torneranno di continuo
> nelle lettere: ricordo prezioso.

E hai visto quanti preparativi…telegrammi, lettere. La renitenza di K., la
sua minuziosità che non fa capire, addirittura, se la vuole vedere o no a
Milena. Stessa cosa nell’epistolario con Felice Bauer.

> Inoltre, appare ormai chiaro che una vita insieme non sarà mai possibile
> prima di tutto perché M è sposata e una scelta tra il marito e K le pare
> impossibile, e pare impossibile a K stesso:
> "se tu volessi venire da me, se dunque volessi abbandonare tutto il mondo
> per scendere da me...non dovresti scendere, bensì sorpassare in modo
> sovrumano te stessa, in alto, oltre te stessa, talmente che dovresti forse
> dilaniarti, precipitare, scomparire (certo anche io con te). E tutto ciò per
> arrivare in un punto che non ha niente di allettante...";
> in secondo luogo, perché l'angoscia finora sopita riprende il sopravvento:
> le lettere anziché sollievo recano inquietudine, a prescindere dal loro
> contenuto. K matura l'idea di essere fonte di dolore per M.

Già, Kafka non aveva pace. Il fatto poi che Milena fosse sposata e non
potesse separarsi da Pollak lo frenava moltissimo. Oltretutto Milena, pur
essendo infelice a Vienna, non voleva tornare a Praga, visto che aveva
rotto col padre, illustre clinico (ginecologo, mi pare, come uno dei due
poeti art decò praghesi, non so se Salus o Adler).

Siccome “San giovanni non fa inganni”, poco dopo l’amaro distacco da
Milena, Kafka incontrerà, in una colonia ebraica sul Mar Baltico, Dora
Dymant, la donna con cui finalmente poté avviare una convivenza (tralascio
di scrivere il “troppo tardi” che chiude la loro storia), quella
dell'ultimo anno a Berlino.

> E adesso vado a metter via il libro, che ci ho pianto su abbastanza.

Ma grazie del bellissimo post, davvero

> [in appendice ci sono alcune lettere di Milena a Max Brod; lettere che
> raccontano la disperazione di non aver saputo spezzare in due il pane
> dell'angoscia di K:
> "ero troppo debole per poter fare e compiere ciò che, lo sapevo, unicamente
> lo avrebbe soccorso. Questa è la mia colpa...Se fossi riuscita ad andare con
> lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so solo oggi. Allora
> ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina
> istintiva."]

Milena Kafka lo chiamava Frank; è l’unica persona che lo abbia mai
chiamato così.


--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it


maria strofa

unread,
Jun 26, 2002, 6:00:24 AM6/26/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 07:27:44 GMT, "Ol'ga" <olghe...@tin.it> wrote:

>"E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il
>fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso."
>14.IX.1920

Grazie, ignoravo che David Grossman avesse tratto da qui il titolo del
suo libro "Che tu sia per me il coltello".


>Nell'arco ascendente della parabola K parla a M di sé: infanzia, famiglia,
>religione, lavoro, salute ("Sono malato di mente, la malattia polmonare è
>soltanto uno straripare della malattia mentale").

Non ricordo più chi ha detto (forse Cioran) che adorava gli epistolari
di Joyce e Dostoevskij perché parlavano soltanto di soldi. Insomma,
mica di letteratura.

"Dostoevskij diceva di non sopportare M.me de Sevigné perché scriveva
lettere molto belle. Ed egli non sapeva scriver lettere, come ripeté
molte volte ai suoi corrispondenti, adducendo motivi diversi. (Lo
Gatto - Epistolario di D.)

Kafka scrive lettere molto belle, no stupende, poetiche (sapeva già
che Max Broad gli avrebbe disubbidito?). Il problema degli epistolari
dei grandi scrittori è la loro 'spontaneita'.

Qui mi sento di dire - no, conferma tu, Ol'ga - che Kafka scriveva a
Milena (e basta), donna straordinaria anzi di più. Una donna che ti
capisce letterariamente (come fece Milena) e che ti ama.

Logico che Kafka fosse angosciato, verrebbe da dire: dove la trovi una
persona così? Il che sarà banalizzante, ma...

Kafka, oltre a Milena, amava Dostoevskij (che ritorna molte volte
nelle lettere in questione) e Flaubert (Bouvard et ...), così io e
alfiuccio adorato siamo stati sistemati entrambi.

>E adesso vado a metter via il libro, che ci ho pianto su abbastanza.


Macché. Troppo comodo. Non hai finito di piangere, ancora.
Ti manca (ti manca?) di leggere "Milena, l'amica di Kafka" di
Margarete Buber Neumann [Adelphi].

Milena era davvero una donna straordinaria, non portò mai alcun
rancore a Kafka che, stando a Remo Cantoni e altri, sarebbe stato
responsabile della rottura per troppa 'angoscia'. Come Kierkegaard con
Regina Olsen.


>[in appendice ci sono alcune lettere di Milena a Max Brod; lettere che
>raccontano la disperazione di non aver saputo spezzare in due il pane
>dell'angoscia di K:
>"ero troppo debole per poter fare e compiere ciò che, lo sapevo, unicamente
>lo avrebbe soccorso. Questa è la mia colpa...Se fossi riuscita ad andare con
>lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so solo oggi. Allora
>ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina
>istintiva."]

Ah, ecco, si è presa anche le colpe di Kafka. Donna straordinaria.
Kafka letterariamente, è immenso, ma Milena dal punto di vista
umano...

[Riuscì a non farsi violentare e a passare una vita decente in campo
di concentramento per il suo coraggio, il suo sguardo, la sua fierezza
(sic Margarete Buber Neumann.) A lei i gerarchi le facevano un baffo.
Non aveva paura.]

maria

P.S. C'è anche l'insetto della metamorfosi nell'epistolario, l'insetto
che si rivolta sul dorso.

P.P.S Scusa se ho tagliato molto il post, ma usando Agent, troppo blu
mi turbava. Meglio rileggerlo più volte in originale nero.

P.P.P.S Ah, prima di spedire questo ho controllato icl. L'hanno già
detto gli altri che il tuo post è stupendo. Grazie. Prego.

P.P.P.S. C'è anche una 'Vita di Milena' di sua figlia, Jana Cernà,
Garzanti (quella di *Oggi... ecc... e/o). Introvabile, almeno per me.
Grazie a chi mi farà soffrire dicendo che ce l'ha.

Elvio Cipollone

unread,
Jun 26, 2002, 6:05:24 AM6/26/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 07:27:44 GMT, "Ol'ga" <olghe...@tin.it> wrote:

>"Questa è la mia colpa...Se fossi riuscita ad andare con
>lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so solo oggi. Allora
>ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina
>istintiva."

Colpa e rimpianto sono figli dell'infelicità, generata a sua volta da
rimpianto e colpa.
E' un cerchio di maledetto che la sorte si diverte a gettare a
casaccio sugli uomini, e romperlo per chi gli capita è arduo, se pure
fosse possibile.

Da leggere questa corrispondenza, io lo farò, ne hai tracciato un bel
profilo.

Elvio

eusebia

unread,
Jun 26, 2002, 6:54:20 AM6/26/02
to

"maria strofa"

> Non ricordo più chi ha detto (forse Cioran) che adorava gli epistolari
> di Joyce e Dostoevskij perché parlavano soltanto di soldi. Insomma,
> mica di letteratura.

Capita giusto giusto un saggio di Brodskij che ho letto due giorni fa...

Brodskij fa i conti in tasca ai personaggi di Dostoevskij: i seimila rubli
che finiscono nel caminetto di Nastas'ja Filippovna, i duecento rubli
gettati nella neve e calpestati dal capitano Snegirev nei Karamazov (in
quella che definisce 'una delle scene più strazianti della letteratura
mondiale - una scena cui nessuna coscienza può restare intatta') non sono
cifre astronomiche, non rappresentano 'nè una grande ricchezza, nè una
miseria nera, ma una condizione umana tollerabile: una condizione che rende
umani'. D'altra parte, la fatica di procurarsi tali somme di denaro richiede
enormi energie emotive, per il fatto che la 'normalità' (anche economica, in
questo caso) rappresenta un equilibrio difficile da sostenere, considerato
anche il fatto che interessa la maggioranza delle persone, e che dunque la
concorrenza è spietata.
Trattandoli come una somma immensa, Dostoevskij si mette sul piano fisico e
psicologico della maggioranza della gente. Quindi in uno stato di
comprensione e accettazione delle condizioni generali dell'esistenza.
Quell' enorme quantità di denaro diventa allora un' enorme quantità di
sfumature, un'enorme quantità di letteratura. 'In breve, non era tanto
denaro reale quanto denaro metafisico'.

Questo discorso però non regge troppo senza le pagine immediatamente
successive sulla lingua russa, la lingua adatta a cogliere i labirinti,
secondo Brodskij: 'Come una banconota si converte in spiccioli, così in
russo ogni idea enunciata si trasforma nel proprio contrario, e non c'è
niente che la sintassi russa ami tanto esprimere quanto il dubbio e
l'autodeprecazione'.

Ora, io andrei avanti per ore con questo discorso sulla lingua russa che è
la lingua delle sfumature, che sa insinuarsi con la forza dell'evocazione e
della musicalità nei più sottili e nascosti interstizi del senso, come pure
andrei avanti per ore a parlare di Dostoevskij e sono sicura che in qualche
modo finirei col solito papiro su Pietroburgo, Anna Achmatova eccetera... ma
con un'eroico atto di autocontrollo mi fermo qui, e piuttosto fra qualche
giorno se ce la faccio posterò qualcosa su questo bellissimo libro di
Brodskij, 'Il canto del pendolo', che guardacaso si apre con un mirabile
saggio sull'Achmatova e va avanti con Montale, Auden, Cvetaeva, Kavafis e
altro ancora...

ciao eusebija


eusebia

unread,
Jun 26, 2002, 6:58:21 AM6/26/02
to

"eusebia"

> con un'eroico atto di autocontrollo

...ehm, un eroico atto di autocontrollo....

(eroico atto di autocorrezione)


maria strofa

unread,
Jun 26, 2002, 7:42:34 AM6/26/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 10:54:20 GMT, "eusebia" <eusa...@virgilio.it>
wrote:

>Brodskij fa i conti in tasca ai personaggi di Dostoevskij: i seimila rubli
>che finiscono nel caminetto di Nastas'ja Filippovna, i duecento rubli
>gettati nella neve e calpestati dal capitano Snegirev nei Karamazov

[...]

eusebia, scusa se ripristino il thread. Non per gioco o per altro ma
per due motivi (tu hai fatto bene a cambiarlo, il tuo post è notevole)
ma, sempre restando nell'ambito delle Lettere a Milena, si vede come
ben diverso fosse il rapporto col denaro di Kafka e Dostoevskij -
scrittore che compare molte volte nell'epistolario, sì da giustificare
che si parli di lui proprio parlando delle LAM.

Kafka dice tante volte a Milena "Ti mando i soldi, dimmi se ne vuoi
ancora. Non vedo l'ora di liberarmi anche dell'ultimo soldo così tutto
sarà risolto".

Diverso da Dostoevskij che o non ne aveva mai abbastanza, o li
dilapidava come si sa, e aveva già ipotecato tutti quelli futuri
vendendo per pochissimi rubli tutti i romanzi che avrebbe scritto in
vita.

Certo che anche 'sti editori. Treves si è arricchito con Salgari
(colpevole di non avere richiesto percentuali sulle vendite,
condizione che ne avrebbe fatto un nababbo). Va be', questo non
c'entra.

Il saggio di Brodskij leggeròllo al più presto.

maria

Simone Silvestri

unread,
Jun 26, 2002, 8:17:53 AM6/26/02
to
eusebia wrote:

> Brodskij fa i conti in tasca ai personaggi di Dostoevskij: i seimila rubli
> che finiscono nel caminetto di Nastas'ja Filippovna

Come quel vecchio post del dentifricio, nel quale c'era una giovane e
bellissima Virna Lisi, che "con quella bocca può dire ciò che vuole", allo
stesso modo Nastas'ja Filippovna può fare di tutto e anche di più.

/cut


> con un'eroico atto di autocontrollo mi fermo qui, e piuttosto fra qualche
> giorno se ce la faccio posterò qualcosa su questo bellissimo libro di
> Brodskij, 'Il canto del pendolo', che guardacaso si apre con un mirabile
> saggio sull'Achmatova e va avanti con Montale, Auden, Cvetaeva, Kavafis e
> altro ancora...

Ti piacerà anche la lettera ad Orazio che c'è dentro On grief and reason

Io intanto.....leggo a cucchiaiate l'Auden liturgico.

maria strofa

unread,
Jun 26, 2002, 8:27:16 AM6/26/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 14:17:53 +0200, nuot...@infinito.it (Simone
Silvestri) wrote:

>nel quale c'era una giovane

> Virna Lisi, che "con quella bocca puň dire ciň che vuole",

Sembra il ritratto di Lucangel prima che Peltio prendesse dei
provvedimenti.

maria

paolo beneforti

unread,
Jun 26, 2002, 9:11:04 AM6/26/02
to
"Simone Silvestri"

> Io intanto.....leggo a cucchiaiate l'Auden liturgico.

horae canonicae?
è la più bella raccolta di versi che conosca.
mi sbilancio.

Simone Silvestri

unread,
Jun 26, 2002, 9:53:27 AM6/26/02
to
paolo beneforti wrote:

> horae canonicae?

Esattamente: edizioni ES, con in copertina l'immagine di un giovane Auden
"doppio", con sigaretta in bocca.

> è la più bella raccolta di versi che conosca.
> mi sbilancio.

Mi piacciono questi sbilanciamenti.....

Io, per me, non sarei così esplicito, ma ti dico che Auden è un genio per
la sua duttilità nel maneggiare le forme della poesia, per la sua capacità
di estrarre, quando occorre, il succo sublime delle cose dalla realtà più
quotidiana e umile.

Hai letto le stupende pagine che gli dedica Brodskij?

Emerenziano Paronzini

unread,
Jun 26, 2002, 10:03:09 AM6/26/02
to
paolo beneforti wrote:

> horae canonicae?
> è la più bella raccolta di versi che conosca.
> mi sbilancio.

e mi sbilancio anch'io, perche' si citano, un giorno via l'altro, due
poeti e delle poesie che ho letto: occorrenza piuttosto rara.

"There should be monuments, there should be odes

To the first flaker of flint who forgot his dinner,

To the first collector of sea-shells to remain celibate

(...)

Forgetting himself in a function".

(_Sixth_).


ma sospetto proprio di aver citato a chiavica.

Ciao, Paronzini


eusebia

unread,
Jun 26, 2002, 10:12:45 AM6/26/02
to

"Simone Silvestri"

> Ti piacerà anche la lettera ad Orazio che c'è dentro On grief and reason

il libro è qui, appena un po' assaggiato...
finisco 'Less than one' su Kavafis e passo a quello...

(scorpacciata brodskijana: il banchetto di Adelphi è succulento...)

ciao eusebia


paolo beneforti

unread,
Jun 26, 2002, 10:48:57 AM6/26/02
to
"Simone Silvestri" <

> > horae canonicae?
> Esattamente: edizioni ES, con in copertina l'immagine di un giovane Auden
> "doppio", con sigaretta in bocca.

quello.

Auden è un genio per
> la sua duttilità nel maneggiare le forme della poesia, per la sua capacità
> di estrarre, quando occorre, il succo sublime delle cose dalla realtà più
> quotidiana e umile.

già, già. e la commistione così efficace si allarga alla lingua e alle
tematiche, specie appunto in horae canonicae (in ciò ricordando l'intento del
pasolini de Le ceneri di Gramsci).

> Hai letto le stupende pagine che gli dedica Brodskij?

noeh, ma ho letto quelle sì dense che si dedica (in quanto scrittore) lo
stesso auden ne La mano del tintore (testi che piacquero tanto a Piercyber, il
quale disse qui una volta Oh, che grande libro!, ma poi andò in ferie e non ci
tornò sopra).

paolo beneforti

unread,
Jun 26, 2002, 10:42:25 AM6/26/02
to
"Emerenziano Paronzini"

> > horae canonicae?
> > è la più bella raccolta di versi che conosca.
> > mi sbilancio.
> e mi sbilancio anch'io, perche' si citano, un giorno via l'altro, due
> poeti e delle poesie che ho letto: occorrenza piuttosto rara.

ma auden non potevi non leggerlo. ;)

erostratos

unread,
Jun 26, 2002, 1:19:39 PM6/26/02
to

"maria strofa" <maria....@katamail.com> ha scritto nel messaggio
news:9p3jhuoek396f4khv...@4ax.com...
> [cut]
> Kafka scrive lettere molto belle, no stupende, poetiche (sapeva giŕ

> che Max Broad gli avrebbe disubbidito?). Il problema degli epistolari
> dei grandi scrittori č la loro 'spontaneita'.

Eh, ma Dosto la sapeva lunga.
L'epistolario di uno scrittore, soprattutto l'epistolario sentimentale, č
piů che sospetto. Scrivere per stabilire contatti, per stringere legami, per
*comunicare*? Scrivere per annullare le distanze? Non convince.

Primo, perché il differimento temporale della scrittura evoca una asimmetria
tra il mittente e il destinatario. La stessa asimmetria che ci puň essere,
oserei dire, tra il vivo e il morto (o viceversa). La scrittura (ogni
scrittura) non č intrinsecamente postuma?

Secondo, perché la lettera sentimentale vorrebbe farsi garante di una
sinceritŕ e di una confidenzialitŕ al riparo da formalismi (che sanno di
finzione). Non č il momento di badare alla forma, si dice. E se lo si
scrive? Se č uno scrittore che lo scrive?

Non č affatto peregrina l'ipotesi che gli epistolari tendano in realtŕ a
scongiurare la presenza fisica dell'interlocutore, ad arginare l'urgenza
della vita che questi rappresenta, a neutralizzarla, a creare il vuoto in
cui maturi l'opera. Per esempio, Kafka č uno dei piů grandi anestesisti
dell'epistolografia universale. O spiritisti, se vogliamo. Per lui č sempre
e solo una questione di fantasmi: ambiguamente, suggerisce infatti a Felice
di leggere non solo i romanzi ma soprattutto l'epistolario di Flaubert
(altro maestro dell'imbalsamazione).

A questo proposito, si veda il pregevole Vincent Kaufmann, *L'equivoco
epistolare* [nelle lettere di Kafka, Flaubert, Proust, Baudelaire, Mallarmé,
Valéry, Artaud, Rilke], Pratiche Editrice, Parma 1994.

ciao
erostratos

I baci scritti non arrivano a destinazione, li bevono i fantasmi per strada.
Č grazie a questa alimentazione cosě ricca che essi si moltiplicano in modo
cosě favoloso. [Kafka a Milena]

Ol'ga

unread,
Jun 26, 2002, 3:42:30 PM6/26/02
to

"Luca Tassinari"

> Mentre leggevo avevo come la sensazione che
> non fossi tu a parlare di quella corrispondenza,
> ma Milena. Una specie di transfert, non saprei
> dire... qualcosa di cui potrei "parlare solo per
> approssimazione".

E' vero, sě, chiamiamolo transfert.
La mia lettura di questo libro č stata emotiva, partecipata.
Ho ridisegnato la parabola.

Grazie, Luca.

Olga


["Riapro la lettera. Qui c'č posto: Per favore dammi ancora una volta del
tu - non sempre, non lo vorrei nemmeno - ma ancora una volta."]


Ol'ga

unread,
Jun 26, 2002, 3:52:33 PM6/26/02
to

"Simone Silvestri"


ha perfettamente contestualizzato il mio post che era alla "va' dove ti
porta il cuore"
e poi:

> Per non dire del sollievo che Kafka provò alla prima emottisi, nel 1917,
> quando scrisse che il cervello si parlò coi polmoni e disse: "qua non si
> può andare avanti"

"Ecco, il cervello non riusciva più a tollerare le preoccupazioni e i
dolori che gli erano imposti. Diceva: -Non ne posso più; ma se c'è ancora
qualcuno cui importi conservare il totale, mi tolga un po' del mio peso, e
si potrà campare ancora un tantino. - Allora si fecero avanti i polmoni che,
tanto, non avevano molto da perdere. Queste trattative tra il cervello e i
polmoni, che si svolgevano a mia insaputa, devono essere state
spaventevoli."


> E hai visto quanti preparativi.telegrammi, lettere. La renitenza di K., la


> sua minuziosità che non fa capire, addirittura, se la vuole vedere o no a
> Milena. Stessa cosa nell'epistolario con Felice Bauer.


Ah, non voglio sentirti dire ciò! Io ho un transfert con Milena! La sola,
l'unica!
;-)


> Già, Kafka non aveva pace. Il fatto poi che Milena fosse sposata e non
> potesse separarsi da Pollak lo frenava moltissimo. Oltretutto Milena, pur
> essendo infelice a Vienna, non voleva tornare a Praga, visto che aveva
> rotto col padre, illustre clinico (ginecologo, mi pare, come uno dei due
> poeti art decò praghesi, non so se Salus o Adler).


Infatti; lei si disperò per questa sua incertezza "letale".

> Milena Kafka lo chiamava Frank; è l'unica persona che lo abbia mai
> chiamato così.


Sì, l'ho notato. Chissà. Fran(z)K?

Olga


Ol'ga

unread,
Jun 26, 2002, 3:58:39 PM6/26/02
to

"maria strofa"

> Macché. Troppo comodo. Non hai finito di piangere, ancora.
> Ti manca (ti manca?) di leggere "Milena, l'amica di Kafka" di
> Margarete Buber Neumann [Adelphi].

Questo lo farò senz'altro.
Grazie maria, sei un pozzo di san patrizio!


Olga

Ol'ga

unread,
Jun 26, 2002, 4:26:15 PM6/26/02
to

"erostratos"

> il differimento temporale della scrittura evoca una asimmetria
> tra il mittente e il destinatario. La stessa asimmetria che ci puň essere,
> oserei dire, tra il vivo e il morto (o viceversa). La scrittura (ogni
> scrittura) non č intrinsecamente postuma?


Questa cosa la rilevavo anch'io nel post, piů o meno.
Anche K ci ha creduto per poco al potere della parola scritta, al benessere
via posta. Per questi motivi, ed altri. Per esempio perché la scrittura non
č la vita:
"Lo scrivere mi sembra del tutto privo di valore, e lo č.La cosa migliore
sarebbe che partissi per Vienna e ti prendessi con me; forse anche lo farň,
benché tu non voglia".
Solo lo avessero voluto entrambi nello stesso momento,
contemporaneamente...e siamo di nuovo al punto del differimento temporale.

Lo ha detto e ripetuto: dobbiamo smettere di scriverci, non credo piů a
queste lettere...

Tuttavia, erano l'unica cosa.


Olga

Ol'ga

unread,
Jun 26, 2002, 4:32:32 PM6/26/02
to

"Elvio Cipollone"

> Colpa e rimpianto sono figli dell'infelicità, generata a sua volta da
> rimpianto e colpa.
> E' un cerchio di maledetto che la sorte si diverte a gettare a
> casaccio sugli uomini, e romperlo per chi gli capita è arduo, se pure
> fosse possibile.
>
> Da leggere questa corrispondenza, io lo farò, ne hai tracciato un bel
> profilo.

Grazie, Elvio.
Più che un profilo, un'ombra.

C'è così tanto che avrei voluto citare a dimostrazione.
Non c'è una lettera, dico una, che possa passare inosservata.
Il mio libro è tutto pasticciato. Non sucede spesso.


Olga


maria strofa

unread,
Jun 26, 2002, 4:50:35 PM6/26/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 20:26:15 GMT, "Ol'ga" <olghe...@tin.it> wrote:

>
"erostratos"
>
>> il differimento temporale della scrittura evoca una asimmetria

>> tra il mittente e il destinatario. La stessa asimmetria che ci può essere,


>> oserei dire, tra il vivo e il morto (o viceversa). La scrittura (ogni

>> scrittura) non è intrinsecamente postuma?

Ol'ga
>Questa cosa la rilevavo anch'io nel post, più o meno.


>Anche K ci ha creduto per poco al potere della parola scritta, al benessere
>via posta. Per questi motivi, ed altri. Per esempio perché la scrittura non

>è la vita:
>"Lo scrivere mi sembra del tutto privo di valore, e lo è.La cosa migliore
>sarebbe che partissi per Vienna e ti prendessi con me; forse anche lo farò,


>benché tu non voglia".


>Lo ha detto e ripetuto: dobbiamo smettere di scriverci, non credo più a


>queste lettere...
>
>Tuttavia, erano l'unica cosa.

Nessuno come uno scrittore, uno scrivente, uno scrivano o (come diceva
Giorgio Manganelli di sé) un possessore di macchina da scrivere (e ora
di computer) adora svilire il suo atto, rinnegare il valore della sua
attività.

Tralasciando il fatto banale che ogni esperienza diventa esemplare se
è scritta (e lo diventa anche per quelli che la vivono), nulla come la
scrittura avvicina o allontana.

E' un paradosso senza risoluzione quello di erostratos che critica,
scrivendone, la scrittura. Non tanto per Kafka e Milena. Sapere se
Kafka era sincero (su questo non ho dubbi) rispetto ad altri
*epistolatori*.

Non penso fosse colpa delle lettere se l'amore c'è stato non c'è stato
ci sarà ci sarebbe.

Diceva Max Frisch 'Faccio esperienze soltanto quando scrivo'. C'è
molto da diffidare, soprattutto se espressi in questa sede, dai
giudizi di chi non riconosce un valore supremo alla scrittura.

Il solo limite di Kafka era che con le parole non poteva
materializzare Milena, lì, con lei, e poi smaterializzarla, sempre con
le parole. Per il resto poté tutto. Dio non ha bisogno di scrivere, ma
se ne rammarica molto. Impotenza dell'Onnipotente.

Le più belle storie d'amore sono state scritte: non certo vissute.

I grandi sentimenti non trattenuti dalla carta finiscono nella tomba:
per quanto sublimi... Alfiuccio andrà a ravanare, ma non riuscirà a
riesumarli.

La letteratura è menzogna, diceva Manganelli, ma è l'unica menzogna
vera che si può criticare. Tutto il resto evapora nel Nulla.

E, dal momento che tutti gli scrittori sono guitti masochisti è un
esercizio molto praticato quello di non riconoscere alcun potere alla
scrittura. Un po' per snobismo, un po' per far contenti gli altri e un
po' perché ogni scrittore dilania sé stesso. Postatori di icl
compresi.

maria

Elvio Cipollone

unread,
Jun 27, 2002, 4:26:40 AM6/27/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 22:50:35 +0200, maria strofa
<maria....@katamail.com> wrote:

>Dio non ha bisogno di scrivere, ma
>se ne rammarica molto. Impotenza dell'Onnipotente.

Ma Dio *è* la Parola.
Ricordi Giovanni? "In principio era la Parola, e la Parola era presso
Dio, e Dio era la Parola".
Logos si può tradurre anche parola.

>Le più belle storie d'amore sono state scritte: non certo vissute.

Cioè, vissute nella scrittura.
Anche scrivere, significare (signum facere) la realtà, è vivta!

Elvio

paolo beneforti

unread,
Jun 27, 2002, 4:33:08 AM6/27/02
to
"Elvio Cipollone"

> Ma Dio *è* la Parola.
> Ricordi Giovanni? "In principio era la Parola, e la Parola era presso
> Dio, e Dio era la Parola".
> Logos si può tradurre anche parola.

ebraismo ellenizzante.

Elvio Cipollone

unread,
Jun 27, 2002, 4:31:07 AM6/27/02
to
On Wed, 26 Jun 2002 20:32:32 GMT, "Ol'ga" <olghe...@tin.it> wrote:

>Più che un profilo, un'ombra.

Un profilo di ombra :-)

Di Kafka ho letto e amato i tre romanzi e i racconti ma non avevo
ancora avuto il coraggio di affrontare la corrispondenza e in
particolare le lettere a Milena. Ora tu me lo hai dato. Grazie.

Elvio

Elvio Cipollone

unread,
Jun 27, 2002, 4:44:07 AM6/27/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 10:33:08 +0200, "paolo beneforti"
<dw2ttmm6...@sneakemail.com> wrote:

>ebraismo ellenizzante.
>
Capzioso!
Intanto per creare il mondo Dio dovette esprimere parole.
Fatti conto: "Sia la luce" e la luce fu.
Se non fosse stato parola non avrebbe potuto creare.
Ovvero, è il segno che crea la realtà, non viceversa.

Elvio

Luca Tassinari

unread,
Jun 27, 2002, 5:30:41 AM6/27/02
to
"Ol'ga"

> [...]


> E' vero, sě, chiamiamolo transfert.
> La mia lettura di questo libro č stata emotiva, partecipata.

Bel problema gli epistolari, vero? La tentazione di
instaurare, da lettori, una "relazione pericolosa"
con i corrispondenti č sempre dietro l'angolo.

> Ho ridisegnato la parabola.

Sě, ma non te la puoi cavare cosě. Adesso che ti
sei trasferita in Milena devi dirci tutto quello che
sai su Fran(z)K!

Ciao

Luca

Luca Tassinari

unread,
Jun 27, 2002, 8:46:54 AM6/27/02
to
"maria strofa"

> [...]


> Diceva Max Frisch 'Faccio esperienze soltanto quando scrivo'. C'è
> molto da diffidare, soprattutto se espressi in questa sede, dai
> giudizi di chi non riconosce un valore supremo alla scrittura.

> [...]


> Le più belle storie d'amore sono state scritte: non certo vissute.
>
> I grandi sentimenti non trattenuti dalla carta finiscono nella tomba:
> per quanto sublimi... Alfiuccio andrà a ravanare, ma non riuscirà a
> riesumarli.

Sì, però...

La letteratura, secondo me, non agisce da "filtro"
dell'umanità, "trattenendo" per i posteri sentimenti
"condivisi" da tutti nel momento in cui lo scrittore
scrive.

In qualche modo lo scrittore va "al di là" di ciò
che "esiste", allude a qualcosa che solo lui conosce
in quel momento, qualcosa che lui ha visto per
primo.

Poi, dopo, in un secondo momento, arriviamo
noi alfiucci-lettori a ravanare. Leggiamo ciò che
è scritto ed esclamiamo: è vero!

Comunicazione differita, come diceva Olga delle
lettere. Ed erostratos ha esteso il concetto a tutta
la scrittura.

Il che non significa, secondo me, non riconoscere
un valore supremo alla scrittura, ma riconoscerle
un valore supremo a effetto ritardato.

Ciao

Luca

maria strofa

unread,
Jun 27, 2002, 9:18:27 AM6/27/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 14:46:54 +0200, "Luca Tassinari"
<luca...@libero.it> wrote:


[...]


>Comunicazione differita, come diceva Olga delle
>lettere. Ed erostratos ha esteso il concetto a tutta
>la scrittura.
>
>Il che non significa, secondo me, non riconoscere
>un valore supremo alla scrittura, ma riconoscerle
>un valore supremo a effetto ritardato.

Eh! Erostratos è uno di quei talenti capace di dire la cosa contraria
con altrettanta capacità di convinzione e prove a sostegno. Ma non mi
interessa che cosa pensa erostratos (e nemmeno che cosa pensassero in
realtà Kafka e Mìlena).

Mi interessava soltanto stabilire se Kafka fosse o meno consapevole
che le sue lettere sarebbero state lette, unica condizione che cambia
la prospettiva: lette da altri, non da Milena.

Per il resto vanno bene tutte le interpretazioni. Per me Kafka era
'sincero' con Milena: il che vuol dire solo una cosa. Scriveva lettere
solo *destinate* a lei.

Le menzogne o sbrodolate che può aver detto, su cui ha dissertato
erostratos, non c'entrano. Sono fatti *loro* e adesso universali
perché l'epistolario è stato pubblicato.

Su erostratos ti dirò che lo leggo sempre volentieri, senza chiedermi
mai se dica la verità o meno.

Una persona sciatta, prolissa o noiosa non la leggo: dunque, potrebbe
avere ragione ma per me non esisterà mai e avrà sempre torto.

Esistere sul piano della scrittura, è dunque 'esistere', soprattutto
qui anzi solo e soltanto: si dica poi la verità o meno...

Ciò riguarda l'opera di Kafka, non le lettere a Milena, scritte per
lei: ritengo.

maria

Simone Silvestri

unread,
Jun 27, 2002, 9:43:03 AM6/27/02
to
"maria strofa"

> Mi interessava soltanto stabilire se Kafka fosse o meno consapevole
> che le sue lettere sarebbero state lette, unica condizione che cambia
> la prospettiva: lette da altri, non da Milena.

Ovviamente non esiste la certezza assoluta che Kafka fosse o meno
consapevole del fatto che le sue lettere un giorno sarebbero state lette, ma
mi pare lo stesso di poter dire che non lo fosse, consapevole. Che so....se
Kafka fosse stato Goethe, per esempio, allora la cosa sarebbe stata molto
più controversa, anzi: potremmo dirci sicuri del fatto che scrivesse con un
occhio all'interlocutore e un altro al pubblico avvenire. Ma Kafka non era
Goethe, e per quanto mi senta incline a credere che in qualche misura la
fama letteraria (che c'era, visti i lettori illustri che annovereva ancora
vivente, vedi Rilke, Musil, Hesse, Weiss, Werfel, Stoessl, Sternheim, Blei,
Kubin eccetera) gli facesse meno schifo di quanto non manifestasse con atti
e parole, mi sembra lo stesso che una sensazione del genere fosse
lontanissima dalla sua dimensione di epistolografo "privato".
Nell'epistolario kafkiano ci sono lettere ben più estetizzanti ed
indirizzate ad un ipotetico lettore "esterno", ad esempio quelle giovanili a
Oskar Pollak, con la differenza che all'epoca Kafka nemmeno immaginava di
poter diventare uno scrittore pubblicato.

Una cosa che m'è capitato da pensare navigando gli epistolari. Leggendo le
lettere che Kleist scrive alla fidanzata Wilhelmine Von Zenge, mi son detto
più volte: "Povero Kleist, se solo sapesse che hanno reso nota questa roba,
morirebbe una seconda volta per la vergogna". Poi magari è tutto il
contrario.

Campana scriveva "le mie lettere sono fatte per essere bruciate", e
probabilmente aveva ragione.

> Per il resto vanno bene tutte le interpretazioni. Per me Kafka era
> 'sincero' con Milena: il che vuol dire solo una cosa. Scriveva lettere
> solo *destinate* a lei.

Mi sembra che sostenere il contrario equivalga a cercare il famoso pelo
nell'uovo, ovvero a perdersi in interpretazioni critiche arzigogolate e
sterili.

/cut


paolo beneforti

unread,
Jun 27, 2002, 9:21:52 AM6/27/02
to
"Elvio Cipollone" <

> >ebraismo ellenizzante.
> Capzioso!
> Intanto per creare il mondo Dio dovette esprimere parole.
> Fatti conto: "Sia la luce" e la luce fu.
> Se non fosse stato parola non avrebbe potuto creare.
> Ovvero, è il segno che crea la realtà, non viceversa.

appunto, e io che ho detto? è una questione di collocare culturalmente i
testi, prima di interpretarli.
vale anche per i vangeli, ci mancherebbe.

Ol'ga

unread,
Jun 27, 2002, 9:53:04 AM6/27/02
to

"maria strofa"

> Mi interessava soltanto stabilire se Kafka fosse o meno consapevole
> che le sue lettere sarebbero state lette, unica condizione che cambia
> la prospettiva: lette da altri, non da Milena.
>
> Per il resto vanno bene tutte le interpretazioni. Per me Kafka era
> 'sincero' con Milena: il che vuol dire solo una cosa. Scriveva lettere
> solo *destinate* a lei.

Penso anche io come te: per K queste lettere erano vita, non letteratura;
casomai, un surrogato scritto della vita.
Infatti, la rinuncia alla scrittura (delle lettere) corrisponde più o meno
alla rinuncia della speranza di una vita insieme.

Che la loro vita sia diventata letteratura, e di quella migliore, è
innegabile, almeno per me.
Che non tutte le corrispondenze diventino letteratura mi pare ovvio; qui
c'era il talento, la capacità di spiegare l'inspiegabile, la capacità di
raccontare sé stessi e il mondo, il dentro e il fuori.

(Mi viene in mente quando maria dice: di questo autore comprerei anche la
lista della spesa. Non è un modo di dire peregrino.)

Anche nelle opere di K c'è la sua vita, in senso lato; certo trasfigurata,
resa con metafore.
Nelle lettere dice le stesse cose, al di fuori di ogni metafora letteraria,
a Milena.
Un Kafka nudo, nelle mani di lei. E, per fortuna, nelle nostre.


Olga


maria strofa

unread,
Jun 27, 2002, 9:55:52 AM6/27/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 15:43:03 +0200, "Simone Silvestri"
<nuot...@infinito.it> wrote:

>Mi sembra che sostenere il contrario equivalga a cercare il famoso pelo
>nell'uovo, ovvero a perdersi in interpretazioni critiche arzigogolate e
>sterili.

Addirittura equivarrebbe a sostenere che K scongiurò Max Broad di
bruciare i suoi scritti, ben sapendo che non l'avrebbe mai fatto.

Kundera ne parla moltissimo nei *Testamenti traditi* (quasi metà del
libro).

Dal punto di vista morale Broad è stato una fetecchia d'amico (ma poi
Kundera si commuove, come tutti, e ritiene che abbia fatto bene a
tradire Kafka facendo 'sto regalo immenso al mondo).

Ma se Broad avesse avuto scrupoli? Se avesse rispettato la volontà di
Kafka?

Kafka era così capzioso da essere *sicuro* che Broad avrebbe fatto il
contrario? Io non credo.

Mettere in discussione la sincerità intima delle lettere di Kafka a
Milena equivarrebbe a suppore anche questo.

Ha scritto i romanzi per gli altri, chiaro. Ma quando scriveva a
Milena scriveva soltanto a lei.

maria

Simone Silvestri

unread,
Jun 27, 2002, 9:59:41 AM6/27/02
to
"Ol'ga"

/cut


> Un Kafka nudo, nelle mani di lei. E, per fortuna, nelle nostre.

Spigolosetto anzichenň: pelle, ossa, anche, ginocchi e gomiti. Era alto 1.82
e pesava 61 Kg !!!

:-)))


maria strofa

unread,
Jun 27, 2002, 10:03:16 AM6/27/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 15:55:52 +0200, maria strofa
<maria....@katamail.com> wrote:

> Max Broad

Brod (sarà che 'sto Max si è un po' allargato, in effetti, nel fare
cose non richieste e nel passare alla storia grazie all'amico...)

m

sergio garufi

unread,
Jun 27, 2002, 10:14:39 AM6/27/02
to

Luca Tassinari ha scritto

>In qualche modo lo scrittore va "al di là" di ciò che
>"esiste", allude a qualcosa che solo lui conosce in
>quel momento, qualcosa che lui ha visto per primo.
>Poi, dopo, in un secondo momento, arriviamo noi
>alfiucci-lettori a ravanare. Leggiamo ciò che è
>scritto ed esclamiamo: è vero!

C'è un brano decisamente interessante, tratto da un
breve saggio di Emanuele Trevi che amo molto, che
forse rende più chiara la questione:

"*E' scrittore*, dice Garboli, *colui che sa dare corpo a
una meteora, a una cometa psichica, a un modello del
mondo che non apparirebbe mai dal fondo del cielo
senza le sue parole*.
E' a mio parere, una definizione perfetta che, per parte
mia, integrerei così: quel modello del mondo che non
esisteva, che adesso esiste nelle parole dello scrittore,
non è mai una finzione del tutto arbitraria, una pura
possibilità fantastica tradotta in atto.
In qualche modo, per cogliere nel segno, il modello
del mondo dev'essere non solo *inaudito*, ma anche
(qui, forse, sta il difficile) *riconoscibile*.
Deve, insomma, generare sorpresa, ma quel tipo di
sorpresa che si prova di fronte all'improvvisa emergenza
di un ricordo sepolto, o alla constatazione di una verità
che era sempre stata lì, a portata di mano, come la
lettera rubata di Poe, anche se nessuno aveva ancora
trovato le parole giuste per renderla visibile.
Quando si realizza questo tipo di sorpresa, l'opera
dello scrittore ha esercitato pienamente la sua azione
*persuasiva*. Ha ottenuto quell' *effetto di realtà* che
è più potente di ogni deliberato *realismo*".

(AA. VV., Costellazioni Italiane, Le Lettere, 1999, Euro 15,49)


Ol'ga

unread,
Jun 27, 2002, 10:17:29 AM6/27/02
to

"Luca Tassinari"

> Sě, ma non te la puoi cavare cosě. Adesso che ti
> sei trasferita in Milena devi dirci tutto quello che
> sai su Fran(z)K!

"So fino all'ultimo nervo in che consista la sua angoscia. Questa c'era
anche prima di me, quando egli ancora non mi conosceva. Ho conosciuto la sua
angoscia prima di conoscere lui. Comprendendola mi sono corazzata contro di
essa. Nei quattro giorni nei quali fu con me Frank l'aveva perduta. Ne
abbiamo riso. (...)Questa angoscia non si riferisce solo a me ma a tutto ciň
che vive spudoratamente, anche, per esempio, alla carne. La carne č troppo
scoperta, egli non ne tollera la vista.(...) Se allora fossi venuta con lui
a Praga, sarei rimasta per lui quella che ero. Io invece avevo i piedi
ancorati saldissimamente in questa terra..."


Olga

(questo libro non si lascia metter giů.)


Simone Silvestri

unread,
Jun 27, 2002, 10:17:47 AM6/27/02
to
"maria strofa"

> Addirittura equivarrebbe a sostenere che K scongiurò Max Broad di
> bruciare i suoi scritti, ben sapendo che non l'avrebbe mai fatto.

Io son sempre stato convinto di questa cosa

> Kundera ne parla moltissimo nei *Testamenti traditi* (quasi metà del
> libro).

Porca vacca che bel libro...ma bello, bellissimo. Integrerei il saggio
kunderesco su Leos Janacek con le pagine rutilanti che gli dedica Max Brod
nella sua autobiografia ("Vita battagliera" ed. Saggiatore - biblioteca
delle silerchie)

> Dal punto di vista morale Broad è stato una fetecchia d'amico (ma poi
> Kundera si commuove, come tutti, e ritiene che abbia fatto bene a
> tradire Kafka facendo 'sto regalo immenso al mondo).

Io credo che in realtà dentro la storia del falò dei manoscritti ci fosse
una violenta pruderie kafkiana nel non voler ammettere di attribuire
importanza ai propri scritti.

> Ma se Broad avesse avuto scrupoli? Se avesse rispettato la volontà di
> Kafka?

Hai ragione...ma cazz..non riesco nemmeno a pensarlo. Sarà forse che si è
come drogati dal valore storico/socio/letterario dei testi di K. che non è
ammissibile una cosa del genere.
D'altro canto, io continuo a pensare che la preghiera di bruciare i
manoscritti si tenesse in pancia esattamente l'opposto. Non dimentichiamo
che Max Brod capì di trovarsi davanti un genio letterario già nel 1907, e
all'epoca Kafka aveva scritto solo la descrizione di una battaglia (che è
roba per kafkofili di stretta osservanza) e il moncone dei preparativi di
nozze in campagna. Pensa solo al fatto che Brod va da Kurt Wolff e gli dice
che devono assolutamente pubblicare un certo Kafka amico suo, un genio.
Giustamente Wolff gli avrà detto: "Ma chi ca...volo è questo Kafka?". E
Brod: "te non ti preoccupare". Roba che all'epoca (e siamo nel 1912!) Kafka
non aveva scritto nemmeno il materiale sufficiente a fare un librino ino
ino. Che la "meditazione" ha pochissime pagine ed è scritto in caratteri per
ciechi come talpe proprio per quello.
Dimmi tu se uno come Max Brod, uno che fa una cosa del genere, brucerebbe i
manoscritti del Kafka maturo. No, non riuscirei a crederlo.

> Kafka era così capzioso da essere *sicuro* che Broad avrebbe fatto il
> contrario? Io non credo.

Di sicuro non c'è nulla, come pure non ci sono prove. Lo stesso io credo che
Kafka pensasse che Brod non avrebbe mai bruciato i suoi manoscritti.
Ma poi scusa, cosa gli vietava di bruciarli? Poteva farlo lui...nulla di più
facile. Solo che non voleva bruciarli, solo che non voleva ammetterlo.
Contorcimenti cerebrali e una perversa forma di discrezione verso se stesso.

> Mettere in discussione la sincerità intima delle lettere di Kafka a
> Milena equivarrebbe a suppore anche questo.

Ma infatti: la sincerità è assolutamente fuori discussione. Con quali
elementi di potrebbe suppore il contrario, poi?

Luca Tassinari

unread,
Jun 27, 2002, 10:40:16 AM6/27/02
to
"sergio garufi"
> [...]

> C'è un brano decisamente interessante, tratto da un
> breve saggio di Emanuele Trevi che amo molto, che
> forse rende più chiara la questione:

> [...]
> "...Deve, insomma, generare sorpresa, ma quel tipo di


> sorpresa che si prova di fronte all'improvvisa emergenza
> di un ricordo sepolto, o alla constatazione di una verità
> che era sempre stata lì, a portata di mano, come la
> lettera rubata di Poe, anche se nessuno aveva ancora
> trovato le parole giuste per renderla visibile.
> Quando si realizza questo tipo di sorpresa, l'opera
> dello scrittore ha esercitato pienamente la sua azione
> *persuasiva*. Ha ottenuto quell' *effetto di realtà* che
> è più potente di ogni deliberato *realismo*".

Se incontro il Trevi per strada lo bacio sulla bocca!
Grazie della citazione. Adesso ho capito quello che
volevo dire...

Ciao

Luca

Ol'ga

unread,
Jun 27, 2002, 12:41:07 PM6/27/02
to

"Simone Silvestri"

> Spigolosetto anzichenň: pelle, ossa, anche, ginocchi e gomiti. Era alto
1.82
> e pesava 61 Kg !!!

Basta, basta, fatemi metter giů questo libro! :-)

"...ma sa che soltanto gli obesi ispirano fiducia? Soltanto in questi
recipienti dalle pareti grosse tutto riesce a cuocere fino in fondo,
soltanto questi capitalisti dell'atmosfera sono, fin dove č umanamente
possibile, protetti dalle preoccupazioni e dalla follia e possono dedicarsi
tranquillamente al loro compito, soltanto essi, disse uno una volta, si
possono utilizzare come veri e propricosmopoliti in tutto il mondo, perché
al nord scaldano e al sud gettano ombra."


Olga

maria strofa

unread,
Jun 27, 2002, 12:47:55 PM6/27/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 16:41:07 GMT, "Ol'ga" <olghe...@tin.it> wrote:

>"...ma sa che soltanto gli obesi ispirano fiducia?

*In ogni uomo grasso c'č un uomo magro che vuole uscire* (Chesterton)

*Chesterton č cosě allegro che si potrebbe quasi credere che abbia
trovato Dio* (Kafka)

maria

erostratos

unread,
Jun 27, 2002, 2:46:28 PM6/27/02
to

"maria strofa" <maria....@katamail.com> ha scritto nel messaggio
news:1o3mhuceil4a3qpbt...@4ax.com...
>
> [...]

>
> Mi interessava soltanto stabilire se Kafka fosse o meno consapevole
> che le sue lettere sarebbero state lette, unica condizione che cambia
> la prospettiva: lette da altri, non da Milena.
> [cut]

Mariù, dice bene Luca: mica criticavo la scrittura. Ne mettevo anzi in
rilievo la capacità di dare corpo a istanze opposte ma ugualmente vitali.
Le lettere d'amore kafkiane sono in effetti una superba opera letteraria, ma
ciò non significa dover per forza ipotizzare un pubblico: sono quasi sicuro
che Kafka non immaginasse davvero che le sue lettere private sarebbero state
lette da tutti, un giorno. In ogni caso, non si deve essere posto il
problema in questi termini. Aveva problemi più urgenti: la sua mente era
teatro di devastanti lotte intestine fra dèmoni antagonisti.

Era sincero? Probabilmente sì. Ma il concetto non ci soccorre. Cosa
significa essere sinceri? Si hanno tante cose da nascondere in primo luogo a
se stessi. Eppure non si può fare a meno di confessarle. Anche senza
volerlo. Anche senza saperlo. Perché Kafka era pieno di ritrosie esasperanti
e di singolari momenti di audacia, di volontà e di nolontà che la scrittura
si incarica di articolare, nel suo caso magistralmente. In parte ne era
anche consapevole, in parte credo di no (ma questo non ci interessa più di
tanto). Ci resta il documento di un grande commercio coi fantasmi, che sono
in effetti il segno terribilmente fisico di un'assenza (quell'assenza
dell'altro che Kafka desiderava non meno della presenza).

Su Brod, la mia opinione è che non si sia trattato di una vera strategia, ma
del coinvolgimento di una persona cara in un dissidio interiore di cui non
si veniva a capo. Distruggere i propri scritti è estremamente facile, se uno
lo vuole *davvero*. Ma così non era. E tuttavia continuava a volerlo. Dora
Dymant si attenne alla volontà più manifesta, e qualcosa distrusse di
sicuro. Qualche quaderno forse. D'altra parte, nessuna soluzione sarebbe
stata soddisfacente. Per Kafka, dico.

ciao
erostratos


erostratos

unread,
Jun 27, 2002, 2:59:03 PM6/27/02
to

"Ol'ga" <olghe...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:HrpS8.10100$vm5.3...@news2.tin.it...
>
>
> Questa cosa la rilevavo anch'io nel post, più o meno.
> [cut]

Infatti il mio voleva essere un corollario, prendendo spunto dalla coppia
"sospirati e temuti", e dal quesito di Mariù sulla spontaneità.
In Kafka poi non c'è una vera distinzione fra scrittura letteraria e non:
tutto è *incompiuto* come un appunto privato, e nello stesso tempo
letterariamente impeccabile. Le stesse cartoline, per dire.
L'ambivalenza emotiva l'avevi già ben espressa. Io notavo solo come la
scrittura fosse qui uno strumento di registrazione perfetto. E visto che si
parla di coltelli, una perfetta arma del delitto. Imperfetto, come tutti i
delitti.

ciao
erostratos


maria strofa

unread,
Jun 27, 2002, 3:01:39 PM6/27/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 18:46:28 GMT, "erostratos"
<XXXero...@inwind.it> wrote:


>Mariù, dice bene Luca: mica criticavo la scrittura.

Sì, ma questo lo so. Tu poi...


> sono quasi sicuro
>che Kafka non immaginasse davvero che le sue lettere private sarebbero state
>lette da tutti, un giorno.

A me interessava chiarire questo punto.

>Era sincero? Probabilmente sì. Ma il concetto non ci soccorre. Cosa
>significa essere sinceri?

[...]

Guarda, erostratos, tutto ciò che scrivi lo leggo con ammirazione.
Condivido assolutamente il discorso sulla 'sincerita' ecc...

Sicuramente ho frainteso o non mi sono spiegata bene. Le lettere di
Kafka, come la sua opera, si prestano a dire tutto e il contrario di
tutto. Come sai fare anche tu del resto (ma questa è un segno di stima
mica una critica).

Fra l'altro nell'intervento dove parlavo di te ho capito dopo che
poteva sembrare una polemica: ma non avevo questa intenzione. Pensavo
di avere capito che tu mettessi in dubbio la sincerità del suo
scrivere *solo* per Milena.

Sul fatto che fosse sincero, be', chiaro, ma chi lo è mai?...


maria

erostratos

unread,
Jun 27, 2002, 3:24:27 PM6/27/02
to

"maria strofa" <maria....@katamail.com> ha scritto nel messaggio
news:1snmhuk8mi349s0qq...@4ax.com...
> [cut]

> Sicuramente ho frainteso o non mi sono spiegata bene. Le lettere di
> Kafka, come la sua opera, si prestano a dire tutto e il contrario di
> tutto. Come sai fare anche tu del resto (ma questa è un segno di stima
> mica una critica).

Smack!

> Fra l'altro nell'intervento dove parlavo di te ho capito dopo che
> poteva sembrare una polemica: ma non avevo questa intenzione.

Macché, avevo capito perfettamente.
Ri-smack!

erostratos


maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 6:21:14 AM6/28/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 18:46:28 GMT, "erostratos"
<XXXero...@inwind.it> wrote:

[...]

"Non credo che Kafka abbia chiesto a Brod di distruggere la sua
corrispondenza per timore che venisse pubblicata. Una simile idea non
poteva neanche sfiorarlo: se gli editori non si interessavano ai suoi
romanzi, come avrebbero potuto interessarsi alle sue lettere?

Quel che lo spinse a voler distruggere quelle lettere era la vergogna,
una pura e semplice vergogna di uomo, non di scrittore: la vergogna di
lasciare in giro cose intime, sotto gli occhi degli altri, dei
familiari, degli sconosciuti, la vergogna di essere trasformato in
oggetto, una vergogna che avrebbe 'potuto sopravvivergli. (Kundera - I
TT).

erostratos


>Distruggere i propri scritti è estremamente facile, se uno
>lo vuole *davvero*


"Si dice spesso: se Kafka avesse davvero voluto distruggere ciò che
aveva scritto l'avrebbe distrutto lui stesso. Ma come poteva? Le sue
lettere erano nelle mani dei destinatari (e lui stesso NON conservava
quelle che riceveva).

I diari, certo, avrebbe potuto bruciarli. Ma più che di veri e propri
diari si trattava di taccuini, di appunti di lavoro...

Finché non si trova in punto di morte lo scrittore non ha alcun motivo
per distruggere ciò che ha scritto. Ma allorché è moribondo Kafka non
è più a casa sua, è in sanatorio e non può distruggere niente: può
soltanto contare sull'aiuto di un amico.

[...]

La ripulsa di Kafka non riguarda tutti i suoi scritti ancora inediti,
visto che fra i libri 'validi' egli include anche il racconto *Un
digiunatore*.

[Kafka non voleva distruggere la propria opera.]

Gli scritti che Kafka vuole sopprimere si limitano a due categorie:
innanzitutto (e su questo insiste in modo particolare) gli scritti
intimi, lettere e diari; in secondo luogo i racconti e i romanzi che a
suo avviso non è riuscito a ultimare in modo soddisfacente.

[I testamendi traditi - Milan Kundera - Adelphi]

maria

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 6:27:49 AM6/28/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 18:46:28 GMT, "erostratos"
<XXXero...@inwind.it> wrote:

>Distruggere i propri scritti è estremamente facile, se uno
>lo vuole *davvero*.

"... un poema molto debole e piuttosto puerile di vita idillica
tedesca "Hanz Kuechelgarten". Lo fece pubblicare, ntauralmente a
proprie spese, sotto il nome di V. Alov, e la critica l'accolse con
meritati sberleffi.

Gogol' acquistò allora tutte le copie della rivista su cui era apparso
e le distrusse.

[...]

In un accesso ai automortificazone distrusse alcuni dei suoi
manoscritti, e fra questi il grosso della seconda parte delle Anime
Morte. In seguito disse che questo era stato un errore, un tiro
giocatogli dal diavolo, ma non è chiaro se e in che misura il gesto fu
deliberato."

(Mirskij - Storia della letteratura russa.)

maria

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 6:38:09 AM6/28/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 08:26:40 GMT, cipoll...@anpa.it (Elvio
Cipollone) wrote:

ms


>>Dio non ha bisogno di scrivere, ma
>>se ne rammarica molto. Impotenza dell'Onnipotente.

Elvio Cipollone


>Ma Dio *è* la Parola.

Dio non scrive. O 'detta' o ha i *negri* come aveva A. Dumas.


ms


>>Le più belle storie d'amore sono state scritte: non certo vissute.


Elvio Cipollone
>Cioè, vissute nella scrittura.
>Anche scrivere, significare (signum facere) la realtà, è vita!

Ciò che è stato scritto è stato vissuto (per tutti e da tutti), ciò
che è stato soltanto vissuto ha avuto semplicemente una durata.

maria


maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 6:43:11 AM6/28/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 16:17:47 +0200, "Simone Silvestri"
<nuot...@infinito.it> wrote:

>con le pagine rutilanti che gli dedica Max Brod
>nella sua autobiografia ("Vita battagliera" ed. Saggiatore - biblioteca
>delle silerchie)

Ho letto il libro, personaggio molto noioso quando scrive, questo
Brod. Anche se, come dici, il libro dà notizie interessanti.

Personaggio demoniaco, il Brod o da operetta (ma Bulgakov ha
dimostrato che sono la stessa cosa).

Visse, vive e vivrà accanto a Kafka per sempre, e si è costretti pure
a ringraziarlo. Anzi: Kakfa lo si critica e Brod sarà assolto per
sempre. (C'è qualcosa che non quadra).

Un *Homais*, direbbe Alfiuccio.

maria

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 6:48:21 AM6/28/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 16:17:47 +0200, "Simone Silvestri"
<nuot...@infinito.it> wrote:

ms


>> Kundera ne parla moltissimo nei *Testamenti traditi* (quasi metà del
>> libro).

Simone Silvestri


>Porca vacca che bel libro...ma bello, bellissimo.


E sei stato discreto nel lodarlo!


>Dimmi tu se uno come Max Brod, uno che fa una cosa del genere, brucerebbe i
>manoscritti del Kafka maturo. No, non riuscirei a crederlo.

Kundera ne tratta a lungo: dice che la giustificazione di Brod era un
suo antico pronunciamento che *mai* avrebbe distrutto qualcosa. In
ogni modo, niente spoiler. Chi è interessato alla questione passi pure
a I Testamenti traditi di Kundera.

Simone Silvestri


>Porca vacca che bel libro...ma bello, bellissimo.

Di più, davvero, di più.

maria

Elvio Cipollone

unread,
Jun 28, 2002, 7:05:19 AM6/28/02
to
On Fri, 28 Jun 2002 12:38:09 +0200, maria strofa
<maria....@katamail.com> wrote:

>Dio non scrive. O 'detta' o ha i *negri* come aveva A. Dumas.

Sembra che Dumas desse solo generiche direttive ai suoi *negri*,
Però il conte di Montecristo è un bel lavoro, cacchio!
Quel Dantes se le piglia le sue rivincite; tu ricordi l'Andrea
Giordana della versione televisiva?

>Ciò che è stato scritto è stato vissuto (per tutti e da tutti),

Sì, ma non so se ciò aumenta o diminuisce la felicità del mondo, per
dire.

Elvio

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 7:10:27 AM6/28/02
to
On Fri, 28 Jun 2002 11:05:19 GMT, cipoll...@anpa.it (Elvio
Cipollone) wrote:


> tu ricordi l'Andrea
>Giordana della versione televisiva?

Ho visto quando l'hanno rimandato. E mi ricordo bene anche l'Arolda
Tiera nella parte di Mercedes.


ms


>>Ciò che è stato scritto è stato vissuto (per tutti e da tutti),

Elvio Cipollone


>Sì, ma non so se ciò aumenta o diminuisce la felicità del mondo, per
>dire.

Essendo noi in un thread dedicato a Kafka la parola 'felicità' è
bandita per rispetto e volontà dell'autore.

maria

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 8:29:44 AM6/28/02
to
On Thu, 27 Jun 2002 16:17:47 +0200, "Simone Silvestri"
<nuot...@infinito.it> wrote:

>Dimmi tu se uno come Max Brod, uno che fa una cosa del genere, brucerebbe i
>manoscritti del Kafka maturo. No, non riuscirei a crederlo.

Il discorso di Kundera sposta la questione: Kafka non voleva bruciare
la sua opera, voleva soltanto non fossero tramandati documenti privati
e opere incompiute.

Non c'era dunque in lui alcun gesto apocalittico di togliere la
propria presenza dal mondo. Molto più banalmente una preoccupazione di
artista nel pensare che l'incompiutezza non meritasse la conoscenza
degli altri.

Probabilmente Kafka (di cui pure Kundera dice essere stato consapevole
del suo valore) si sottovalutava.

Certo, Ol'ga e tutti noi dobbiamo rivolgere un ringraziamento a Max
Brod (e dàlli). Resta il fatto che Milena, mi pare, si fece restituire
le proprie lettere e le bruciò.

Si tratta di un epistolario unidirezionale: peccato, perché Milena era
grande davvero.

maria

Simone Silvestri

unread,
Jun 28, 2002, 9:27:13 AM6/28/02
to
"maria strofa"

> Ho letto il libro, personaggio molto noioso quando scrive, questo
> Brod. Anche se, come dici, il libro dà notizie interessanti.

Soprattutto se uno coltiva un certo feticismo verso Praga "città delle due
lingue e delle due culture"

> Personaggio demoniaco, il Brod o da operetta (ma Bulgakov ha
> dimostrato che sono la stessa cosa).

Quando Kundera smonta pezzo per pezzo il suo "Magico regno dell'amore" (il
romanzo che contiene San Garta) ho avuto un po' di pena per lui.

In una lettera Felice Bauer, girl friend molto brutta (va detto) di Kafka,
gli fa i complimenti per il suo romanzo Schloss Nornepygge, ma lui, il Brod,
le risponde: "Non parliamo di me, parliamo di Fran(k)z

> Visse, vive e vivrà accanto a Kafka per sempre, e si è costretti pure
> a ringraziarlo. Anzi: Kakfa lo si critica e Brod sarà assolto per
> sempre. (C'è qualcosa che non quadra).

Il mondo va accussì...esptetoriamo una preghiera vespertina a colui che
salvò le carte, altro non v'è.


maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 9:29:43 AM6/28/02
to
On Fri, 28 Jun 2002 15:27:13 +0200, "Simone Silvestri"
<nuot...@infinito.it> wrote:

>Soprattutto se uno coltiva un certo feticismo verso Praga "città delle due
>lingue e delle due culture"

Se ti manca 'Praga Magica' di Ripellino (che è in assoluto il libro
più bello su Praga, Kafka, Jasek, ecc...) non lucacontare più su di
me.

Anzi, ti filtro. Lucacontaci.

maria

P.S. Einaudi

Simone Silvestri

unread,
Jun 28, 2002, 9:34:30 AM6/28/02
to
"maria strofa"

> Probabilmente Kafka (di cui pure Kundera dice essere stato consapevole
> del suo valore) si sottovalutava.

Sì, hai ragione, anche perchè sfiderei chiunque (Kafka poi, col suo
carattere!) ad ipotizzare un simile successo (che non è nemmeno la parola
adatta, poiché K. è diventato un caposaldo, un muro portante della cultura
del XX secolo) dopo la dipartita. Impossibile.

> Certo, Ol'ga e tutti noi dobbiamo rivolgere un ringraziamento a Max
> Brod (e dàlli). Resta il fatto che Milena, mi pare, si fece restituire
> le proprie lettere e le bruciò.

Una piccola ossessione. Tra i pochi manoscritti bruciati da Dora Dymant ce
n'era uno dedicato ai supposti omicidi rituali di cui erano accusate (come
pretesto per pogrom ed altra roba simile) le comunità ebraiche orientali.
Come sarà stato quel racconto? In che misura avrebbero inciso sulla nostra
idea di letteratura tutte le opere inestimabili che sono andate perdute nel
corso dei secoli? Com'era il "Messia" di Bruno Schulz? Com'era il romanzo in
due volumi di cui Kleist parla al suo editore Cotta? et cetera


Simone Silvestri

unread,
Jun 28, 2002, 9:38:42 AM6/28/02
to
"maria strofa"

> Se ti manca 'Praga Magica' di Ripellino (che è in assoluto il libro
> più bello su Praga, Kafka, Jasek, ecc...) non lucacontare più su di
> me.

Ce l'ho sì....altro libro cazzuola-secchio della malta.
Utensile/strumento da tenere sempre sotto mano.
Breviario dell'erudito con la lingua barocca dentro al taschino.


maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 9:42:38 AM6/28/02
to
On Fri, 28 Jun 2002 15:38:42 +0200, "Simone Silvestri"
<nuot...@infinito.it> wrote:

>"maria strofa"
>> Se ti manca 'Praga Magica' di Ripellino

>Breviario dell'erudito con la lingua barocca dentro al taschino.

Non avrei saputo descrivere meglio il libro.

Va be', lo terrai vicino all'*Arte della fuga* sempre di Ripellino
(Guida Editori).

Questo parla di Blok, Belyj, Majakosvkij, Blok, Esenin, Pasternak

(eusebiaaaaaaaaaaaa, erostratosssssssssssssss)

maria

Ol'ga

unread,
Jun 28, 2002, 10:17:38 AM6/28/02
to

"maria strofa"

(su Gogol')

> In un accesso ai automortificazone distrusse alcuni dei suoi
> manoscritti, e fra questi il grosso della seconda parte delle Anime
> Morte. In seguito disse che questo era stato un errore, un tiro

> giocatogli dal diavolo, ma non č chiaro se e in che misura il gesto fu
> deliberato."

Ach! Uomo dissennato!
Ovunque tu sia, chiunque abbia comprato la tua anima, ti giunga la mia
disapprovazione!
Il Cicikov era un personaggio che veniva su cosě bene, cosě bene...!


Olga

paolo beneforti

unread,
Jun 28, 2002, 10:31:54 AM6/28/02
to
"Simone Silvestri" <

> Soprattutto se uno coltiva un certo feticismo verso Praga "città delle due
> lingue e delle due culture"

"Il grande rabbino di Praga Jehuda Loewe", Frantisek Kafka.

la lingua concreta della tradizione ebraica mi garba molto di più (a proposito
di due culture) di quella iperrigogliosa di hrabal o di ripellino.

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 10:35:07 AM6/28/02
to
On Fri, 28 Jun 2002 14:17:38 GMT, "Ol'ga" <olghe...@tin.it> wrote:

>Ach! Uomo dissennato!
>Ovunque tu sia, chiunque abbia comprato la tua anima, ti giunga la mia
>disapprovazione!

>Il Cicikov era un personaggio che veniva su così bene, così bene...!

Eh, già: il piano dell'opera era quello di rifarsi alla Divina
Commedia (non scherzo, eh?). Dove la prima parte era l'Inferno. La
seconda parte sarebbe stata la 'purificazione' (Purgatorio).

La terza non ne parliamo nemmeno.

Si sarà arenato per questo.

maria

maria strofa

unread,
Jun 28, 2002, 11:09:39 AM6/28/02
to
On Fri, 28 Jun 2002 16:31:54 +0200, "paolo beneforti"
<dw2ttmm6...@sneakemail.com> wrote:

>la lingua concreta della tradizione ebraica mi garba molto di più (a proposito
>di due culture) di quella iperrigogliosa di hrabal o di ripellino.

Prima con Silvestri scherzavo, anche se 'Praga magica' è un libro che
ricomprerei, dato il soggetto. Se è utile dal punto di vista
informativo, la lingua iperrigogliosa di Ripellino è, a volte,
stucchevole. Personaggio memorabile, traduttore sommo, poeta. Ma nei
saggi fa certe sbrodolate che...

Hrabal, poi, non sono mai riuscita a leggerlo, apprezzandolo, fino in
fondo.

maria

Simone Silvestri

unread,
Jun 28, 2002, 11:13:45 AM6/28/02
to
"maria strofa"

> Hrabal, poi, non sono mai riuscita a leggerlo, apprezzandolo, fino in
> fondo.

Sì ma dentro "Una solitudine troppo rumorosa" c'è quell'immagine che, chissà
perchè, non ho più dimenticato. Ed è qundo ad Hanta gli arriva un carico di
carta dal mattatoio: enormi fogli imbarratati di sangue e infestati dalle
mosche impazzite. Hanta va a casa che puzza come un castrino a fine
giornata.

--
"Proprio tra il primo e il secondo piano
ho sentito che stavo per vomitare
un coniglietto"
(Julio Cortàzar "Lettera a una signorina a Parigi")

Simone Silvestri

unread,
Jun 28, 2002, 11:20:59 AM6/28/02
to
"paolo beneforti"

> "Il grande rabbino di Praga Jehuda Loewe", Frantisek Kafka.
>
> la lingua concreta della tradizione ebraica mi garba molto di più (a
proposito
> di due culture) di quella iperrigogliosa di hrabal o di ripellino.

Che se andassimo a navigare nelle sfumature, le culture cittadine sarebbero
più di due: la cultura ceca, quella tedesca (seppur provinciale e irrigidita
da un tedesco infettato da una certa povertà lessicale), quella ebraica
(Josefov, ghetto, compagnia teatrale del Caffé Savoy presso cui recitava
Yichzak Löwy), quella ebraica di lingua tedesca (Kafka! e il circolo
praghese delineato da Max Brod).

Che poi, Hrabal rappresenta, pur con certe coloriture folcloristiche
(attribuitegli dalla critica occidentale più che altro), una certa anima
ceca, un certo "uomo dell'Europa centrale", mentre Ripellino, che arriva da
tutt'altra prospettiva, cioé quella dello studioso di cose slave con un
particolare orecchio musicale per la lingua, c'ha i suoi vezzi che a volte
lo fanno assomigliare ad una pietanza troppo pesante (polenta e stracchino
ai tropici, roba così), come giustamente sottolineava strofa.

paolo beneforti

unread,
Jun 28, 2002, 12:24:03 PM6/28/02
to
"maria strofa" <

Se è utile dal punto di vista
> informativo, la lingua iperrigogliosa di Ripellino è, a volte,
> stucchevole. Personaggio memorabile, traduttore sommo, poeta. Ma nei
> saggi fa certe sbrodolate che...
> Hrabal, poi, non sono mai riuscita a leggerlo, apprezzandolo, fino in
> fondo.

appunto: son due tipi diversi di scrittura barocca, ma entrambi debordano nel
debordare; nel senso che l'esagerazione formale - voluta - gli prende la mano.

hrabal, soprattutto, ha un tono grottesco che mi suona finto. anche se ricordo
che, a quanto pare, ha subito una traduzione pessima.

la cosa curiosa è che gli scrittori che puntano sulla forma in genere li
apprezzo (manganelli, gadda, mari, landolfi, queneau...). ipotizzo di poter
apprezzare i virtuosismi formali quando, oltre a non essere fine a se stessi,
si svolgano su un terreno culturale familiare (verificabilità dell'eventuale
fuffa, per così dire).
--
--
[sito provvisorio] http://spazioinwind.iol.it/paolo_beneforti/
http://www.news.nic.it/news-it/docs/
http://welcome.to/netiquette

erostratos

unread,
Jun 28, 2002, 2:02:39 PM6/28/02
to

"maria strofa" <maria....@katamail.com> ha scritto nel messaggio
news:uppohu8n2n5dbro3m...@4ax.com...

> On Fri, 28 Jun 2002 15:38:42 +0200, "Simone Silvestri"
> <nuot...@infinito.it> wrote:
>
> >"maria strofa"
> >> Se ti manca 'Praga Magica' di Ripellino
>
> >Breviario dell'erudito con la lingua barocca dentro al taschino.
>
> Va be', lo terrai vicino all'*Arte della fuga* sempre di Ripellino
> (Guida Editori).
> Questo parla di Blok, Belyj, Majakosvkij, Blok, Esenin, Pasternak

Eh, Ripellino sta a uno slavofilo come Virgilio sta a Dante. Anzi, l'inferno
è un posto molto più tranquillo dei bordelli e luna-park e saloon metafisici
del Far East, dove il Rip è come a casa sua.
*L'arte della fuga* comunque è meno baroccheggiante (anche per la struttura
*rapsodica*, direbbe Bianchi): una miniera di appunti, citazioni,
associazioni di idee, illuminazioni. Un libro prezioso, direi.

ciao
erostratos


carlo andrea

unread,
Jun 28, 2002, 6:44:34 PM6/28/02
to
paolo beneforti:

>hrabal, soprattutto, ha un tono grottesco che mi suona finto. anche
>se ricordo che, a quanto pare, ha subito una traduzione pessima.

mi si bisbigliň che i traduttori hrabaliani fossero di due risme: uno,
sergio corduas; due, tutti gli altri. la risma due sarebbe la pessima.

corduas č reo del gran rifiuto d'una curatela meridiana hrabaliana
(e tu ridi, mariů); ma lo redime quella sua penna mica male, e una
gemellanza col suo autore cosě fiera, ma cosě fiera, che gl'intorbida
un tantino i confini dell'io.

corduas beve e adesca le giovani. a vederlo, č un clochard. va per le
chiese veneziane con certe sue sporte bisunte, a non so che fare.

torrette

unread,
Jun 29, 2002, 6:01:52 PM6/29/02
to
eusebia says...
>Brodskij fa i conti in tasca ai personaggi di Dostoevskij: i seimila rubli
>che finiscono nel caminetto di Nastas'ja Filippovna,
>

ha contato male, i rubli finiti nel caminetto erano 100 000.
ma brodskij avrebbe dovuto mettere nel conto anche la somma di un
milione di rubli che il principe myskin dimostra d'avere appena
ereditato e che metterebbe a disposizione a nastasja in caso di
matrimonio.
ciao


--
Soltanto i personaggi dei romanzi mediocri
risolvono i loro problemi
n.gomez davila

fabrizio

unread,
Jul 2, 2002, 7:34:41 AM7/2/02
to
Complimeti per questo tuo intervento.
Me lo sono anche stampato.
faber
"Ol'ga" <olghe...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:Q1eS8.4909$Jj7.1...@news1.tin.it...
> "E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è
il
> fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso."
> 14.IX.1920
>
> ___
>
> Queste lettere tracciano la parabola del rapporto (un paio d'anni) tra
> Milena e Kafka. Si videro poche volte, in realtà; ma scrissero molto
intorno
> a quei pochi incontri sospirati e temuti. La corrispondenza parte dopo un
> breve incontro a Praga e la manifestazione da parte di M del desiderio di
> tradurre le opere di K.
>
> Nell'arco ascendente della parabola K parla a M di sé: infanzia, famiglia,
> religione, lavoro, salute ("Sono malato di mente, la malattia polmonare è
> soltanto uno straripare della malattia mentale").
>
> Con grande tenerezza esprime a M i propri sentimenti, la esorta a
> scrivergli, ad averlo caro; le rivela la gioia limpida che gli donano le
sue
> parole (K segue anche il lavoro giornalistico e di traduzione di M: "sono
il
> tuo miglior lettore").
>
> Dopo averne tanto parlato (è il caso - non è proprio il caso - è
> assolutamente indispensabile - non lo sopporterei - ti deluderei...)
> passarono insieme quattro giorni a Vienna; giorni che torneranno di
continuo
> nelle lettere: ricordo prezioso.
>
> L'inizio della discesa comincia più o meno dopo il secondo incontro
(terzo,
> in assoluto), a Gmünd: un incontro più breve, troppo breve e perciò
freddo,
> anche se tanto desiderato per dissipare gli equivoci indotti dalla
> corrispondenza, che porta in sé la difficoltà di comprensione dovuta al
> differimento, all'accavallarsi delle lettere, all'umore nel quale si
scrive
> o legge.
>
> Inoltre, appare ormai chiaro che una vita insieme non sarà mai possibile
> prima di tutto perché M è sposata e una scelta tra il marito e K le pare
> impossibile, e pare impossibile a K stesso:
> "se tu volessi venire da me, se dunque volessi abbandonare tutto il mondo
> per scendere da me...non dovresti scendere, bensì sorpassare in modo
> sovrumano te stessa, in alto, oltre te stessa, talmente che dovresti forse
> dilaniarti, precipitare, scomparire (certo anche io con te). E tutto ciò
per
> arrivare in un punto che non ha niente di allettante...";
> in secondo luogo, perché l'angoscia finora sopita riprende il sopravvento:
> le lettere anziché sollievo recano inquietudine, a prescindere dal loro
> contenuto. K matura l'idea di essere fonte di dolore per M.
>
> La comunicazione diventa dunque dolorosa e tuttavia resiste ancora:
> "o tu sei mia e tutto va bene, o invece ti perdo e allora non c'è
> niente...niente di niente" "e certo è qualcosa di blasfemo costruire in
> questo modo così su una creatura umana".
>
> Dopo circa due mesi di lettere più rarefatte e strazianti, la
corrispondenza
> si interrompe:
> "ciò che tu sei per me, Milena, per me al di là di tutto il mondo in cui
> viviamo, non è detto nei quotidiani brandelli di carta che ti ho scritto"
> "decisiva è la mia incapacità di arrivare al di là delle lettere...e
> decisiva è la voce irresistibilmente forte, come dire la voce tua che mi
> esorta a stare zitto".
>
> Uso ancora le parole di K per descrivere quella condizione della quale
> lui stesso dice di poter parlare solo per approssimazione:
>
> "E' all'incirca come quando uno, prima di ogni passeggiata, dovesse non
solo
> lavarsi, pettinarsi ecc - già questo costa fatica - ma siccome prima di
ogni
> passeggiata gli mancano sempre tutte le cose necessarie, dovesse anche
> cucirsi il vestito, farsi le scarpe, fabbricarsi il cappello, tagliare il
> bastone e così via".
>
> E adesso vado a metter via il libro, che ci ho pianto su abbastanza.
>
>
>
>
> Olga
>
>
>
> [in appendice ci sono alcune lettere di Milena a Max Brod; lettere che
> raccontano la disperazione di non aver saputo spezzare in due il pane
> dell'angoscia di K:
> "ero troppo debole per poter fare e compiere ciò che, lo sapevo,
unicamente
> lo avrebbe soccorso. Questa è la mia colpa...Se fossi riuscita ad andare
con
> lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so solo oggi.
Allora
> ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina
> istintiva."]
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