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"L'essenza dell'essenza"

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carsim

unread,
Mar 28, 2010, 3:09:50 PM3/28/10
to
In una vecchia discussione intitolata "i limiti dell'intuizione" mi sono imbattuto nella seguente "oscuritᅵ":

Davide Pioggia ha scritto:
> mentre gli ontologici parlano di "essenza", anche se su questa
> faccenda ognuno la pensa come gli pare (diciamo che quello di "essenza"
> ᅵ un "concetto intuitivamente confuso") e nessuno ᅵ mai riuscito a dare
> una "definizione chiara e rigorosa" della "essenza", nᅵ a dire quale sia
> l'"essenza dell'essenza".

Ci provo io :)

Essenza (metafisica): qualcosa che non ᅵ riducibile; che non puᅵ emergere da alcuna relazione tra elementi di qualsiasi genere (nᅵ dunque esservi ridotta/ricondotta).

C'ᅵ qualcosa che corrisponde alla definizione di sopra?
Si: il concetto (metafisico) di *eterogeneitᅵ*. Vi sfido a ridurlo/definirlo nei termini di concetti che siano piᅵ semplici di esso stesso.
Nel frattempo...
ciao.
--
La mia libreria su anobii
http://www.anobii.com/carpesim/books

qf

unread,
Mar 29, 2010, 4:02:08 AM3/29/10
to
"carsim"

> In una vecchia discussione intitolata "i limiti dell'intuizione" mi sono
> imbattuto nella seguente "oscurità":

>
> Davide Pioggia ha scritto:
>> mentre gli ontologici parlano di "essenza", anche se su questa
>> faccenda ognuno la pensa come gli pare (diciamo che quello di "essenza"
>> è un "concetto intuitivamente confuso") e nessuno è mai riuscito a dare
>> una "definizione chiara e rigorosa" della "essenza", né a dire quale sia

>> l'"essenza dell'essenza".
>
> Ci provo io :)
>
> Essenza (metafisica): qualcosa che non è riducibile; che non può emergere
> da alcuna relazione tra elementi di qualsiasi genere (nè dunque esservi
> ridotta/ricondotta).

A me pare che 'essenza dell'essenza' fosse solo un gioco di parole: se tu
trai per esempio, per distillazione, l'essenza da una pianta, tale essenza è
l'ultimo gradino di analisi di tale pianta. Altri non ce ne sono: da lì in
poi l'identità di quella pianta infatti non c'è più.

L'essenza si potrebbe definire come l'"identità all'osso", ossia quanto è
necessario e sufficiente per definire l'identità di un ente. Al di là di
essa -- analizzando ulteriormente, quell'identità scompare.
L'identità dell'acqua, all'osso, è H2O. Se si va oltre, cioè all'idrogeno e
all'ossigeno separati, non si sta più parlando di 'acqua'.

Quindi sono d'accordo sulla non riducibilità di cui parli, ma non sul
seguito. H e O per loro natura, se messi in contatto in certe condizioni
"ambientali", danno acqua, e quindi l'identità -- e perciò l'essenza -- può
benissimo avere origine da relazioni fra elementi di diversa "essenza".
Questo vincolo che tu poni riguardo al non emergere dalla relazione ecc.,
tradizionalmente riguarda la 'sostanza', più che l''essenza'.

> C'è qualcosa che corrisponde alla definizione di sopra?

La sostanza appunto.

> ... il concetto (metafisico) di *eterogeneità*. Vi sfido a
> ridurlo/definirlo nei termini di concetti che siano più semplici di esso
> stesso.

E' riducibile proprio in quanto il termine che lo indica fonde 'etero' e
'genere', che sono concetti più semplici del concetto di 'eterogeneità':
come H e O rispetto a H2O.

Saluti
qf

carsim

unread,
Mar 29, 2010, 3:57:32 PM3/29/10
to
Il 2010/03/29 9:02, qf ha scritto:
> "carsim"

>> ... il concetto (metafisico) di *eterogeneità*. Vi sfido a
>> ridurlo/definirlo nei termini di concetti che siano più semplici di
>> esso stesso.
>
> E' riducibile [...]
>
> Saluti
> qf

Diresti dunque che qualcosa (di eterogeneo, ovviamente) possa emergere da (/ essere riducibile a) una qualche ipotetica (molto "ipo") sostanza assolutamente omogenea?

Cordialità

Luciano

unread,
Mar 29, 2010, 10:11:35 PM3/29/10
to

"carsim" <carp...@gmail.com> ha scritto nel messaggio
news:4bafa977$0$1120$4faf...@reader2.news.tin.it...

> In una vecchia discussione intitolata "i limiti dell'intuizione" mi sono
> imbattuto nella seguente "oscurit�":

>
> Davide Pioggia ha scritto:
>> mentre gli ontologici parlano di "essenza", anche se su questa
>> faccenda ognuno la pensa come gli pare (diciamo che quello di "essenza"
>> � un "concetto intuitivamente confuso") e nessuno � mai riuscito a dare
>> una "definizione chiara e rigorosa" della "essenza", n� a dire quale sia

>> l'"essenza dell'essenza".
>
> Ci provo io :)
>
> Essenza (metafisica): qualcosa che non � riducibile; che non pu� emergere
> da alcuna relazione tra elementi di qualsiasi genere (n� dunque esservi
> ridotta/ricondotta).

Ho conosciuto due definizioni di essenza.
Una dice che l'essenza di una cosa � quella qualit� per cui essa � quel che
�.
L'altra dice che l'essenza di una cosa � quella qualit� che non � riducibile
ad altre cose, ma solo a se stessa.
La tua definizione coincide, o almeno somiglia, alla seconda. Anche a me
piace pi� la seconda che la prima.

qf

unread,
Mar 30, 2010, 2:35:59 AM3/30/10
to
"carsim"
> qf

>> "carsim"
>>> ... il concetto (metafisico) di *eterogeneità*. Vi sfido a
>>> ridurlo/definirlo nei termini di concetti che siano più semplici di
>>> esso stesso.
>>
>> E' riducibile [...]
>>
>> Saluti
>> qf
>
> Diresti dunque che qualcosa (di eterogeneo, ovviamente) possa emergere da
> (/ essere riducibile a) una qualche ipotetica (molto "ipo") sostanza
> assolutamente omogenea?

Direi che è vero in due versi, per definizione stessa di "etero-geneo", che
significa come avevo detto: composto da sostanze in sé non trasformabili una
nell'altra.

1. in un verso ho fatto l'esempio dell'acqua, che è "atomicamente"
eterogenea ma in sé ("molecolarmente") omogenea in quanto acqua:
scomponendola si ottengono due sostanze a loro volta in sé omogene come
l'idrogeno e l'ossigeno. Ma sappiamo che anche di queste si può dire che
sono 'eterogenee' (elettroni+ nucleo, a sua volta composto da più tipi di
particelle);

2. l'altro verso è che la "sostanza assolutamente omogenea" può a sua volta
andare a comporre qualcosa che ha caratteristiche del tutto diverse: la
stessa acqua è per esempio alimento di tutte le specie, e quindi va a
comporre fluidi e tessuti organici che hanno ciascuno una propria "identità"
nel senso che non possono essere scomposti senza perdere le loro specifiche
proprietà -- il sangue per esempio. Aggiungo che l'acqua può diventare
ghiaccio o vapore, che hanno indubbiamente proprietà perlomeno aggiuntive
rispetto all'acqua senza cambiamento di "sostanza", e cioè che come tali
possono fare cose che l'acqua non può fare.

Saluti
qf

carsim

unread,
Mar 30, 2010, 7:53:15 AM3/30/10
to
Il 2010/03/30 3:11, Luciano ha scritto:
> "carsim"<carp...@gmail.com> ha scritto nel messaggio
> news:4bafa977$0$1120$4faf...@reader2.news.tin.it...
>> In una vecchia discussione intitolata "i limiti dell'intuizione" mi sono
>> imbattuto nella seguente "oscurità":

>>
>> Davide Pioggia ha scritto:
>>> mentre gli ontologici parlano di "essenza", anche se su questa
>>> faccenda ognuno la pensa come gli pare (diciamo che quello di "essenza"
>>> è un "concetto intuitivamente confuso") e nessuno è mai riuscito a dare
>>> una "definizione chiara e rigorosa" della "essenza", né a dire quale sia

>>> l'"essenza dell'essenza".
>>
>> Ci provo io :)
>>
>> Essenza (metafisica): qualcosa che non è riducibile; che non può emergere
>> da alcuna relazione tra elementi di qualsiasi genere (nè dunque esservi

>> ridotta/ricondotta).
>
> Ho conosciuto due definizioni di essenza.
> Una dice che l'essenza di una cosa è quella qualità per cui essa è quel che
> è.
> L'altra dice che l'essenza di una cosa è quella qualità che non è riducibile

> ad altre cose, ma solo a se stessa.
> La tua definizione coincide, o almeno somiglia, alla seconda. Anche a me
> piace più la seconda che la prima.

Ma sei daccordo con me anche quando dico che quello di eterogeneità è l'unico concetto davvero semplice e irriducibile?

carsim

unread,
Mar 30, 2010, 8:06:45 AM3/30/10
to
Il 2010/03/30 7:35, qf ha scritto:
> "carsim"
>> qf
>>> "carsim"
>>>> ... il concetto (metafisico) di *eterogeneità*. Vi sfido a
>>>> ridurlo/definirlo nei termini di concetti che siano più semplici di
>>>> esso stesso.
>>>
>>> E' riducibile [...]
>>>
>>> Saluti
>>> qf
>>
>> Diresti dunque che qualcosa (di eterogeneo, ovviamente) possa emergere
>> da (/ essere riducibile a) una qualche ipotetica (molto "ipo")
>> sostanza assolutamente omogenea?
> [...] la "sostanza assolutamente omogenea" può a sua

> volta andare a comporre qualcosa che ha caratteristiche del tutto
> diverse [...]

Dici dunque che da un'assoluta omogeneità può emergere qualcosa?
Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneità? Come te la immagini?

mr. chips

unread,
Mar 30, 2010, 9:13:42 AM3/30/10
to

>
> Dici dunque che da un'assoluta omogeneit� pu� emergere qualcosa?
> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneit�? Come te la immagini?
>
> --

>
Scusa l'intromissione, ma non a caso il Principio , il Ketér della cabbala
ha come attributo il non-due. L'attributo per esclusione la dice lunga sulle
possibilità di immaginarlo.

mr. chips

--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/

thisDeadBoy

unread,
Mar 30, 2010, 9:21:16 AM3/30/10
to
carsim ha scritto:


> Dici dunque che da un'assoluta omogeneit� pu� emergere qualcosa?
> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneit�? Come te la immagini?

http://snipurl.com/v5sv4
http://snipurl.com/v5suy

--

come to the dark side
(we have cookies)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it

qf

unread,
Mar 30, 2010, 11:37:53 AM3/30/10
to
"carsim"

> Il 2010/03/30 7:35, qf ha scritto:
>> [...]
> Dici dunque che da un'assoluta omogeneitᅵ puᅵ emergere qualcosa?

Tutto. Vedi sotto.

> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneitᅵ? Come te la immagini?

Come un cristallo di carbonio, per esempio -- infatti ᅵ per la sua...
omogeneitᅵ che piace tanto alle signore ;-)

A parte che, appunto, un diamante ᅵ per sempre (per chi lo riceve :-), io
vedo come assoluta omogeneitᅵ quella del cosmo. Il cosmo ᅵ uno
(non-molteplice, quindi per definizione omogeneo) e le forme che vi appaiono
non sono che "addensamenti" o "emergenze" contingenti -- ordine
temporaneo -- dell'elementare di cui ᅵ composto, anzi *che ᅵ*.(*) Tali forme
possono dare anche l'illusione dell'eterogeneitᅵ, ma ᅵ solo un'illusione.

(*) che in quanto elementare ᅵ inaccessibile alla misura e ai sensi. Una
traccia dell'elementare ᅵ la cosiddetta materia oscura, benchᅵ giᅵ molto
articolata e strutturata (infatti partecipa ai fenomeni gravitazionali);
un'altra traccia ᅵ l'elettromagnetismo, che si esprime in una miriade di
fenomeni e anzi solo in quelli (la relativa teoria ᅵ solo un modello,
ovviamente). L'elementare ᅵ privo di dimensioni ma potenzialmente
onnidimensionale e onnipotenziale in termini di forma; e ha carattere
attivo, anzi si potrebbe dire che ᅵ pura attivitᅵ senza forma ("caos").
E' appunto il 'caos' dei vecchi Greci. Che non ᅵ il vuoto, ma l'assenza di
forma. Infatti secondo la mitologia greca, Caos era una divinitᅵ primordiale
che rappresentava l'immenso spazio vuoto da cui nacquero tutte le cose.
Dunque vuoto di cose ma "vivo", cioᅵ capace di generare qualunque forma. Del
resto alla logica greca non poteva sfuggire che "immenso spazio vuoto" ᅵ un
ossimoro: se ᅵ vuoto non vi si puᅵ infatti ravvisare alcuna dimensione,
tempo incluso, quindi "immenso" contraddirebbe "vuoto". In altre parole,
l'"immenso spazio vuoto" per quei signori non era il nulla, del resto
avevano capito assai bene che il nulla non ᅵ.

Saluti
qf

carsim

unread,
Mar 30, 2010, 12:35:18 PM3/30/10
to
Il 2010/03/30 14:21, thisDeadBoy ha scritto:
> carsim ha scritto:
>
>
>> Dici dunque che da un'assoluta omogeneit� pu� emergere qualcosa?
>> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneit�? Come te la immagini?
>
> http://snipurl.com/v5sv4
> http://snipurl.com/v5suy

Suppongo la seconda sia una battuta divertente.
La prima invece dovrebbe rappresentare un modo in cui tu ti immagini
l'omogeneit�.
E va bene.
Ma con l'espressione "assoluta omogeneit�" intendevo riferirmi
all'idea di una totale uniformit�, a qualunque livello e scala di
grandezza, assenza totale di variazione, l'indistinguibilit� in s�. Non
mi riferivo all'omogeneit� apparente dovuta alla nostra percezione
necessariamente semplificatrice. Pensavo fosse chiaro.
Concorderai che lo yogurt visto al microscopio appare diverso da come
appare visto ad occhio nudo.
Tu pensi che questa idea di "assoluta omogeneit�" possa avere senso?
Pensi che un ipotetico oggetto che avesse in se questa "assoluta
omogeneit�" possa essere compatibile con la realt�? Seriamente, questa
idea ti suggerisce qualcosa?

carsim

unread,
Mar 30, 2010, 12:18:21 PM3/30/10
to
Il 2010/03/30 14:13, mr. chips ha scritto:
>>
>> Dici dunque che da un'assoluta omogeneitᅵ puᅵ emergere qualcosa?
>> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneitᅵ? Come te la immagini?
>>
>> --
>
>>
> Scusa l'intromissione,
Ha per caso l'aspetto di una discussione privata questa? ;)

> non a caso il Principio , il Ketér della cabbala


> ha come attributo il non-due. L'attributo per esclusione la dice lunga sulle

> possibilitᅵ di immaginarlo.
>
> mr. chips
Ti chiedo di essere piᅵ esplicito perchᅵ purtoroppo non conosco la
"cabbala".
A te l'omogeneitᅵ suggerisce qualcosa?

carsim

unread,
Mar 30, 2010, 1:47:30 PM3/30/10
to
Il 2010/03/30 16:37, qf ha scritto:
> "carsim"
>> Il 2010/03/30 7:35, qf ha scritto:
>>> [...]
>> Dici dunque che da un'assoluta omogeneitᅵ puᅵ emergere qualcosa?
>
> Tutto. Vedi sotto.
>
>> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneitᅵ? Come te la immagini?
>
> Come un cristallo di carbonio, per esempio -- infatti ᅵ per la sua...
> omogeneitᅵ che piace tanto alle signore ;-)
Come dicevo a thisDeadBoy, se volevo intendere una omogeneitᅵ relativa
(come nel caso del tuo esempio) non avrei detto "assoluta".

> io vedo come assoluta omogeneitᅵ quella del cosmo.

Stai dicendo che noi operiamo delle distinzioni la dove non c'ᅵ la
benchᅵ minima variazione. Direi che ᅵ un controsenso. (Ma forse non
avevi ancora capito che cosa intendo per "assoluta omogeneitᅵ").

qf

unread,
Mar 30, 2010, 3:02:35 PM3/30/10
to
"carsim"
> qf

>> io vedo come assoluta omogeneitᅵ quella del cosmo.

> Stai dicendo che noi operiamo delle distinzioni la dove non c'ᅵ la benchᅵ
> minima variazione.

La variazione interna a una sostanza omogenea non ne modifica l'omogeneitᅵ.

> Direi che ᅵ un controsenso. (Ma forse non avevi ancora capito che cosa
> intendo per "assoluta omogeneitᅵ").

Forse non ho capito io e forse non hai capito tu la mia descrizione.

"Assoluta" ᅵ pleonastico. O ᅵ omogeneitᅵ o non lo ᅵ.
Ho spiegato il mio punto di vista sul cosmo.
Che una sostanza omogenea possa avere la suo interno delle "correnti" o
degli orientamenti o delle "polarizzazioni" non ne inficia l'omogeneitᅵ. In
un recipiente che contiene un gas puro, e quindi omogeneo, possono esserci
temperature diverse da punto a punto, correnti, addensamenti locali.

Se invece con la tua espressione intendi qualcosa di anche "assolutamente"
immutabile, allora stai parlando di un'entitᅵ priva di interazioni di ogni
genere, e ciᅵ la definisce non solo come inesistente, ma come neppure
pensabile.

Saluti
qf

carsim

unread,
Mar 30, 2010, 4:54:46 PM3/30/10
to
Il 2010/03/30 20:02, qf ha scritto:
> Se invece con la tua espressione intendi qualcosa di anche
> "assolutamente" immutabile, allora stai parlando di un'entitᅵ priva di
> interazioni di ogni genere, e ciᅵ la definisce non solo come
> inesistente, ma come neppure pensabile.

Per l'appunto: "assoluta omogeneitᅵ" funziona come legittimo sinonimo di
"nulla".
Ci siamo arrivati :)

mr.chips

unread,
Mar 30, 2010, 7:37:43 PM3/30/10
to
Il 30 Mar 2010, 18:18, carsim <carp...@gmail.com> ha scritto:
> Ti chiedo di essere pi� esplicito perch� purtoroppo non conosco la
> "cabbala".
> A te l'omogeneit� suggerisce qualcosa?
>

>
Volevo solo dire che l'essenza si presenta di sua natura inimmaginabile. Se
pensi a fenomeni primari come luce, suono o magnetismo vedi che sono
essenti, e basta, e la loro unica essenza è l'esserci. Lo stesso vale per
pensiero,volontà o sentimento.Dei primi e di questi puoi immaginere le
varie cause fisiche che li provocano, ma non
cosa sono in sé. Puoi trovare che la vibrazione li accomuna, ma allora
scivoliamo inevitabilmente nel concetto di "causa", è una causa che produce
le essenze, si moltiplica in essenze. Quindi, nella fisica e nella
metafisica si individua o una continuità assoluta senza origine, o una
causa prima originaria. La Cabbala, certa di questa seconda realtà, la
individua nel momento in cui, incausata, non è a sua volta causa di altro,
e, matematicamente, l'uno, prima di essere modulo costitutivo del due e
degli altri infiniti numeri, viene centrato in quell'istante come non
costitutivo,non-due.

notturno mr. chips

qf

unread,
Mar 31, 2010, 2:58:51 AM3/31/10
to
"carsim"
> qf > Se invece con la tua espressione intendi qualcosa di anche
>> "assolutamente" immutabile, allora stai parlando di un'entità priva di
>> interazioni di ogni genere, e ciò la definisce non solo come

>> inesistente, ma come neppure pensabile.
>
> Per l'appunto: "assoluta omogeneità" funziona come legittimo sinonimo di
> "nulla".
> Ci siamo arrivati :)

Conclusione molto opinabile.

Ciò che è elementare -- "caos" -- non è "nulla", anche se per definizione
non è percepibile né misurabile.

Ciò che ho detto ieri è cosa diversa: se il "caos" fosse immutabile --
immobile -- allora e solo allora sarebbe nulla.

Il caos invece è pura attività che potenzialmente può assumere qualunque
forma -- di "energia", di "materia", che infatti non sappiamo cosa sono, ma
che sono.

Perciò dire "assoluta omogeneità" non definisce il nulla -- che non è --
perché anche l'attività del caos è assolutamente omogenea e quindi rientra
nel significato della tua espressione.

Ripeto, definirebbe il nulla se fosse anche assoluta immobilità, mentre un
caos _omogeneamente_ attivo, quale è, non è immobile ed è assolutamente
omogeneo.

Quindi la risposta al tuo quesito è che il caos e solo il caos corrisponde
ad "assoluta omogeneità".
E il caos risponde anche al concetto di elementarità.

Saluti
qf

Message has been deleted

qf

unread,
Mar 31, 2010, 3:24:28 AM3/31/10
to
"mr.chips"
> carsim

>> Ti chiedo di essere pi� esplicito perch� purtoroppo non conosco la
>> "cabbala".
>> A te l'omogeneit� suggerisce qualcosa?
>>
>
>>
> Volevo solo dire che l'essenza si presenta di sua natura inimmaginabile.
> Se
> pensi a fenomeni primari come luce, suono o magnetismo vedi che sono
> essenti, e basta, e la loro unica essenza è l'esserci.

L'elettromagnetismo, di cui fa parte anche la luce, si pu� considerare
"fenomeno primario", volendo proprio farlo. Il suono certamente no,
trattandosi di movimento di molecole (di gas, di liquidi, di solidi)
facilmente evidenziabile, e quindi si tratta di fenomeno largamente
secondario.
Che per� nessuno di questi fenomeni sia primario � testimoniato dal fatto
che noi possiamo generare segnali elettromagnetici e suono con estrema
facilit�.

> Lo stesso vale per
> pensiero,volont� o sentimento.

Mi sembra un gran bel salto, dall'elettromagnetismo al pensiero ecc.

> Dei primi e di questi puoi immaginere le
> varie cause fisiche che li provocano, ma non
> cosa sono in sé.

Come no!
Non sappiamo cos'� il pensiero? Eccetera?

> Puoi trovare che la vibrazione li accomuna, ma allora
> scivoliamo inevitabilmente nel concetto di "causa", è una causa che
> produce
> le essenze, si moltiplica in essenze.

Ecco, forse non conosciamo le cause, ma sappiamo bene cosa sono pensiero,
volont� e sentimento, pur con tutti i fraintendimenti che ci sono in giro.
Tu sai bene che stai pensando qualcosa o che vuoi fare qualcosa, o che ami
qualcosa, quindi sai benissimo di che si tratta. Sono appunto le cause
quelle che non conosci. Su quelle si possono costruire tutti i castelli che
si vogliono, Cabbal� o altro.

Circa l'unit�, � evidente che in s� -- in origine cio�, in quanto
concetto -- non � legata al concetto di numero, ma � un riferimento innato
sicuramente umano ma verosimilmente di ogni specie (come si desume dai
comportamenti). Il numero � un concetto secondario connesso alla quantit�,
mentre l'unit� � un "giudizio" anzi un'"affermazione" davvero primaria
connessa all'identit�: � un suo prodotto non-mediato.

Saluti
qf

carsim

unread,
Mar 31, 2010, 4:32:53 PM3/31/10
to
Il 2010/03/31 0:37, mr.chips ha scritto:
> Il 30 Mar 2010, 18:18, carsim<carp...@gmail.com> ha scritto:
>> Ti chiedo di essere piᅵ esplicito perchᅵ purtoroppo non conosco la
>> "cabbala".
>> A te l'omogeneitᅵ suggerisce qualcosa?

>
> Volevo solo dire che l'essenza si presenta di sua natura inimmaginabile.

Ma tu pensi che il mondo si fondi sull'omogeneitᅵ (metafisicamente
intesa), che tutto ᅵ riducibile al concetto di omogeneitᅵ? (Che poi
sarebbe il contrario di quello che sto sostenendo in questa discussione).

carsim

unread,
Mar 31, 2010, 4:50:50 PM3/31/10
to
Reinvio perché prima ho fatto un papocchio con le citazioni...

Il 2010/03/31 7:58, thisDeadBoy ha scritto:
> carsim ha scritto:
>

>>>> Dici dunque che da un'assoluta omogeneità può emergere qualcosa?
>>>> Ma riesci ad immaginare un'assoluta omogeneità? Come te la immagini?


>
>>> http://snipurl.com/v5sv4
>>> http://snipurl.com/v5suy
>
>> Suppongo la seconda sia una battuta divertente.
>

> Si, perdonami, spesso approfitto della manica
> larga dei moderatori :)


>
>> La prima invece dovrebbe rappresentare un modo

>> in cui tu ti immagini l'omogeneità.
>
> Diciamo che e' stata la prima cosa che mi e'
> venuta in mente, qualcosa tipo "associazione di idee",
> un giochetto che dicono rivelare cose nascoste.
>
>> Ma con l'espressione "assoluta omogeneità" intendevo riferirmi
>> all'idea di una totale uniformità, a qualunque livello e scala di
>> grandezza, assenza totale di variazione, l'indistinguibilità in sé.
>
> Allora stai parlando di qualcosa che non
> conoscero' mai, conseguentemente non so dirti
> se esista oppure no. In altri termini: comprendo
> il concetto che mi trasmetti con i termini "assoluta
> omogeneita'", ma al di la' di una correttezza logica,
> quindi di una certa "verita'" interna al solo concetto,
> mi sento di affermare che il contenuto di quel concetto
> non e' da noi verificabile, anzi ho ragione di credere
> che sia impossibile poiche' anche un'estensione infinitamente
> indistinguibile e' comunque un'estensione e se c'e' questa
> estensione anche in assenza di un'entita' in grado di
> avvertirla, comunque il suo "essere" e' tale, dunque non
> sarebbe nulla e di conseguenza ci sarebbe almeno un
> elemento "disomogeneo", seppur non conosciuto.

Un'estensione siffatta funzionerebbe come un materiale non-deformabile o
meglio di una forma fissa: una parte impenetrabile dello spaziotempo.
Concorderai che è un'assurda fantasia!

>> Non mi riferivo all'omogeneità apparente dovuta alla
>> nostra percezione necessariamente semplificatrice.
>
> Trovi che la nostra percezione sia necessariamente
> semplificatrice? Forse si' ma, trovo, nel senso
> del termine inglese: sample :)

Oh, ma lo è. E nel senso italiano anche. Un cervello ha una grande ma
pur sempre limitata capacità di eleborazione (che si limita ad essere
quella adeguata alla sua funzione). Tra tutte le informazini che
potrebbero essere ricavabili dall'ambiente, i sensi di ogni organismo si
sono evoluti in modo da filtrarle e raccogliere solo quelle che sono più
rilevanti per la sopravvivenza e prosperità del sistema stesso
(l'organismo. Il quale a sua volta... Forsa capiterà occasione di
parlarne un'altra volta).
Spero di aver dissolto i tuoi dubbi su questo punto.

>> Concorderai che lo yogurt visto al microscopio appare
>> diverso da come appare visto ad occhio nudo.
>

> Certamente, ma questo significa, per l'appunto, che
> l'omogeneita' e' tale solo in un particolare aspetto.

Siamo quindi daccordo che l'omogeneità è sempre solo apparente.
In altre parole il concetto di omogeneità ha solo una funzione
semplificativa: _*per quanto ci riguarda*_ in una massa di yogurt bianco
non ci sono differenze rilevanti; così nell'evoluzione, i nostri sensi
si sono calibrati per non rilevarle permettendoci di distribuire con
maggiore efficienza le risorse mentali che potranno così essere usate
per discriminare circostanze più decisive per la nostra integrità (come
un masso che rotola verso... HHHAAA).

>> Tu pensi che questa idea di "assoluta omogeneità" possa avere senso?


>> Pensi che un ipotetico oggetto che avesse in se questa "assoluta

>> omogeneità" possa essere compatibile con la realtà? Seriamente, questa
>> idea ti suggerisce qualcosa?
>
> Tenendo presente la mia precedente osservazione ti risponderei
> cosi': l'idea di assoluta omogeneita' ha un senso poiche' riesco
> a capirla, ha una sua intelleggibilita', tutto dipende dall'estensione
> che si vuol dare.
> Se la riferisci ad un oggetto allora ti dico che
> si', per me e' compatibile con la realta', ovvero ritengo che
> nella realta' siano presenti oggetti assolutamente "omogenei",
> chiaramente con "omogeneita'" intendo un significato del tutto
> identico (omogeneo :) a "semplice", ma questa semplicita' non
> comporta necessariamente immobilita', indifferenziazione,
> illimitatezza, etc.
>
> Grazie
>
> Ciao

Il concetto di omogeneità è molto intuitivo, non necessita neanche di
immaginazione. Anzi, nella scia di qunto dicevo più su, sembra proprio
che ci permetta di risparmiare immaginazione e meglio gestirla.
Ma credere che esso sia applicabile alla realtà nella sua interezza è
razionalmente giustificabile? Che ne diresti dell'ipotesi che si tratti
di un'errata estrapolazione indotta dal nostro, diciamo, sofisticato
sistema di gestione delle risorse mentali?

Grazie a te

a presto

mr.chips

unread,
Mar 31, 2010, 5:45:03 PM3/31/10
to
Il 31 Mar 2010, 22:32, carsim <carp...@gmail.com> ha scritto:
> Il 2010/03/31 0:37, mr.chips ha scritto:
> > Il 30 Mar 2010, 18:18, carsim<carp...@gmail.com> ha scritto:
> >> Ti chiedo di essere pi� esplicito perch� purtoroppo non conosco la
> >> "cabbala".
> >> A te l'omogeneit� suggerisce qualcosa?

> >
> > Volevo solo dire che l'essenza si presenta di sua natura inimmaginabile.
>
> Ma tu pensi che il mondo si fondi sull'omogeneit� (metafisicamente
> intesa), che tutto � riducibile al concetto di omogeneit�? (Che poi

> sarebbe il contrario di quello che sto sostenendo in questa discussione).
> --
Omos: stesso; gene: natura. Dunque certo se si intende la natura nelle sue
manifestazioni, e certo anche se si intende l'omogene di ogni natura a ogni
altra natura.

conciso mr. chips

Message has been deleted

carsim

unread,
Apr 1, 2010, 4:38:18 AM4/1/10
to
Il 2010/03/31 22:45, mr.chips ha scritto:
> Il 31 Mar 2010, 22:32, carsim<carp...@gmail.com> ha scritto:
>> Il 2010/03/31 0:37, mr.chips ha scritto:
>>> Il 30 Mar 2010, 18:18, carsim<carp...@gmail.com> ha scritto:
>>>> Ti chiedo di essere piᅵ esplicito perchᅵ purtoroppo non conosco la
>>>> "cabbala".
>>>> A te l'omogeneitᅵ suggerisce qualcosa?

>>>
>>> Volevo solo dire che l'essenza si presenta di sua natura inimmaginabile.
>>
>> Ma tu pensi che il mondo si fondi sull'omogeneitᅵ (metafisicamente
>> intesa), che tutto ᅵ riducibile al concetto di omogeneitᅵ? (Che poi

>> sarebbe il contrario di quello che sto sostenendo in questa discussione).
>> --
> Omos: stesso; gene: natura. Dunque certo se si intende la natura nelle sue
> manifestazioni, e certo anche se si intende l'omogene di ogni natura a ogni
> altra natura.
>
> conciso mr. chips

Temo di non capire. Non è eterogeneità la natura stessa in fin dei
conti? Non è forse l'eterogeneità una proprietà (l'unica) comune a tutte
le cose dalle meno alle più complesse? Non è dunque quello di
eterogeneità un (l'unico) concetto veramente semplice ("elementare" come
direbbe qf)?

In attesa delle vostre considerazioni
un saluto

thisDeadBoy

unread,
Apr 1, 2010, 4:41:29 AM4/1/10
to
carsim ha scritto:

> Non � eterogeneit� la natura stessa in fin dei conti?
> Non � forse l'eterogeneit� una propriet� (l'unica)
> comune a tutte le cose dalle meno alle pi� complesse?
> Non � dunque quello di eterogeneit� un (l'unico) concetto

> veramente semplice ("elementare" come direbbe qf)?

Direi di no. Se stai cercando il concetto piu'
"omogeneo" che esista credo tu ti debba concentrare
sul concetto di essere.

Saluti

carsim

unread,
Apr 1, 2010, 2:38:41 PM4/1/10
to
Il 2010/04/01 9:41, thisDeadBoy ha scritto:
> carsim ha scritto:
>
>> Non è eterogeneità la natura stessa in fin dei conti?
>> Non è forse l'eterogeneità una proprietà (l'unica)

>> comune a tutte le cose dalle meno alle più complesse?
>> Non è dunque quello di eterogeneità un (l'unico) concetto

>> veramente semplice ("elementare" come direbbe qf)?
>
> Direi di no. Se stai cercando il concetto piu'
> "omogeneo" che esista credo tu ti debba concentrare
> sul concetto di essere.
>
> Saluti
>
>
Lasciamo perdere l'omogeneità, per questa volta. Il mio intento è stato
quello di individuare un concetto che fosse davvero semplice, in altre
parole: assolutamente generale; fondamentale. Durante questa discussione
non sono emersi argomenti che indeboliscono la mia convinzione di averlo
trovato, anzi. Insomma, ho soddisfatto il mio fabbisogno di
compiacimento giornaliero. ;)

Grazie ancora
Ciao

carsim

unread,
Apr 1, 2010, 2:26:07 PM4/1/10
to
Il 2010/04/01 8:32, thisDeadBoy ha scritto:
> carsim ha scritto:
>> Oh, ma lo è. E nel senso italiano anche. Un cervello ha una grande ma
>> pur sempre limitata capacità di eleborazione (che si limita ad essere
>> quella adeguata alla sua funzione). Tra tutte le informazini che
>> potrebbero essere ricavabili dall'ambiente, i sensi di ogni organismo si
>> sono evoluti in modo da filtrarle e raccogliere solo quelle che sono più
>> rilevanti per la sopravvivenza e prosperità del sistema stesso
>> (l'organismo. Il quale a sua volta... Forsa capiterà occasione di
>> parlarne un'altra volta).
>> Spero di aver dissolto i tuoi dubbi su questo punto.
>
> Non e' che avessi dei veri e propri dubbi, diciamo
> che non penso che i nostri sensi "semplifichino"
> la realta' nel senso che la riducono. In altri termini
> ritengo che la realta' percepita attraverso i sensi non
> sia l'unico dato reale.
>
Il nostro modello della realtà (i nostri modi di percepirla) è quello
tipicamente umano e dobbiamo supporre che ogni specie ne abbia uno che
differisce da quello delle altre (di molto in certi casi e di poco in
altri a seconda della somiglianza) in base alla nicchia ecologica
occupata (ad esempio, è ragionevole supporre che il modello percettivo
dei pipistrelli sia ben diverso dal nostro). In linea di principio sono
possibili infiniti modi, anche molto diversi fra loro, di percepire le
stesse, diciamo, circostanze esterne (eventi, oggetti... forse anche
semplici distanze). Ti riferivi perlopiù a questo o c'è dell'altro?

>> In altre parole il concetto di omogeneità ha solo una
>> funzione semplificativa
>

> Diventa semplificativa se, e solo se, identifichiamo
> l'ente con la sua omogeneita'. A mio parere l'omogeneita'
> non e' una nostra astrazione mentale atta a semplificare
> la realta', quasi come se nel caso in cui non l'avessimo
> "generata" ci soffermassimo a chiederci la composizione
> chimica del masso che ci sta per schiacciare.

Ma non si tratta di qualcosa che è generato nel nostro cervello (ho
notato le virgolette ma è comunque meglio chiarire, o perlomeno
provarci). L'omogeneità è una parvenza, essa dipende dall'economia di un
sistema computazionale (il nostro cervello), ma non è che è generata,
piùttosto la nostra attenzione non può contemplare contemporaneamente
ogni cosa ma si deve concentrare su quei fatti che di volta in volta
sembrano essere i più rilevanti (i quali sono normalmente presenti come
prima approssimazione di un modello comportamentale adattivo). In una
simile circostanza alcuni dettagli (se pure acquisiti dai nostri sensi e
che pur sarebbero discriminabli con calma in un secondo momento) non
assumono lo stato cosciente perché in quel momento sono in corso
processi ("valutazioni") riconosciuti come più importanti e di maggiore
emergenza che già occupano tutte le risorse mentali.

Vorrei proporre a tutti un semplice esperimento: provate a disegnare
su un foglio due dischi distanti 5-7cm con diametro di 1-1,5cm, in modo
che siano ben evidenti. Fatto ciò tenete davanti a voi il foglio con una
mano e copritevi l'occhio sinistro con l'altra mano. Con l'occhio destro
fissate bene il disco sinistro tenendo il foglio a una distanza di circa
15cm ed eventualmente correggendo la distanza finché non vi accorgerete
che a una certa distanza il disco scompare dal vostro campo visivo a
causa di una zona cieca dell'occhio (dovuta al fatto che il nervo ottico
passa davanti alla retina in una zona che è dunque priva di recettori);
basta portare il foglio poco più avanti (o indietro) e il disco compare
nuovamente nel campo visivo. Dunque grazie a questo esperimento possiamo
verificare la presenza effettiva di una zona cieca all'interno del
nostro campo visivo.
Come mai non percepiamo alcun buco e normalmente non ci facciamo
neanche caso?
Perché si tratta semplicemente di informazione mancante e non si
trarrebbe alcun vantaggio nel constatare una assenza di informazione
così essa questa non viene neppure segnalata (ci limitimo a servirci
delle informazioni disponibili, che comunque non potrebbero mai essere
esaustive in senso stretto)! Solo ricorrendo ad uno stratagemma come
quello esposto, grazie al quale la nostra attenzione viene "guidata nel
punto giusto", possiamo renderci conto di questa zona cieca.

>> Il concetto di omogeneità è molto intuitivo, non necessita
>> neanche di immaginazione.
>

> Se e' intuitivo allora c'e' un "ente" intuito
> grazie al quale lo esprimiamo in un concetto.
>
Non necessariamente. Anche l'idea di zoombie filosofico ed una
concezione dualistica della realtà sono molto intuitive eppure
illusorie, a quanto sembra rivelarsi ad una più profonda analisi.

>> Che ne diresti dell'ipotesi che si tratti
>> di un'errata estrapolazione indotta dal nostro,
>> diciamo, sofisticato sistema di gestione delle
>> risorse mentali?
>

> Direi che l'omogeneita' puo' certamente essere
> astratta in un concetto ed estesa indebitamente
> per "risolvere" in modo apparentemente esaustivo
> una questione.
>
> Ciao
>
Daccordo.
Riassumo in brevissimo quello che ho cercato di sostenere: pensare al
concetto di omogeneità come un concetto metafisico è del tutto
inappropriato (contrariamente a quanto vale per il concetto di
eterogeneità).

Ti ringrazio per l'attenzione.
A presto

Message has been deleted

carsim

unread,
Apr 2, 2010, 12:16:10 PM4/2/10
to
Il 2010/04/02 8:13, thisDeadBoy ha scritto:
>[...]

Scusa ma onestamente non mi sono chiare le obiezioni che mi muovi e
anche sul resto non sono sicuro di capire che cosa intendi dire.

qf

unread,
Apr 3, 2010, 3:35:44 AM4/3/10
to
"carsim"
> thisDeadBoy

>> ... ritengo che la realta' percepita attraverso i sensi non


>> sia l'unico dato reale.
>>

> In linea di principio sono
> possibili infiniti modi, anche molto diversi fra loro, di percepire le
> stesse, diciamo, circostanze esterne

Certo, necessariamente sono funzione del tipo di relazione che ogni
individuo/specie ha bisogno di intrattenere con il suo ambiente. Il resto,
letteralmente, non gli serve a niente. Quindi la realtà è la realtà _per
noi_. Sapere che cosa sia "in sé", cioè in assoluto, non servirebbe perché
non ne capiremmo la stragrande maggioranza dei parametri. E non è neanche
possibile saperlo: occorrerebbe disporre di un sistema sensoriale capace di
rilevare infiniti parametri, tutti quelli cioè che potrebbero interessare
tutte le specie possibili, e non solo sul nostro globo. Quindi la "realtà in
sé" non è conoscibile né in alcun modo definibile, e la sua conoscenza
sarebbe per noi del tutto incomprensibile.


> L'omogeneità è una parvenza,

Se non abbiamo accesso alla realtà "in sé", non possiamo affermarlo.

> essa dipende dall'economia di un sistema
> computazionale (il nostro cervello), ma non è che è generata,

Noi possiamo appunto pensarla o definirla, Ma questo non ne esclude e
neppure ne afferma l'esistenza.

Circa il "sistema computazionale", proprio non conoscendo la realtà "in sé"
non so se abbia senso definire così ciò che pensa -- ammesso e non concesso
che si tratti _solo_ del cervello, e non della persona nella sua integrità,
come io credo, e non qualche etto di neuroni.

> piùttosto la
> nostra attenzione non può contemplare contemporaneamente ogni cosa ma si
> deve concentrare su quei fatti che di volta in volta sembrano essere i più
> rilevanti

Certo, ma questo non implica che anche percependo "tutto" si stia recependo
la realtà in quanto tale. Si recepisce quello che si può recepire con il
sistema sensorio di cui si è dotati. Come dicevo, la nostra percezione
coglie un numero finito di parametri che "in sé" non hanno alcuna ragione
per essere finiti. Quindi non è questione di risorse mentali e di attenzione
ma di limiti (molto ristretti) della nostra percezione.


> Dunque grazie a questo esperimento possiamo
> verificare la presenza effettiva di una zona cieca all'interno del nostro
> campo visivo.
> Come mai non percepiamo alcun buco e normalmente non ci facciamo neanche

> caso? [...] Solo ricorrendo ad uno stratagemma come quello esposto,


> grazie al quale la nostra attenzione viene "guidata nel punto giusto",
> possiamo renderci conto di questa zona cieca.

Tu ricorderai che è con un occhio per volta che si fa questo esperimento.
Ciò significa -- come ovvio -- che il "punto cieco" di un occhio non è mai
sovrapposto a quello dell'altro. Questa è la ragione per cui il segnale
stereoscopico che arriva alla corteccia occipitale non ha alcun punto cieco.
Ha semmai due punti -- non sovrapposti -- in cui il segnale non è
stereoscopico ma per così dire "piatto" per ovvie ragioni (in quei due punti
è di fatto monoculare), ma essendo fuori dall'asse focale non può essere in
alcun modo percepito, nemmeno con acrobazie oculari alla "Igor"
(http://img290.echo.cx/img290/1972/igor9nh.jpg). Quindi non si tratta
neppure di una questione di attenzione.

> Perché si tratta semplicemente di informazione mancante e non si
> trarrebbe alcun vantaggio nel constatare una assenza di informazione così
> essa questa non viene neppure segnalata (ci limitimo a servirci delle
> informazioni disponibili, che comunque non potrebbero mai essere esaustive
> in senso stretto)!

Come vedi, non è questa la ragione per cui la zona cieca non viene
segnalata. Non viene segnalata perché nella visione bi-oculare
(stereoscopica) non esiste alcuna zona cieca.


> Non necessariamente. Anche l'idea di [...] e di una concezione


> dualistica della realtà sono molto intuitive eppure illusorie, a quanto
> sembra rivelarsi ad una più profonda analisi.

A questo hai già avuto una risposta. E da secoli, non solo da TDB.
Tu dimostra che non esistono una realtà misurabile e una realtà non
misurabile (il pensiero) e allora potrai dire che la "concezione dualistica"
è illusoria.
Al più potresti affermare che la seconda ha le sue radici -- alcuni dicono
"il supporto" -- nella prima, ma ciò non toglie che sono due cose distinte.
La comunicazione in particolare -- in termini reali, non in termini di
scambio di informazione, -- avviene unicamente tramite la seconda.
L'informazione non è in queste righe, ma in ciò che tramite di esse passa
dal mio pensiero al tuo e viceversa; e questo processo non solo non è
misurabile in ciascuno di noi, ma il suo attuarsi "trascende" le due menti
interagenti ma ne è una doppia sintesi focalizzata (e diversa) nei due
interagenti, e quindi è *in assoluto* che non è misurabile.


> Riassumo in brevissimo quello che ho cercato di sostenere: pensare al
> concetto di omogeneità come un concetto metafisico è del tutto
> inappropriato (contrariamente a quanto vale per il concetto di
> eterogeneità).

Io mi sono permesso di mostrare che il concetto di 'omogeneità' è così
metafisico da essere l'unico a saper indicare l'"elementare" (il "caos"),
origine non misurabile di tutte le cose misurabili (guarda caso, come il
pensiero, da cui proviene ogni cosa misurabile che _noi_ ideiamo e
realizziamo).

Saluti
qf

qf

unread,
Apr 3, 2010, 4:09:21 AM4/3/10
to
"thisDeadBoy"
> carsim

>
>> Il nostro modello della realtà (i nostri modi di percepirla)
>
> Mh. Il nostro "modello" e' una cosa, il modo di percepire
> la realta' non e' un "nostro" modello, non e' un qualcosa
> che noi modelliamo. E' una tipica illusione idealistica
> supporre che la nostra percezione sia un "modello" e che
> quindi cio' che percepiamo non sia la realta'.

Non lo è in senso assoluto. Lo è però in senso relativo.
Per esempio noi non percepiamo i raggi cosmici, ma ci sono, sono "reali".
Opportuni sensori li rivelano.
Ma senza andare ai raggi cosmici, tu pensa all'elettricità: a parte la
sensazione tutta particolare quando si infilano le dita in una presa di
tensione (fate questo semplice esperimento :-)), mica la si percepisce.
Anziché di "modello" si potrebbe parlare quindi di specificità sensoriale
connessa alla specificità non solo della specie, ma dell'individuo stesso
(conosco individui che fanno questo esperimento in continuazione per sapere
se c'è tensione, e sopravvivono). E comunque una precisa e ristretta
limitazione nella percezione della realtà c'è eccome. Dunque si tratta sì
della realtà, ma della realtà *per noi*.
Questo sempre se si parla in termini strettamente empirici o "scientifici".
Se invece si vogliono fare delle considerazioni metafisiche, allora le cose
si complicano parecchio.


> Mi riferivo al fatto che a me non fa *specie* la nostra
> percezione -- cioe' non ritengo che la nostra percezione
> sia cio' che ci qualifica come umani -- e ritengo sia un
> contatto pienamente reale con la realta'.

Invece la percezione umana è la percezione umana (! :-)): noi non percepiamo
gli ultrasuoni, per esempio, e tante altre informazioni presenti
tutt'intorno a noi. La nostra percezione ci qualifica come umani: essa è
quella che dà l'alimento opportuno al nostro pensiero. Se fosse diversa, ma
il nostro pensiero rimanesse quello che è -- umano cioè -- il sistema non
funzionerebbe più. Dagli informazioni tipiche del sensorio del gatto e vedi
cosa succede :-))
No, non può esserci e non c'è mancanza di continuità o separazione fra
sensorialità e tutto il resto -.


> L'omogeneita' dei toni di colore di
> un'estensione, ad esempio, non dipende dalla nostra
> supposta capacita' computazionale, dipende dall'oggetto
> illuminato, il quale presenterebbe un'omogeneita' di
> toni anche in assenza di un occhio umano.

In un senso è vero: se io giro la testa da un'altra parte, non percepisco
più l'omogeneità. In un altro verso è falso, perché il concetto di
omogeneità è umano, quindi togli la percezione e la presenza umana e parlare
di omogeneità non ha più alcun senso.
Qualcuno dice che se non ci fossimo noi il mondo non esisterebbe. Ovviamente
non esisterebbe "per noi"; però, non essendoci noi, allora non esisterebbe
per nessuno, quindi non esisterebbe.


> Di una rosa colgo forma, colore, profumo,
> costituzione, bellezza, in un termine solo: unita'.
> La colgo nella sua entita'.

Per un'ape molto probabilmente la bellezza non è troppo interessante, conta
di più l'odore, che rivela la presenza di cibo.
Ciò che hai elencato è relativo alla natura umana, anzi di certi umani che
apprezzano le rose e magari non son allergici al loro polline.

> Sono aspetti apparentemente rilevanti? Sono aspetti
> che la realta' presenta a me, dunque ritengo siano
> eminentemente rilevanti.

Sono aspetti che _io_ *colgo* della realtà. La realtà è quello che è e non
presenta alcunché, o meglio presenta tutto e di più senza guardare in faccia
a nessuno. E ciascuno coglie quello che sa e soprattutto vuole cogliere. Non
diamo troppe colpe o troppi meriti alla realtà. Della realtà noi facciamo
parte integrante, quindi la relatività è inevitabile.


> La gestione delle nostre risorse in situazioni
> limite e' certamente interessante ma, a mio parere,
> non e' tanto una dimostrazione degli evidenti limiti
> della nostra percezione quanto piuttosto la dimostrazione
> che il nostro essere agisce nella situazione reale.
> Il che mi porta a ritenere, a maggior ragione, che la nostra
> percezione seppur limitata e' adeguatissima alla realta'.

Infatti non è questione di "limiti" -- noi percepiamo quello che ci serve e
basta.
La nostra percezione è adeguata alla realtà per quello che ci serve,
appunto.
Sempre ammesso e non concesso che la realtà sia quella empiricamente
(sensorialmente) rilevata.


> Un'intuizione dualista
> non comporta necessarimanente un'identificazione "manichea",
> ma puo' essere a pieno diritto, e per me lo e', un aspetto
> presentato dalla realta'.

Come fa un qf a non concordare? :-)

> Credo che l'attenzione deve essere sempre massima ogni
> qualvolta un termine viene trasposto dal "campo" fisico
> al "campo" metafisico e viceversa.

Sacrosanto.

Saluti
qf

carsim

unread,
Apr 4, 2010, 12:15:21 PM4/4/10
to
Voglio allacciare questa discussione con un'altra che ho trovato su un
altro forum:
http://www.riflessioni.it/forum/filosofia/13661-gli-oggetti-naturali-e-lo-spazio-tempo.html

Il 2010/04/03 8:35, qf ha scritto:
> "carsim"

>> L'omogeneità è una parvenza,
>
> Se non abbiamo accesso alla realtà "in sé", non possiamo affermarlo.

In questo thread sto proponendo di identificare (è sempre implicito che
parlo di identità tra concetti) la sfuggente "realtà in se" con
l'eterogeneità (a cui io do accezione metafisica).
Lasciatemelo ripetere: la "realtà in se" è eterogeneità. Questo è, a mio
avviso, quanto siamo _ragionevolmente giustificati_ ad estrapolare da
qualsiasi esperienza.

>> Dunque grazie a questo esperimento possiamo
>> verificare la presenza effettiva di una zona cieca all'interno del nostro
>> campo visivo.
>> Come mai non percepiamo alcun buco e normalmente non ci facciamo neanche
>> caso? [...] Solo ricorrendo ad uno stratagemma come quello esposto,
>> grazie al quale la nostra attenzione viene "guidata nel punto giusto",
>> possiamo renderci conto di questa zona cieca.
>
> Tu ricorderai che è con un occhio per volta che si fa questo
> esperimento. Ciò significa -- come ovvio -- che il "punto cieco" di un
> occhio non è mai sovrapposto a quello dell'altro. Questa è la ragione
> per cui il segnale stereoscopico che arriva alla corteccia occipitale
> non ha alcun punto cieco. Ha semmai due punti -- non sovrapposti -- in
> cui il segnale non è stereoscopico ma per così dire "piatto" per ovvie
> ragioni (in quei due punti è di fatto monoculare), ma essendo fuori
> dall'asse focale non può essere in alcun modo percepito, nemmeno con
> acrobazie oculari alla "Igor" (http://img290.echo.cx/img290/1972/igor9nh.jpg).

> [...]
> [...]
> [...]

Hai perfettamente ragione, tra le altre cose ho sbadatamente tralasciato
di specificare che queste mie domande retoriche si riferiscono a ciò che
normalmente accade _quando usiamo un solo occhio_ ovvero: non facciamo
comunque caso alla zona cieca. Le conclusioni restano inalterate.

[Attenzione, un'altra cosa che avevo dimenticato di specificare è che
nell'esperimento il disco che scompare dal campo visivo ovviamente non è
quello che si sta fissando ma quell'altro (quindi quello a destra, se si
sta usando l'occhio destro). E' bene dirlo perché ingorandolo è facile
che ci sfugge l'effettiva scomparsa].
Bene, ditemi, avete fatto l'esperienza?

>> Non necessariamente. Anche l'idea di [...] e di una concezione
>> dualistica della realtà sono molto intuitive eppure illusorie, a quanto
>> sembra rivelarsi ad una più profonda analisi.
>
> A questo hai già avuto una risposta. E da secoli, non solo da TDB.
> Tu dimostra che non esistono una realtà misurabile e una realtà non
> misurabile (il pensiero) e allora potrai dire che la "concezione
> dualistica" è illusoria.

> [...]

Non ho capito che cosa intendi per "realtà misurabile" e "realtà non
misurabile".


>> Riassumo in brevissimo quello che ho cercato di sostenere: pensare al
>> concetto di omogeneità come un concetto metafisico è del tutto
>> inappropriato (contrariamente a quanto vale per il concetto di
>> eterogeneità).

> Io mi sono permesso di mostrare che il concetto di 'omogeneità' è così
> metafisico da essere l'unico a saper indicare l'"elementare" (il
> "caos"), origine non misurabile di tutte le cose misurabili (guarda
> caso, come il pensiero, da cui proviene ogni cosa misurabile che _noi_
> ideiamo e realizziamo).
>
> Saluti
> qf

Francamente la tua proposta più che provenire da una estrapolazione
(giusta o sbagliata) mi sembra un dogma.

qf

unread,
Apr 4, 2010, 2:07:52 PM4/4/10
to
"carsim"
> [...]
>
> qf
>> [...]

> Lasciatemelo ripetere: la "realtà in se" è eterogeneità. Questo è, a mio
> avviso, quanto siamo _ragionevolmente giustificati_ ad estrapolare da
> qualsiasi esperienza.

Ma già Parmenide, qualche anno fa, ha osservato che è illusione.
E anche l'illusione è per noi "esperienza".
A parte Parmenide, il suo allievo Zenone ha dimostrato assai accuratamente
che la realtà è continua e non discreta, e quindi ha negato la
molteplicità -- e dunque implicitamente l'eterogeneità. Molto difficile
contestarlo anche per chi si nutre di brodo di tartaruga.


> [...] tra le altre cose ho sbadatamente tralasciato di specificare che

> queste mie domande retoriche si riferiscono a ciò che normalmente accade
> _quando usiamo un solo occhio_ ovvero: non facciamo comunque caso alla
> zona cieca. Le conclusioni restano inalterate.

Non facciamo caso alla zona cieca perché la natura, saggiamente, ha pensato
bene di non situare l'attacco del nervo ottico -- causa della zona cieca --
al centro della retina, cioè sull'asse della visione.

> [Attenzione, un'altra cosa che avevo dimenticato di specificare è che
> nell'esperimento il disco che scompare dal campo visivo ovviamente non è
> quello che si sta fissando ma quell'altro (quindi quello a destra, se si
> sta usando l'occhio destro). E' bene dirlo perché ingorandolo è facile che
> ci sfugge l'effettiva scomparsa].
> Bene, ditemi, avete fatto l'esperienza?

Sì, ma molto molto tempo fa, dato che è cosa notoria. La ragione per cui
scompare "l'altro" disco è in quanto ho appena detto: la natura non ha
piazzato l'attacco del nervo ottico alla retina sull'asse della visione.
Sarebbe una bella seccatura! E sembra che la natura, in generale, non faccia
sciocchezze di questo genere.


> Non ho capito che cosa intendi per "realtà misurabile" e "realtà non
> misurabile".

Res-extensa e res-cogitans, per usare le dizioni di Cartesio.
Pensiero ed emozione non sono misurabili in quanto tali; al più si possono
registrare dei processi fisici a cui "si attribuiscono" queste attività, ma
questa non è una misura. Vedere attivarsi più o meno intensamente certe aree
cerebrali o vedere variare certi parametri fisici durante le attività di
riflessione (es. studio) o durante una certa condizione emotiva, non è
misura del pensiero o dell'emozione. Banalizzando, se ti batte il cuore
quando vedi la tua bella, il numero di battiti al minuto non è una misura
dell'emozione ma al più un indice della presenza di un'emozione.


>> Io mi sono permesso di mostrare che il concetto di 'omogeneità' è così
>> metafisico da essere l'unico a saper indicare l'"elementare" (il
>> "caos"), origine non misurabile di tutte le cose misurabili (guarda
>> caso, come il pensiero, da cui proviene ogni cosa misurabile che _noi_
>> ideiamo e realizziamo).

> Francamente la tua proposta più che provenire da una estrapolazione
> (giusta o sbagliata) mi sembra un dogma.

Che ogni cosa che ideiamo e realizziamo abbia origine dall'area del
pensiero -- cui in prima istanza si può ascrivere anche l'intuizione (che io
ritengo frutto di pensiero inconscio, non seriale) e quindi l'invenzione --
non mi sembra possa essere messo in dubbio.

Circa l'"elementare": tu pensi invece che il processo di analisi del reale
possa avere un termine in qualcosa di fisicamente e funzionalmente definito?
A me questo sembra illogico. Vedi sotto.

Quello che io chiamo "elementare" è invece privo di alcuna specificità
spazio-temporale e di ogni altro tipo, ma è onnipotenziale, nel senso che
può dar luogo a qualunque specificità. Ma raggiungerlo comporterebbe una
ricerca che eliminasse progressivamente ogni specificità mediante
progressiva frammentazione della realtà, ma ciò contiene implicitamente un
paradosso: infatti una ricerca virtualmente infinita porterebbe a
_trovare-non_ l'"elementare" perché, essendo esso privo di ogni specificità,
non sarebbe rilevabile in nessun modo.

In questi giorni a Ginevra stanno cercando il bosone di Higgs, detto dagli
snob del settore "particella di Dio". Si ritiene appunto che l'"elementare"
sia quello.

In quello che tu chiami il mio "dogma", se qualcosa in natura è realmente
elementare (cioè indivisibile radice del reale), allora, ripeto, è
inaccessibile per definizione; se infatti è rilevabile significa che ha una
qualche specificità, ma se è elementare -- ossia è davvero componente di
base del cosmo -- non può avere alcuna specificità, perché la specificità è
possibile soltanto se vi sono vincoli che co-definiscono tale specificità, e
quindi non sarebbe affatto elementare.
In altri termini, se la "singolarità" origine del big-bang aveva qualche
specificità -- ossia una "forma" -- doveva averla relativamente a qualcosa:
non può esistere un forma qualsivoglia in assenza di vincoli che ne
co-determinano il confine.
Perciò, da queste semplici considerazioni risulta che se qualcosa troveranno
a Ginevra, non sarà il mattone dell'universo o "particella di Dio", ma solo
l'ennesimo gradino -- non definitivo -- di analisi. Perciò, se mai un
big-bang c'è stato, non viene di sicuro da lì.

Nota che l'"elementare" come a rigor di logica dovrebbe essere, non ha un
profilo spazio-temporale né di altro tipo, quindi non è "finito" e tantomeno
localizzato: quindi non è, e non può essere, una "particella", ma pura
"attività", e naturalmente non è modellizzabile matematicamente per la
medesima ragione.

E' un esercizio logico, come vedi, e non un dogma, arrivare a definire
l'"elementare" (il caos) in questo modo: pensarlo come finito -- una
particella -- è immediatamente assurdo.

Saluti
qf


qf

unread,
Apr 5, 2010, 3:35:38 AM4/5/10
to
"qf"

> "carsim"
>> [...]
>>
>> qf
>>> [...]
>
>> Lasciatemelo ripetere: la "realtà in se" è eterogeneità. Questo è, a mio
>> avviso, quanto siamo _ragionevolmente giustificati_ ad estrapolare da
>> qualsiasi esperienza.
>
> Ma già Parmenide, qualche anno fa, ha osservato che è illusione.
> E anche l'illusione è per noi "esperienza".
> A parte Parmenide, il suo allievo Zenone ha dimostrato assai accuratamente
> che la realtà è continua e non discreta, e quindi ha negato la
> molteplicità -- e dunque implicitamente l'eterogeneità. Molto difficile
> contestarlo anche per chi si nutre di brodo di tartaruga.

Mentre Achille sbava per il brodo di tartaruga senza poterlo raggiungere,
vale la pena di dire due parole sui concetti di 'continuo' e di 'discreto'.

Non ha alcun senso, logicamente, cercare di arrivare al continuo tramite un
processo al limite. Non è vero cioè che il continuo è rappresentabile
mediante un discreto i cui elementi o punti vengono avvicinati
indefinitamente per arrivare, al limite, a contatto fra loro realizzando in
tal modo la continuità. Zenone ha già mostrato che per riempire una distanza
per quanto piccola occorrono infiniti punti, in altre parole non è mai
possibile arrivarci. Inoltre, essendo i punti privi di estensione --
altrimenti non sarebbero punti ma segmenti -- anche infiniti punti fanno
distanza zero.

Quindi è assurdo l'approccio per "punti d'accumulazione" come dice la
matematica. La quale sui suoi assiomi costruisce procedure utili ma non dice
certo niente riguardo alla logica continuo/discreto, dal momento che il
concetto di 'infinito' di cui si serve non ha alcun senso se non formalmente
e solo per la matematica, ossia circolarmente.

Continuo è qualcosa di non pensabile. Il modello del limite è solo per
aiutare l'intuizione ma è in sé erroneo. Lo stesso vale per il concetto di
infinito.
Noi conosciamo solo il discreto per la semplice ragione che siamo entità
finite. Ecco perché dobbiamo passare di lì per tentare di definire il
continuo, pur sapendo di sbagliare (o no?)

Però per andare da qui a lì noi percorriamo concretamente un continuo
spaziotemporale, ma non passiamo affatto per gli "infiniti punti" che stanno
tra qui e lì.

La paradossalità del "passare per infiniti punti" sta appunto nel confondere
il continuo con un "discreto molto fitto", che è assurdo.

Il continuo è la realtà, mentre il discreto, al limite, è un modello
grossolano -- utile ma logicamente, più che grossolano, privo di senso.

Il continuo è la realtà in cui viviamo e in cui Achille raggiunge in un
lampo la tartaruga e la freccia raggiunge il bersaglio; il discreto non è la
realtà e quindi nella non-realtà degli "infiniti" passi Achille non ce la
fa, e la freccia non va verso il bersaglio.

Ecco perché la realtà è una e non esiste il molteplice se non come
modulazione locale di ciò che è continuo e quindi è uno.
E non c'è modello matematico che possa risolvere nel discreto l'abisso del
continuo, e quindi mostrare che Zenone aveva torto.
Zenone ci ha (e forse si è) ingannato ammettendo tempi costanti per passi
logici costanti -- il che ovviamente porta all'infinito i tempi, -- ma non
ci ha né si è ingannato nel mostrare la radicale incompatibilità logica fra
discreto e continuo.

Buona pasquetta
qf

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