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Malaparte su santa Caterina da Siena

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donquixote

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10 set 2003, 17:45:1510/09/03
a
E se dovessi, in mancanza d'altro, accontentarmi di una santa, non
sceglierei santa Fina, ma santa Caterina senese, per quel suo gusto sadico
delle lacrime e delle ferite, per quella sua crudeltà tutta moderna, per
quel suo morboso istinto che la spingeva a immergere le mani nel sangue dei
condannati, a raccoglierne in grembo la testa spiccata dalla mannaia, per
quella luce che la trasfigurava quando tornava a casa tutta imbrattata di
sangue, nelle narici nelle vesti nei capelli quell'odore di sangue, sulle
mani bianche il sangue del suppliziato, il sangue di Cristo aggrumato sulle
sue mani bianche.
Mi piace in santa Caterina quella sua atroce, esaltata simpatia per i
criminali, gli assassini, i parricidi, quella sua torbida passione per i più
efferati delitti. Il sangue dei tristi, il dondolare degli impiccati, l'
inginocchiarsi davanti al ceppo dei condannati alla mannaia, il grido e lo
scempio degli squartati, la chiamavano come la voce del maschio chiama la
femmina in calore.
Veniva con quel suo moto rapido e leggero, trasognato, dondolandosi sui
fragili piedi, sui ginocchi malfermi, gli occhi socchiusi, le labbra
tremanti in un sorriso voglioso, le mani non giunte sul petto, ma protese,
quelle sue mani così piccole, così bianche, così trasparenti. Camminava per
le strade anguste, chiuse tra gli alti muri di pietra, verso il patibolo,
pallida e sorridente, e il boia volgeva il capo sentendola giungere di
lontano prima ancora che gli occhi la vedessero, la chiamava per nome, e
Caterina veniva quasi correndo, il seno sollevato dall'affanno della corsa,
dal timore e insieme dal desiderio di giungere troppo tardi.
Quel che muoveva santa Caterina non era la pietà degli innocenti, ma l'amore
degli assassini. Il più puro, il più misterioso, il più cristiano amore. Gli
innocenti appartengono a Cristo, sono già suoi. Caterina non avrebbe saputo,
non sapeva che farsene. Il loro sangue non ha sapore, non ha colore, è
freddo e trasparente come l'acqua. Il sangue degli innocenti non manda lo
stesso odore acro e forte del sangue dei protervi, degli scellerati.
Caterina correva verso il patibolo, dove l'assassino già piegava il
ginocchio, già offriva il collo alla mannaia, già volgeva il viso (udendo il
lieve fruscio dei piedi nudi) per guardare venire verso di lui quell'ultima
amante, quella sposa ignorata, a quell'ultimo convegno d'amore. Correva
scavalcando con piede leggero le vittime sanguinose, senza curarsi del
sangue che bagnava il lastrico della strada. Che le importava il pianto
degli innocenti, il loro grido d'invocazione, il loro lamento? Correva verso
l'assassino, verso il suo sangue, verso il bagliore giallo dell'occhio dell'
assassino. Afferrava per i capelli e per il pelo della barba la testa del
suppliziato, tirandola a sé, perché al lampo e al sibilo della scure la
testa le cadesse in grembo, viva fontana di sangue, e la inondasse del
sangue di Cristo. Quella testa ancora viva. Quelle palpebre tremanti sugli
occhi ancora vivi. Quella bocca che sputava sangue, e la lingua rossa,
gonfia, che negli ultimi spasimi le leccava le mani.
Curzio Malaparte - "Maledetti toscani"


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