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L'infame setta della massoneria-L'annichilimento completo del cattolicesimo

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donquixote

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Jun 8, 2010, 7:12:41 PM6/8/10
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Il Giornale
«Padre Pio sepolto fra simboli massonici»
di Andrea Tornielli
Padre Pio da Pietrelcina, il santo stimmatizzato che nel 1913
si lamentava per quei «disgraziati fratelli» che «corrispondono
all'amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell'infame setta
della massoneria», sarebbe stato traslato e sepolto in una chiesa
zeppa di simbologie massoniche: il nuovo santuario
di San Giovanni Rotondo progettato da Renzo Piano.
L'accusa non è nuova, già nel 2006 la rivista «Chiesa Viva»
lanciò l'allarme con un polemico studio dell'ingegner Franco Adessa.
Più cauto, ma ugualmente severo, anche il fascicolo
«L'oltraggio a Padre Pio», pubblicato tre anni dopo
da Angelo Maria Mischitelli, autore di vari libri storici
sul santo del Gargano.
Ora è destinato a far discutere il primo volume che tratta
diffusamente l'argomento, Il mistero della Chiesa di San Pio
(edizioni Settecolori, pp. 216, 15 euro), da oggi nelle librerie italiane.
L'autore è Francesco Colafemmina, un giovane studioso, laureato
in filologia classica, esperto di arte sacra e titolare del blog
«Fides et Forma», tra i promotori di un appello a Benedetto XVI
per il «ritorno ad un'arte sacra autenticamente cattolica».
Davvero il nuovo santuario di Padre Pio contiene simboli massonici?
«Dalla mia analisi sembrerebbe proprio di sì. Ad ogni modo,
credo che l'aspetto più interessante sia valutare l'effetto
che la vista di quel santuario fa sui fedeli, dato che la mia ricerca
è nata dopo una visita che ho fatto da semplice devoto del santo».
E quale effetto fa, secondo lei?
«Sicuramente molti fedeli rimangono sconcertati dall'assenza
di chiari segni cristiani, a partire dalla forma stessa del santuario,
che è un Nautilus, una conchiglia fossile».
Ma la conchiglia non è un simbolo cristiano?
«La conchiglia di San Giacomo sì, ma il Nautilus no. Quest'ultimo
però ha un significato pregnante per la massoneria, dato che simboleggia
il percorso iniziatico e la perfezione del Gadu, cioè il Grande
Architetto dell'Universo, la "divinità" massonica».
Faccia qualche altro esempio di queste simbologie massoniche.
«Nell'arazzo dell'Apocalisse di Rauschenberg, la Gerusalemme
celeste è già scesa in terra mentre su di essa incombe il Drago
a sette teste, che appare vincitore, e da nessuna parte
c'è Cristo vittorioso.
Nel portale di Mimmo Paladino c'è un capretto con le gambe
spezzate che potrebbe indicare l'iniziato che è entrato in loggia
e ha una stella a cinque punte.
L'altare di Arnaldo Pomodoro ha la forma di piramide rovesciata
e nell'alchimia la piramide rovesciata indica il luogo in cui
è custodita la pietra filosofale.
Mentre nella formella del tabernacolo Cristo ha le mani rivolte
verso il basso. Un chiaro segnale massonico che in questo caso
simboleggia il supposto materialismo della Chiesa».
Non potrebbe trattarsi di coincidenze?
«Anche se così fosse, il problema resta. Non si ha la sensazione
di entrare in una chiesa. E per di più quel santuario è diventato
un modello per la nuova arte sacra, concentrata più
sulla notorietà dell'architetto che sull'aderenza
allo spirito della liturgia e al messaggio evangelico».

Il Cinghiale Corazzato
L'OMBRA MASSONICA DIETRO IL NAZIONALISMO
ITALIANO
Davide Canavesi
Capisco benissimo come i sentimenti nazionali travalichino
gli angusti ambulacri della ragione ma dovremmo tutti essere
coscienti del significato dei segni che usiamo e della parole
che pronunciamo.
E' evidente infatti come il verde del tricolore italiota,
ben lungi da rappresentare la speranza, sia il colore
della massoneria, e come l'incipit "Fratelli d'Italia"
indichi la fratellanza delle logge, in cui era ben addentro
il framassone Goffredo Mameli.
D'altra parte è innegabile come il Risorgimento, esportazione
dei principi della Rivoluzione francese sul suolo italiano,
sia stato in buona parte opera della massoneria, chiarendo però
come parlare di massoneria al singolare non dia ragione
di un fenomeno molto più complesso che vede spesso
conflitti tra diverse logge, se non all'interno della stessa loggia;
comunque tale opera occulta e sotterranea, svelata negli ultimi anni
da studiosi quali la Pellicciari e orgogliosamente ostentata
dagli odierni massoni, riguardò sia il piano organizzativo,
quale il reperimento di risorse economiche e la cooptazione
di uomini, che i principi ideali posti alla base dell'opera
di costruzione italiana e di distruzione degli antichi
Stati pre-unitari.
In questo ultimo senso è assolutamente necessario rimarcare
come la stessa idea moderna di nazione, cioè quello che viene
definito nazionalismo, trovò un eccezionale tramite di diffusione
e amplificazione in epoca romantica da parte della massoneria:
alla base delle rivendicazioni nazionali dei paesi europei,
soprattutto contro l'impero cattolico asburgico, vi fu un'intesa
attività propagandistica delle logge locali; il punto non sta tanto
nel determinare quanto legittime fossero tali aspirazioni,
questione che andrebbe trattata caso per caso, ma quanto genuine,
cioè quanto sentite veramente dal popolo, e soprattutto indagare
se la massoneria sostenne con simpatia i nazionalismi oppure
se li adoperò per finalità ulteriori.
A tal proposito il nazionalismo italiano si configura, dalla genesi
fino alla realizzazione delle sue brame, come un adeguato campo
di studio dell'operare massonico contro le monarchie
dell'Ancient Regime.
La storiografia romantica, diffusa dall'educazione scolastica
italiana, ci ha infatti imposto la visione di un'identità italiana
che si sviluppa linearmente e senza discontinuità dalla romanità
sino ai giorni nostri, trascurando l'importanza del contributo
del substrato preromano e addirittura eliminando l'apporto
di altri popoli che hanno abitato la penisola, influendo
sulla diversa identità dei popoli italiani.
In base a questi principi i periodi della storia d'Italia vennero
giudicati, e seguitano a venir giudicati, in base al grado d'unità
politica della penisola (notevole preconcetto ideologico)
e non alla prosperità, all'accordo popolare o ad altri fattori:
proprio per questo la storia moderna italiana, cioè quella
che segue la rottura della pace di Lodi (1494) fino ai primi
barlumi di moti risorgimentali, non poteva che essere oggetto
di valutazioni critiche negative.
Di fatto però il nazionalismo italiano, tenendo ben presente
la distinzione tra l'idea medievale di nazione, e quella moderna,
nasce e si sviluppa fin dai suoi principi nelle logge massoniche,
diffondendosi poi nel mondo culturale in epoca illuministica
e giacobina senza però riuscire mai a penetrare nel popolo.
Non solo l'idea d'Italia era ignota al sensus communis ma finanche
il concetto di nazione non trovava spazio nella mente di chi
era abituato a ragionare nei termini, non contraddittori
ma complementari, di universalismo (cattolico e imperiale)
e localismo comunitario; la patria difesa dagli insorgenti
antigiacobini non era una terra dai confini tracciati sulla carta,
bensì la terra dei padri, la terra in cui erano nati e cresciuti
e nella quale avevano affetti e rapporti umani reali.
I prodromi del nazionalismo italiano si ritrovano, a detta
di molti studiosi, nell'articolo del capodistriano Gian Rinaldo Carli,
iniziato alla massoneria, scritto per Il Caffè nel 1765 in forma
anonima col titolo La patria degli italiani; è evidente che il Carli
dava per scontata un'identità italiana che in realtà non esisteva,
in quanto essa era tale solo a livello letterario, dato che
la lingua letteraria accettata sin dal '500 era il fiorentino,
e geografico, poichè la penisola italiana è racchiusa
entro confini naturali; questa identità non era però
assolutamente sostenuta dal popolo che si sentiva legato
ai suoi legittimi sovrani, dunque ben distante da qualsiasi idea
di unità politica italiana e per giunta non utilizzava
assolutamente il fiorentino letterario il quale, d'altra parte,
non era nemmeno quello parlato dagli abitanti di Firenze
nel XVIII secolo.
Proprio per questo i primi diffusori dell'idea di italianità
furono letterati, solitamente massoni e illuministi; fa eccezione
ad esempio il noto Giuseppe Carpani, successore del Metastasio
come poeta di corte a Vienna, il quale pur non negando
una certa idea di nazione italiana considerava, in virtù
del suo attaccamento agli Asburgo, l'unità politica un processo
assai pernicioso.
Ad ogni modo lo scritto del Carli nascondeva anche quel processo
di affratellamento fra le varie logge massoniche in suolo italiano
che incominciarono a diffondere queste idee attraverso le loro
migliori penne.
Tale era il mantovano Saverio Bettinelli, iniziato probabilmente
alla loggia cremonese "La concordia", il quale scrivendo
il Risorgimento d'Italia negli studi, nelle arti e nei costumi
dopo il Mille (1775) oltre a inaugurare una visione storiografica
nella quale l'età comunale era sentita, in maniera assolutamente
anacronistica, come affrancamento italiano dalla tutela straniera,
utilizzò, translandone il significato, un termine religioso
destinato ad avere un grande successo.
Il vento della rivoluzione francese amplificò la tematica
del nazionalismo italiano consentendo ai giacobini italiani,
già ben diffusi, di uscire dai loro club clandestini, che spesso
erano in stretta connessione con le logge; questi erano convinti
che il Bonaparte avrebbe portato l'unificazione e l'indipendenza
italiana sulla punta delle baionette: speranza invero malriposta
considerando i veri obbiettivi dei francesi sulla penisola,
sintetizzabili nell'espressione del membro del direttorio
Lazare Carnot "un limone da spremere".
Nonostante ciò i giacobini ebbero per la prima volta
l'occasione di venir fuori dalle loro asfittiche riunioni
e proclamare i loro ideali ad alta voce: tra questi è eminente
il concetto di nazione italiana e la volontà di creare
una repubblica italiana; uno dei più attivi patrioti
del triennio giacobino (1796-99) fu Matteo Galdi,
iniziato alla massoneria napoletana dal celebre maestro
Caracciolo ma fuggito a Genova, il quale vergò il suo pensiero
nello scritto Sulla necessità di stabilire una repubblica
in Italia(1796).
Ben presto le chimeriche aspettative giacobine furono deluse
dalla dura realtà dei fatti, infatti il Direttorio francese
non aveva alcuna intenzione di trattare le varie entità statuali
italiane come repubbliche sorelle bensì come utili sottoposte:
non a caso nella breve vita della Repubblica Cisalpina
i generali francesi dovettero "correggere" le decisioni
dei riottosi consigli con frequenti colpi di Stato.
La traumatica disillusione costrinse i patrioti italiani
a ritornare a tramare nell'ombra: nella Repubblica Cisalpina
prese vita un'oscura associazione nota come Società
dei Raggi, con sede a Bologna e a Milano, la quale,
sfruttando una complicata onomastica astrologico-solare,
si prefiggeva di combattere i francesi per fondare
una repubblica italiana. Nonostante fosse arrivata ad assommare
30.000 linee, cioè membri, la Società dei Raggi andò incontro
ad una rapida decadenza a causa di divergenze politiche interne
seguite alla fondazione della Repubblica Italiana (1802).
Ben più duratura fu invece l'esperienza della Carboneria
la quale travalicò il confine cronologico del periodo napoleonico
per continuare la sua esistenza nell'età della Restaurazione,
fino a traghettare l'ideale di unificazione italiana alla generazione
che l'avrebbe effettivamente realizzata.
Sebbene le origini della carboneria siano sostanzialmente
arcane non pare possibile dubitare dell'evidente derivazione
massonica di tale organizzazione; questo è peraltro confermato
dallo storico massone Giuseppe La Farina che ne parla
nella sua Storia d'Italia (1851), come "figliuola della framassoneria"
mentre un rapporto della polizia austriaca del 1820 la cita
come " società [.] semi-massonica".
Anche Pio VII, condannando la Carboneria al pari della Massoneria
con la bolla "Ecclesiam a Iesu Christo" (1821), non sembra
trovare distinzioni di sorta tra le due società anzi affermò
chiaramente come "i Carbonari pretendono, erroneamente,
di non essere compresi nelle Costituzioni di Clemente XII
e Benedetto XIV", cioè le due precedenti condanne
della Massoneria.
Proprio dalla carboneria all'inizio dell'800 fuoriuscirono
alcuni documenti che possono lasciare intendere come
l'opera di unificazione italiana non fosse una generosa
esplosione di un presunto sentimento nazionale,
ma il simulacro dietro cui nascondere i reali obbiettivi
massonici: la distruzione della Chiesa e della società cristiana.
Questi documenti sono un epistolario e la cosiddetta Istruzione
permanente ; nella lettera dell'11 giugno 1829 Felice
scrive a Nubio (nomi di battaglia dei due carbonari):
"L'indipendenza e l'unità d'Italia sono chimere.
Pure queste chimere producono un certo effetto
sopra le masse e sopra la bollente gioventù.
Noi, caro Nubio, noi sappiamo quello che valgono
questi principi. Sono palloni vuoti".
Quale sarebbe ordunque il vero scopo della carboneria
e del progettato moto di liberazione italiana?
Ci risponde l'Istruzione permanente:
"Il nostro scopo finale è quello di Voltaire
e della rivoluzione francese: cioè l'annichilimento
completo del cattolicesimo".
C'è altro da aggiungere?

http://tinyurl.com/7h39yr
http://tinyurl.com/3yewvtq

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