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La vita e le opere del Cardinal Siri nel primo centenario della sua nascita

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donquixote

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Apr 26, 2006, 5:04:54 PM4/26/06
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Convegno, Giovedì 4 maggio 2006
La vita e le opere del Cardinale Siri nel primo centenario della sua nascita
Riflessioni e testimonianze per ricordare questo grande pastore della Chiesa
di Genova

La Diocesi di Genova, con la collaborazione ed il patrocinio della Regione
Liguria, del Comune di Genova e dell'Autorità Portuale di Genova, ha
organizzato un Convegno per ricordare il centenario della nascita del
Cardinale Giuseppe Siri avvenuta il 20 maggio 1906.

Verranno proposte alcune relazione volte ad approfondire la vita e le opere
di questo grande pastore della Chiesa di Genova unitamente ad alcune
testimonianze di quanti hanno lavorato personalmente al suo fianco per tanti
anni.

Per l'occasione saranno anche presentati i volumi "Il Cardinal Giuseppe
Siri. Il Pastore" a cura di don Mardo Doldi edito dalla Libreria Editrice
Vaticana e "Genova e «ha Shoà». Salvati dalla Chiesa" di M. Macciò
pubblicato dalla Editrice Buona Stampa.

Il Cittadino. Settimanale Cattolico di Genova pubblicherà un inserto
speciale nel numero in distribuzione a partire dal 2 maggio.
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Il convegno si svolgerà giovedì 4 maggio ed avrà il seguente programma:

Ore 9.30 - 13.00
Sala del Gran Consiglio di Palazzo Ducale
Saluto Autorità
RELAZIONI
Il pastore della Chiesa Genovese: unità della Chiesa e disciplina dei
cattolici
Dr. Nicola Buonasorte
Il Cardinale Siri e i Papi del suo tempo
S. E. Card. Tarcisio Bertone
Il Cardinale Siri e la società italiana del suo tempo
Sen. Giulio Andreotti
Il Cardinale Siri nel periodo 1943-1945
On. Carlo Russo

Ore 15.00 - 17.30
Sala delle Compere di Palazzo San Giorgio
Saluto Autorità
TESTIMONIANZE
Relazione introduttiva: Il profilo umano e spirituale del Cardinale Siri
S. E. Mons. Giacomo Barabino, Vescovo emerito di Ventimiglia-Sanremo, già
Segretario particolare del Cardinale Siri
Mons. L. Molinari, Responsabile Cappellani del Lavoro
Prof G. M. Gazzaniga, Presidente Comitato Scientifico del Galliera
Mons. F. Anfossi, Direttore Caritas di Genova
Dr. G. Gavotti, Coordinatore Commissione storica della Chiesa genovese del
dopoguerra

Ore 18.00
Cattedrale di San Lorenzo
Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. E. il Card. Tarcisio Bertone
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Riporto parte di un mio messaggio postato tempo fa:

Per quanto mi consta, padre Pio evidenziò la sua propensione per la "santa"
violenza sin da ragazzo: un coetaneo, vedendolo periodicamente stanco e
emaciato, gli suggerì in modo scherzoso, come ricostituente, di amoreggiare
con qualche amichetta. Il futuro santo gli spaccò un manico di scopa sulle
spalle, dopo averlo rincorso per tutto il paese......
Fece di meglio molti anni dopo, quando era frate, ed evidentemente già
ricolmo di santità: un giorno si presentò al convento un giudice che
desiderava conoscerlo. Il magistrato, a un certo punto, tra il serio e il
faceto, disse a padre Pio: "Noi giudici a volte compriamo le
cause......mandando la ragione dove è il torto, e il torto dove è la
ragione".
A quel punto il frate, in preda a un attacco di "santa" ira, scaraventò il
giudice giù dalle scale, urlandogli: "Ora comprati pure questa causa,
mascalzone! Se hai coraggio portami in tribunale per quello che ti ho fatto!
Ma sei vigliacco, e hai paura di farlo!".
Il santo, giustamente, nutriva una forte avversione nei confronti dei
socialisti e dei comunisti (Padre Pio, tra l'altro, può essere considerato
un illustre "antemarcia": sin dal 1920, ottenuto il consenso dell'Ordine dei
cappuccini, benedisse pubblicamente la bandiera della neo-costituita
associazione di ex-combattenti di san Giovanni Rotondo, e fiancheggiò gli
Arditi di Cristo, una formazione clerico-fascista). Alla vigilia delle
cruciali elezioni politiche del 18 aprile 1948, nel corso di una
manifestazione promossa dalle sinistre, un dimostrante comunista, a bordo di
un camion, gridò verso il convento: "Abbasso padre Pio!". Non l'avesse mai
fatto: al suo grido d'odio seguì un grido di dolore, perché egli, colpito
improvvisamente da una terribile colica, si abbattè sul camion, e dovette
essere condotto d'urgenza in ospedale.
Il giorno delle elezioni, mentre padre Pio si recava al seggio per votare,
una donna gli gridò un insulto irripetibile: "Adesso va a votare quel
........".
La megera, fatti pochi passi, inciampò, cadde, e si ruppe il femore. Dal che
si evince che la saggezza popolare non erra quando raccomanda: "scherza con
i fanti, ma lascia stare i santi.......".
Visto che siamo in argomento, mi piace ricordare il grande Cardinal Siri

http://www.icrsp.com/Album-Photos/Portraits-Siri.htm


http://www.sehaisetediluce.it/con_siri.jpg


http://www.sehaisetediluce.it/una_gr9.jpg


http://gsalvetti.supereva.it/salvetti5.JPG


http://www.diocesi.genova.it/immagini/miniature/565_300.jpg


http://www.thegremlin.com/COURTART/reiter/9-206.JPG


che per più di 40 anni fu arcivescovo di Genova, il quale fu tentato di
usare la violenza fisica, e si servì proficuamente della violenza verbale.
Quando il leader democristiano Aldo Moro era in procinto di promuovere la
sciagurata svolta politica nota come "l'apertura a sinistra", il Cardinale
Siri, che allora presiedeva la Conferenza Episcopale Italiana, tentò invano
di dissuaderlo dal portare a compimento quella follia. Moro, che passerà
alla storia, oltre che per la sua tragica fine, per il suo linguaggio
astruso e circonvoluto (coniò, tra l'altro, l'espressione "convergenze
parallele".....) era un maestro di evasività e elusività. Ricordava il
cardinale Siri: "Ho litigato più volte con Moro per il problema dei
socialisti. Non che esprimesse esplicitamente le sue idee, ma si capiva dove
voleva arrivare. Cambiava discorso, sfuggiva alle argomentazioni, talvolta
atteggiava il viso come di chi non riesce a seguire un certo discorso.
Colpivo, e mi sembrava di affondare la mano in un cedevole materasso.
Una volta, in casa di Castelli, arrivai al punto di desiderare di dargli un
pugno. Mi trattenni perché le mie mani erano consacrate. Per fortuna non mi
venne in mente che i miei piedi non erano consacrati......"
Durante la seconda guerra mondiale, quando Siri era vescovo ausiliare del
Cardinal Boetto, non si trattenne dal servirsi in maniera proficua della
violenza verbale.
Al fine di procurare cibo alla popolazione genovese affamata, Siri
intraprese un viaggio nel corso del quale rischiò più volte la vita: i
"liberatori" angloamericani non si limitavano a distruggere le grandi città
italiane, con i loro bombardieri "Liberators"(sic!), ma utilizzavano pure i
loro caccia-bombardieri per colpire, fuori delle città, tutto ciò che si
muoveva: treni, camion, automobili, ciclisti, pedoni e animali......
Ottenute dal governo della Repubblica Sociale Italiana le derrate alimentari
per la popolazione genovese, sorse il problema di convincere i nuclei
partigiani che controllavano le valli liguri a consentire il loro trasporto
a Genova, che essi volevano demenzialmente impedire. Siri ottenne di
incontrare i capi partigiani a Rocchetta Ligure, presso la valle Scrivia:
"La seduta durò a lungo, e io perorai come potevo la causa della popolazione
votata alla fame: chiedevo solo che non si impedisse l'afflusso dei viveri
dal Piemonte e dalla Lombardia. La discussione fu estenuante tra i sì e i
no. Finalmente uno dei presenti, di cui credo bene tacere il nome, e che
sedeva di fronte a me, uscì a dire che "in fin dei conti la popolazione
avrebbe dovuto seguire l'esempio dei partigiani e rifugiarsi sui monti". A
questo punto persi la pazienza: rilevai che la popolazione erano le loro
donne, i loro figli, i loro parenti, e che era stupido pensare di portare
sui monti centinaia di migliaia di persone. Nella mia perorazione mi
scaldai, davanti a tanta asineria, fino a perdere il lume della ragione.
Vomitai tutte le parolacce udite da bambino nei vicoli di Genova, e che mai
avevo usato, parlai con il linguaggio dei facchini e (non si offendano) dei
portuali, ebbi sulle labbra tutti gli improperi e gli insulti, e tutto feci
di un sol fiato per più di mezz'ora, senza accorgermi che stavo parlando un
linguaggio poco adatto alla mia condizione di vescovo. Non ne ebbi mai il
rimorso, perché non sapevo quel che dicevo, però vinsi. Si accettò la mia
proposta e si passò ai dettagli."
Siri ebbe un ruolo fondamentale pure nel salvataggio del porto di Genova,
minato, che i tedeschi minacciavano di fare saltare in aria prima di
ritirarsi. Su questa vicenda, nel dopoguerra, vi furono molte polemiche,
perché da varie parti si rivendicava a sé il merito del salvataggio. Renzo
De Felice, investito della risoluzione della questione, affermò che il
merito del salvataggio del porto di Genova doveva essere sostanzialmente
ripartito tra la chiesa genovese, i fascisti buoni e i partigiani buoni.
Siri, personalmente, ebbe l'enorme merito di riuscire a convincere il
colonnello Berninghaus, comandante della marina germanica a Genova, il quale
era benvoluto da Hitler: "Cercai di convincerlo con della ragioni di
umanità: la strage della popolazione, la inutilizzazione dello strumento per
il quale Genova viveva economicamente.
Niente.
Allora feci questo discorso: avete salvato il porto di Marsiglia, mentre
sapete che anche dopo la pace non cresceranno nei vostri confronti le
simpatie della Francia. Perché volete distruggere Genova, mentre sapete
altrettanto bene che gli italiani, a una settimana dalla fine della guerra,
saranno ancora vostri amici? Dio mi guardi dal chiedere danni in Francia;
chiedo solo che non si tratti peggio l'Italia.
L'argomento fece un certo effetto, perché il colonnello si distese, pur
continuando a scrollare la testa.
La conversazione si prolungava inutilmente. Ad un certo punto perdetti la
pazienza, mi alzai, e, dando un pugno sul tavolo, quasi urlai: "Vi
garantisco che se toccherete il porto di Genova, nessun tedesco uscirà da
essa vivo, perché lei sa meglio di me che prestissimo scapperete tutti."
Solo dopo mi resi conto che avevo proferito una grave minaccia, non degna di
un cristiano. Ma la cosa sortì l'effetto voluto."


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