Caso foibe: giornale croato chiede le dimissioni di Mesic
Per il commentatore del «Globus» il Presidente croato dovrebbe dimettersi:
«Tito fece pulizia etnica»
ZAGABRIA Il Presidente croato Stipe Mesic dovrebbe essere destituito per le
sue dichiarazioni sugli italiani nel caso foibe. La constatazione non arriva
dal Carneade di turno ma da una penna eccellente che scrive per il
settimanale croato a maggior tiratura.
È Denis Kuljis dello zagabrese «Globus», periodico sempre molto attento ai
maggiori avvenimenti nazionali ed esteri. Kuljis si è in pratica distanziato
dalla quasi totalità dei suoi colleghi (per non parlare delle istituzioni
statali e dei partiti politici), sostenendo a crisi italo-croata finita che
per Mesic ci vorrebbe un bel impeachment. Ovvero la rimozione del capo dello
Stato in sede parlamentare. Per quale motivo? Nel suo commento, il noto e
apprezzato giornalista ha rimarcato che il discorso pronunciato dal
Presidente Giorgio Napolitano in occasione del Giorno del ricordo è stato
corretto.
«Quella attuata dall'esercito di Tito nei territori del Friuli Venezia
Giulia nel Dopoguerra è stata null'altro che una pulizia etnica - così
Kuljis nel suo scritto - eseguita spietatamente e con l'intento di eliminare
la popolazione autoctona da quelle aree. Un numero esiguo d'italiani è
finito nelle foibe; altri sono stati affogati in mare con addosso dei pesi
ma la maggior parte è stata avviata all'esilio con una combinazione di
misure politiche repressive e la rovina economica cui andavano incontro. Il
tutto nell'ottica della cosiddetta tecnica rivoluzionaria dell'espropriare l'espropriatore».
Kuljis ha quindi parlato delle regioni fiumana, triestina, goriziana e
zaratina (convivevano popolazioni romanze e slave) ricordando che nel 1910,
dunque prima dell'«ingegneria» demografica fascista, il 61% della
popolazione era di madrelingua italiana, il 25 slovena e solo il 13,5
croata. A detta dell'attendibile storico croato Vladimir Zerjavic, i
fascisti avevano cacciato dall'Istria tra le due guerre circa 53 mila
croati, riducendo al 37,4% l'etnia sul totale della popolazione in Istria.
«Dopo la guerra, e stando alle fonti croate, da quelle regioni i comunisti
avevano cacciato 220-225 mila persone (350 mila per fonti italiane), di cui
188 mila dai territori ora Croazia». Kuljis smentisce di volere far passare
la tesi secondo la quale i fascisti sarebbero stati pertanto meno duri dei
comunisti, suggerendo invece che i metodi erano diversi: i fascisti volevano
assimilare tutta l'Istria mentre i comunisti intendevano ripulirla
etnicamente dagli italiani.
Il giornalista del «Globus» rammenta che un simile destino toccò nel
Dopoguerra anche ad altre popolazioni non slave, come i tedeschi di
Slovenia, Slavonia e Vojvodina, i turchi e gli albanesi in Macedonia e
Kosovo. In totale un milione d'unità, costretti a emigrare in seguito alle
liquidazioni di massa e alle forti pressioni politiche ed economiche. Un
progetto pianificato dal regime di Tito - aggiunge Kuljis, di cui però si
deve parlare e non ignorarlo:
«Non siamo mica noi i colpevoli per quanto perpetrato 60 anni fa, ci
sentiamo invece solidali con gli italiani». E Kuljis ricorda come il
principale consigliere di Mesic per la politica estera sia Budimir Loncar,
all'epoca responsabile dell'Ozna (la polizia segreta di Tito) per parte
della Dalmazia.