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voci dalla Palestina
occupata |
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BoccheScucite
quindicinale di controinformazione
ultimi report degli internazionali di Pax Christi
n. 43 - 1 novembre
2007 |
C'E' CHI RIENTRA A CASA E CHI VIENE SCACCIATO PER
SEMPRE
Aeroporto di Tel Aviv, 1 novembre
2007
In questi giorni,
dall'Italia, ci hanno chiesto testimonianze e foto della tragica giornata
di Bil'in. Effettivamente in questo ultimo report dalla Palestina potremmo
riportarvi i commenti durissimi del rappresentante del nostro consolato sull'uso
criminale delle cosidette "pallottole di gomma", eufemismo che
nasconde gli effetti devastanti di queste armi illegali di acciaio, solo
rivestite di gomma, sparate su di noi, gente inerme che manifestava in
modo nonviolento venerdi 26 ottobre.
Potremmo
dilungarci sulle analisi
mediche del dottore che nell'ospedale di Ramallah ha soccorso Andrea e che
ci ha illustrato documenti fotografici e cartelle cliniche sulle terribili
conseguenze sul corpo umano di queste armi
proibite.
Potremmo
raccontarvi ancora di incontri fatti e
testimonianze raccolte oltre all'ultimo report da Nablus, dai coraggiosi Rabbini
per i Diritti Umani agli israeliani dell'ICHAD che ricostruiscono le case dei
palestinesi illegalmente demolite dal governo
israeliano.
Potremmo farvi partecipi dello
sgomento nostro, del dolore di Andrea, delle ore tragiche e difficili che
abbiamo condiviso insieme. Perché quello che è accaduto è inaudito, ti lascia
attonito. Ti fa paura, ti fa sentire impotente e così fragile.
Ma quello che è accaduto ad Andrea
succede ogni giorno in terra di Palestina. Senza motivo, senza logica. Migliaia
e migliaia di feriti in questi anni hanno gridato come noi, come Andrea:
“perché?”. A loro, raramente è giunta solidarietà dal mondo di
fuori.
E allora, anche oggi, preferiamo
ancora una volta usare la nostra voce per 'scucire
la bocca' al popolo palestinese, oppresso e umiliato dall'occupazione militare.
Vogliamo liberare il grido disperato degli abitanti del piccolo villaggio di
QUSSA, a sud-est di Hebron, lungo il muro in
costruzione. L'OCHA, Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli
affari umanitari, ci chiede di far conoscere l'ennesimo sopruso attuato in
questi ultimi giorni dall'esercito: le ruspe hanno raggiunto il villaggio e
hanno raso al suolo le poverissime abitazioni delle sue 25 famiglie. I
funzionari delle Nazioni Unite hanno assistito impotenti a quest'ultima
aggressione tesa a spostare definitivamente il villaggio. L'IDF è arrivato con
alcune guardie private e i mezzi militari "sono penetrati nella
foresta vicina per cercare le pecore degli abitanti. Essendo il periodo
delle nascite degli agnelli, e' stato scioccante -riporta Cristina Graziani che
ha tradotto e diffuso l'appello- vedere come le jeep inseguivano gli animali,
sapendo che ciò causerà aborti e, da ultimo, un disastro
finanziario". Rappresentanti dell'ICRC (International Committee of the Red
Cross) e dell'OCHA non sono riusciti nemmeno a convincere l'autorità
israeliana a concedere agli abitanti un po' di tempo per prendere
le loro cose (il mangime per gli animali, le cisterne dell'acqua, i
rimorchi, ecc).
È per questo che, mentre
lasciamo la Palestina, chiediamo
anche a voi, che ci avete espresso tanta solidarietà tra gli ulivi insanguinati
di Bil'in, di non lasciare soli questi nostri fratelli e sorelle che, a Qussa
come in tutti i Territori Occupati, continuano ad essere derubati delle loro
terra e del loro futuro. Che non solo sono lasciati soli a curarsi le ferite
inflitte dall’occupante, ma che incessantemente vengono costretti dallo stesso a
lasciare le loro case, i loro campi, il loro lavoro, i loro
affetti.
Nandino Capovilla, per il gruppo di
Tutti a Raccolta 2007, Pax Christi
Italia.

NABLUS: LA TESTA DEL
SERPENTE
Lasciamo il check point alle nostre spalle e dopo i saluti di
rito, Masjdi (la nostra guida) ci infila in un taxi alla volta della old
city. Siamo a Nablus e non serve una lunga esperienza nei territori
occupati per capire che l`aria di qui e` pesante. Cerchiamo negli occhi della
gente i sorrisi di Ramallah, Betlemme e Aboud, trovando soprattutto severita` e
rabbia, riflesso di questa citta` assediata e stretta nella morsa militare
israeliana, che vorrebbe cosi` schiacciare la Testa del Serpente. E` in questo
modo che i giornali di Tel Aviv definiscono Nablus, ex capitale economica della
Cisgiordania, importante centro culturale, divenuta gioco forza la culla della
resistenza palestinese.
Scendiamo dal taxi che si e` gia` fatto buio, pochi
passi nel suq e saliamo sull`ambulanza del Medical Relief, guidata da Firas,
giungendo in pochi minuti in prossimita` del nostro alloggio, al decimo piano di
una grigia palazzina arrocata lungo i fianchi della collina, a debita distanza
dai vicoli del centro e dai tre campi profughi: Balata, Askar e Alian. Qui i
militari israeliani giungono quasi ogni notte con i loro mezzi corazzati, per
arrestare o uccidere dei combattenti palestinesi, o presunti tali. Masjdi sembra
un po` teso: Nandino e` dovuto tornare al Check Point per spostare l`auto con la
quale siamo arrivati - da noi ingenuamente parcheggiata a pochi metri dal posto
di controllo -, in quanto dopo 24 ore i militari l`avrebbero fatta saltare in
aria per sicurezza, e` la prassi per prevenire qualche autobomba!
Dopo cena
usciamo sul terrazzo e la nostra attenzione scende subito a valle, tra gli
edifici fatiscenti del centro, illuminati dalla luce giallognola delle strade,
dove regna una calma apparente. E` in questi istanti che Nablus ritrova la
propria vita, l`energia che le ha permesso di resistere a centinaia di attacchi
avvenuti negli ultimi 6 anni. A partire dal 2002, quando fu quasi rasa al suolo
nel corso della massiccia invasione dell`esercito israeliano, giunto con decine
di carri armati, i Markava tank, affiancati dai buldozzer necessari per
squarciare gli stretti vicoli della citta` vecchia, demolendo interi edifici con
famiglie all`interno, molte delle quali scomparse tra le macerie. Poi i soldati
e i cecchini con i fucili di precisione, asserragliati nei palazzi piu` alti,
per vigilare sul coprifuoco totale di quei giorni, e "sparare su ogni cosa in
movimento", come ci racconta Firas. Oggi come allora, Firas e` un volontario del
Medical Relief che
guida l`ambulanza tra gli spari e le esplosioni per
prestare soccorso ai feriti o raccogliere i cadaveri, spesso dopo delicate
trattative con i militari tutt'altro che disposti a consentire il passaggio. Ci
racconta come qualche settimana fa, durante una breve occupazione militare nel
campo di Balata (25 mila persone in 1 chilometro quadrato), una donna sia stata
colpita da uno snyper (cecchino), mentre si affacciava alla finestra. Il
proiettile le ha attraversato il torace, passando a pochi centimetri dal cuore.
Dopo il ricovero in ospedale, i militari hanno riconosciuto il loro sbaglio
concedendo fosse trasferita in una clinica di Tel Aviv dove e` tuttora sotto
osservazione, in condizioni critiche, a spese dei familiari. Impressionante
ascoltare la descrizione delle tecniche di incursione dei soldati, i quali, per
raggiungere il centro del campo sono soliti aprire dei fori nei muri con il
martello o usando cariche esplosive, infilandosi poi nelle case
per
uscirne dall`altra parte, giungendo ad un nuovo muro da forare.. e cosi` via,
sfasciando anche 30 abitazioni in una sola incursione. Tattica usata per
sottrarsi alle sassaiole dei giovani, abituati a difendersi in questo modo dalle
aggressioni, spesso a costo della vita. E` quasi un paradosso, uno dei piu`
potenti eserciti della terra, munito di armi sofisticate e mezzi corazzati,
messo in crisi da bande di ragazzi senza un futuro, armati di sassi e fionde.
"Negli ultimi 6 anni sono morte 975 persone a Nablus - spiega il Dottor
Ghassan del Medical Relief, incontrato in mattinata -, oltre a 7000 feriti, 1000
dei quali hanno riportato disabilita` permanenti, anche molto gravi". Ascoltiamo
con attenzione le sue parole e non possiamo che essere sdegnati, scoprendo come
la crescente pressione militare in Nablus, sia stata accompagnata dall`uso di
nuove armi, una sorta di bombe di precisione che lasciano ferite terribili, a
causa di "particolari schegge mai viste prima, di un materiale quasi polveroso,
in grado di spappolare gli organi interni e non rintracciabile ai raggi x".
Lasciata la clinica del centro entriamo a Balata, il piu` grande campo
profughi della Cisgiordania settentrionale, dove centinaia di famiglie si
ammassano in palazzi fatiscenti, distrutti e ricostruiti piu` volte, in seguito
alle incursioni israeliane. Dopo una breve visita al centro giovanile, ci
inoltriamo nel cuore del campo, percorrendo stretti viottoli che in alcuni casi
non superano i 50 centimetri. Qui troviamo un groviglio di tubi, rifiuti e
calcinacci, l`aria e` spesso irrespirabile per la costante mancanza di aerazione
e sole, causa di svariate patologie che colpiscono soprattutto chi vive al pian
terreno, nella semioscurita`.
Dopo due notti nella Testa del Serpente, ci
convinciamo che il veleno e` frutto dell`occupazione, che stritola migliaia di
esistenze, corrodendo l`economia, ostacolando gli spostamenti e alimentando la
tensione nelle strade. Altrettanto disarmante l`ottimismo di alcuni, se non
molti, convinti che la Palestina ce la fara`: "basta non lasciare le nostre
terre e continuare a vivere ogni giorno senza fuggire. Questa e` la nostra
resistenza!". Parola di Majdi.
Nablus, 28
ottobre 2007

