Sensazione d'Inverno natale007

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Riccardomustoario

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21 dic 2007, 01:46:2821/12/07
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Riccardomustodario


Sensazioni d'inverno


Quella volta lì era veramente freddo non come adesso con il
termometro a meno sei gradi centigradi.
La settimana scorsa, il giorno prima dell'Epifania, avvertivo
nell'aria una sensazione antica, conosciuta, piacevole, misteriosa, il
freddo pungente di quando ero bambino, un momento andato nel
dimenticatoio e rimbalzato all'improvviso nel suo ricordo, unico e
particolare rimasto in memoria.
Questo inverno è freddo, lo soffro da novembre, anche se non
eccessivamente; quando ero bambino gelava sovente, molto più d'adesso,
ma il freddo era diverso, meno sintetico, si combatteva la temperatura
rigida con più filato, l'ambiente circostante si colorava bianco, a
volte di nebbia nel profumo di quel periodo dell'anno: l'inverno, o
forse avvertivo ciò, perché dopo qualche anno, la campagna intorno la
casa scomparve alterando i valori naturali, e senza accorgercene
salutavano anche i sapori dell'aria, per un buon arrivederci odierno?
Arrivederci nell'aldilà orso polare artico, il tuo Iceberg si
squaglia. - No! - Fa freddo! - Arrivederci pinguini dell'altro
emisfero, idem con patate come sopra, e cosa sarà dell'orca che
aspetta il suo banchetto prelibato? - Dove andranno i pinguini, non
mica tutti in smoking: a teatro? - La vita è qualcosa di prezioso e la
natura altrettanto seria.
La speculazione edilizia ha condizionato le nostre abitudini
rendendoci più contemporanei, laddove c'era la mucca cavalla, oggi c'è
il super mercato, a due piani, con scala mobile incorporata, magazzino
incredibilmente grande, al fin che ogni cosa sia a prova di mano o di
comodo cestello, dall'abbigliamento alla corsetteria, dall'intimo alla
cartoleria, ai casalinghi ed altro cui si possa aver bisogno, con il
piano sottostante esclusivo per derrate alimentari.
" Sviluppo Città " era il motto dell'industria che cercava manodopera
negli anni del boom economico, mentre le campagne si spopolavano dei
loro figli naturali, gli storici contadini stufi di lavorare la terra,
ma felici di respirare aria metallurgica in fabbrica. - Ed a chi lo
vado a raccontare, che sto prendendo le pillole " Aironitiche " perché
alle ultime analisi è risultato il mio organismo, bisognevole di
ferro? - Il freddo dei metalli, d'inverno trasmette un'ennesima
sensazione di ghiaccio e le dita della mano e dei piedi
s'intorpidiscono, allora mi guardo i pantaloni lunghi e penso ai tempi
delle elementari, quando si andava a scuola con i calzoncini corti, ed
ai chiari di carnagione cicciottelli, l'inverno disegnava polpacciotti
dalle venature rosse, vividi dal formicolio attivo delle temperature
basse. - I bambini del Nord indossovano pantaloni lunghi e sorridevano
nel freddo, giocando con pupazzi e palle di neve - noi sapevamo tutto
perchè in televisione vedevamo queste cose qui e poi lasciate le
elementari i pantaloni sarebbero diventati lunghi. - D'inverno era
vietato giocare al dottore? - Non mi ricordo!
Il palazzo più in là del nostro, oltre il muro di cinta della civiltà
d'allora, dalle parti più giù del bosco, dove si scambia anche la
pelle se suoni il blues, era abitato da ragazzini terribili, così si
vociferava a scuola, inutile aggiungere cosa dicessero poi, gli
studenti del collegio nel bosco, quando andai alle scuole medie;
indubbiamente, noi di Viale Colli Aminei rappresentavamo i santarelli,
i per bene della zona Capodimonte - gli snob.
La società cambia. - A leggere i giornali, risulta evidente che la
perversione avanza su tutti i fronti, anche i tifosi organizzati in
bande da combattimento stadio, si fanno più audaci. - Quale sia la
situazione attuale, con mamme alla ricerca di facili guadagni, pronte
ad incolpare il povero prete, vittima della mentalità ose' di bambini
sempre più incuriositi nell'emulare i loro genitori, impegnati in
menage ogni stagione più complicati, in nome della perfezione della
coppia gay cui ispirarsi e da raggiungere, non voglio proprio
pensarlo.
La famiglia è diventata qualcosa di strano - difficile diagnosticare
dove la troveremo tra cento anni, ma anche tra venti - esisteranno
ancora i bambini o nasceranno già adulti?
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte. - Com'era bello
Natale - un periodo enorme - iniziava un paio di sabato prima del
venticinque dicembre con il presepe, e finiva il sette gennaio,
allorquando tutti i pastori ritornavano incartati nelle scatole, su
nel ripostiglio. - Di questo lasso di tempo che copriva tre, quattro
settimane, l'Epifania significava per i bambini, il momento topico. -
Il presepio piaceva a tutti, specialmente a noi fanciulli incantati al
cospetto di cotanto spettacolo. - A detta d'amici di Via Epomeo, zona
allora nota per gli inceneritori dell'immondizia, il mio quartiere
sembrava fermo nelle sue abitazioni tolte da sopra i presepi, e di
siffatti capolavori, ve n'erano due importanti assai, uno dei quali
addirittura con i pastori moventi, o entrambi? - Amici conosciuti anni
dopo quei giorni d'infanzia che sto raccontando, criticoni, fino a
farmi realizzare che abitavo sul tempo antico che mi piaceva. - Tra
l'altro, una delle zone tagliate nel tufo della collina sottostante,
si chiamava proprio " 'Ncopp'o presepio " e così appariva a Natale
Donna Nannina sopra al carrettino di frutta e verdura con il suo
ciuccio di fronte al baccalaiuolo, il quale per l'occasione metteva
fuori il negozio semi botti azzurre, nel senso di contenitori pieni,
stracolmi di capitoni, che li acchiappi per la coda e scappano per la
testa e viceversa e si rideva, nel raccontarlo a mo' di barzellette
alle elementari. - Era quel mondo, periodo cui i negozi alimentari del
vicolo si vestivano a festa, strabocchevoli di mercanzie da tavola,
squisitezze, tanto che una decantina d'anni dopo, il presepio iniziò
ad essere definito " Mangiatoia ". - A me non piaceva il nuovo termine
coniato all'uopo, lo trovavo volgare e pensai che tale nome fosse
frutto della fantasia dei vecchi che lì giocavano a carte bevendo il
vino nella cantina, mentre quelli del bar di fronte sorbivano il
caffè, giocando a carte anch'essi. - Per la mia mamma i vecchi del bar
erano più degni dei vecchi della cantina, quindi per me era facile
additare tutto ciò che non mi piaceva in direzione pensione cantina e
viceversa bar, in effetti mi fu subito chiara, la divisione del bene e
del male ovvero fuggire l'alcool, così come più in là avrei imparato a
scampare le droghe.
Napoli centro era uno spettacolo di giocattoli nella serate illuminate
delle bancarelle per noi giovinetti della collina, dove si giunge
oltrepassando lungo la strada sul ponte. - I banchi vendita in città
erano pieni zeppi di giocattoli e dovevamo scegliere quali volevamo
dalla Befana, specificandolo bene nella letterina da mettere sul
comodino prima del bacino ai genitori e sogni d'oro accompagnati dal
segno della croce, senza preghiere, poiché giovanissimi per la prima
comunione, eravamo esenti da Ave Maria e Padre Nostro. - Ricordo una
sera piovigginosa, quando sceglievo il trenino elettrico insieme ai
miei genitori e mio fratello, sicuramente le sue richieste erano
rivolte a pistole e fucili per la distruzione da eserciti nella
polvere del mio treno veloce. - Si era allora, in piena esplosione
cinematografia Colossal, film storici che impiegavano migliaia di
persone: Cleopatra, Deserto dei Tartari, i Dieci Comandamenti o
pellicole Western, non ancora spaghetti, ciò nonostante, avevano
voglia e restare al palo, con i loro cavalli da staccionata buoni,
giusto per gli attacchi alla diligenza, al cospetto del mio Trans
Express Rapido. - Altresì mi sovviene di un'altra volta, ormai quasi
militare: quella sera la mia mamma volle l'accompagnassi per andare ad
acquistare la bambola che parlava per mia sorella, la quale ha sette
anni meno di me. - Quel anno, il giocattolo da lei richiesto, era
andato a ruba e non si trovava, figurarsi la gioia, quando riuscimmo
ad accaparrarci del balocco ricercato.
Che tempi! - La fiducia del guadagno era ovunque, gli stessi venditori
ambulanti, dalla bancarella illuminata a festa passavano la domenica
successiva del dopo festività ad offrire biglietti al campo sportivo,
il cui costo veniva moltiplicato per due o per tre con semplicità
estrema; faceva rabbia pagare tanto in eccesso per poter assistere
alla partita, in uno stadio sempre gremito all'inverosimile, e se
parlavi loro, questi da bravi bagarini consumati, chiedevano il posto
fisso per togliersi dalla strada, intanto è garantito, nessuno traeva
profitti più di costoro che cambiavano attività ogni giorno. - Però
l'inverno, era freddo ed il boom economico un giorno sarebbe pur
finito, ma come facevano a saperlo? - Forse erano più intelligenti di
quanto sembrassero, avevano ragione ed ora gli credo, nonostante la
nostalgia di quei bianchi monti innevati che facevano da corollario al
pennacchio candido del Vesuvio, verso alto, affacciato sul golfo, ad
osservare il tempo del voto elettivo, allora erano tanti ad affermare
che in strada significasse patire il freddo, quindi lavorare al
coperto era sinonimo di benessere, testimoniato della televisione in
bianco e nero, che vedeva ovunque presenti gli animati da buona
volontà economica, forse tenuti in penombra sullo schermo o che ne so,
comunque pronti a spuntar fuori ad ogni minima occasione, fino ai "
Vuo' cumpra' " i quali all'inizio veramente sembravano scesi dal
presepe sulle spiagge, carichi di mercanzie, parevano i Re Magi, e ci
si chiedeva i cammelli dove fossero? - Allo stato odierno, gli stadi
si svuotano sempre più ed i giocattoli? - Qualcosa era successo lo so,
ma ve lo racconterò domani, oggi a livello calcio, siamo fuori dalle
coppe europee, allora dichiaro rivedrei con piacere la commedia "
Natale in casa Cupiello ".
Auguri!- Natale salutava e Capodanno si presentava - apriti cielo! -
La sparatoria spaghetti western pacifica iniziava - fuochi
d'artificio, per un paio d'ore, coloravano l'aria con tanto di colonna
sonora animata dai fischi che partivano a razzo dalle bottiglie, linee
di fuoco sprizzavano nel buio, petardi e tavolta si udivano veri e
propri boati, i quali muovevano anche i palazzi e poi girandole,
granate e l'indomani mattina era impossibile trovare un centimetro
quadrato di strada senza i segni della notte di follia precedente. - E
noi del ragassini d'Italia si usciva al mattino presto in cerca di
botti non esplosi ed un mio amico si spappolò la mano, diventando uno
dei tanti che affollavano il Pronto Soccorso, il quale in quel giorno
di felice anno nuovo, puntualmente stilava un vero e proprio
bollettino di guerra - arrivederi all'anno prossimo primo gennaio -
auguri!
Poi le case in quegli anni da passeggio sereno si riempirono di cani
da compagnia che abbaiavano terrorizzati dai tanti decibel improvvisi
- il vicinato invecchiò e l'aria carica d'ossidi di polvere da sparo
iniziava a guastare il buon senso e la festa man mano abbassava il
sipario, mentre calavano i botti e si spegnevano i fuochi d'artificio,
aumentava il volo dei cessi, avere un tale accessorio rotto in casa,
assurgeva a mera fortuna da carta igienica fumettata.- Amen!
Noi bambini di quel tempo, credevamo che la Befana entrasse dalla
finestra e ci preoccupavamo di lasciarne una, dagli infissi apposta
socchiusi, in modo che la cara nonnina riempisse le calze d'ogni
leccornia e ponesse regali a piacimento, entrando in casa facilmente e
sempre sulla stessa scopa tornare a volare fin l'altra finestra,
lasciata anch'essa leggermente aperta dai bimbi accanto. - In questi
pensieri fantastici avvolti nel mistero del perchè non si dice chi mai
sarà che si sa la nonnina, ecco noi dell'asilo infantile, in quei
giorni a guardare con ammirazione le vecchiette chiedendoci se non
fosse quella la Befana che avrebbe portato i doni e più era curva e
più carica di giocattoli appariva nella nostra fantasia, come Donna
Nannina, tale e quale l'avevo immaginata la prima volta che la notai,
il suo asino poi, altro che scopa, lavava proprio il pavimento quando
urinava; un rivolo liquido giallognolo interminabile scorreva fino
alle latrine pubbliche accostate al muro di cinta del Bosco, dove
giungeva dopo aver saltato i binari del tram, i quali ormai non
passavano più, però tardavano da essere rimossi ed in certi punti
erano stati riempiti dal catrame. - Cento metri e piu, tracciato di
liquido che da un punto scorreva fino a tutt'altro luogo, come se
sapesse dove andare, piccione viaggiatore. - L'orinatoio era accostato
al muro del Parco, laddove c'era un albero all'entrata dall'imponente
cancello e tanta gente sulla fermata, d'innumerevoli lnee di autobus.
- E si diceva che la strada fosse stata intolettata, ricevendo una
latrina pubblica, di quelle cementate nel brecciame, le quali
emanavano forti esalazioni di cloro; servizi pubblici, ormai scomparsi
del tutto dalla città, unico esemplare rimasto, si può notare a
Posillipo. - Nella piazzetta antistante il vicoletto tanto attivo,
grigio, dal colore del selciato scuro di basalto antico, il quale,
quando aumentò il traffico, ogni anno era battuto con martello e
scalpello, per non far perdere attrito, evitare alle auto di slittare
sul lastricato lucidato dall'uso: a febbraio si presentava Carnevale,
ecco una luce che mi è rimasta impressa, più delle luminarie di
Natale, forse. - A carnevale si edificava un grande fuoco,
partecipavano tutti, scugnizzi e non - si buttava il vecchio mobile ed
è facile immaginare che pila enorme di legname si generasse in quegli
anni dai forti fermenti innovativi e chissà quanti tesori sono stati
arsi, per essere sostituiti dalla formica, simbolo del moderno
d'allora. - Quando s'accendeva la pira, era un momento molto
emozionante per noi bambini e più calava la sera e più il legno ardeva
e le fiamme si alzavano alte, fino a far temere bruciasse i fili del
lampione che illuminava la strada. - Un unico filo reggeva una cuffia
di vetro, dalla quale una lampadina illuminava di un colore ormai in
disuso, per scarsa visibilità rispetto alle moderne lampade allo
iodio. - Era bello quel colore, come solo i pensieri romantici sanno
dipingere, quindi non si rimpiangono, perché la vita va avanti, tra un
palazzo a lato del fuoco in giallo nostrano ed un altro che faceva
angolo, con facciata rosso pompeano, colori che si mischiavano alla
luce del lampione che oscillava alta quando tirava vento, disegnado
schermi ombrati tra piani non illuminati. - La stradina che conduce
verso Napoli centro, scendendo lungo il versante della collina, non si
vedeva più, causa l'enorme fiamma che si sprigionava da tale ammasso
d'ogni cosa, non ultimo il bosco vicino e la quantità di rami secchi,
ottimi da ardere che ivi si trovavano a cento metri. - Ed in alto lei
- la vecchiaccia sorridente che poi, per noi bambini cambiò il ruolo
in pennacchio da albero di Natale, quando questi diventò di moda dalle
nostre parti, così come noi eravamo sempre alla ricerca di ogni sorta
di consumo - veramente era facile associare pennacchio del cippo a
Befana e tutti i giocattoli che già se n'erano andati, rotti, ed il
fuoco saliva e lei bruciava e papà mi raccontava gli avvenimenti,
raccomandando a priori fosse solo una storia a lieto fine - una favola
in attesa della cara vecchietta carica di doni, la quale sarebbe
tornata l'anno seguente, perché nemmeno il fuoco o la neve o il vento
fermano la Befana, quando viene il momento di portare i doni ai
bambini. - Allora nel cielo si alzavano lucine piccole piccole e poi
verso la fine delle elementari scoprii che si chiamavano monachine o
forse nel primo anno della scuola media e fu bello notarlo insieme ai
compagni di classe, studiando un brano dall'Antologia, e tutti
pensammo, nello stesso momento al Cippo di Sant'Antuono, al giogo che
conoscevamo di quei lapilli nell'aria che sanno di magico movimento di
luci mosse dalla cenere, fuoco che da sotto si alza leggero, per
dimostrare che cenere e lapilli sono nell'aria, brillano e le fiamme
non si vogliono spegnere, il fuoco non vuole morire. - E si tornava a
casa accaldati negli odori del fuoco, festanti e c'era il
sanguinaccio; la mia mamma non sapeva cucinare, badava il mio papà ai
fornelli, ma come faceva il sanguinaccio lei, e la pastiera e la
cioccolata, non ha eguali ed a me andava benissimo così - adoro le
leccornie. - Che periodo corpulento, da animali di cortile serviti a
tavola e non, infatti alla Vigilia, il ventiquattro dicembre gallina
in brodo, Natale a messa venticinque con mucca ed asinello nella
stalla del Bambin Gesù ed al ritorno a casa si pranzava, c'era a
tavola anche il capitone, che io ho sempre rifiutato, non mi piaceva;
alla fine di tale periodo, ecco che a febbraio c'era il sanguinaccio
con il sangue di porco: una prelibatezza più unica che rara, si, e tra
una specalità ed un'altra siamo a marzo, è Pasqua, o più tardi ad
aprile, ma allora e sempre festa, è tutto un gioco? - Essere bambini a
volte è un affare! - Quando fosse Carnevale era sempre un mistero, la
data cambiava, non si capiva perché; quel giorno un amichetto
garantiva che si ricordava bene, era Carnevale, c'era il Cippo di
Sant'Antuono! - Come mai, c'era chi s'interrogava tra i monelli,
coloro i quali la mia mamma non voleva frequentassi, perché essendo
più grandicelli si appendevano al tram, addirittura qualcuno aveva
detto che il fuoco era da vedere la settimana prossima ed a lui gli
sembrava che pure l'anno precedente ancora, fosse stato prima, infatti
imparammo che i Patti Lateranensi erano buoni, perché l'undici
febbraio era festa a scuola e gli scugnizzi del Vico Lieti, già si
stavano preoccupando di raccogliere la legna da ardere. - E noi? - A
parte preoccuparci come imparare a parlare e scrivere bene, tra i
tanti verbi, coniugati come se fossero sposati e questi e quegli che
l'accento non va e figurati i cui e quanti ancora? - Nicchiavamo. -
Costruendo case sotto terra e poi vennero gli anni dei mobili a
scomparsa e si andava nella Grotta di Maria Cristina, dove sopra in
alto, c'è un foro e su quel buco altissimo, gli scugnizzi danzavano
senza paura; sotto, illuminata dall'apertura nella volta, una
collinetta a mezzogiorno illuminata dal sole - a pensarci ora
sembrerebbe un'ara con un anello che dal buio della caverna si apre al
cielo. - Che posto incantevole! - Che storia incredibile! - Maria
Cristina era una prostituta, la quale aveva un letto di pietra nella
grotta e lì riceveva i suoi clienti tedeschi, durante la ritirata
della seconda guerra mondiale e se uno di noi, chiedeva cosa stessero
favoleggiando, gli amici più grandi ci conducevano in un viale dove su
una lapide si leggono i nomi degli italiani della zona in quel posto
trucidati, alcuni si commuovevano riconoscendo i propri zii, io forse
diventavo fascistiello, riconoscendo che alla fine si muore sempre,
meglio salutare per una giusta causa, invece no, perché morire
attualmente non è mai giusto, democraticamente e tecnologicamente
possiamo essere mantenuti in vita sempre e poi si andava in un altro
luogo dove cadde un aereo. - Com'è bello il Bosco, si giocava a
pallone, ero un campione. - Una volta entrammo nella Grotta di Maria
Cristina con le torce e facemmo tutto il giro - era impressionante -
pipistrelli a iosa attaccati alla parete - aspettavano che calassero
le tenebre, il giaciglio di Maria Cristina, le scalette, ne feci uno
script grafico anni fa, lo postai sui vari newsgroup design che
frequentavo allora e che ora non trovo, perché il computer vecchio s'è
scassato definitivamente, però ho i floppy, i quali nel Mac Quattro
non entrano. - Ai tempi antichi ciò non accadeva, direbbe la mia
mamma, questi computer cambiano continuamente, sono peggio della Moda,
senza mai portarci sulla luna. - Sulle scalette di Maria Cristina
s'apriva un giaciglio di pietra, e noi in gruppo, tanti ragazzini con
le fiaccole in mano, procedevamo stretti, spalla a spalla, il posto
non incuteva paura solo perché aravamo in tanti a marciare in quella
polvere, quanta ne era depositata sul fondo della grotta che a
percorrere in mrcia, risultava esclusiva e mera questione di sentire
proprio quel posto perchè, appartenente al Bosco, il nostro spazio
privato di bambini naturali. - Noi eravamo sempre nel Bosco -
cresciuti selvaggi sin dall'asilo al Primo Campo, laddove si giocavano
partite di pallone a tambur battente e dove ogni pomeriggio ero lì,
con i miei fratelli più grandi.
Forse avevo cinque anni, poiché l'anno successivo iscrivendomi alle
elementari, qualche ragazzaccio avrà svelato che la Befana è
rappresentata dai nostri genitori, quando giocando tra i mobili,
capitai nella credenza in camera da pranzo, la quale aveva due coppie
di portelli, ed il gioco consisteva nell'entrare da un passaggio del
mobile per uscirne dall'altro, con intramezzo suspense - buio,
nonostante le ante aperte - trepidante momento, allorquando si era
immersi nel pezzo d'arredamento, facendo attenzione a non rovesciare
piatti bicchieri e vettovaglie. - Le portiere erano assicurate a
chiavi, e come mi apprestai ad aprirle, mio fratello più grande, si
parò davanti per non farmi accedere, tanto meno curiosare. - Faceva
molto freddo quel giorno, le finestre erano aperte, come solo a casa
mia si vedeva, quando la temperatura era bassa; sarà forse stato la
nostalgia della nostra mamma che andava a lavorare in fabbrica e
tornando a casa non sopportava stare al chiuso in sette stanze
ventilate - tanto noi ci si abituava alla sera, insomma in quel
mobile, nel pentolone d'alluminio in esso stipato, enorme contenitore
da venticinque coperti, nessuno me lo toglie di testa, c'erano i
regali che avrei ricevuto il mattino seguente, il giorno dell'anno cui
svegliarsi prima di sempre era d'uopo, andando a letto con il pensiero
rivolto ai doni. - Considerazioni di freddo invernale: oggi siamo a
meno sei gradi, come la mettiamo con il pianeta che volge al
surriscaldamento da un decennio a questa parte? - La mia impressione è
che ci siamo abituati a cibi transgenici, automanipolandoci
geneticamente previo il vitto, ci corazziamo contro il freddo - è
fuori discussione - non
avvertiamo più la sensazione come una volta, e questi stessi medesimi
geni si manifestano nella natura tutta, diffondendosi nell'aria ed
ecco che i fiori sono al mio balcone da anni ormai, d'estate come
d'inverno e tutto va bene, fino al limite di guardia - quale?
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, per far felici i
bambini di tutto il mondo ed oggi, dimenticato il tempo della vecchia
dalla calza rammendata, con Babbo Natale sempre più presente, la cara
nonnina non soffre più il freddo.



FINE

















11.1.2007


Riccardomustodario
11 Gen, 17:54
Newsgroup: it.arti.scrivere
Da: Riccardomustodario <rmcl11...@blueyonder.co.uk>
Data: Thu, 11 Jan 2007 17:54:45 GMT
Locale: Gio 11 Gen 2007 17:54
Oggetto: Sensazioni d'inverno

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